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1.1Ne l'ora che non può 'l calor dïurno
1.2intepidar più 'l freddo de la luna,
1.3vinto da terra, e talor da Saturno
2.1- quando i geomanti lor Maggior Fortuna
2.2veggiono in orïente, innanzi a l'alba,
2.3surger per via che poco le sta bruna -,
3.1mi venne in sogno una femmina balba,
3.2ne li occhi guercia, e sovra i piè distorta,
3.3con le man monche, e di colore scialba.
4.1Io la mirava; e come 'l sol conforta
4.2le fredde membra che la notte aggrava,
4.3così lo sguardo mio le facea scorta
5.1la lingua, e poscia tutta la drizzava
5.2in poco d'ora, e lo smarrito volto,
5.3com'amor vuol, così le colorava.
6.1Poi ch'ell'avea 'l parlar così disciolto,
6.2cominciava a cantar sì, che con pena
6.3da lei avrei mio intento rivolto.
7.1"Io son", cantava, "io son dolce serena,
7.2che ' marinari in mezzo mar dismago;
7.3tanto son di piacere a sentir piena!
8.1Io volsi Ulisse del suo cammin vago
8.2al canto mio; e qual meco s'ausa,
8.3rado sen parte; sì tutto l'appago!".
9.1Ancor non era sua bocca richiusa,
9.2quand'una donna apparve santa e presta
9.3lunghesso me per far colei confusa.
10.1"O Virgilio, Virgilio, chi è questa?",
10.2fieramente dicea; ed el venìa
10.3con li occhi fitti pur in quella onesta.
11.1L'altra prendea, e dinanzi l'apria
11.2fendendo i drappi, e mostravami 'l ventre;
11.3quel mi svegliò col puzzo che n'uscìa.
12.1Io mossi li occhi, e 'l buon maestro: "Almen tre
12.2voci t'ho messe!", dicea, "Surgi e vieni;
12.3troviam l'aperta per la qual tu entre".
13.1Sù mi levai, e tutti eran già pieni
13.2de l'alto dì i giron del sacro monte,
13.3e andavam col sol novo a le reni.
14.1Seguendo lui, portava la mia fronte
14.2come colui che l'ha di pensier carca,
14.3che fa di sé un mezzo arco di ponte;
15.1quand'io udi' "Venite; qui si varca"
15.2parlare in modo soave e benigno,
15.3qual non si sente in questa mortal marca.
16.1Con l'ali aperte, che parean di cigno,
16.2volseci in sù colui che sì parlonne
16.3tra due pareti del duro macigno.
17.1Mosse le penne poi e ventilonne,
17.2"Qui lugent" affermando esser beati,
17.3ch'avran di consolar l'anime donne.
18.1"Che hai che pur inver' la terra guati?",
18.2la guida mia incominciò a dirmi,
18.3poco amendue da l'angel sormontati.
19.1E io: "Con tanta sospeccion fa irmi
19.2novella visïon ch'a sé mi piega,
19.3sì ch'io non posso dal pensar partirmi".
20.1"Vedesti", disse, "quell'antica strega
20.2che sola sovr'a noi omai si piagne;
20.3vedesti come l'uom da lei si slega.
21.1Bastiti, e batti a terra le calcagne;
21.2li occhi rivolgi al logoro che gira
21.3lo rege etterno con le rote magne".
22.1Quale 'l falcon, che prima a' piè si mira,
22.2indi si volge al grido e si protende
22.3per lo disio del pasto che là il tira,
23.1tal mi fec'io; e tal, quanto si fende
23.2la roccia per dar via a chi va suso,
23.3n'andai infin dove 'l cerchiar si prende.
24.1Com'io nel quinto giro fui dischiuso,
24.2vidi gente per esso che piangea,
24.3giacendo a terra tutta volta in giuso.
25.1"Adhaesit pavimento anima mea"
25.2sentia dir lor con sì alti sospiri,
25.3che la parola a pena s'intendea.
26.1"O eletti di Dio, li cui soffriri
26.2e giustizia e speranza fa men duri,
26.3drizzate noi verso li alti saliri".
27.1"Se voi venite dal giacer sicuri,
27.2e volete trovar la via più tosto,
27.3le vostre destre sien sempre di fori".
28.1Così pregò 'l poeta, e sì risposto
28.2poco dinanzi a noi ne fu; per ch'io
28.3nel parlare avvisai l'altro nascosto,
29.1e volsi li occhi a li occhi al segnor mio:
29.2ond'elli m'assentì con lieto cenno
29.3ciò che chiedea la vista del disio.
30.1Poi ch'io potei di me fare a mio senno,
30.2trassimi sovra quella creatura
30.3le cui parole pria notar mi fenno,
31.1dicendo: "Spirto in cui pianger matura
31.2quel sanza 'l quale a Dio tornar non pòssi,
31.3sosta un poco per me tua maggior cura.
32.1Chi fosti e perché vòlti avete i dossi
32.2al sù, mi dì, e se vuo' ch'io t'impetri
32.3cosa di là ond'io vivendo mossi".
33.1Ed elli a me: "Perché i nostri diretri
33.2rivolga il cielo a sé, saprai; ma prima
33.3scias quod ego fui successor Petri.
34.1Intra Sïestri e Chiaveri s'adima
34.2una fiumana bella, e del suo nome
34.3lo titol del mio sangue fa sua cima.
35.1Un mese e poco più prova' io come
35.2pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,
35.3che piuma sembran tutte l'altre some.
36.1La mia conversïone, omè!, fu tarda;
36.2ma, come fatto fui roman pastore,
36.3così scopersi la vita bugiarda.
37.1Vidi che lì non s'acquetava il core,
37.2né più salir potiesi in quella vita;
37.3per che di questa in me s'accese amore.
38.1Fino a quel punto misera e partita
38.2da Dio anima fui, del tutto avara;
38.3or, come vedi, qui ne son punita.
39.1Quel ch'avarizia fa, qui si dichiara
39.2in purgazion de l'anime converse;
39.3e nulla pena il monte ha più amara.
40.1Sì come l'occhio nostro non s'aderse
40.2in alto, fisso a le cose terrene,
40.3così giustizia qui a terra il merse.
41.1Come avarizia spense a ciascun bene
41.2lo nostro amore, onde operar perdési,
41.3così giustizia qui stretti ne tene,
42.1ne' piedi e ne le man legati e presi;
42.2e quanto fia piacer del giusto Sire,
42.3tanto staremo immobili e distesi".
43.1Io m'era inginocchiato e volea dire;
43.2ma com'io cominciai ed el s'accorse,
43.3solo ascoltando, del mio reverire,
44.1"Qual cagion", disse, "in giù così ti torse?".
44.2E io a lui: "Per vostra dignitate
44.3mia coscïenza dritto mi rimorse".
45.1"Drizza le gambe, lèvati sù, frate!",
45.2rispuose; "non errar: conservo sono
45.3teco e con li altri ad una podestate.
46.1Se mai quel santo evangelico suono
46.2che dice "Neque nubent" intendesti,
46.3ben puoi veder perch'io così ragiono.
47.1Vattene omai: non vo' che più t'arresti;
47.2ché la tua stanza mio pianger disagia,
47.3col qual maturo ciò che tu dicesti.
48.1Nepote ho io di là c'ha nome Alagia,
48.2buona da sé, pur che la nostra casa
48.3non faccia lei per essempro malvagia;
49.1e questa sola di là m'è rimasa".
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