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1.1Posto avea fine al suo ragionamento
1.2l'alto dottore, e attento guardava
1.3ne la mia vista s'io parea contento;
2.1e io, cui nova sete ancor frugava,
2.2di fuor tacea, e dentro dicea: "Forse
2.3lo troppo dimandar ch'io fo li grava".
3.1Ma quel padre verace, che s'accorse
3.2del timido voler che non s'apriva,
3.3parlando, di parlare ardir mi porse.
4.1Ond'io: "Maestro, il mio veder s'avviva
4.2sì nel tuo lume, ch'io discerno chiaro
4.3quanto la tua ragion parta o descriva.
5.1Però ti prego, dolce padre caro,
5.2che mi dimostri amore, a cui reduci
5.3ogne buono operare e 'l suo contraro".
6.1"Drizza", disse, "ver' me l'agute luci
6.2de lo 'ntelletto, e fieti manifesto
6.3l'error de' ciechi che si fanno duci.
7.1L'animo, ch'è creato ad amar presto,
7.2ad ogne cosa è mobile che piace,
7.3tosto che dal piacere in atto è desto.
8.1Vostra apprensiva da esser verace
8.2tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
8.3sì che l'animo ad essa volger face;
9.1e se, rivolto, inver' di lei si piega,
9.2quel piegare è amor, quell'è natura
9.3che per piacer di novo in voi si lega.
10.1Poi, come 'l foco movesi in altura
10.2per la sua forma ch'è nata a salire
10.3là dove più in sua matera dura,
11.1così l'animo preso entra in disire,
11.2ch'è moto spiritale, e mai non posa
11.3fin che la cosa amata il fa gioire.
12.1Or ti puote apparer quant'è nascosa
12.2la veritate a la gente ch'avvera
12.3ciascun amore in sé laudabil cosa;
13.1però che forse appar la sua matera
13.2sempre esser buona, ma non ciascun segno
13.3è buono, ancor che buona sia la cera".
14.1"Le tue parole e 'l mio seguace ingegno",
14.2rispuos'io lui, "m'hanno amor discoverto,
14.3ma ciò m'ha fatto di dubbiar più pregno;
15.1ché, s'amore è di fuori a noi offerto
15.2e l'anima non va con altro piede,
15.3se dritta o torta va, non è suo merto".
16.1Ed elli a me: "Quanto ragion qui vede,
16.2dir ti poss'io; da indi in là t'aspetta
16.3pur a Beatrice, ch'è opra di fede.
17.1Ogne forma sustanzïal, che setta
17.2è da matera ed è con lei unita,
17.3specifica vertute ha in sé colletta,
18.1la qual sanza operar non è sentita,
18.2né si dimostra mai che per effetto,
18.3come per verdi fronde in pianta vita.
19.1Però, là onde vegna lo 'ntelletto
19.2de le prime notizie, omo non sape,
19.3e de' primi appetibili l'affetto,
20.1che sono in voi sì come studio in ape
20.2di far lo mele; e questa prima voglia
20.3merto di lode o di biasmo non cape.
21.1Or perché a questa ogn'altra si raccoglia,
21.2innata v'è la virtù che consiglia,
21.3e de l'assenso de' tener la soglia.
22.1Quest'è 'l principio là onde si piglia
22.2ragion di meritare in voi, secondo
22.3che buoni e rei amori accoglie e viglia.
23.1Color che ragionando andaro al fondo,
23.2s'accorser d'esta innata libertate;
23.3però moralità lasciaro al mondo.
24.1Onde, poniam che di necessitate
24.2surga ogne amor che dentro a voi s'accende,
24.3di ritenerlo è in voi la podestate.
25.1La nobile virtù Beatrice intende
25.2per lo libero arbitrio, e però guarda
25.3che l'abbi a mente, s'a parlar ten prende".
26.1La luna, quasi a mezza notte tarda,
26.2facea le stelle a noi parer più rade,
26.3fatta com'un secchion che tuttor arda;
27.1e correa contro 'l ciel per quelle strade
27.2che 'l sole infiamma allor che quel da Roma
27.3tra ' Sardi e ' Corsi il vede quando cade.
28.1E quell'ombra gentil per cui si noma
28.2Pietola più che villa mantoana,
28.3del mio carcar diposta avea la soma;
29.1per ch'io, che la ragione aperta e piana
29.2sovra le mie quistioni avea ricolta,
29.3stava com'om che sonnolento vana.
30.1Ma questa sonnolenza mi fu tolta
30.2subitamente da gente che dopo
30.3le nostre spalle a noi era già volta.
31.1E quale Ismeno già vide e Asopo
31.2lungo di sè di notte furia e calca,
31.3pur che i Teban di Bacco avesser uopo,
32.1cotal per quel giron suo passo falca,
32.2per quel ch'io vidi di color, venendo,
32.3cui buon volere e giusto amor cavalca.
33.1Tosto fur sovr'a noi, perché correndo
33.2si movea tutta quella turba magna;
33.3e due dinanzi gridavan piangendo:
34.1"Maria corse con fretta a la montagna;
34.2e Cesare, per soggiogare Ilerda,
34.3punse Marsilia e poi corse in Ispagna".
35.1"Ratto, ratto, che 'l tempo non si perda
35.2per poco amor", gridavan li altri appresso,
35.3"che studio di ben far grazia rinverda".
36.1"O gente in cui fervore aguto adesso
36.2ricompie forse negligenza e indugio
36.3da voi per tepidezza in ben far messo,
37.1questi che vive, e certo i' non vi bugio,
37.2vuole andar sù, pur che 'l sol ne riluca;
37.3però ne dite ond'è presso il pertugio".
38.1Parole furon queste del mio duca;
38.2e un di quelli spirti disse: "Vieni
38.3di retro a noi, e troverai la buca.
39.1Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
39.2che restar non potem; però perdona,
39.3se villania nostra giustizia tieni.
40.1Io fui abate in San Zeno a Verona
40.2sotto lo 'mperio del buon Barbarossa,
40.3di cui dolente ancor Milan ragiona.
41.1E tale ha già l'un piè dentro la fossa,
41.2che tosto piangerà quel monastero,
41.3e tristo fia d'avere avuta possa;
42.1perché suo figlio, mal del corpo intero,
42.2e de la mente peggio, e che mal nacque,
42.3ha posto in loco di suo pastor vero".
43.1Io non so se più disse o s'ei si tacque,
43.2tant'era già di là da noi trascorso;
43.3ma questo intesi, e ritener mi piacque.
44.1E quei che m'era ad ogne uopo soccorso
44.2disse: "Volgiti qua: vedine due
44.3venir dando a l'accidïa di morso".
45.1Di retro a tutti dicean: "Prima fue
45.2morta la gente a cui il mar s'aperse,
45.3che vedesse Iordan le rede sue.
46.1E quella che l'affanno non sofferse
46.2fino a la fine col figlio d'Anchise,
46.3sé stessa a vita sanza gloria offerse".
47.1Poi quando fuor da noi tanto divise
47.2quell'ombre, che veder più non potiersi,
47.3novo pensiero dentro a me si mise,
48.1del qual più altri nacquero e diversi;
48.2e tanto d'uno in altro vaneggiai,
48.3che li occhi per vaghezza ricopersi,
49.1e 'l pensamento in sogno trasmutai.
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