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1.1Quanto tra l'ultimar de l'ora terza
1.2e 'l principio del dì par de la spera
1.3che sempre a guisa di fanciullo scherza,
2.1tanto pareva già inver' la sera
2.2essere al sol del suo corso rimaso;
2.3vespero là, e qui mezza notte era.
3.1E i raggi ne ferien per mezzo 'l naso,
3.2perché per noi girato era sì 'l monte,
3.3che già dritti andavamo inver' l'occaso,
4.1quand'io senti' a me gravar la fronte
4.2a lo splendore assai più che di prima,
4.3e stupor m'eran le cose non conte;
5.1ond'io levai le mani inver' la cima
5.2de le mie ciglia, e fecimi 'l solecchio,
5.3che del soverchio visibile lima.
6.1Come quando da l'acqua o da lo specchio
6.2salta lo raggio a l'opposita parte,
6.3salendo su per lo modo parecchio
7.1a quel che scende, e tanto si diparte
7.2dal cader de la pietra in igual tratta,
7.3sì come mostra esperïenza e arte;
8.1così mi parve da luce rifratta
8.2quivi dinanzi a me esser percosso;
8.3per che a fuggir la mia vista fu ratta.
9.1"Che è quel, dolce padre, a che non posso
9.2schermar lo viso tanto che mi vaglia",
9.3diss'io, "e pare inver' noi esser mosso?".
10.1"Non ti maravigliar s'ancor t'abbaglia
10.2la famiglia del cielo", a me rispuose:
10.3"messo è che viene ad invitar ch'om saglia.
11.1Tosto sarà ch'a veder queste cose
11.2non ti fia grave, ma fieti diletto
11.3quanto natura a sentir ti dispuose".
12.1Poi giunti fummo a l'angel benedetto,
12.2con lieta voce disse: "Intrate quinci
12.3ad un scaleo vie men che li altri eretto".
13.1Noi montavam, già partiti di linci,
13.2e "Beati misericordes!" fue
13.3cantato retro, e "Godi tu che vinci!".
14.1Lo mio maestro e io soli amendue
14.2suso andavamo; e io pensai, andando,
14.3prode acquistar ne le parole sue;
15.1e dirizza'mi a lui sì dimandando:
15.2"Che volse dir lo spirto di Romagna,
15.3e "divieto" e "consorte" menzionando?".
16.1Per ch'elli a me: "Di sua maggior magagna
16.2conosce il danno; e però non s'ammiri
16.3se ne riprende perché men si piagna.
17.1Perché s'appuntano i vostri disiri
17.2dove per compagnia parte si scema,
17.3invidia move il mantaco a' sospiri.
18.1Ma se l'amor de la spera supprema
18.2torcesse in suso il disiderio vostro,
18.3non vi sarebbe al petto quella tema;
19.1ché, per quanti si dice più lì "nostro",
19.2tanto possiede più di ben ciascuno,
19.3e più di caritate arde in quel chiostro".
20.1"Io son d'esser contento più digiuno",
20.2diss'io, "che se mi fosse pria taciuto,
20.3e più di dubbio ne la mente aduno.
21.1Com'esser puote ch'un ben, distributo
21.2in più posseditor, faccia più ricchi
21.3di sé che se da pochi è posseduto?".
22.1Ed elli a me: "Però che tu rificchi
22.2la mente pur a le cose terrene,
22.3di vera luce tenebre dispicchi.
23.1Quello infinito e ineffabil bene
23.2che là sù è, così corre ad amore
23.3com'a lucido corpo raggio vene.
24.1Tanto si dà quanto trova d'ardore;
24.2sì che, quantunque carità si stende,
24.3cresce sovr'essa l'etterno valore.
25.1E quanta gente più là sù s'intende,
25.2più v'è da bene amare, e più vi s'ama,
25.3e come specchio l'uno a l'altro rende.
26.1E se la mia ragion non ti disfama,
26.2vedrai Beatrice, ed ella pienamente
26.3ti torrà questa e ciascun'altra brama.
27.1Procaccia pur che tosto sieno spente,
27.2come son già le due, le cinque piaghe,
27.3che si richiudon per esser dolente".
28.1Com'io voleva dicer "Tu m'appaghe",
28.2vidimi giunto in su l'altro girone,
28.3sì che tacer mi fer le luci vaghe.
29.1Ivi mi parve in una visïone
29.2estatica di sùbito esser tratto,
29.3e vedere in un tempio più persone;
30.1e una donna, in su l'entrar, con atto
30.2dolce di madre dicer: "Figliuol mio,
30.3perché hai tu così verso noi fatto?
31.1Ecco, dolenti, lo tuo padre e io
31.2ti cercavamo". E come qui si tacque,
31.3ciò che pareva prima, dispario.
32.1Indi m'apparve un'altra con quell'acque
32.2giù per le gote che 'l dolor distilla
32.3quando di gran dispetto in altrui nacque,
33.1e dir: "Se tu se' sire de la villa
33.2del cui nome ne' dèi fu tanta lite,
33.3e onde ogni scïenza disfavilla,
34.1vendica te di quelle braccia ardite
34.2ch'abbracciar nostra figlia, o Pisistràto".
34.3E 'l segnor mi parea, benigno e mite,
35.1risponder lei con viso temperato:
35.2"Che farem noi a chi mal ne disira,
35.3se quei che ci ama è per noi condannato?",
36.1Poi vidi genti accese in foco d'ira
36.2con pietre un giovinetto ancider, forte
36.3gridando a sé pur: "Martira, martira!".
37.1E lui vedea chinarsi, per la morte
37.2che l'aggravava già, inver' la terra,
37.3ma de li occhi facea sempre al ciel porte,
38.1orando a l'alto Sire, in tanta guerra,
38.2che perdonasse a' suoi persecutori,
38.3con quello aspetto che pietà diserra.
39.1Quando l'anima mia tornò di fori
39.2a le cose che son fuor di lei vere,
39.3io riconobbi i miei non falsi errori.
40.1Lo duca mio, che mi potea vedere
40.2far sì com'om che dal sonno si slega,
40.3disse: "Che hai che non ti puoi tenere,
41.1ma se' venuto più che mezza lega
41.2velando li occhi e con le gambe avvolte,
41.3a guisa di cui vino o sonno piega?".
42.1"O dolce padre mio, se tu m'ascolte,
42.2io ti dirò", diss'io, "ciò che m'apparve
42.3quando le gambe mi furon sì tolte".
43.1Ed ei: "Se tu avessi cento larve
43.2sovra la faccia, non mi sarian chiuse
43.3le tue cogitazion, quantunque parve.
44.1Ciò che vedesti fu perché non scuse
44.2d'aprir lo core a l'acque de la pace
44.3che da l'etterno fonte son diffuse.
45.1Non dimandai "Che hai?" per quel che face
45.2chi guarda pur con l'occhio che non vede,
45.3quando disanimato il corpo giace;
46.1ma dimandai per darti forza al piede:
46.2così frugar conviensi i pigri, lenti
46.3ad usar lor vigilia quando riede".
47.1Noi andavam per lo vespero, attenti
47.2oltre quanto potean li occhi allungarsi
47.3contra i raggi serotini e lucenti.
48.1Ed ecco a poco a poco un fummo farsi
48.2verso di noi come la notte oscuro;
48.3né da quello era loco da cansarsi.
49.1Questo ne tolse li occhi e l'aere puro.
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