about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1L'alto signor, che d'immortal saetta
1.2m'aperse il fianco, ond'è sì dolce il male,
1.3poiché non puote di voi far vendetta,
1.4che debil fate ogni suo colpo e frale;
1.5com'uom, che d'altro modo non aspetta
1.6farvi, senza ferir, sentir suo strale,
1.7vuol ch'in parole sua virtù vi mostri,
1.8per far ch'ardino in parte i pensier vostri.
2.1Ond'io, che son di lui servo devoto,
2.2per sua bocca dirò quant'ei mi spira
2.3e spero in tutto, col dir mio, rimoto
2.4far dal vostro pensier disdegno e ira.
2.5Ma pria ch'a ciò pervenga, i' vo far noto
2.6il giusto duol, ch'a ragionar mi tira
2.7del lungo strazio, e dimostrarvi a punto
2.8vostr' orgoglio e mia fede a che m'han giunto.
3.1Voi sapete già ben, ch'essend'io privo
3.2di servitute e de' pensieri scarco,
3.3che mi fan or di me medesmo schivo
3.4e sembrar leve ogni gravoso incarco,
3.5e potendo ritrar gli occhi dal vivo
3.6lume e vietar a le parole il varco,
3.7ch'a spregiar libertà non stetti in forsi,
3.8né l'orecchie chius' io, né gli occhi torsi.
4.1Anzi, invaghito in quel medesmo istante
4.2ch'io vidi sfavillar gli ardenti rai
4.3e che giunse la voce al cor tremante
4.4d'ogni voce mortal lontana assai,
4.5credendo esser in ciò felice amante,
4.6vincer da' sensi la ragion lasciai;
4.7e seguendo un piacer breve e dubbioso,
4.8scelsi gli affanni e dispregiai 'l riposo.
5.1Dunque vostra beltà causò 'l mio danno,
5.2quand'ebbe forza da me stesso tormi
5.3e trasformarmi con sì dolce inganno
5.4in voi, contra di cui non volsi oppormi.
5.5E la falsa credenza del mio affanno,
5.6e di legarmi e di mai più non sciôrmi,
5.7stat' è cagion, ond'io son fatto servo:
5.8né voi cangiate mai 'l voler protervo.
6.1Ma quant'io più m'ingegno d'esser vostro
6.2e di far tutto quel che v'è in desio,
6.3e quanto assai più v'amo, ch'io non mostro,
6.4per celar a le genti l'ardor mio,
6.5quanto ancor farvi chiara al secol nostro
6.6e agli altri in vive carte più desio,
6.7voi tanto manco il servir mio sprezzate
6.8e le fatiche mie vi son men grate.
7.1Oneste donne ebber gli antichi lustri,
7.2e al tempo nostro ve ne sono oneste,
7.3né men famose e per bellezza illustri
7.4di quante par che la memoria reste,
7.5che serbano e serbar i multi lustri
7.6eterni onori, in quelle parti e 'n queste.
7.7Ma se l'amar tanto lor noia e spiacque,
7.8sempre lor piace esser amate e piacque.
8.1Non fu grave, spiacevole o molesto
8.2del saggio greco a la fedel consorte
8.3da mille Proci esser amata, e or questo
8.4or schernir quello con maniere accorte;
8.5né a Deidamia né ad Artemisia infesto,
8.6né fu a Lucrezia, né a tant'altre morte,
8.7non ch' a le vive, in sì diverse tempre
8.8esser amate, e reverite sempre.
9.1A voi, fuor de l'uman uso d'ogni una
9.2in ciò più dispiacevole e più ria,
9.3noioso è quel che suol bramar ciascuna,
9.4perché più chiara sua costanzia sia.
9.5E vi dovria bastar d'esser sol una
9.6in beltade, in valor e 'n leggiadria,
9.7fra quante son donne famose o furo
9.8e sola non aver l'animo duro.
10.1Creder dovreste ancor che come i rami
10.2non han vaghezza in lor se non han fronde,
10.3così non par che con ragion si chiami
10.4bella veruna, a cui non corrisponde
10.5a la bellezza onesto Amor, che i stami
10.6tien de la vita. Anzi beltà s'asconde,
10.7dove non vede ch'amor viva e regne
10.8e cerca altrove di ripor sue insegne.
11.1Voi sete bella e immitabil tanto,
11.2ch'altra non potria farne la natura,
11.3bench'ella scelse d'ogni bella quanto
11.4bastò a formar vostr'exemplar figura;
11.5come già fe' il pittor, ch'ottenne il vanto
11.6d'aver dipinta un'Elena, che dura
11.7cosa fora a trovar chi l'imitasse,
11.8sì de le belle tutt'il bel ne trasse.
12.1E per mostrarvi così acerba in vista
12.2a me che sol per voi viver mi piace,
12.3e per dar da veder quanto resista
12.4vostro rio sdegno a l'amorosa pace,
12.5volete il ben che mai non si racquista
12.6perder, se 'l tempo lo consuma e sface.
12.7Non mi pareste così 'l giorno, ch'io
12.8vostro divenni e lasciai d'esser mio.
13.1In atto io vi mirai leggiadro e onesto
13.2e in sembiante alteramente umile,
13.3con parlar grave e un volger d'occhi presto
13.4ad infiammar ogni anima gentile;
13.5e a discacciar ogni pensier molesto
13.6dal cor portando entr' un eterno aprile:
13.7poi vi rividi altr' abito e tale,
13.8che del mio danno e d'altro non vi cale.
14.1Non saprei dir, non che narrar, il torto
14.2ch' avete a far di me sì lungo strazio;
14.3ma so ch'al legno mio di prender porto
14.4mai l'onde ingrate non daranno spazio.
14.5Duolmi però che mi son tardi accorto
14.6che vostro sdegno dovrebb'esser sazio
14.7e che di tanta e così lunga fede
14.8sempre più dispregiarla è la mercede.
15.1Or veggo e dirol chiaro ch'io non mieto
15.2altro ch'assenzo de' miei colti campi,
15.3e che tanto son men de gli altri lieto,
15.4quanto più par che d'ogni tempo avampi.
15.5Lasso! che né poss'io ritrarmi in drieto,
15.6né so la via che dal martir mi scampi.
15.7E questo, onde m'acqueti, sol m'avanza:
15.8che nulla teme chi non ha speranza.
16.1Nulla tem'io, perché del ben dispero
16.2et a soffrire il male ho l'alma avezza.
16.3Ver' è che poi che 'l vostr' orgoglio fero
16.4tanto mia servitute odia e disprezza,
16.5per minor danno morte chiamo e spero
16.6ch' ella il mi' amaro conda di dolcezza.
16.7Ma non so di morir qual via m'ellegga,
16.8che voi contenta, io me sgravato vegga.
17.1Mi vien voglia talor di far sì come
17.2fecero i Saguntini o gli Abidei:
17.3che gli uni, udendo lo temuto nome
17.4d'Aniballe e temendo i fatti rei,
17.5gli altri del Macedonico, le Some
17.6d'oro e d'argento e i famegliari Dei
17.7e finalmente le reliquie estreme
17.8e lor stessi si diero al foco insieme.
18.1Poi nel pensier mi cadono i tormenti
18.2ch'indegnamente a Socrate assegnaro
18.3l'ultimo giorno, e a mill' altri spenti
18.4di suchi acerbi e di veleno amaro.
18.5Però, veggendo ch'al morir gli stenti
18.6sarebbon gravi e l'induggiar discarco,
18.7meco propongo di cercar maniera,
18.8di sbramar tosto la mia voglia fera.
19.1E pensato mi viene di volere
19.2con ferro acuto o con carboni accesi
19.3dar compimento al vostr'empio volere
19.4e disgravarmi di sì duri pesi:
19.5ma venendomi a mente tra più fere
19.6morti, di tanti c'han se stessi offesi,
19.7la morte di Pernice, mi vien voglia
19.8lasciar com'egli la terrena spoglia.
20.1Bramo alfin di morir fra tante guise,
20.2d'ir tra la sabbia, che trasporta e mena
20.3l'aere d'un luogo a un'altro, ove Cambise
20.4del popol suo cento salvonne a pena,
20.5e com'egli sua gente mal commise;
20.6così poi darm'io 'n preda a quella rena,
20.7perché potessi in sì tranquilla fossa
20.8fuggir la carne travagliata e l'ossa.
21.1Così son stato già più volte in forse
21.2d'incrudelirmi per mi trar d'impaccio:
21.3se non che suole il miglior spirto opporse,
21.4che mi fa dir fra me: - Faccio o nol faccio? -
21.5Il qual, veggendo che le Tigri e l'Orse
21.6braman la vita ch'io tôrmi procaccio,
21.7pria va cercando di dispor mie voglie,
21.8indi la lingua a tai parole scioglie.
22.1S'egli è pur ver ch'al fin attende ogni opra,
22.2ponendo il danno che ne ven da parte,
22.3se tuo voler di tante morti adopra
22.4qual più repente pò d'impaccio trarte?
22.5A che fin tende? o che avanzar là sopra
22.6spera, se l'onor perde in questa parte?
22.7O, posto che non sia perdita molta,
22.8che frutto avrà questa tua voglia stolta?
23.1Ciò che fa l'uomo, o che di far propone,
23.2è per piacer a sé medesmo o altrui:
23.3o veramente il suo pensier dispone,
23.4o sodisfar, come fa a gli altri, a lui.
23.5Gli è ver che son poi l'opre e triste e buone,
23.6secondo è buono o rio l'un fin de dui.
23.7Ma veghiam or s' el tuo pensier fallace
23.8piacer t'apporta, o se t'annoia e spiace.
24.1Che non sia tuo piacer, chiaro si vede,
24.2poiché disperazion causa 'l desire.
24.3Resta, dunque, a veder, se 'l danno cede
24.4sopra di te, se ne verrà a gioire
24.5quella, che del tuo cor in cima siede
24.6e se pur le dorrà del tuo martire.
24.7Però per far in ciò non falsa estima,
24.8conoscer dei l'intenzion sua prima.
25.1Od ella t'ama di buon core, od ella
25.2t'odia a l'incontro e del tuo ben le spiace.
25.3O veramente né a questa né a quella
25.4parte si piega, ma si vive in pace.
25.5Se per te al cor sente d'amor facella,
25.6so che né mica del tuo mal le piace,
25.7anzi 'l tuo ben più che 'l suo proprio brama:
25.8e l'uom non de' giammai noiar chi l'ama.
26.1S'odio la punge e del tuo mal si gode,
26.2perch' altrimenti faria ingiuria al sesso,
26.3a te stesso usaresti un grana frode
26.4in contentar chi vuol tuo danno espresso.
26.5Ma s'amor non l'infiamma il cor, né rode
26.6ira, ché brami di vederti oppresso?
26.7Ché vuoi seguir un desiderio vano,
26.8che non suole albergar in petto umano?
27.1Pon dunque freno al duol, che ti trasporta,
27.2e spera in quel, ch'ogni or soccorre e suoi:
27.3ché disconviensi a saggia anima accorta
27.4bramar la morte anzi che venga a noi.
27.5E non voler al ben chiuder la porta,
27.6ch'acquistar non bastasti agli anni tuoi.
27.7Siati cara la vita; e pensa bene
27.8che sol per questa a la miglior si viene.
28.1Richiama un poco la smarrita donna,
28.2che fa dolce parer ogni aspra offesa,
28.3'n cui 'l piacer d'ogni mortal s'indonna,
28.4che sostien del desir l'anima accesa:
28.5e vesti 'l cor de la sua ricca gonna,
28.6se giugner brami a qualunque alta impresa;
28.7quest'è colei che ne sostiene, e 'n questa
28.8ogni pensiero ogni bell'alma inesta.
29.1Ma perché meglio intenda la speranza,
29.2questa vien detta per lo proprio nome,
29.3le cui forze son tante e la possanza,
29.4ch'ogni cor sgrava di noiose some.
29.5Et oltre ch'ella porge al cor baldanza,
29.6par ch'ogni affanno, ogni fatica dome.
29.7E quinci avvien che tanti animi alteri
29.8soglionsi porre a mille rischi feri.
30.1Chi faria dopo molti affanni e molti
30.2al miser uom sparger in terra il grano?
30.3E chi sovente a' mercatanti stolti
30.4ricercar mari e ogni terreno strano?
30.5Chi faria a tanti investigar gli occolti
30.6secreti, e a tanti far l'archimia in vano?
30.7E chi farebbe al suo vicino guerra,
30.8se non vi fusse questa donna in terra?
31.1Costei de' grani le ricolte opime,
31.2gli ampli guadagni e lo saper promette;
31.3costei i tesori e le vittorie imprime
31.4ne l'altrui menti d'ingordigia infette.
31.5Se questa dunque ogni gravezza opprime
31.6e l'alme in speme disperate mette,
31.7se consolar vuoi l'alma che si lagna,
31.8non discacciar così fedel compagna.
32.1Questi consigli giudica migliori
32.2quella, che tien di noi la miglior parte;
32.3e sariano bastevoli a trar fuori
32.4gli altri pensier, che 'l rio voler comparte.
32.5Ma son sì del morire gli intensi ardori
32.6vaghi, che la ragion qui non v'ha parte:
32.7Non v'ha parte, né basta a porvi tregua,
32.8ma forza è pur che 'l mal proposto segua.
33.1Però vedendo quanto mal convenga
33.2a un cor gentile, che virtute affetta,
33.3quantunque di morir gran causa tenga,
33.4far di se stesso con sua man vendetta,
33.5convien ch'a mal mio grado io mi ritenga,
33.6e ch'in ciò segua la sentenza retta:
33.7in far al men, se di morir desio,
33.8che non sia con infamia il morir mio.
34.1Il che averrà, purch'io ritrovi vita,
34.2assai peggio che morte a chi la prova,
34.3che mi sostenga amaramente in vita,
34.4tra nove morti, con maniera nova.
34.5E sarà questo un non partir di vita,
34.6per star mai sempre con la morte a prova,
34.7fin ch'ello stanca o voi pietosa alquanto,
34.8fin date al danno, o pur conforto al pianto.
35.1Dunque mentr'io starò mal vivo in terra
35.2e mentre che vorrà mia sorte fella
35.3ch'io viva in così cruda eterna guerra,
35.4provando sempre or questa pena or quella;
35.5non fra coloro che 'l ciel nostro serra,
35.6o dov'appar la tramontana stella,
35.7ma n'andrò quinci co 'l dolor profondo
35.8a trovar nova gente e novo mondo.
36.1E non fra gente affabile né pia,
36.2né che sotto statuti o legge viva,
36.3ma dove ogni uom e ogni donna sia
36.4d'umanità naturalmente schiva;
36.5e questi men crudel, quella men ria
36.6sembri, ch'è più di fede e d'amor priva:
36.7in parte d'orïente sì remota,
36.8che sia agli Arabi, ai Persi, agl'Indi ignota.
37.1Né per pietà da me sempre lontana,
37.2ma sol per alternar mie gravi pene
37.3con la ferezza di gente inumana,
37.4u' 'l mal si nutre e dove muore il bene,
37.5pago vivrommi entr' un' orribil tana,
37.6com'uom c'ha posto nel penar sua spene.
37.7E farò al suon di mie morte parole
37.8arder il ghiaccio e aghiacciar il sole.
38.1E nel fregio de l'orrida spelunca,
38.2dov'io starò a sfogar il mio cordoglio,
38.3ch'in terren che d'umor mai non s'ingiunca
38.4cavata fia, dentro d'un aspro scoglio,
38.5pallida morte con la falce adunca
38.6che sia dipinta orribilmente voglio,
38.7e che sia scritto di mia vita un breve,
38.8che leggendo ogni un torni di neve.
39.1Dirà lo scritto ch'io gradir volendo
39.2vostr'alto sdegno d'umiltà nemico,
39.3sì come quel che certo esser mi rendo
39.4più fido amante d'ogni novo o antico,
39.5e perch'in tutto sodisfarvi intendo,
39.6per farmi più di voi lontan, m'intrico
39.7in questa buca, e per fuggir vostr'ira
39.8in parti ignote ogni pensier mi tira.
40.1Starà la grotta fuor d'ogni sentiero
40.2com'io son fuor d'ogni speranza in tutto,
40.3e non di marmi ma d'oscuro e nero
40.4tufo, com'è 'l mio cor, l'adito instrutto,
40.5il qual sarà sì inospite e sì fero
40.6e de' raggi del sol sì privo tutto,
40.7che, se volesse alcun venirvi, in vano
40.8senza trovar cercaria 'l luogo strano.
41.1Simile a questa una spelonca tetra
41.2il Sonno tien ne le Cimerie grotte,
41.3intagliata d'un monte in una pietra,
41.4dov' a' raggi solar son le vie rotte,
41.5e la nebbia che quindi non s'arretra,
41.6del dì suol far caliginosa notte,
41.7dagli uomini lontana e da l'armento,
41.8dov' andarv' altri non sapria che 'l vento.
42.1Quivi starò finché 'l vitale umore
42.2sarà dal tempo o dal dolor consunto
42.3e di sempre stillar degli occhi fuore
42.4lacrime nove tôrrò novo assunto.
42.5E mentre l'alma sarà unita al core,
42.6maledirò dì e notte, l'ora e 'l punto
42.7che mi pareste sì cortese e umana,
42.8per farmi abitator d'oscura tana.
43.1E perché 'l duro exilio più m'aggrave,
43.2i passati piacer, ch'esser presenti
43.3sogliono sempre a chi sta afflitto e grave,
43.4accresceranno in me gli aspri tormenti.
43.5Né mai da l'onde combattuta nave
43.6fu in alto mar e da rabbiosi venti,
43.7come fian da' pensieri acuti et irti
43.8combattuti i miei lassi e frali spirti.
44.1Fuggirà ancora sì da gli occhi il sonno,
44.2che non potrà mortifero Letargo,
44.3né quei che chiuse d'ingannevol sonno
44.4(come si dice) cento lumi ad Argo,
44.5né basterà Morfeo, ch'è dio del sonno,
44.6perché si mostri lor cortese e largo,
44.7serrargli in guisa che si possa dire
44.8ch'io senta refrigerio del dormire.
45.1Non m'uscirà giammai morte di bocca,
45.2finché pietosa mie preghere ascolti,
45.3però ch'a lei far questa grazia tocca,
45.4ch'è fin de' mali manifesti e occolti.
45.5E mentre ch'ella il fero stral non scocca,
45.6che suol far pochi lieti e tristi molti,
45.7un sol dolor harò, ch'amor sopporte,
45.8ch'al fin di ben servir tal premio porte.
46.1Così voi biasmo e io ne trarrò guai,
46.2senza ch'util alcun indi rivenga.
46.3E son ben certo che vi dorrà assai,
46.4quando fia in van ch'a tal per voi pervenga,
46.5benché s'io stesso il mal mi procacciai,
46.6par che soffrir la pena or mi convenga;
46.7e giusto fia, poich'io tôr volsi i colpi,
46.8che 'l duol patisca e che me solo incolpi.
47.1Però se quella alma virtù che suole
47.2esser di sdegno e crudeltà nemica,
47.3che far vi puote tra le donne un sole,
47.4tal'or vi rende di pietade amica,
47.5in guisa che l'ardenti mie parole
47.6prendiate a grado e ogni mia fatica:
47.7far mi potete a un volger d'occhi lieto,
47.8lasciando 'l fascio de le noie a drieto.
48.1Voi mi potete liberar d'affanni,
48.2come m'avete in tante pene messo
48.3e mi potete da suppremi danni
48.4così levar, come m'avete oppresso.
48.5Ché s'io finisco in questo speco gli anni,
48.6oltre che torto mi farete espresso,
48.7l'infamia vostra sarà tanta e tale,
48.8che mi dorrà più assai che no 'l mio male.
49.1Io sento già quasi stancar la penna,
49.2e le rime e lo stile venir manco,
49.3ma no 'l desir, che le mie ali impenna,
49.4di dolersi di voi lassato unquanco;
49.5ché senz' arbor fia prima Ida e Ardenna,
49.6ch'io fia di raccontar mie pene stanco.
49.7Ma quel signor, che la mia lingua move,
49.8mi sforz'a rivoltar le rime altrove.
50.1Qual speranza vi tien falsa ingannato
50.2che senz'amor sia riposata un'ora
50.3e vi dà da veder che sia biasmata
50.4donna, ch' onestamente s'innamora?
50.5Io non ne trovo alcuna ancor dannata
50.6da le leggi di quel, ch'ogni uno adora:
50.7né credo men l'oppinion de' saggi
50.8ad altro ch'ad amar l'alme incoraggi.
51.1Amor è desiderio di bellezza,
51.2la qual è sempre amabil per se stessa.
51.3Amor conde ogni amaro di dolcezza
51.4e di giovar altrui già mai non cessa.
51.5Amor ogni viltà scaccia e disprezza
51.6e pensier degno a lui solo s'appressa.
51.7Amor è seme d'ogni cosa buona,
51.8è quel ch'a nullo amato amar perdona.
52.1Questi con penne d'or veloce e snello
52.2per li suoi regni in un momento vola
52.3e, adattando gli strali in Mongibello
52.4temprati, mille cor ferendo invola.
52.5Commove spesso nel più gioven bello
52.6l'ardenti fiamme, e spesso si consola
52.7di richiamar ne' vecchi i spenti ardori
52.8e d'allumar i più aghiacciati cuori.
53.1Or non fu 'l biondo Apollo, vincitore
53.2del gran Fitone, da costui legato
53.3ora per Dafne, or per l'antico ardore
53.4di Climene? E alla fine innamorato,
53.5sotto forma rinchiusa di pastore
53.6la sua luce, credendo esser beato,
53.7per le piagge d'Anfriso assai contento
53.8guardò d'Admeto il numeroso armento?
54.1L'antico fabro Sicilian pur arse
54.2per l'inventrice de la prima oliva.
54.3Marte, superbo e fero, un tempo sparse
54.4caldi sospir per la Ciprigna diva.
54.5Orfeo, seguendo le vestigia sparse
54.6d'Euridice, passò la mesta riva.
54.7Del grand' amor di Cerere s'accese
54.8quel che la forma di cavallo prese.
55.1Giove medesmo, che governa e regge
55.2co 'l ciglio i cieli e il mondan lavoro,
55.3e che diede a le cose eterna legge,
55.4constringendol costui cangioss'in toro,
55.5e alcuna volta ne l'augel, ch'elegge
55.6di fars' in su 'l morir dolce e canoro,
55.7né scender si sdegnò da l'alta loggia
55.8di Danae in grembo in preziosa pioggia.
56.1Quel ch'ei far ne la propria forma intese
56.2già per Semele, e quel che per Alena,
56.3quando d'Anfitrïon l'imagin prese,
56.4di che n'è già quasi ogni carta piena,
56.5per non vi far co 'l mio dir lungo offese,
56.6tacerò qui. Ma drizzarò la vena
56.7agli essempi del mondo, se schivate
56.8quelli del Cielo, onde voi nulla amate.
57.1Mirisi prima al domator robusto
57.2de' mostri, che giù poste le saette
57.3e quella pelle di Leon, ch'el busto
57.4gli copria orribilmente, al fin si mette
57.5a dar legge ai capegli e a farsi onusto
57.6di smeraldi ogni dito e pietre elette;
57.7e con la man, ch'è de l'inferno fuora
57.8el can ne trasse, trasse lana ancora.
58.1Trasse le fila de la lana data
58.2da Iole dietro al precedente fuso,
58.3il qual da poi che con la clava armata
58.4uccise il grande Anteo, prese quest'uso.
58.5E amò più quella faccia delicata
58.6de la sua bella donna, ond'io lo scuso
58.7di quanta fama diergli i fatti suoi,
58.8contando dagli Esperii a i liti Eoi.
59.1Che fece Paris per costui, che Dido,
59.2che Clitemnestra e che fe' il forte Achille
59.3tutto 'l mondo il conosce e n'ode 'l grido.
59.4Di Scilla, d'Arianna e d'altre mille
59.5taccio, che per goder tra Pafo e Gnido,
59.6han posto in bando lor cittadi e ville.
59.7Ma che direte voi, che senton' anco
59.8e le fere e gli augei suoi strali al fianco?
60.1Per costui noi veggiam la tortorella
60.2seguir il maschio e le colombe appresso
60.3gir dei colombi, e de l'agnel l'agnella.
60.4E da timidi i cervi fatti spesso
60.5tra sé feroci, in questa parte e 'n quella,
60.6s'hanno a combatter per le cerve messo:
60.7e muggiando a la fin mostran segnale
60.8del costui foco, onde fuggir non vale.
61.1Per tutte l'acque dove rendon suono
61.2l'onde spezzate percotendo i liti,
61.3nel tempo loro i pesci maschi sono
61.4da le bramose femine seguiti,
61.5et essi lor concedonsi con buono
61.6intento d'eternarsi essendo uniti.
61.7E così, amando vicendevolmente,
61.8ogni un vive in sua spetie eternamente.
62.1Né gli animanti soli senz'Amore
62.2venir non ponno a stato mai né a vita,
62.3ma le piante né forma hanno di fuore,
62.4né dentro qualità senza su' aita;
62.5né a primavera di novel colore
62.6saria la terra senza lui vestita.
62.7Adunque e cielo e terra e mare e 'nferno
62.8provan le forze del valor suo eterno.
63.1Et acciò ch'in brevissime parole
63.2io ben comprenda la costui essenza,
63.3dico che quanto gira e scalda il sole,
63.4soggiace a la natura e a sua potenza.
63.5Et ella istessa sottoporsi vuole
63.6a quest'Amor, di cui non sa star senza.
63.7Or perché dunque voi sola volete
63.8vincer costui, non che sprezzar sua rete?
64.1Bastevi sol che la Natura e Dio
64.2v'abbia produtto sì perfetta al mondo,
64.3ch'ogni rara beltà vi paghi 'l fio
64.4et ogni alto valor fia a voi secondo.
64.5E non possa in voi tanto un sdegno rio,
64.6che basti a por tante virtuti al fondo.
64.7Che 'nsomma si commette grave errore
64.8a dispregiar l'alta virtù d'Amore.
65.1Questa ab eterno insiememente unita
65.2nel dolce seno del principio nostro
65.3creò 'l Cielo e la terra e diede vita
65.4a le cose rinchiuse in questo chiostro,
65.5e di tutte ritien cura infinita,
65.6come mostran gli effetti e han pur mostro:
65.7ch'ovunque avvien ch'ella si volga o giri,
65.8par ch'ad ogni ora nove grazie spiri.
66.1Anzi senza di lei non daria lume
66.2il sol al giorno, od a la sua sorella,
66.3né al mar rendrebbe il suo dritto ogni fiume,
66.4né sarebbe lucente alcuna stella,
66.5né voi fenice de l'aurate piume
66.6sareste sola tra le belle bella.
66.7E al fin quanto di nulla è stato fatto
66.8fora in un ponto senza lei disfatto.
67.1Questa de l'arti è pur dotta maestra,
67.2né sol maestra anzi fautrice saggia:
67.3perché non fu mai sì persona destra,
67.4ch'imparata alcun'arte o trovata aggia,
67.5s' el piacer del cercar non l'incapestra,
67.6o 'l desio del trovar in lei non caggia.
67.7Poi tanto in lor si specchia e sta lor sopra,
67.8ch'a la sua perfezion conduce ad ogni opra.
68.1Questa i corpi mantien sani e integri,
68.2non intendo però degli elementi:
68.3che, bench'essi pur sian fragili e egri,
68.4foran più tosto senza liete spenti.
68.5Questa par ne la prole che rintegri
68.6quel, che non siamo a servar noi possenti.
68.7E quest'al fin fa ch'a conoscer vegna
68.8l'alma il fattor e a reverirlo insegna.
69.1Seguite dunque una virtù sì antica
69.2e così necessaria al viver nostro,
69.3che dal gran Labirinto vi districa,
69.4ond'erra senza filo il pensier vostro
69.5e che farvi potrà senza fatica
69.6salir beata nel superno chiostro,
69.7perché del sol facciate e d'ogni stella
69.8quel che fate ora al mondo d'ogni bella.
70.1Non passate l'età fiorita e fresca
70.2nel mar de l'ozio abominoso e tetro,
70.3perché la gioventù non si ripesca,
70.4se cade al fondo con le spalle a dietro.
70.5Né la bellezza mai più si rinfresca,
70.6se si secca una volta entr'un bel vetro.
70.7Ch'io vi dico con fede, se nol fate,
70.8ch'ingiuria al tempo e a voi 'nganno usate.
71.1E quando poi le crespe chiome bionde
71.2fian del colore che si copre e spezza,
71.3e de le guancie morbide e gioconde
71.4in voi scemato il pregio e la vaghezza,
71.5e del sol de' begli occhi, che profonde
71.6fa l'altrui piaghe, spenta ogni dolcezza,
71.7un'altra ne lo specchio riguardando,
71.8so ch'indarno direte sospirando:
72.1- Quanto fu 'l mio pensier fallace e stolto,
72.2che del ramo lasciai seccar le foglie
72.3pria che n'avessi i cari frutti colto,
72.4invan credendo che 'l troncon germoglie.
72.5Deh! potess'io riaver quel ch'io m'ho tolto,
72.6che tosto cangerei pensieri e voglie:
72.7ma tardi giunsi a conoscenza vera,
72.8ché i fior côrre si denno a primavera. -
73.1Però cogliete (ora ch'è tempo) il frutto
73.2dei teneri anni e de' vostr'alti pregi,
73.3ché poi vien morte e cangia in fero lutto
73.4titoli imperïali e nomi regi.
73.5Né 'n quel punto val dir: - Io potei tutto,
73.6né di bellezza ottenni i primi fregi -,
73.7ch'ogni cosa vien meno e resta 'l folle
73.8pentimento, che 'l mal non cura o tolle.
74.1Et a ciò far né voi sola conforto,
74.2che vi mostrate incontr' Amor superba,
74.3ma tutte quelle, che di lor vago orto
74.4lascian seccar, per non bagnar mai, l'erba.
74.5La giovanezza è amica del diporto,
74.6che tôr si deve ne l'etate acerba.
74.7Ma se questa stagion col tempo vola,
74.8del perduto piacer che vi consola?
75.1Vinca 'l ver dunque e da voi 'l falso sgombre,
75.2che la vostr'alma semplicetta inganna.
75.3Pregate Amor che de' suoi rai v'ingombre
75.4e che vi pasca di sua dolce manna.
75.5E la voce del volgo non v'adombre
75.6di peccato e disnor, che 'l saggio danna,
75.7ché con ragion si può dir morta quella
75.8che non l'arde 'l pensier d'Amor facella.
76.1Qualunque cosa che suol far natura,
76.2o necessaria vien fatta o migliore.
76.3E per questo veggiam la notte oscura
76.4e 'l di pien di chiarezza e di splendore,
76.5a mezzo aprile in giovenil figura
76.6vestito 'l mondo di novel colore,
76.7e la state tornar languido e secco
76.8e cangiato ogni fior in duro stecco.
77.1Però non per mostrars' il dì sereno
77.2è la notte a l'incontro fosca e bruna,
77.3né perché renda april verde 'l terreno,
77.4ch'agli occhi altrui tanta vaghezza aduna,
77.5né perché secchi i fior la state sieno,
77.6quando non han benigno e sole e luna,
77.7da lor si pecca: anzi ciascun di loro
77.8segue l'effetto, onde creati foro.
78.1Così noi la Natura dir possiamo
78.2che però ha posto al nostro nascimento
78.3necessità d'Amor, perché seguiamo
78.4questo dolce comun congiungimento.
78.5Né per altro fu data Eva ad Adamo,
78.6che per seguir sì bisognoso intento,
78.7onde non pecca l'uom né voi peccate,
78.8quando 'l perduto di riaver cercate.
79.1Primieramente (s'è degno di fede)
79.2gli uomini aveano, ond'erano sì alteri,
79.3due facce, quattro man, doppio ogni piede
79.4e l'altre membra di duo corpi interi.
79.5I quai da Giove, a cui tôrre la fede
79.6voller, sì come sconoscenti e feri,
79.7per lo mezzo partiti furon poi,
79.8fatti cotali, come semo or noi.
80.1Ma per ciò ch'essi volentier tornare
80.2harian voluto a l'interezza prima,
80.3come quelli che 'n duo cotanti fare
80.4meglio poteano nel grado di prima,
80.5che da poi che si vider separare
80.6l'uno da l'altro, dal piede a la cima,
80.7secondo in piè alcun d'essi si levava,
80.8così ogni uno al suo mezzo s'appigliava.
81.1Il che poi tutti gli altri uomini han fatto
81.2di tempo in tempo e 'l faran sempre ancora:
81.3et è quel ch' oggi noi chiamiamo in fatto
81.4Amor e amarci. Onde s'alcun talora
81.5ama sua donna e 'n mezzo al cor ritratto
81.6porta lo suo bel viso, ei cerca alora
81.7la sua metà. E le donne ancor ciò fanno,
81.8s'elle dei signor loro accese stanno.
82.1Niuno è intero e ogni un cerca 'l suo mezzo,
82.2che non è tutto quel che non può stare
82.3senz' altretanto: Amor è poi quel mezzo
82.4che ne suole a noi stessi rintegrare
82.5e n'apporta un piacer che non ha mezzo,
82.6che se molto potesse in noi durare,
82.7la speranza troncando e il desire,
82.8compitamente ne faria gioire.
83.1Drizzate dunque a questo santo nume
83.2tutti vostri pensieri e l'alma e 'l core,
83.3che ci mostra il camino e ci dà piume
83.4da volar sopra 'l Ciel, carchi d'onore.
83.5E spogliatev' in tutto dal costume
83.6che gran parte vi toglie del valore,
83.7acciò che poi, di santi rai vestita,
83.8v'adori il mondo, e siate in Ciel gradita.
84.1Fate che v'arda il cor sì nobil foco
84.2che come il nostro sol qui l'oro affina,
84.3così questo consuma a poco a poco,
84.4ciò che di vil con l'anima confina.
84.5E avviva la parte, in cui mai loco
84.6non ebbe la sua fiamma alma e divina,
84.7perch'in lui trovarete util rimedio
84.8contra i pensieri, che v'han posto assedio.
85.1In lui vero riposo negli affanni,
85.2felicissimo termine a i desiri,
85.3rimedio salutifero nei danni,
85.4certo e util conforto nei martiri,
85.5securo porto ne lo mar d'inganni
85.6e fin lieto a la guerra de' sospiri;
85.7e trovarete al fin tanta virtute,
85.8ch'a dirlo foran tutte lingue mute.
86.1Come dunque la mia potrà lodarte
86.2o santissimo Amor sì degnamente;
86.3che non scemi parlando una gran parte
86.4de le tue lode, fuor d'umana mente?
86.5Con quai parole agguagliarans' in parte
86.6l'opre divine e 'l tuo valor possente,
86.7s' a conoscer il ver chiaro mi mostra,
86.8ch'avanzi assai l'intelligenza nostra?
87.1Tu bellissimo, buono, antico e saggio,
87.2da l'unïon de la beltà più bella,
87.3e bontate e sapienza, come raggio
87.4dal sol derivi, e 'n quella stai e a quella
87.5per quella torni a far tondo il viaggio.
87.6Tu se' colui, che con ragion appella
87.7il mondo padre de' piaceri onesti
87.8e che pace a le cose e grazia presti.
88.1Tu gli effetti distinti insieme aduni
88.2e dai la perfezion a gli imperfetti,
88.3lucidi e chiari fai gli oscuri e bruni
88.4et amistà tra gli nemici metti.
88.5A la terra i bei frutti, al mar raguni
88.6i queti venti a far bonaccia eletti.
88.7E perché d'ogni cosa al fin ti cale,
88.8il lume porgi al largo Ciel vitale.
89.1Tu se' insomma principio e tu sei fine,
89.2di quanto ben pel mondo oggi si spande.
89.3E perché star ti piace entr'al confine
89.4di bei corpi e abitar indegne bande,
89.5vanne or fra quelle altere e pellegrine
89.6membra, com' in albergo ricco e grande,
89.7di questa tua dolce nemica e mia:
89.8ivi ti loca, ivi tua stanza sia.
90.1Infunditi signor mio caro in ogni
90.2parte di questa bella e fredda pietra.
90.3E perché la tua aita i' non più agogni,
90.4la sua durezza con preghiere spetra.
90.5E fa ch'ella medesma si vergogni
90.6di far segnal ch'al tuo pregar s'arretra.
90.7Illumina co 'l tuo santo splendore
90.8le tenebre, c'han posto assedio al core.
91.1E come fida scorta in questo cieco
91.2labirinto le mostra il ver camino.
91.3Corregi tu la falsità che seco
91.4regna per elezion, non per destino.
91.5Purga coi chiari rai ch'adduci teco
91.6l'error, che ti fa odiar sera e mattina,
91.7acciò ch'ella abbandoni l'antico uso
91.8et io non resti di speranza escluso.
92.1E se l'aver al chiaro viso adorno
92.2del primo bel l'alta sembianza impressa
92.3et il vedersi tanti rai d'intorno
92.4uscir, che poi le fanno amar se stessa,
92.5le facesser usar, per farti scorno,
92.6a tue preghiere resistenza espressa,
92.7mostrale tu con nova altra maniera,
92.8che sai punir l'ostinazion sua fera.
93.1Fa che gli specchi, ond'ella si consiglia
93.2a vagheggiar tanto se stessa in loro,
93.3come la fan più bella che la figlia
93.4di Leda e quante belle al mondo foro,
93.5così l'empiano il cor di meraviglia,
93.6scorgendo in essi l'alabastro e l'oro
93.7e le perle, i rubini e i zaffiri,
93.8che faran sempre ch'io per lei sospiri.
94.1E da cotal poi meraviglia rara
94.2in lei rinasca un desiderio strano,
94.3di tener tanto la sua imagin cara,
94.4ch'arda dì e notte di se stessa invano.
94.5E quanto più seguir pensier le para
94.6che per prova riesca ogni or più vano,
94.7più di sé allumi e sé medesma brami
94.8e senza frutto alcun risponda e chiami.
95.1Fa ch'ella senta sì come in lei face
95.2estrema povertà troppa ricchezza,
95.3continua guerra la soverchia pace,
95.4noiosa servitù molta bellezza;
95.5e come tu senza quadrella o face
95.6feri e allumi ch'il tuo regno sprezza.
95.7Né consenti giamai ch'alcun si vante,
95.8d'aver schernito le tue leggi sante.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)