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1.1La concubina di Titone antico
1.2già s'imbiancava al balco d'orïente,
1.3fuor de le braccia del suo dolce amico;
2.1di gemme la sua fronte era lucente,
2.2poste in figura del freddo animale
2.3che con la coda percuote la gente;
3.1e la notte, de' passi con che sale,
3.2fatti avea due nel loco ov'eravamo,
3.3e 'l terzo già chinava in giuso l'ale;
4.1quand'io, che meco avea di quel d'Adamo,
4.2vinto dal sonno, in su l'erba inchinai
4.3là 've già tutti e cinque sedavamo.
5.1Ne l'ora che comincia i tristi lai
5.2la rondinella presso a la mattina,
5.3forse a memoria de' suo' primi guai,
6.1e che la mente nostra, peregrina
6.2più da la carne e men da' pensier presa,
6.3a le sue visïon quasi è divina,
7.1in sogno mi parea veder sospesa
7.2un'aguglia nel ciel con penne d'oro,
7.3con l'ali aperte e a calare intesa;
8.1ed esser mi parea là dove fuoro
8.2abbandonati i suoi da Ganimede,
8.3quando fu ratto al sommo consistoro.
9.1Fra me pensava: "Forse questa fiede
9.2pur qui per uso, e forse d'altro loco
9.3disdegna di portarne suso in piede".
10.1Poi mi parea che, poi rotata un poco,
10.2terribil come folgor discendesse,
10.3e me rapisse suso infino al foco.
11.1Ivi parea che ella e io ardesse;
11.2e sì lo 'ncendio imaginato cosse,
11.3che convenne che 'l sonno si rompesse.
12.1Non altrimenti Achille si riscosse,
12.2li occhi svegliati rivolgendo in giro
12.3e non sappiendo là dove si fosse,
13.1quando la madre da Chir¢n a Schiro
13.2trafuggò lui dormendo in le sue braccia,
13.3là onde poi li Greci il dipartiro;
14.1che mi scoss'io, sì come da la faccia
14.2mi fuggì 'l sonno, e diventa' ismorto,
14.3come fa l'uom che, spaventato, agghiaccia.
15.1Dallato m'era solo il mio conforto,
15.2e 'l sole er'alto già più che due ore,
15.3e 'l viso m'era a la marina torto.
16.1"Non aver tema", disse il mio segnore;
16.2"fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
16.3non stringer, ma rallarga ogne vigore.
17.1Tu se' omai al purgatorio giunto:
17.2vedi là il balzo che 'l chiude dintorno;
17.3vedi l'entrata là 've par digiunto.
18.1Dianzi, ne l'alba che procede al giorno,
18.2quando l'anima tua dentro dormia,
18.3sovra li fiori ond'è là giù addorno
19.1venne una donna, e disse: "I' son Lucia;
19.2lasciatemi pigliar costui che dorme;
19.3sì l'agevolerò per la sua via".
20.1Sordel rimase e l'altre genti forme;
20.2ella ti tolse, e come 'l dì fu chiaro,
20.3sen venne suso; e io per le sue orme.
21.1Qui ti posò, ma pria mi dimostraro
21.2li occhi suoi belli quella intrata aperta;
21.3poi ella e 'l sonno ad una se n'andaro".
22.1A guisa d'uom che 'n dubbio si raccerta
22.2e che muta in conforto sua paura,
22.3poi che la verità li è discoperta,
23.1mi cambia' io; e come sanza cura
23.2vide me 'l duca mio, su per lo balzo
23.3si mosse, e io di rietro inver' l'altura.
24.1Lettor, tu vedi ben com'io innalzo
24.2la mia matera, e però con più arte
24.3non ti maravigliar s'io la rincalzo.
25.1Noi ci appressammo, ed eravamo in parte
25.2che là dove pareami prima rotto,
25.3pur come un fesso che muro diparte,
26.1vidi una porta, e tre gradi di sotto
26.2per gire ad essa, di color diversi,
26.3e un portier ch'ancor non facea motto.
27.1E come l'occhio più e più v'apersi,
27.2vidil seder sovra 'l grado sovrano,
27.3tal ne la faccia ch'io non lo soffersi;
28.1e una spada nuda avëa in mano,
28.2che reflettëa i raggi sì ver' noi,
28.3ch'io drizzava spesso il viso in vano.
29.1"Dite costinci: che volete voi?",
29.2cominciò elli a dire, "ov'è la scorta?
29.3Guardate che 'l venir sù non vi nòi".
30.1"Donna del ciel, di queste cose accorta",
30.2rispuose 'l mio maestro a lui, "pur dianzi
30.3ne disse: "Andate là: quivi è la porta".
31.1"Ed ella i passi vostri in bene avanzi",
31.2ricominciò il cortese portinaio:
31.3"Venite dunque a' nostri gradi innanzi".
32.1Là ne venimmo; e lo scaglion primaio
32.2bianco marmo era sì pulito e terso,
32.3ch'io mi specchiai in esso qual io paio.
33.1Era il secondo tinto più che perso,
33.2d'una petrina ruvida e arsiccia,
33.3crepata per lo lungo e per traverso.
34.1Lo terzo, che di sopra s'ammassiccia,
34.2porfido mi parea, sì fiammeggiante
34.3come sangue che fuor di vena spiccia.
35.1Sovra questo tenëa ambo le piante
35.2l'angel di Dio sedendo in su la soglia
35.3che mi sembiava pietra di diamante.
36.1Per li tre gradi sù di buona voglia
36.2mi trasse il duca mio, dicendo: "Chiedi
36.3umilemente che 'l serrame scioglia".
37.1Divoto mi gittai a' santi piedi;
37.2misericordia chiesi e ch'el m'aprisse,
37.3ma tre volte nel petto pria mi diedi.
38.1Sette P ne la fronte mi descrisse
38.2col punton de la spada, e "Fa che lavi,
38.3quando se' dentro, queste piaghe" disse.
39.1Cenere, o terra che secca si cavi,
39.2d'un color fora col suo vestimento;
39.3e di sotto da quel trasse due chiavi.
40.1L'una era d'oro e l'altra era d'argento;
40.2pria con la bianca e poscia con la gialla
40.3fece a la porta sì, ch'i' fu' contento.
41.1"Quandunque l'una d'este chiavi falla,
41.2che non si volga dritta per la toppa",
41.3diss'elli a noi, "non s'apre questa calla.
42.1Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa
42.2d'arte e d'ingegno avanti che diserri,
42.3perch'ella è quella che 'l nodo digroppa.
43.1Da Pier le tegno; e dissemi ch'i' erri
43.2anzi ad aprir ch'a tenerla serrata,
43.3pur che la gente a' piedi mi s'atterri".
44.1Poi pinse l'uscio a la porta sacrata,
44.2dicendo: "Intrate; ma facciovi accorti
44.3che di fuor torna chi 'n dietro si guata".
45.1E quando fuor ne' cardini distorti
45.2li spigoli di quella regge sacra,
45.3che di metallo son sonanti e forti,
46.1non rugghiò sì né si mostrò sì acra
46.2Tarpëa, come tolto le fu il buono
46.3Metello, per che poi rimase macra.
47.1Io mi rivolsi attento al primo tuono,
47.2e "Te Deum laudamus" mi parea
47.3udire in voce mista al dolce suono.
48.1Tale imagine a punto mi rendea
48.2ciò ch'io udiva, qual prender si suole
48.3quando a cantar con organi si stea;
49.1ch'or sì or no s'intendon le parole.
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