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LIBRO DECIMONONO

1.1Ma 'l superbo Emireno aveva intanto
1.2lasciati i lidi, ove quel mar risuona,
1.3co' duci che seguîr la speme e 'l vanto,
1.4di preda e di vittoria e di corona:
1.5e 'n selva a cui diè nome antico pianto,
1.6quando non anco il ciel lampeggia e tuona,
1.7giungea per vie rivolte a' salsi flutti,
1.8e tra boschi recisi e fonti asciutti.
2.1Non gli vedeano i Franchi, intenti a l'opre,
2.2mentre era ancor lontano il sol da l'onde;
2.3ma l'antica Sion gli vede e scopre,
2.4parte Elia col suo giro altrui n'asconde.
2.5Qual gran nebbia che a sera il sol ricopre
2.6e tenebrosa sorge e si diffonde,
2.7tal l'esercito il ciel di polve adombra,
2.8e l'ime valli e l'ampie strade ingombra.
3.1Alzano allor da l'alte torri i gridi
3.2insino al ciel quelle rinchiuse genti,
3.3con quel romor che da' lor traci nidi
3.4fanno a stormo le gru ne' giorni algenti;
3.5e tra le nubi a' più tepidi lidi
3.6fuggon cacciate innanzi a' freddi venti:
3.7che speme aggiunta fa più ardite e pronte
3.8le mani al saettar, la lingua a l'onte.
4.1Al grido, al suono, al minacciar che udîro
4.2fûr vòlti i Franchi ove s'innalza e volve
4.3(già dechinando il sole in lungo giro)
4.4candida nube di minuta polve;
4.5a poco a poco, qual'apparve a Ciro,
4.6in color negro si tramuta, e 'nvolve
4.7tutte d'intorno le montagne e i campi:
4.8splendono in mezzo d'arme accesi lampi.
5.1Pria lo splendor che di lontano abbaglia,
5.2rifulge, e quasi spazio accresce al giorno:
5.3poi veggion l'aste, e d'orrida battaglia
5.4gli ordini avversi ir dispiegati intorno:
5.5con piastra aurata e con aurata maglia
5.6sono i gran cavalier nel destro corno,
5.7là 've Emiren, con fronte alta e superba,
5.8il loco e 'l sommo impero a sé riserba.
6.1D'Arabi appresso più veloci squadre
6.2vengono, e i Persi con più grave incarco
6.3seguon d'armi lucenti e di leggiadre,
6.4cingendo il monte ov'è men ampio il varco.
6.5Da l'altro lato in piene schiere e quadre
6.6gente armata passar di strale e d'arco,
6.7carri con falci affisse andare avanti
6.8mirano, e torreggiar gravi elefanti.
7.1Non sbigottisce a la terribil vista
7.2de' magnanimi Franchi il cor feroce,
7.3mentre l'oste, di turba orribil mista,
7.4e varia d'armi e d'abiti e di voce,
7.5si fa lor più vicina, e spazio acquista
7.6incontra 'l monte ove s'alzò la croce,
7.7quando ebbe del tiranno empio d'inferno
7.8la sanguigna vittoria il Re superno.
8.1Ma s'è dubbioso a' nuovi rischi e teme
8.2de l'incerta fortuna 'l volgo afflitto,
8.3il fior de' cavalieri accolto insieme
8.4con giovanile ardire al duce invitto:
8.5–Dà (grida) il segno di battaglia–, e freme,
8.6non avendo timor d'Asia, o d'Egitto,
8.7perché da nere arene e d'alte selve
8.8armino i mostri e le possenti belve.
9.1Ma pone a gli animosi un lento freno,
9.2di quel saggio signor la mano esperta;
9.3né de la notte al tepido sereno
9.4vuol prova far de la fortuna incerta,
9.5pria che chiuso i nemici ampio terreno
9.6abbian di fosse a la campagna aperta:
9.7quelli pronti occupâr sublime giogo,
9.8dove scelse Pompeo sicuro luogo.
10.1Così passâr sino a la nova aurora
10.2la breve notte, e quinci in vari accenti
10.3s'udia 'l tumulto, e non quetato ancora
10.4il suon discorde d'infinite genti:
10.5di mar turbato in guisa e di sonora
10.6tempesta, allor che fan battaglia i venti;
10.7quindi in mesto silenzio e quasi stanchi
10.8giacean del guerreggiar Latini e Franchi.
11.1Poi ne l'uscir de la purpurea luce,
11.2l'oste vicina a la frondosa sponda
11.3di Cedron il torrente indi conduce
11.4e s'accampa Emireno e si circonda;
11.5ma per vie da lor fatte il Franco duce
11.6tra larghe fosse i suoi mandava a l'onda:
11.7tanta per l'acque esser dovea contesa
11.8in secca terra, al sole ardente accesa.
12.1Pria con leggieri assalti e quinci e quindi
12.2di sangue rosseggiâr le rive a pena;
12.3poi vi trassero Egizi e Persi ed Indi
12.4a tinger quelle sponde e quell'arena.
12.5Era ne la stagion che infiammi e scindi
12.6il suol, cui bagna non perpetua vena,
12.7e i fonti asciughi, e con gli ardenti strali
12.8d'alto saetti, o sol, gli egri mortali;
13.1quando, usciti da fossi e da caverne,
13.2spazïavano i Franchi 'n verde riva,
13.3a l'ombre sempre folte e quasi eterne,
13.4mormorar l'acque udendo a l'aura estiva:
13.5ed ecco quivi Adrasto e Tisaferne;
13.6e varia turba d'altre genti arriva,
13.7con gli animali, a la cui sete è scarso
13.8ciò che da l'urne occulte il fonte ha sparso.
14.1Di strali fûr coperte e di quadrella
14.2tosto le rive, e di pungenti dardi
14.3che si lanciâro in questa parte e 'n quella;
14.4poi s'affrontâro insieme i più gagliardi.
14.5In modo antico alfin guerra novella
14.6gli elefanti facean più gravi e tardi:
14.7e i guerrier più ristretti abbatte e sforza
14.8l'impeto, il peso e quella orribil forza.
15.1Ma tutti Balduino al risco eguali,
15.2con la presenza e con la destra ardita,
15.3gli animi ha fatti, onde non cede a' mali
15.4alcun, per dubbio di lasciar la vita:
15.5quando, stridendo a lui con rapide ali,
15.6di non so donde una saetta uscita,
15.7fére il ginocchio, onde lasciar convenne
15.8quella tenzon ch'egli primier sostenne.
16.1Tutti fuggìano allor la furia e 'l pondo,
16.2per tèma abbandonando e l'ombre e l'acque:
16.3molti precipitâr nel cavo fondo
16.4d'oscure fosse, alcuno estinto giacque.
16.5Lutoldo il primo ed Unichier secondo,
16.6cui vita senza gloria allor dispiacque,
16.7le spoglie riportâr d'ancisi mostri,
16.8emuli de' Romani, a' duci nostri
17.1Però che, l'uno a l'altro allor rivolto:
17.2–Tu ch'hai (gli disse) or sì robuste braccia,
17.3e gir potèi d'ispidi velli involto,
17.4vinto il leon, qual nuovo Alcide, in caccia:
17.5meco a' nuovi perigli or mostra il volto,
17.6perseguendo chi gli altri ancide e scaccia;
17.7e 'n guerra ancor, non pur solingo in selva,
17.8drizza quasi un trofeo d'estinta belva.–
18.1Così gli disse; e primo ei tronca a terra
18.2fe' la bestia cader che tutti oltraggia,
18.3sì come torre minacciosa in guerra
18.4avvien che s'apra a le percosse e caggia.
18.5Unichier la vicina a prova atterra,
18.6ch'ebbe vittoria del leon selvaggia:
18.7or questa illustre gloria a quella aggiunge,
18.8poi l'altre con gran possa e fére e punge.
19.1L'esempio e 'l grido ogni guerrier converse,
19.2che dal nuovo timor fu mosso e vinto,
19.3sicch'insieme ferir le fère avverse,
19.4e quel ferino stuolo indi respinto,
19.5urtò le genti d'India, urtò le Perse,
19.6e l'onda e 'l guado di rossor fu tinto;
19.7così di qua di là la fossa albergo
19.8diede, e 'l torrente, a chi volgeva il tergo.
20.1Mal capace era il letto, i passi angusti,
20.2torbide fatte l'onde e sanguinose;
20.3cadean sul guado i Persi e gl'Indi adusti,
20.4tra gli elefanti, e 'n su le rive ombrose:
20.5e tra' cameli, i quai gîr dianzi onusti
20.6di smisurate some e di gravose,
20.7or lievi e scarchi de l'usate salme,
20.8tingean del proprio sangue olivi e palme.
21.1Quivi cadde fra gli altri il gran Serindo,
21.2e in sulle rive diè l'ultimo crollo,
21.3mentre bramato avrebbe il Gange o l'Indo,
21.4al gran camelo suo non ben satollo.
21.5Cadde l'estrania belva appresso a l'indo,
21.6perché ad ambo Unichier recise il collo;
21.7ma quasi integro a l'uno, a l'altro il mezzo,
21.8che di gran colpo egli ferì da sezzo.
22.1Grande era sì, ma non egual percossa
22.2a quella onde il signor, degno d'impero,
22.3pari bestia ferì con maggior possa.
22.4troncando (o meraviglia!) 'l collo intero.
22.5Spogliata intanto avean la carne e l'ossa
22.6di Lutoldo i compagni e d'Unichiero,
22.7ed a' corvi lasciando il fèro pasto,
22.8le cuoia indi portâr senza contrasto.
23.1Ma il re feroce e Tisaferne il forte,
23.2ch'eran più lunge entro l'istessa valle,
23.3vista la fuga, anzi l'orribil morte
23.4de' suoi, dispersi in quel sanguigno calle,
23.5mossero insieme e variâr la sorte,
23.6che spesso in picciol tempo alterna e falle:
23.7e dove l'uno e l'altro a prova assalse,
23.8scampo al fuggir, schermo al ferir non valse.
24.1Né tanto è fèra in mar dannosa, o 'n bosco,
24.2perché d'irsuto cuoio s'induri ed armi,
24.3e sparga da la bocca amaro tosco
24.4ed abbia artigli e denti, orribili armi:
24.5né torbida procella a l'aer fosco
24.6o folgore che passi i monti e i marmi,
24.7più spaventosa è de l'irata coppia
24.8che a perversa ragion tai posse accoppia.
25.1Ecco fra molti a piè di salto in salto
25.2Lucenzio al corso un gran destrier sospinge,
25.3e da traverso impetuoso assalto
25.4facendo al re de gl'Indi, a lui si stringe:
25.5ei da sella rapito il leva in alto
25.6con la gran destra onde 'l circonda e cinge,
25.7ed avanti al suo arcion per forza il corca,
25.8come ch'egli s'aggiri o si contorca.
26.1Tutti a lui si voltâro, il grido alzando
26.2per maraviglia, Egizi ed Indi e Persi;
26.3ei l'arme insieme e 'l cavalier portando,
26.4acceso di furor tra' duci avversi
26.5trascorre il campo, e va tra via mirando
26.6ove cacci il suo ferro e 'l sangue versi;
26.7quel pur ripugna, e forza oppone al forte,
26.8e respinge la destra, anzi la morte.
27.1Com'aquila che il volo in alto estende,
27.2porta il rapito drago al ciel talvolta,
27.3e i piedi avvinchia, e con gli artigli il prende:
27.4quel con la coda in giri obliqui avvolta,
27.5fischia, orrido le squamme, e 'n van contende,
27.6piagato, e 'ncontra lei s'innalza e volta;
27.7lunge ella vola e porta 'l fèro mostro,
27.8e 'l preme e punge con l'adunco rostro:
28.1tale ei portò la sanguinosa preda,
28.2lieto e superbo, e ne feo strazio e scempio,
28.3acciò che ognun de' suoi da lunge il veda,
28.4e segua del signor l'altero esempio:
28.5anco i nostri mirâr come succeda
28.6l'inusitata sua vittoria a l'empio,
28.7e sentîr dentro farsi 'l cor di ghiaccio,
28.8al gran poter di sì robusto braccio.
29.1Ma Lutoldo e 'l compagno opporsi osâro
29.2a tanta forza, a tanto rischio, a tanto
29.3furor che non trovava altro riparo:
29.4né 'n periglio maggior più nobil vanto
29.5eroe famoso, o nome ebbe più chiaro
29.6contra belva di Lerna o d'Erimanto,
29.7o dove morte e vita insieme inforsa
29.8famelico leone ed orrid'orsa.
30.1Lutoldo il primo feritor prevenne
30.2Adrasto, che di corpo ogni altro avanza,
30.3né colpo di secure o di bipenne,
30.4già mai più grave o di maggior possanza,
30.5o di spiedo, o di lancia ei pria sostenne,
30.6o d'arme note per moderna usanza:
30.7rotto lo scudo a la percossa e l'angue;
30.8ma non fu tratto di sue membra il sangue.
31.1Poi con più lunga spada il re turbato
31.2mostrò del suo furor orribil arte,
31.3e quante arme trovò dal manco lato,
31.4tutte lasciò di sangue infuse e sparte.
31.5Partì 'l lucido scudo, e 'l braccio armato
31.6lasciò ferito in perigliosa parte,
31.7la 've s'annoda; e quel dolente e 'nfermo
31.8non può regger lo scudo o fare schermo.
32.1Però costretto è di ritrarsi indietro,
32.2dove il fratello è pronto a far difesa;
32.3e mentre l'un versava il sangue tetro,
32.4sol l'altro sostenea la dubbia impresa;
32.5ma le sue armi ancor parean di vetro
32.6al ferro che più d'altro e fende e pesa;
32.7onde sen gìo Guglielmo, anch'ei diviso
32.8lo scudo e l'elmo, e rotto il fianco e 'l viso.
33.1Ma 'l fedele Unichier sorte più destra
33.2opposto a Tisaferne allor non have,
33.3perche ferito ei fu presso a la destra,
33.4e nel petto, di colpo assai più grave:
33.5e non gli valse incontra arte maestra,
33.6schermo intrepido e cor che nulla pave:
33.7tal ch'a lieto principio il fin riesce
33.8mesto, e gloria col lutto in un si mesce.
34.1Poi Tisaferne un Guido e l'altro impiaga,
34.2che solea sempre ne' perigli ir seco,
34.3anzi gli ancide; e fu mortal la piaga
34.4che tosto l'un fe' monco e l'altro cieco.
34.5Là dove il sangue intorno al cor s'allaga,
34.6fisse il ferro a Fulcone; e del suo speco
34.7l'onda vermiglia uscìo per larga strada,
34.8e 'ntiepidissi nel polmon la spada.
35.1Ferì poscia Eberardo ove disgiunge
35.2de l'aurata lorica il sommo, e l'imo
35.3del lucid'elmo; e quivi al collo aggiunge
35.4lo qual reciso cadde al colpo primo,
35.5e per l'arena andò rotando, e lunge
35.6restò dal tronco in quel sanguigno limo:
35.7Gasto, Gaston, Lamberto in vari modi
35.8abbatte, e rompe de la guerra i nodi.
36.1Come due fochi in fra virgulti e piante
36.2d'arida selva, e dove scoppia il lauro,
36.3spargon la fiamma torbida e sonante.
36.4crescendo a lo spirar d'Austro e di Cauro;
36.5o quai due fiumi, l'un in vêr Levante
36.6corre spumoso, e l'altro inverso il Mauro
36.7risuona impetuoso, e 'n mar si sgombra,
36.8e la sua via d'alte ruine ingombra:
37.1così de' duo guerrier la forza e l'ira
37.2strugge il fedele stuol da varie parti
37.3e dovunque si volge e si raggira,
37.4cedono tutte incontra e l'armi e l'arti;
37.5fortuna intanto a lor seconda aspira,
37.6ed a' Franchi già lassi e 'n fuga sparti
37.7la via di breve fuga omai precisa,
37.8e tutta piena è già di gente uccisa.
38.1Sembra quasi di morti orrida tomba
38.2la scura valle, e di sanguigno flutto
38.3spuma 'l nero torrente, e più rimbomba
38.4al suon de l'armi, a l'alte strida, al lutto.
38.5D'Adrasto il grido è qual tartarea tromba
38.6ch'orribil s'ode risuonar per tutto:
38.7Sion, ed Acra, e l'uno e l'altro campo
38.8mosse; e 'l minor temea vergogna e scampo.
39.1Il vecchissimo duce ancora udillo,
39.2bench'ei bevesse, e ne l'oblio giocondo
39.3i lunghi affanni a cui lo ciel sortillo
39.4tuffasse in parte co 'l minor Raimondo,
39.5che riportato avea l'alto vessillo,
39.6l'arme, e degli altri arnesi 'l caro pondo
39.7da l'infelice impresa e da l'arena
39.8tinta di sangue, e tornò vivo a pena.
40.1Seco tornâro insieme i due Roberti,
40.2e 'l possente Aristolfo, e 'l duce Inglese,
40.3ch'invan fortuna e 'l lor valore esperti,
40.4de la ròcca lasciâr l'aspre difese:
40.5seco volle quel d'Ansa i casi incerti
40.6anco tentar ne le più dubbie imprese;
40.7e co' silenzi de la luna amici,
40.8taciti si partîr da' lidi aprici.
41.1Taciti si partîr per l'aria negra,
41.2tutti in preda lasciando i nudi legni;
41.3onde aver non potran vittoria allegra
41.4i lor nemici, d'altre spoglie indegni:
41.5però di gente dolorosa ed egra
41.6pieno era il campo, e lutti udiansi e sdegni,
41.7quando gli spaventò più orribil suono,
41.8pur come tuon che segua appresso al tuono.
42.1L'antichissimo duce allor rivolto
42.2a l'altro, che si ciba e parte langue,
42.3turbossi alquanto, e più severo il volto,
42.4cui fatto avea la lunga etate esangue,
42.5disse: –Che fia non so; ma un grido ascolto
42.6che mi perturba e stringe al core il sangue:
42.7e son tristo indovino (o ch'io m'inganno)
42.8di mal vicino e di presente affanno.
43.1E già quasi di vetta assai lontano
43.2io l'antevidi, e poi nol tenni ascosto;
43.3ché l'acqua e l'ombra al Franco ed al Germano
43.4alfin si venderian di sangue a costo;
43.5e spesso, in debil, forte ardire insano
43.6conobbi, e sospirai luglio ed agosto,
43.7bramando in nova età senil consiglio
43.8ché sofferenza vince ogni periglio.
44.1Or vedrò s'io m'apposi e s'io predissi
44.2il vero e 'l meglio, e se di ciò mi calse.
44.3Tu posa intanto, a cui la piaga aprissi,
44.4e gran fatica a sofferir non valse.–
44.5Tacque; e fra tre nipoti indi partissi,
44.6con un'asta reggendo il passo, e salse
44.7là onde vedea ne la confusa turba
44.8chi turbato è fuggendo e chi perturba.
45.1Come allor che si turba il mar Tirreno,
45.2e freme sotto ancor tacita l'onda,
45.3per futura tempesta ei gonfia 'l seno;
45.4non più d'un lato che da l'altro inonda,
45.5prima ch'un vento involva il ciel sereno,
45.6e signoreggi ei sol l'acqua profonda:
45.7e sol le nubi e 'l flutto a certi segni
45.8mova, e rivolga in duo turbati regni;
46.1così fra' suoi pensier d'alma turbata,
46.2tutto riman sospeso e nullo il move:
46.3mentre o pensa d'andar con gente armata
46.4egli medesmo a far l'ultime prove,
46.5o 'l duce ritrovar de l'oste ingrata,
46.6ch'ascolta forse altrui consiglio altrove;
46.7questo alfin meglio estima e questo elegge,
46.8cercando lui che gli altri affrena e regge.
47.1E 'l ritrovò co 'l suo fratello assiso
47.2ne la sua tenda ov'altri duci accoglie;
47.3da cui rado il volere ebbe diviso,
47.4dolente assai de le sue acerbe doglie;
47.5or, visto il veglio con men lieto viso:
47.6–Ecco il frutto (diss'ei) che qui si coglie:
47.7queste produce (e d'altre ora non calme)
47.8questo sacro terren corone e palme.
48.1Ma ben tem'io che meglio alfine osservi
48.2le sue promesse 'l minaccioso Argante;
48.3e quasi damme fuggitive o cervi,
48.4alfin d'Asia ci cacci e di Levante,
48.5o ci faccia de' suoi prigioni e servi,
48.6come spesso cred'io ch'omai si vante:
48.7poi c'ha preso le navi, e preso il porto,
48.8e corre vincitor l'occaso e l'orto.
49.1A noi dianzi negò vittoria il mare,
49.2or nega scampo, e di fuggire io temo;
49.3né riveder le rive amate e care
49.4spero già mai de l'Occidente estremo;
49.5ma possiam qui morir, se meglio or pare,
49.6senza adoprar fuggendo o vela o remo:
49.7s'altro rifugio, oltra la morte, avanza,
49.8dicalo chi di vita ha più speranza.–
50.1Tacque Goffredo; ed ebbe allor risposta
50.2ch'ogni mal, fuor che morte, avea rimedio,
50.3dal pastor di Cosenza, a lui di costa
50.4sedente, il qual fuggì periglio e tedio:
50.5–Mutata è (disse) la fortuna opposta,
50.6e noi minaccia di gravoso assedio,
50.7o di giornata che vergogna apporte:
50.8ché gran lode è schifare a' suoi la morte.
51.1Se la vita più lunga omai ti spiace,
51.2né puoi sperar che le tue glorie accresca;
51.3e s'odii senza regno amata pace,
51.4di noi ti caglia e pur di noi t'incresca.
51.5Salva noi tutti, e sii pastor verace,
51.6tenendo via ch'a certo fin riesca;
51.7ché Antiochia n'aspetta, anzi ne chiama:
51.8ivi regna, se vuoi, con miglior fama.
52.1Se questa pace il Turco a te dinega,
52.2o 'l pauroso imperator d'Egitto,
52.3tutti noi, ch'una fede unisce e lega,
52.4l'offriam, pregando umìli, o sire invitto.–
52.5Così diss'egli; e per suo dir non piega
52.6il magnanimo duce, o per despitto.
52.7Ma di Tolosa allora il saggio conte
52.8incontra lui sdegnosa alzò la fronte:
53.1–Qual parola crudel t'uscì di bocca?
53.2Mentre falsa pietà dimostri e fingi,
53.3a morte ne conduci, ove trabocca
53.4timido cor, parte n'affretti e spingi.
53.5Non è secura mai cittate o rocca
53.6al fuggitivo: e tu al fuggir n'astringi,
53.7non a pugnare; e 'n più lontana terra
53.8cercar debbiam via più dubbiosa guerra.
54.1Fuggirem volontari, o mal tuo grado
54.2farem battaglia, e pugnerem costretti,
54.3se ti lascia il buon sir lo scettro e 'l grado,
54.4se ti fa duce di guerrieri eletti:
54.5e 'n altra valle, e 'n men securo guado,
54.6mostreremo a' nemici il tergo o' petti?
54.7Chi prima lascia il vallo, onde egli è cinto,
54.8per uso e per ragione in prima è vinto.
55.1Fiumi, torrenti, valli, orridi sassi,
55.2rupi, selve, montagne, aspro viaggio
55.3troverem con più rischio: a' dubbi passi,
55.4i finti amici ancor faranne oltraggio.
55.5Egri i guerrieri, ed impediti e lassi,
55.6ed assetati al più cocente raggio,
55.7innumerabil turba avanti, a tergo,
55.8de' nemici vedran, mutando albergo.
56.1Dunque fermiamci qui tra fosse e ponti,
56.2in questo sì onorato almo terreno;
56.3ché queste sacre valli e questi monti
56.4ci permetton vittoria o laude almeno.
56.5Siam, come più n'aggrada, o tardi o pronti;
56.6ecco il riposo, ecco la madre e 'l seno.
56.7Chi far battaglia ne costringe a forza,
56.8a vincere (o ch'io spero) ancor ne sforza.–
57.1Così disse. E soggiunse il pio Goffredo:
57.2–Ottimi sempre fûro i tuoi consigli,
57.3ed al tuo senno me medesmo io credo,
57.4non che le genti mie ne' lor perigli;
57.5ma che tu solo t'armi io non concedo,
57.6contra il nemico, e spada e lancia or pigli:
57.7né ritratto miei detti o 'n lor m'attempo,
57.8ché di vittoria o di morire è tempo.
58.1O sia debita a me la gloria o 'l risco,
58.2io contra Argante o contra il fier soldano,
58.3sol per tutti nel campo espormi ardisco,
58.4e la guerra fornir con questa mano:
58.5né lo scettro mi move, o 'l regno prisco,
58.6o titolo d'onor bramato invano,
58.7ma la vostra salute e 'l puro zelo;
58.8sia testimon di ciò la terra e 'l cielo.
59.1Dogliomi sol che a l'opra omai son lento
59.2per trar voi di periglio e me d'affanni;
59.3allor ciò far potea senza spavento,
59.4che eran nostri i vantaggi e loro i danni.
59.5Or di qualche ripulsa io sol pavento,
59.6ché m'hanno in guerra esposto i due tiranni.
59.7Ma sol per tutti (o pur mi sia concesso)
59.8di nuovo offro la vita e 'l petto istesso.–
60.1Così rispose: e la sentenza estrema
60.2disse de la milizia il vecchio padre:
60.3–Già non debbiamo aver spavento o tèma,
60.4dove duce sei tu d'invitte squadre;
60.5ma nostra gente indebolita e scema
60.6ha per soccorso omai schiere leggiadre;
60.7tal che render conviene (e tardi parme)
60.8l'arme a Ruperto, o 'l gran Riccardo a l'arme.
61.1Non devi escluder lui se tanti accogli
61.2de' suoi guerrieri; ond'ei può far ritorno,
61.3né più tra salse arene e salsi scogli
61.4star (come intesi) in placido soggiorno.
61.5Abbian fine i lunghi òdi e i fèri orgogli,
61.6ché discordia è cagion d'onta e di scorno:
61.7e (se dir lece il vero) ei val per mille;
61.8né fu da' Greci più bramato Achille.–
62.1Ruperto d'Ansa era frattanto accorso
62.2da quella via la qual conduce a' mari,
62.3sin là 've hanno i cavalli il campo al corso,
62.4e i giudici alto seggio, e Dio gli altari.
62.5Qui il fratel di Lutoldo al primo occorso,
62.6scorge venir con tardi passi e rari,
62.7con l'armi rotte e polveroso e stanco,
62.8traendo a pena il mal piagato fianco.
63.1Spargea sudor dal viso, e sangue misto,
63.2ma pur non si smarriva il cor gentile;
63.3n'ebbe pietà quel d'Anzio, allor che visto
63.4l'ha così concio d'empia mano ostile:
63.5e pianse i morti in quel famoso acquisto,
63.6e la fortuna che mutato ha stile:
63.7–Ahi, duci Franchi, come in lutto e 'n polve
63.8la vostra gloria si tramuta e volve?
64.1Così morir tanti guerrieri egregi
64.2dovean senza sepolcro in terra estrana.
64.3Ma tu, che, vivo ancor, sì degni pregi
64.4d'onor riporti e di virtù sovrana,
64.5dimmi, o Guglielmo: incontra i negri regi
64.6fragil sarà la nostra forza e vana?
64.7O sostener potrem l'arme nemiche,
64.8dopo sì glorïose aspre fatiche?–
65.1–Quel che sarà non so; ma in quel ch'io scerna
65.2vane (risponde) fian difese e schermi,
65.3contra i giganti de la valle inferna,
65.4e 'ncontra i mostri anco i ripari infermi,
65.5se non piace al Signor che 'l ciel governa
65.6che la sua aita il nostro ardir confermi:
65.7in altra guisa omai l'ore del pianto
65.8son giunte, e 'n fumo è sparso il nostro vanto.
66.1Perché là 've il torrente inonda e bagna,
66.2molti perîr de' più famosi in armi;
66.3e parte di sua vita ancor si lagna,
66.4più non sperando onor di bianchi marmi.
66.5Ma tu m'aita, prego, e tu ristagna
66.6il sangue al sacro suon de' forti carmi;
66.7ch'io tardo giungo, e 'n mia salute è lenta
66.8ogni medica mano altrove intenta.–
67.1Così disse pregando; e con soavi
67.2passi l'altro il conduce assai vicino,
67.3dove del sangue sparso il terga e lavi,
67.4tra lucido ostro assiso e bianco lino.
67.5Curò le piaghe sue profonde e gravi,
67.6a cui fu d'uopo il proveder divino:
67.7e fece opra miglior che d'arte maga;
67.8se pura fé di puro cor s'appaga.
68.1Ne l'egro ei mitigò la doglia acerba,
68.2ma no 'l desio, che dentro il rode ed ange,
68.3di vendicar de' suoi l'onta superba
68.4contra chi ber solea del Nilo, o 'n Gange:
68.5e fisse ne la mente anco riserba
68.6le sue parole, e l'altrui morte ei piange;
68.7e gli son quasi dal pensier dipinti
68.8i simulacri de gli amici estinti.
69.1Parte del suo signore oblia l'impero,
69.2ch'egli guerra non faccia e sol rispinga,
69.3e del soldàn, ch'è si possente e fèro,
69.4schivi l'incontro, ove s'avanzi e spinga:
69.5tanto nel petto giovinile altero
69.6può di gloria immortal dolce lusinga,
69.7o quasi forza è pur d'eterna luce
69.8questo nobil desio ch'a morte induce.
70.1Questo fermo pensier dal cor avulse
70.2tutt'altri, e sbandì quasi il dolce sonno;
70.3e non vi fûr per l'arme altre repulse,
70.4per l'arme del suo fido amico e donno.
70.5Ma come il nuovo dì nel ciel rifulse,
70.6sostenne il peso, e far pochi altri il ponno:
70.7e fece biancheggiar con auree piume
70.8l'augello imperïoso al chiaro lume.
71.1Il grave usbergo e 'l grave scudo io dico,
71.2in cui l'aquila i vanni innalza e spande,
71.3e l'elmo sostenea del caro amico,
71.4che sculte d'oro avea ricche ghirlande:
71.5la spada no, che fu dal padre antico
71.6portata in guerra, in guisa è grave e grande:
71.7né, fuor che 'l pio Goffredo, alcun la vibra;
71.8ei sol potea di forza opporsi in libra.
72.1Un'altra spada al fianco allor si cinge
72.2Ruperto, in cui la guardia e 'l pomo è d'oro,
72.3e vi riluce impressa alata sfinge,
72.4che si corona di frondoso alloro:
72.5quinci un possente suo destrier sospinge,
72.6a cui cede nel corso il trace e 'l moro;
72.7negro, candido un piè, stellato in fronte,
72.8e gli altri appresso fa condurre al fonte.
73.1L'asta, la qual parea nodosa antenna
73.2integra e tinta di color vermiglio,
73.3e tronca già ne la famosa Ardenna
73.4lasciò con gli altri arnesi il padre al figlio;
73.5ma dove Marte fére, e non accenna,
73.6la ruppe quel cui diè virtute esiglio:
73.7quel ch'in battaglia ogni dur' rompe e spezza,
73.8ed ebbe eguale al suo valor bellezza.
74.1V'è solo il tronco; e 'l suo fedel ne scelse
74.2una fra molte la più grave e dura,
74.3che mai sia incisa ne le cime eccelse
74.4del nevoso Apennino, o 'n selva oscura.
74.5Là 'nde affissa pendea, primier la svelse
74.6questi che tanto l'alma ebbe secura:
74.7poi mosse a ricercar de l'acque dolci,
74.8fra' seggi de' pastori e de' bifolci.
75.1Con gl'Italici suoi la fida scorta
75.2di que' di Trena egli seguir potea;
75.3ma venne a l'ombra per la via più corta
75.4dove il lasso guerrier s'attuffi e béa:
75.5egli a' fatti animosi altrui conforta
75.6là 've il rischio più certo esser credea;
75.7ma varie genti a l'onde, e quindi e quinci
75.8trassero pria ch'a guerreggiar cominci.
76.1Così lupi assetati a cui distilla
76.2il nero sangue ancor dal muso immondo,
76.3vengono a perturbar l'onda tranquil!a,
76.4dal sanguigno lor pasto al rio profondo:
76.5o pur fère diverse, ove sfnvilla
76.6Atlante che sostiene il grave pondo,
76.7con bocca aperta e con spumosa lingua
76.8sen vanno a' fiumi in cui l'ardor s 'estingua.
77.1Disse Ruperto a' suoi: –Compagni illustri
77.2di quel signor che pari unqua non ebbe,
77.3ma innanzi al cominciar di cinque lustri,
77.4superò il padre e la sua gloria accrebbe;
77.5deh fate or, prego, ch'il suo onor s'illustri,
77.6ché nulla invidia far men chiaro il debbe;
77.7onde chi non degnollo ed or l'incolpa,
77.8conosca il torto e la sua propria colpa;
78.1e pensi: se pòn tanto i suoi seguaci,
78.2che farebbe il signore a' suoi congiunto?
78.3Valore impetuoso a que' rapaci
78.4lupi mostrate omai, che 'l tempo è giunto.–
78.5Così disse, e lor fece in guerra audaci
78.6come il destrier che da' suoi sproni è punto:
78.7e nel corso splendean quell'auree penne,
78.8tal ch'altri appena il suo splendor sostenne.
79.1Dicean gli Assiri, mossi al primo sguardo,
79.2folgoreggiar veggendo e quasi a volo
79.3l'angel sublime: –E questo il gran Riccardo
79.4che riede in guerra, e con più fèro stuolo.
79.5Fu dunque un vano messaggier bugiardo
79.6quel di Fenicia, e n'abbiam onta e duolo.–
79.7Egli intanto giungea, che nulla mente,
79.8più di virtù che di fin'òr lucente.
80.1Nel lucido elmo egli primier percosse
80.2il dispietato Aman, di padre ebreo
80.3in Soria nato, e sì di sella il mosse,
80.4anzi di mente, che 'l fellon cadéo
80.5stordito; e come notte orribil fosse,
80.6il dolce lume e seco il ciel perdéo,
80.7ch'alfin perduto più non si racquista:
80.8or giace orbo di mente, orbo di vista.
81.1E nel secondo colpo ei più non falla,
81.2ben che fére più basso, e pur ancide
81.3Sanson, forato il collo; indi la spalla
81.4trafigge d'Absalon, che fugge e stride,
81.5ben che sia mastro de la regia stalla,
81.6e sembri in quella d'Augea un nuovo Alcide.
81.7Né vi potea condur sì cara preda,
81.8perch'altrui tanta gloria il ciel conceda.
82.1Poi con l'asta medesma in terra abbatte
82.2Jampsone, e Tamerlano a morte offeso,
82.3che dal paese ove le nevi intatte
82.4non strugge il sol, d'antica stirpe è sceso.
82.5L'uno né spira più, né polso or batte,
82.6ma giace de la terra immobil peso:
82.7l'altro la morde, e 'n sul morir si volve
82.8calcitrando nel sangue e 'n atra polve.
83.1Sedea raccolto in ben polita sella
83.2Decher, e già smarrito il viso e 'l core,
83.3mentre mirò questa percossa e quella,
83.4ch'empier potea di spaventoso orrore:
83.5e la sinistra man, tremante anch'ella,
83.6lasciava il freno: a lui, che tutto smore,
83.7fra' denti trapassò l'acuta lancia,
83.8e gli trafisse la sinistra guancia.
84.1Com'uom che siede curvo, e l'onde mira
84.2da pietra che sovrasti al suol marino,
84.3prende il pesce con l'amo e suso il tira
84.4con la tremula canna avvinta al lino:
84.5tal preso per la parte ond'ei respira,
84.6con l'asta il leva, e gitta a capo chino
84.7sovra l'aperta bocca, indi sen fugge
84.8l'anima ch'al partir si lagna e mugge.
85.1Rotta l'asta il guerrier, ch'integra e salda
85.2restare a' duri colpi omai non pote,
85.3fa la spada di sangue umida e calda,
85.4mentr' ei Torildo e Rubican percote
85.5ch'abitò in Acra in su la verde falda:
85.6e fra l'irsute ciglia e l'ampie gote
85.7diviso cade; e 'l suol per dura scossa,
85.8sparso è di sangue e di cerebro e d'ossa.
86.1Frattanto non teneva il rischio a bada
86.2i suoi, né di terror aspetto e d'ombre;
86.3bench'in lor di saette un nembo cada,
86.4onde il sereno ciel par che s'adombre,
86.5ma qual ferìa di lancia e qual di spada,
86.6perch'il dubbioso guado a lor si sgombre:
86.7e d'ambo i lati fean sanguigno il calle,
86.8e di morti coprian l'orrida valle.
87.1Quando il fiero Aladin ferì di punta
87.2l'ardito cavalier, ch'ad altro intende;
87.3né dov'ogni arme si rintuzza e spunta,
87.4ne l'elmo e ne lo scudo il colpo ei stende;
87.5ma là 've, piastra a piastra in un congiunta,
87.6s'affibbia la corazza, il lato offende:
87.7poi, temendo il valor d'invitta mano,
87.8gìo dal ferito il feritor lontano.
88.1Né tempo d'aspettarlo omai gli parve,
88.2perché già si volgea troppo sdegnoso,
88.3e ne la vista folgorando apparve,
88.4terribile, superbo e spaventoso.
88.5–Non son queste (ei dicea) mentite larve,
88.6né fantasma che vaghi a l'aer ombroso;
88.7vero nemico vedi; e qui si sconta
88.8con verace valore oltraggio ed onta.–
89.1Così dicendo, ei tosto avvien che segua
89.2lui, che ratto ricorre a l'altre rive,
89.3per darlo in preda a lei che tutto adegua;
89.4l'altro pur cerca ove la morte ei schive:
89.5e vorria pace col destino o tregua,
89.6ch'a la sua vita un certo fin prescrive;
89.7ma passa invan, né di fuggir gli è dato
89.8di tenebrosa morte il duro fato.
90.1Perché varcando a pena il guado incerto,
90.2ne l'altre sponde impresse alti vestigi:
90.3a l'alma il calle fu dal tergo aperto,
90.4ond'ella fugga a' laghi Averni e Stigi.
90.5Ma qual prima, qual poscia, o buon Ruperto,
90.6col ferro micidial di morte affligi,
90.7mentre con alto suon d'eterna fama
90.8t'invita il ciel ch'i buoni accoglie e chiama?
91.1Pria, varcato il torrente, Erode ancise,
91.2Nigran, Tenebricante e Lucifuga;
91.3poscia il corso vital d'Eumene incise,
91.4di Sifon, di Smeriglio e di Felluga:
91.5diè morte a questi, altri il timor conquise,
91.6e lor disperse in dolorosa fuga:
91.7ei perseguilli, e 'n perseguir seguìto
91.8fu da lo stuol de' suoi compagni ardito.
92.1Giovine incauto era trascorso, e vago
92.2di vittoria, d'onor, d'eterna loda,
92.3quand'ei scoprì, quasi del fin presago,
92.4l'empio soldan che forza accoppia e froda;
92.5come il pastor che scorga orribil drago
92.6strisciar fra l'erba, ove s'avvinchia e snoda,
92.7e sibilando alzar superba cresta
92.8gonfio il ceruleo collo, ond'ei s'arresta:
93.1così riflette dubbio; e 'l gran ribello
93.2ben riconobbe a la famosa insegna,
93.3con Amoralto, il cavalier novello,
93.4la cui virtù d'iniqua legge è indegna.
93.5Quasi leon ch'omai d'orrido vello
93.6s'adorni, e 'n tana rimaner si sdegna,
93.7ma segue il padre, e già gli artigli e 'l mento
93.8tinger vorria ne l'africano armento.
94.1Parte, mirando, uscir d'oscuri aguati
94.2egli vedeva a l'ombra occulta e bruna
94.3già più vicini i cavalieri armati,
94.4sotto l'insegne di turbata luna:
94.5e gli altri poi, sì come augelli alati,
94.6di cui stridente schiera in ciel s'aduna,
94.7tornare in guerra; e sé primiero, o solo,
94.8onde si volse al suo feroce stuolo.
95.1Vide ch'era seguito, e nulla ei disse,
95.2quasi d'indugio or si vergogni e penta;
95.3e quel che di sua morte in cor descrisse
95.4obliando, al destriero il freno allenta;
95.5ma del suo ardir l'alte parole ha fisse,
95.6in guisa d'uom ch'il suo dever rammenta:
95.7e 'ncontra il re de la spietata turba
95.8drizza prima il suo corso, e lui perturba.
96.1Quinci la luna, e quindi il sol fiammeggia,
96.2nel duro campo incontra lei converso,
96.3come nel ciel, ove oscurar si deggia,
96.4e 'mpallidir l'aspetto a l'aër perso:
96.5e tosto fia che qui imbrunir si veggia
96.6di nero sangue orribilmente asperso.
96.7Ahi lagrimosa eclissi, ahi non felice
96.8virtù! Quando egual lutto il ciel predice?
97.1Incominciâr l'impetüoso assalto
97.2i duo guerrier, con cento colpi e mille:
97.3ed ambe fiammeggiâr le spade in alto,
97.4e risonâr siccome incudi o squille
97.5quell'arme adamantine; e 'l verde smalto
97.6non però tinser di sanguigne stille;
97.7ma sovra gli elmi ogni crudel percossa
97.8fu grave, e parve Pelio imposto ad Ossa.
98.1Di fuori il ferro, entro il furore avvampa,
98.2sì che non bolle più Vulcano, od Ischia.
98.3L'ire, gli òdi, le forze insieme accampa
98.4ciascun contra il nemico, e più s'arrischia:
98.5né da colpo giammai s'arretra o scampa,
98.6per la confusïon turbata e mischia;
98.7ma tanto rabbia in lor s'avanza e cresce,
98.8quanto s'inaspra la battaglia e mesce.
99.1Come in valle talor, che cinge e serra
99.2d'alpestri monti oscura selva intorno,
99.3fanno irati fra sé terribil guerra
99.4Euro, e chi spira onde tramonta il giorno:
99.5caggion con gran romore i rami a terra,
99.6percotendosi insieme il faggio e l'orno:
99.7così genti pugnar di fé discordi,
99.8né v'è chi pensi a fuga, o sen ricordi.
100.1Ma 'l buon figliuolo a cui pietà perfetta
100.2nega la dispietata iniqua legge,
100.3de le paterne ingiurie aspra vendetta
100.4già far vorrebbe, e di morire elegge:
100.5e lui ch'al padre è infesto, e più s'affretta.
100.6e 'l suo destriero e 'l suo furor non regge,
100.7percote ove nol copre o scudo o schermo,
100.8ed impiaga la piaga al lato infermo.
101.1Ruperto si girò tre volte, ed anco
101.2ferì tre volte, e fece alte ruine,
101.3terribil più che si mostrasse unquanco,
101.4d'armi e di genti ch'incontrò vicine.
101.5La quarta a lui, pur ruinoso e stanco,
101.6de la sua morte apparve orrido fine
101.7visibilmente, e 'n quel gravoso impaccio
101.8Morte che per ferire alzava il braccio.
102.1E d'alto cadde, e rimbombò funesta
102.2la fèra spada in su le cave tempie,
102.3sì che stordissi a la percossa infesta
102.4del re crudel che 'l suo furore adempie.
102.5Fu tratto l'elmo a la onorata testa,
102.6ella di piaghe offesa e gravi ed empie,
102.7disarmata la mano e 'l petto, e 'l tergo
102.8del fino scudo e del lucente usbergo.
103.1Così moristi, o viva gloria o lume
103.2del nobil regno, e festi eterno occaso,
103.3spargendo d'un purpureo e caldo fiume
103.4il sol de l'armi, in quell'orribil caso:
103.5anzi volasti al ciel con altre piume
103.6che d'aquila, o di Fama, o di Pegàso,
103.7le tue spoglie lasciando al fier nemico,
103.8lagrimosa vendetta al fido amico.
104.1Ma di quell'auree spoglie altero e lieto
104.2corre Amoralto a la gentil rapina,
104.3ch'al suo valore omai, senza divieto,
104.4quella gloria quel giorno il ciel destina;
104.5e i nobili destrier, ch'al bel Sebeto
104.6bebbero e si lavâr d'onda marina,
104.7or prende ad acque men turbate e scarse,
104.8in cui più sangue ch'altro umor si sparse.
105.1E sol Circino, al suo famoso duce
105.2serbandosi, fuggì con leggier corso;
105.3e scosso il fren ch'in servitù l'adduce,
105.4calcitrando superbo, ei diè di morso,
105.5quasi eletto a portare arme di luce,
105.6e 'nvitto cavalier sul bianco dorso,
105.7nel dì, che quei del sol (s'altrui si crede)
105.8ebbero intoppo in ciel da viva fede.
106.1Ma trasser gli altri, ov'è maggior tumulto
106.2che per desio di preda ardente, o d'acque,
106.3al nobil corpo, che lasciâr sepulto
106.4non vorran senza onore ov'ei si giacque.
106.5Non era al buon Loffredo il caso occulto,
106.6lagrimoso e dolente; e più gli spiacque,
106.7perché Ramusio, al suo cader maligno,
106.8era in gran rischio e tutto omai sanguigno.
107.1Correa Achille e Giustino a certa morte,
107.2né Cosso, né Belprato era più tardo;
107.3battean de l'altra vita omai le porte
107.4ed Afflitto, e Metello, e 'l fido Evardo,
107.5non cercando a un bel fin migliori scorte,
107.6né 'n sì gran lutto riveder Riccardo;
107.7ned altra gloria mai, ned altra palma,
107.8che di morir con l'onorata salma.
108.1Ma qual fèro leon di tana uscito
108.2co' figli appresso in perigliosa caccia,
108.3se incontra in selva il cacciatore ardito,
108.4intorno allor si volge e lui minaccia:
108.5tale il buon vecchio, allor nulla smarrito,
108.6ma con gran core, e con robuste braccia
108.7fermò il cavallo al sanguinoso varco,
108.8sin che ne trasse il sospirato incarco.
109.1E qual gran foco, allor che fumo oscuro
109.2tutto dintorno al cielo asconde e copre,
109.3ed Orione involve, e 'l pigro Arturo,
109.4e l'altre di la su mirabili opre,
109.5quivi la pugna ardeva; e l'aer puro
109.6sereno in altra parte il sol discopre:
109.7e fra lontani da mattina a terza
109.8si combatte cessando, e quasi scherza.
110.1Però si volge allor Loffredo il veglio
110.2al buon Achille, ed a partir l'invita:
110.3–Forte guerrier che fra tutti altri io sceglio
110.4nel gran periglio, omai facciam partita:
110.5che certo di ritrarsi estimo il meglio,
110.6prima ch'al tuo fratel la nobil vita
110.7copra quasi di Marte incendio o nembo,
110.8che di morti a la terra ha pieno il grembo.–
111.1Così diss'egli; ed ubbidiva a' detti
111.2de' duo più saggi il cavalier feroce,
111.3con gli altri suoi compagni in guerra eletti,
111.4ritratti al suon de la severa voce.
111.5E tutti insieme in un drappel ristretti,
111.6il corpo riportâr, cui nulla or nuoce
111.7o lancia, o stral, ben che sia d'arme ignudo;
111.8pur ciascuno il copria del proprio scudo.
112.1Fino al torrente poi la turba infida
112.2preme i fedeli, e sul partir contrasta,
112.3empiendo il ciel di minacciose strida,
112.4e ferendo vicin di ferro e d'asta:
112.5e fulminando, il re di morte sfida,
112.6e pone a morte e 'l minacciar non basta,
112.7sin là 've quasi misto il sangue a l'onde,
112.8fa lubrico il calar d'antiche sponde.
113.1Come in bocca del porto, ove s'implica
113.2nel mar il curvo lido, orrido scoglio
113.3quinci e quindi torreggia o rupe antica,
113.4e reprime de' venti il fèro orgoglio:
113.5così allor reprimean l'ira nemica,
113.6pien d'alto sdegno i duci e di cordoglio,
113.7sin ch'i suoi fûr passati a l'altra parte,
113.8non cessando mill'arme a l'aura sparte.
114.1Non cessan le saette, e i dardi e i sassi,
114.2e rado avvien che scenda il colpo in fallo
114.3sovra l'armata schiera a' dubbi passi,
114.4tal che rimbomba il lucido metallo.
114.5Alfin Ramusio e mesti i duci e lassi,
114.6col nobil peso entrar ne l'ampio vallo,
114.7e con la pompa d'infelici spoglie,
114.8l'aurea porta il re superbo accoglie.
115.1L'antica porta in cui lo sol dispiega
115.2il primo raggio, e lei n'illustra e 'l tempio,
115.3or s'apre a lui, che giusto il ciel rilega
115.4dal suol nativo, e qui trionfa or l'empio,
115.5del pio sangue macchiato, e nulla il piega
115.6gloriosa umiltà d'antico esempio,
115.7ch'ivi portò la palma il Re de' regi,
115.8sovra il pigro animal senz' aurei fregi.
116.1E qui depose umil l'alto diadema
116.2Eraclio, vincitor de' fieri Persi.
116.3Pur il fellon non ha spavento o tèma,
116.4né l'hanno i suoi, d'iniqua morte aspersi.
116.5O alta providenzia, anzi suprema,
116.6che piovi il foco, e spargi il mare e 'l versi,
116.7qual vendetta minacci e grave ed aspra
116.8a chi s'indura in aspettando e 'naspra?
117.1L'alta vittoria i Siri a l'ozio adesca,
117.2e de' nostri produce onta e disprezzo.
117.3Godon ne' verdi monti a l'onda fresca
117.4i cari cibi, e le dolci ombre, e 'l rezzo.
117.5Vecchi e fanciulli più lascivi in tresca
117.6vedi meschiarsi, e Belzebub in mezzo;
117.7ventilando il pavon tra fonti e rivi,
117.8ch'al mormorar lusinga i sonni estivi.
118.1Soglion così passar l'ore diurne,
118.2e sotterra cercar più freddo loco.
118.3Fanno il ciel vergognar l'opre notturne,
118.4e i lor sozzi diletti, e 'l riso, e 'l gioco:
118.5apron il corso a l'acque, e i fonti e l'urne
118.6versan fuori il ruscel corrente e roco:
118.7la terra le vivande e 'l mar dispensa,
118.8ond'ingombri Emiren superba mensa.
119.1Da l'altra parte in sanguinose pene
119.2doleansi i nostri, e 'n lagrimoso duolo;
119.3qual d'Etiopia le più ardenti arene,
119.4bolle sotto a lor più l'arido suolo;
119.5e l'oste inopia d'ogni umor sostiene,
119.6e de' fonti cercando a stuolo a stuolo,
119.7la fame d'Antiochia or nulla estima,
119.8verso la sete in quell'estranio clima.
120.1Spenta è del cielo ogni benigna lampa:
120.2signoreggiano in lui contrarie stelle,
120.3onde piove virtù ch'informa e stampa
120.4l'aria d'impressïon maligne e felle.
120.5Cresce l'ardore estivo, e sempre avvampa
120.6più mortalmente in queste parti e 'n quelle.
120.7A giorno reo notte più rea succede,
120.8e dopo lei peggiore il dì sen riede.
121.1Non esce il sol giammai, che asperso e cinto
121.2di sanguigni vapori entro e dintorno
121.3ei non dimostri, e quasi altrui dipinto,
121.4mesto presagio d'infelice giorno.
121.5Non parte mai, che più turbato e tinto,
121.6non minacci egual noia al suo ritorno,
121.7e non inaspri i già sofferti danni
121.8col timor certo di più gravi affanni.
122.1Mentre egli i raggi poi d'alto diffonde,
122.2quanto dintorno occhio mortal si gira,
122.3seccarsi i fiori, impallidir le fronde,
122.4assetate languir l'erbe ei rimira,
122.5e fendersi la terra, e scemar l'onde,
122.6ogni cosa del ciel soggetta a l'ira,
122.7e le sterili nubi in aria sparse,
122.8fiamme parean, quando prodigio apparse.
123.1Il ciel minaccia incendio e nega pace,
123.2né cosa appar che gli occhi almen restaure:
123.3Zefiro nel suo speco ed Euro or tace,
123.4cessato è il dolce vaneggiar de l'aure.
123.5Talor vi soffia (e pare adusta face)
123.6vento che muove da l'arene Maure,
123.7e gravoso di polve i lumi ingombra,
123.8ricoprendo a' bei poggi il verde e l'ombra.
124.1Non ha poscia la notte ombre più liete,
124.2ma di fiamma e d'ardor son quasi impresse:
124.3e di travi di foco e di comete,
124.4e d'altri fregi ardenti il velo intesse:
124.5né pur, terra infelice, a tanta sete
124.6son da l'avara luna almen concesse
124.7le sue dolci rugiade: e l'erbe e i fiori
124.8chiamano indarno i lor vitali umori.
125.1Da le notti inquïete il pigro sonno
125.2sbandito fugge; e i miseri mortali
125.3lusingando ritrarlo a sé nol ponno:
125.4e la sete è peggior di tutti i mali.
125.5Non cessa di Giudea l'iniquo donno
125.6di sparger succhi a l'acque empi e mortali.
125.7Onde vie più di Stige e d'Acheronte,
125.8sembra al pio cavalier turbato il fonte.
126.1E Siloe, che solea sì puro e mondo
126.2pur dianzi offrir cortese il suo tesoro,
126.3or di tepide linfe a pena il fondo
126.4arido copre, e nega altrui ristoro:
126.5né sol vorriano il Po, qualor profondo
126.6sen va con fronte di superbo toro;
126.7né 'l Gange, o 'l Nilo, allor che non s'appaga
126.8di sette alberghi, e 'l verde Egitto allaga.
127.1S'alcun giammai tra le frondose rive
127.2puro vide stagnar liquido argento;
127.3o giù precipitose ir l'acque vive
127.4per alpe, o 'n piaggia erbosa a passo lento;
127.5quelle al vago desio forma e descrive,
127.6e ministra sol esca al suo tormento:
127.7e l'imagine lor gelida e molle
127.8gli asciuga e scalda, e nel pensier ribolle.
128.1Vedi le membra del guerrier robuste
128.2cui né cammin per aspra terra preso,
128.3né grave salma onde passâro onuste,
128.4né domò ferro acuto o ferro acceso;
128.5ch'or risolute, e nel gran giorno aduste,
128.6giacciono a se medesme inutil peso:
128.7e viva ne le vene occulta fiamma,
128.8che in lor si pasce, entro gli spirti infiamma.
129.1Langue il corsier, già sì feroce, e l'erba,
129.2già desiato cibo, a noia or prende:
129.3vacilla il piede infermo, e la superba
129.4cervice dianzi è giù dimessa e pende:
129.5memoria di sue palme omai non serba,
129.6né più dolce di gloria ardor l'accende:
129.7ma stima l'auree pompe ignobil soma,
129.8tanto l'empia stagion l'affligge e doma.
130.1Languisce il fido cane, ed ogni cura
130.2del caro albergo e del signore oblia:
130.3giace disteso, ed a l'interna arsura,
130.4sempre anelando, aure novelle invia.
130.5Ma s'altrui diede il respirar natura
130.6perch'il caldo del cor temprato sia,
130.7or nulla o poco refrigerio ei n'have,
130.8sì quello, onde si spira, è denso e grave.
131.1Tal era la stagion che tanti afflisse
131.2fidi guerrieri, e sì turbato il cielo:
131.3quando il Signor, ch'in lui sue stelle affisse,
131.4e spiegò l'aria come un picciol velo,
131.5e librando la terra, al mar prescrisse
131.6i suoi confini, e temprò fiamme e gelo,
131.7la su dormia, se dirlo a noi conviensi,
131.8formando i simolacri a' nostri sensi.
132.1Sovra gli occulti lumi, e i lumi ardenti,
132.2e l'alto suon de l'armonia superna,
132.3caligine è là su d'ombre lucenti,
132.4in cui s'involve il Re ch'il ciel governa:
132.5e ne l'entrar de l'animose menti,
132.6negando, s'apre; e quivi è pace eterna.
132.7Quivi Dio pose in fulgide tenèbre
132.8e 'n profondo silenzio, alte latebre.
133.1E quivi egli di rado a sé congiunge
133.2l'alto pensier che di volare ardisca
133.3sovra le stelle, e trapassar da lunge,
133.4sin che entrando la nube a lui s'unisca.
133.5Quivi era allor che palma a palma aggiunge
133.6il duce pio con viva fede e prisca:
133.7e dice, alzando al ciel le mani e gli occhi,
133.8onde la grazia in lui risplenda e fiocchi:
134.1–Padre del ciel ch'al fido re piovesti,
134.2e la manna versasti in gran deserto
134.3e a la vecchia man virtù porgesti
134.4onde rompa le pietre, e 'l monte aperto
134.5un fiume versi: or rinnovella in questi
134.6le grazie antiche: e s'ineguale è il merto,
134.7di tua pietate i lor difetti adempi,
134.8che son pur tuoi guerrieri incontr' agli empi.–
135.1Tarde non furon già queste preghiere,
135.2a cui fede e speranza il volo impiuma:
135.3ma volando passar preste e leggiere
135.4nel regno che non teme ardore e bruma:
135.5il Re le accolse, e le fedeli schiere
135.6mirò col guardo onde ogni core alluma.
135.7Disse (ed ogni parola è più costante,
135.8che legge scritta in lucido diamante):
136.1–Abbia sin or sofferto, e non sen dolga,
136.2la mia gente per me danno e periglio;
136.3ben ch'armi incontra il mondo e i lacci sciolga
136.4Satàn, uscito da l'eterno esiglio.
136.5Nuovo ordin d'altre cose omai si volga,
136.6felice a' fidi;– ed accennò col ciglio,
136.7promettendo vittoria al duce invitto,
136.8e scorno a l'Asia ed al bugiardo Egitto.
137.1Mosse la fronte veneranda: e gli ampi
137.2cieli tremâro e i lumi erranti e fissi:
137.3tremò Olimpo con l'aria, e i salsi campi
137.4de l'Oceàno, e i suoi profondi abissi:
137.5fiammeggiare a sinistra accesi lampi
137.6fûr visti, e chiaro tuono insieme udissi:
137.7seguì di liete voci un chiaro suono,
137.8sovra Sion ed Acra, il lampo e 'l tuono.
138.1Ecco sùbite nubi, o sian di terra
138.2su volati i vapori e in alto ascesi,
138.3o sia grazia del ciel, ch'omai disserra
138.4le porte a l'acque, e tempra i fochi accesi:
138.5ecco notte improvvisa involve e serra
138.6il giorno, e i negri orrori intorno ha stesi:
138.7segue la pioggia impetüosa, e pare
138.8ch'a terra caggia il ciel converso in mare.
139.1Come talor ne la stagion estiva,
139.2se la pioggia dal ciel a noi discende,
139.3stuol d'anitre loquaci in secca riva,
139.4con rauco mormorar, lieto l'attende:
139.5e spiega l'ali al fresco umor, né schiva
139.6alcuna di bagnarsi in lui si rende;
139.7e là 've in maggior fondo ei si raccoglia,
139.8si tuffa, e spegne l'assetata voglia:
140.1così, gridando, la cadente piova,
140.2cui la destra del ciel pietosa or versa,
140.3raccoglion lieti, e lor diletta e giova
140.4la chioma averne, non ch'il manto, aspersa:
140.5chi bee ne' vasi, e chi ne gli elmi a prova,
140.6chi tien la mano in mezzo a l'acque immersa:
140.7qual se ne spruzza il volto e qual le tempie,
140.8altri ad uso miglior l'urne riempie.
141.1Non pur l'umana gente or si rallegra,
141.2e de' suoi danni a ristorar si viene;
141.3ma la terra che dianzi afflitta ed egra,
141.4di sue piaghe le membra avea ripiene,
141.5la pioggia in sen raccoglie, e si rintegra,
141.6e la comparte a le più interne vene:
141.7e largamente i nutritivi umori
141.8a le piante ministra, a l'erbe, a' fiori.
142.1Ed inferma simiglia a cui vitale
142.2succo l'interne parti arse rinfresca,
142.3e disgombrando la cagion del male
142.4a cui le membra sue fûr arida èsca,
142.5la rinfranca, ravviva, e torna quale
142.6fu ne la sua stagion fiorita e fresca:
142.7tal che obliando i suoi passati affanni
142.8le ghirlande ripiglia e i verdi panni.
143.1Cessa la pioggia alfine, e torna il sole,
143.2ma dolce spiega e temperato il raggio,
143.3col sereno splendor, sì com'ei suole
143.4tra 'l fin d'aprile e 'l cominciar di maggio.
143.5O fidanza gentil, chi Dio ben cole,
143.6l'aria sgombrar d'ogni gravoso oltraggio;
143.7cangiare a le stagioni ordine e stato,
143.8vincer la forza de le stelle, e 'l fato !
144.1Da le tenebre uscito il Re del mondo,
144.2a le preghiere omai del Franco duce,
144.3scosso dintorno ha quell'orror profondo,
144.4e fiammeggiar fa la serena luce:
144.5ed al gran carro a cui non è secondo
144.6qual altro più scintilla e più riluce,
144.7lega animai pennati, e 'l volge e rota,
144.8rota sublime in più sublime rota.
145.1Stellato è l'ampio carro, e d'occhi è sparso,
145.2e spirito di vita il muove intorno;
145.3tardo appo lui, non pur di lume è scarso,
145.4quel che n'apporta in orïente il giorno.
145.5Con questo al suo fedel per grazia apparso,
145.6gira egli il mondo in maestate adorno;
145.7regni, genti, contese, e tutte quattro
145.8parti rimira, e non pur Tile, o Battro.
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