LIBRO DECIMOSESTO

1.1A pena cadde la gran torre accensa,
1.2la qual dianzi espugnò l'eccelse mura,
1.3che di nov'arti Ismeno in sé ripensa,
1.4perché più resti la citta secura:
1.5e impedir vuol la selva orrida e densa,
1.6ch'ebbe già lieta vista, or l'ha sì oscura:
1.7perché contra Sion battuta e scossa
1.8nova mole rifarsi indi non possa.
2.1Sorgea in ombrosa valle alta foresta
2.2incontra 'l sol che a l'orizzonte ascende;
2.3e spargea d'ogn'intorno ombra funesta,
2.4foltissima di piante antiche orrende:
2.5e luce dubbia, scolorita e mesta
2.6v'avea ne l'ora che più 'l sol risplende,
2.7quale in nubilo ciel talor si vede,
2.8se 'l dì a la notte, o s'ella al dì succede.
3.1Ma quando parte il sol, tosto ivi adombra
3.2notte, nube, caligine ed orrore
3.3dal monte che sovrasta, e gli occhi ingombra
3.4d'oscuritate e di spavento 'l core:
3.5né mai greggia, od armento a l'acque, a l'ombra
3.6guida bifolco mai, guida pastore:
3.7né v'entra peregrin, se non smarrito;
3.8ma lunge passa e la dimostra a dito.
4.1Ivi fu già tra l'onde e 'l verde monte
4.2l'idol sacro a Moloc in valle amena,
4.3ove il re di vitello avea la fronte,
4.4e braccia accese a l'altrui fiera pena:
4.5io parlo cose già pià illustri e conte,
4.6ch'or per la lunga età son note a pena;
4.7ma sotto l'ombre ancora il popolo empio
4.8quel lascivo rinnova antico esempio.
5.1Perché dove tagliò l'infame bosco,
5.2e la statua spezzò fiera e sanguigna
5.3il buon Osìa, al ciel più scuro e fosco,
5.4quel terren si rinselva, e si ralligna:
5.5e piante ombrose con amaro tosco
5.6luce vi fan più incerta e più maligna:
5.7e s'udia spesso in quel medesmo loco,
5.8quasi di trombe un suon turbato e roco.
6.1Ivi le maghe accolte sono, e 'l vago
6.2con ciascuna di lor notturno viene:
6.3vien sovra i nembi, e chi d'un fèro drago
6.4e chi forma d'un capro informe tiene.
6.5Consiglio infame, che fallace imago
6.6suole allettar di desiato bene,
6.7a celebrar con pompe immonde e sozze
6.8i profani conviti e l'empie nozze.
7.1Così credeasi, ed abitante alcuno
7.2dal fèro bosco mai ramo non svelse;
7.3ma i Franchi l'atterrâr, perch'ei sol uno
7.4materia diede lor per l'opre eccelse.
7.5Or qui sen venne il mago a l'aër bruno,
7.6e de la notte alto silenzio scelse:
7.7di quella dico che primier' successe;
7.8e suo cerchio formovvi, e i segni impresse.
8.1E scinto, e nudo un piè, nel cerchio accolto,
8.2mormorò potentissime parole:
8.3tre volte volse a l'Orïente il volto,
8.4tre volte a' regni ove dichina il sole;
8.5e tre scosse la verga, ond'uom sepolto
8.6trar da la tomba e dargli il moto suole;
8.7e tre co 'l piede scalzo il suol percosse:
8.8poi co 'l grido la terra e 'l ciel commosse.
9.1–Udite, udite, o voi, che da le stelle
9.2precipitâr giù i folgori tonanti;
9.3e voi che le tempeste e le procelle
9.4movete, abitator de l'aria erranti,
9.5e voi ch'a l'alme dispietate e felle
9.6ministri sète de gli eterni pianti;
9.7or, cittadini de l'Inferno, udite,
9.8e tu re, odi, de l'avara Dite.
10.1Prendete in guardia questa selva, e queste
10.2piante che numerate a voi consegno.
10.3Com'è il corpo de l'alma albergo e veste,
10.4or sia de' nudi spirti 'l duro legno:
10.5onde il Franco ne fugga, o almen s'arreste
10.6ne' primi colpi, e tema 'l fèro sdegno.–
10.7Disse; e quelle ch'aggiunse, orribil note,
10.8lingua, s'empia non è, ridir non pote.
11.1A quel parlar, le faci onde s'adorna
11.2il seren de la notte, egli scolora;
11.3e la luna si turba, e le sue corna
11.4di nube avvolge, e non appar più fuora.
11.5Irato, i gridi a raddoppiare ei torna:
11.6–Spirti invocati, or non venite ancora?
11.7Forse aspettate, o neghittosi e lenti,
11.8suon di voci più occulte o piu possenti?
12.1Per lungo disusar già non si scorda
12.2l'arte a cui dà la morte ampio tributo:
12.3e so con lingua anch'io di sangue lorda,
12.4quel nome risonar grande e temuto
12.5a cui né Dite mai ritrosa, o sorda,
12.6né tracotato in ubbidir fu Pluto.
12.7Ma ecco io già...– Volea più dire, e 'ntanto
12.8conobbe ch'ubbidiano al fèro incanto.
13.1Veniano innumerabili, infiniti
13.2spirti, parte che 'n aria alberga ed erra,
13.3parte di quei che son del fondo usciti
13.4caliginoso de l'opaca terra:
13.5lenti, e del gran divieto ancor smarriti
13.6che impedì loro il trattar l'arme in guerra,
13.7ma qui venirne or non si vieta e toglie
13.8tra' duri tronchi e le silvestri foglie.
14.1Il mago, poi ch'omai nulla più manca,
14.2da quel notturno incanto, al re sen riede:
14.3–Signor, lascia ogni dubbio e 'l cor rinfranca,
14.4ch'omai sicura è questa eccelsa sede:
14.5né rinovar può gente ardita e franca
14.6l'alte macchine sue, com'ella crede.–
14.7Così gli dice; e poi di parte in parte
14.8narra gli effetti de la magic'arte.
15.1Soggiunge appresso: –Or cosa aggiungo a queste
15.2fatte da me, ch'a me non meno aggrada:
15.3quando fia il sol nel gran leon celeste,
15.4vibrerà Marte seco ardente spada.
15.5Né potran più temprar l'arsure infeste
15.6aure, o nembi di pioggia o di rugiada;
15.7ma 'l Cane insieme uscito, orrida fiamma
15.8spargerà che la terra e 'l cielo infiamma.
16.1Ed Orïon, già prima in ciel risorto,
16.2vedremo allor come si scopra e mostri,
16.3fiammeggiando col ferro adunco e torto.
16.4Ma 'l segno amico a' tuoi nemici e nostri,
16.5dopo i Gemelli fia nel lucido òrto
16.6caduto, e sparso da' stellanti chiostri.
16.7E quanto appare in ciel, tutto predice
16.8aridissima arsura ed infelice.
17.1Qui 'l caldo fia qual ne l'adusta arena
17.2ferve tra Mauritani o Garamanti:
17.3pur a noi fia di men gravosa pena,
17.4tra l'acque e l'ombre, e i fior sì vari e tanti.
17.5Ma i Franchi in terra asciutta e non amena
17.6languir vedransi e non passar avanti.
17.7E perch'arroge a l'infelice ardore,
17.8torcesti il corso al dolce e freddo umore.
18.1Né solo intorbidasti i chiari fonti,
18.2ma da marmoree conche e lucide urne,
18.3con l'industria de' tuoi, che fûr sì pronti
18.4in molti mesi a l'opere diurne,
18.5sotto le valli e sotto i cavi monti,
18.6per tenebrose vie, quasi notturne,
18.7in due gran laghi l'acque hai qui condutte,
18.8di fuor lasciando l'altre parti asciutte.
19.1Guerreggerai sedendo; e la fortuna
19.2non cred'io che tentar molto convegna;
19.3ma se 'l tuo figlio altier che posa alcuna
19.4non vuole, e bench'onesta ancor la sdegna,
19.5s'accende, come suol, d'ira importuna;
19.6trova modo pur tu ch'a freno il tegna:
19.7ché molto non andrà che 'l cielo amico
19.8a te pace darà, guerra al nemico.
20.1Or questo udendo, il re più s'assecura,
20.2sì che non teme le nemiche posse.
20.3Già riparate in parte avea le mura,
20.4che de' montoni l'impeto percosse:
20.5con tutto ciò non rallentò la cura
20.6di ristorarle, ove sian rotte e mosse:
20.7le turbe tutte e cittadine e serve,
20.8sudano or qui: l'opra continua ferve.
21.1Ma in questo mezzo il pio signor non vuole,
21.2che la forte cittade invan si batta,
21.3se non è prima la maggior sua mole,
21.4ed alcuna de l'altre ancor rifatta.
21.5E i fabri al bosco invia, che porger suole
21.6ad uso tal pronta materia ed atta.
21.7Questi a l'oscura selva andâr con l'alba,
21.8quando l'oscuro ciel primier s'inalba.
22.1Qual semplice bambin mirar non osa,
22.2dove insolite larve abbia presenti;
22.3o come pave ne la notte ombrosa,
22.4imaginando pur mostri e portenti:
22.5tal uom temea d'estrania orribil cosa,
22.6non conoscendo pur quel ch'ei paventi:
22.7se non che il timor forse a' sensi finge
22.8maggior prodigio di Chimera o Sfinge.
23.1Torna la turba: e timida e smarrita
23.2varia e confonde sì le cose e i detti,
23.3ch'ella nel raccontar n'è poi schernita,
23.4né son creduti i mostruosi effetti.
23.5Allor vi manda il sovran duce ardita
23.6e forte squadra di guerrieri eletti,
23.7acciò ch'a l'altra sia secura scorta,
23.8quando il timor l'assale e la sconforta.
24.1Questi appressando ove il lor seggio han posto
24.2gli empi demòni in quel selvaggio orrore,
24.3non rimirâr le nere ombre sì tosto,
24.4che lor si scosse e tornò ghiaccio il core:
24.5pur oltre ancor sen gìan, tenendo ascosto
24.6sotto audaci sembianti 'l vil timore,
24.7e tanto s'avanzâr, che lunge poco
24.8erano omai da l'incantato loco.
25.1Esce allor da la selva un suon repente,
25.2che par rimbombo di terren che trema;
25.3e d' Euro, e d'Austro il mormorar si sente,
25.4e quel de l'onda che si rompa e gema:
25.5come rugge il leon, fischia 'l serpente,
25.6com'urli il lupo, e come l'orso frema,
25.7v'odi, e con alto tuono orribil tromba:
25.8di così vari suoni un suon rimbomba.
26.1In tutti allora impallidîr le gote,
26.2e la temenza a mille segni apparse;
26.3né cotanto valore, o ragion puote
26.4ch'osin di gire avanti, o di fermarse:
26.5ch'a l'occulta virtù che lor percuote,
26.6son le difese loro anguste e scarse.
26.7Fuggono alfine; un d'essi in questa guisa
26.8al duce il fatto di narrar s'avvisa.
27.1–Signor, non è di noi chi più si vante
27.2di troncar la guardata orribil selva,
27.3ch'io credo (e 'l giurerei) ch'in quelle piante
27.4ogni mostro d'inferno or si rinselva.
27.5Ben ha tre volte il cor d'aspro diamante
27.6ricinto, e fèro è più di fèra belva
27.7chi intrepido la guarda, e poi s'arrischia
27.8là 've tonando insieme e rugge e fischia.
28.1Così costui parlava; e Drogo or v'era
28.2fra molti che l'udian, vicino a sorte;
28.3uom di temerità superba e fèra,
28.4sprezzator de' mortali e de la morte,
28.5che non avria temuto orribil fèra,
28.6né mostro estranio e pauroso al forte,
28.7né tremoto, né folgore, né vento,
28.8né s'altro porge più tèma o spavento.
29.1Crollava 'l capo, e sorridea, dicendo:
29.2–Dove costui non osa, io gir confido;
29.3io sol quel bosco di troncare intendo,
29.4che di torbidi sogni è fatto nido:
29.5già no 'l mi vieterà fantasma orrendo,
29.6non di selva o d'augei fremito o grido;
29.7o pur tra quei sì spaventosi chiostri
29.8d'ir ne l'Inferno il varco a me si mostri.–
30.1Tal si dà vanto; e vêr l'oscura e folta
30.2selva guardata il cavalier s'invia,
30.3e rimira quel bosco; e poscia ascolta
30.4quel che da lei novo rimbombo uscìa;
30.5né però il piede audace indietro volta;
30.6ma intrepido e securo oltra sen gìa;
30.7e già calcato avrebbe il suol difeso,
30.8ma se gli oppone (o pare) un foco acceso.
31.1Cresce il gran foco, e 'n forma d'alte mura
31.2stende le fiamme torbide e fumanti,
31.3e ne cinge quel bosco, e l'assicura
31.4ch'altri gli alberi suoi non tronchi o schianti.
31.5Le maggiori sue fiamme hanno figura
31.6di castelli superbi e torreggianti;
31.7e di macchine ardenti anco ha munite
31.8le torri sue questa superba Dite.
32.1O quanti appaion mostri armati in guarda
32.2de gli alti merli! e 'n che terribil faccia!
32.3de' quai con occhi biechi altri 'l riguarda,
32.4e dibattendo l'arme altri minaccia.
32.5Fugge egli alfine; e ben la fuga è tarda,
32.6qual di leon che si ritiri in caccia;
32.7ma pur è fuga, e pur gli scote il petto
32.8timor, sino a quell'ora ignoto affetto.
33.1Non s'avvede egli allor d'aver temuto,
33.2ma fatto poi lontan, ben se n'accorse,
33.3e stupor n'ebbe e sdegno, e dente acuto
33.4d'amaro pentimento il cor gli morse:
33.5e di trista vergogna acceso e muto,
33.6lunge da tutti gli altri i passi torse:
33.7ché quella faccia alzar così orgogliosa
33.8fra tanti cavalieri ei più non osa.
34.1Chiamato da Goffredo, indugi e scuse
34.2trova a l'indugio, e di restarsi agogna:
34.3pur va, ma lento; e tien le labra chiuse,
34.4o gli ragiona in guisa d'uom che sogna.
34.5Difetto o fuga il capitan conchiuse
34.6in lui da quella insolita vergogna.
34.7Poi disse: –Ciò che fia? forse prestigi
34.8son questi? o di male arte opre o prodigi?
35.1Ma s'alcun v'ha cui nobil voglia accenda
35.2di tentar que' selvaggi aspri soggiorni,
35.3vadano pure, e tutto veggia e 'ntenda,
35.4e messagger più certo a noi ritorni.–
35.5Così diss'egli; e la gran selva orrenda
35.6tentata fu ne' duo seguenti giorni;
35.7ma ciascuno affermò che fiero incanto
35.8l'aveva in guardia, e non si diè più vanto.
36.1Era il prence Tancredi intanto sorto
36.2a seppellir la sua diletta amica;
36.3ben ch'egli in volto sia languido e smorto,
36.4e mal atto a portar elmo o lorica;
36.5ma dapoi che 'l timor de gli altri ha scorto,
36.6ei non ricusa il rischio o la fatica:
36.7ché 'l cor vivace il suo vigor trasfonde
36.8al corpo sì che par ch'omai n'abonde.
37.1Vassene 'l valoroso, in sé ristretto,
37.2tacito e solo al pauroso bosco,
37.3e sostien de la selva il fèro aspetto,
37.4qual novo inferno spaventoso e fosco:
37.5né per tuon sbigottisce il forte petto,
37.6o per belva che spire fiamma o tosco.
37.7Trapassa: ed ecco in quel selvaggio loco
37.8sorge improvvisa la città del foco.
38.1Allor s'arretra, e dubbio alquanto resta:
38.2–Che giovan qui (dicendo) o forze od armi?
38.3Fra gli artigli de' mostri, e 'n gola a questa
38.4devoratrice fiamma andrò a gettarmi?
38.5Non mai la vita, ove cagione onesta
38.6del Comun pro la chieda, altri risparmi:
38.7né troppo largo ei sia d'anima grande;
38.8e tale è ben, se qui la versa e spande.
39.1Pur gli altri che diran? s'indarno riedo:
39.2qual altra selva ho di troncar speranza?
39.3Né intentato lasciar vorrà Goffredo
39.4mai questo varco: or s'oltre alcun s'avanza?
39.5Forse l'incendio che qui sorto io vedo,
39.6fia d'effetto minor che di sembianza.
39.7Ma sia che può: se fosse ancor l'inferno,
39.8io 'l passo.– Oh degno ardir di nome eterno!
40.1Né sotto l'arme già sentir gli parve
40.2caldo o fervor, come di foco intenso;
40.3ma pur se fosser vere fiamme o larve,
40.4mal poté giudicar sì tosto il senso,
40.5perché repente, a pena tòcco, sparve
40.6quel simulacro, e giunse un nuvol denso;
40.7che portò notte e verno; e 'l verno ancora
40.8si dilegua con l'ombra in picciol'ora.
41.1Maraviglioso e 'ntrepido rimane
41.2Tancredi; e poi ch'il cielo intorno è cheto,
41.3ne le soglie di morte ampie e profane
41.4entra securo, e spia l'alto secreto:
41.5né più apparenze inusitate o strane,
41.6né trova alcun fra via scontro o divieto;
41.7se non se il nero bosco orrido troppo,
41.8che per se stesso a' passi è duro intoppo.
42.1Al fine un largo spazio in forma scorge
42.2d'anfiteatro, e non è pianta in esso,
42.3salvo che nel suo mezzo altero sorge,
42.4qual piramide eccelsa, alto cipresso.
42.5Ei là si drizza, e nel mirar s'accorge
42.6ch'era di vari segni 'l tronco impresso,
42.7simili a quei ch'in vece usò di scritto
42.8l'antico già misterïoso Egitto.
43.1Fra i segni ignoti alcune note ha scorte
43.2del sermon di Soria, ch'ei ben possede:
43.3“Tu che nei chiostri de l'avara morte
43.4osasti por, guerriero audace, il piede:
43.5deh, se non sei crudel quanto sei forte,
43.6deh non turbar questa secreta sede:
43.7perdona a l'alme omai di luce prive,
43.8non dée guerra co' morti aver chi vive”.
44.1Cotai note leggendo, egli era intento
44.2de le brevi parole a' sensi occulti.
44.3Fremere intanto udia continuo il vento
44.4tra le frondi del bosco e tra i virgulti:
44.5e un suono uscir che flebile concento
44.6par d'umani sospiri e di singulti;
44.7e un non so che confuso instilla al core
44.8di pietà, di spavento e di dolore.
45.1Pur tragge alfin la spada, e con gran forza
45.2percote l'alta pianta: oh maraviglia!
45.3Manda fuor sangue la recisa scorza,
45.4e fa la terra intorno a sé vermiglia.
45.5Tutto ei s'empie d'orrore, e pur rinforza
45.6il colpo, e 'l fin vederne si consiglia:
45.7e quasi d'un sepolcro uscire ei sente
45.8un sospiroso gemito dolente;
46.1che poi distinto in voci: –Ahi troppo (disse)
46.2m'hai tu, Tancredi, offeso: or tanto basti.
46.3Tu del corpo, che meco e per me visse,
46.4felice albergo già, mi discacciasti:
46.5perché il misero tronco a cui m'affisse
46.6il mio duro destino, ancor mi guasti?
46.7Crudel, dopo la morte offendi i lassi
46.8spirti che in tomba riposar non lassi?
47.1Clorinda fui: né sol qui spirto umano
47.2aspetto il suon de la divina tromba,
47.3ma ciascun altro ancor Franco o Pagano,
47.4ch'al ciel non può volar, quasi colomba,
47.5astretto è qui dal suo destin sovrano,
47.6non so s'io dica in corpo, o 'n viva tomba:
47.7son di sensi animati i rami e i tronchi;
47.8e micidial sei tu, se legno or tronchi.–
48.1Qual infermo talor, ch'in sogno scorge
48.2drago, o cinta di fiamme alta chimera,
48.3sebben sospetta, e 'n parte anco s'accorge
48.4che simulacro sia, non forma vera;
48.5pur desia di fuggir, tanto gli porge
48.6spavento la sembianza orrida e fèra:
48.7tale il timido amante a pien non crede
48.8a' falsi incanti, e pur s'arretra e cede.
49.1E sì da vari affetti in lui conquiso
49.2è lo suo cor, ch'egli s'agghiaccia e trema,
49.3e nel moto possente ed improvviso,
49.4gli cade il ferro, e cresce orrore e tèma:
49.5va fuor di sé; presente, e quasi in viso,
49.6vede la donna sua che plori e gema:
49.7né può soffrir di rimirar quel sangue,
49.8né quei gemiti udir d'egro che langue.
50.1Così quel contra morte audace core
50.2nulla forma turbò d'alto spavento:
50.3ma lui, che debil solo è contra amore,
50.4falsa imago deluse e van lamento.
50.5Il suo caduto ferro intanto fuore
50.6portò del bosco impetuoso vento,
50.7sin che vinto partissi, e 'n su la strada
50.8ripigliò poi la sua caduta spada.
51.1Pur non tornò; né ritentando ardìo
51.2spiar di novo le cagioni ascose.
51.3E poi che, giunto al sommo duce, unìo
51.4gli spirti alquanto e l'animo compose,
51.5incominciò: –Signor, nunzio son io
51.6di non credute e non credibil'cose.
51.7Ciò che dicean del bosco orrido e fèro
51.8e del suon paventoso, è tutto vero.
52.1Maraviglioso foco indi m'apparse,
52.2senza materia in un momento appreso;
52.3che sorse, e fiammeggiando un muro farse
52.4parve, e d'armati mostri esser difeso:
52.5pur vi passai, che né l'incendio m'arse,
52.6né dal ferro mi fu l'andar conteso:
52.7verno era intanto e notte, e poscia il giorno
52.8e la serenità facea ritorno.
53.1Ancor dirò, ch'agli arbori dà vita
53.2spirito uman che sente e che ragiona:
53.3io 'l so per prova e n'ho la voce udita,
53.4che nel cor flebilmente ancor mi suona:
53.5stilla sangue de' tronchi ogni ferita,
53.6quasi di molle carne abbian persona.
53.7No, no, più non potrei (vinto mi chiamo)
53.8né corteccia scorzar, né sveller ramo.–
54.1Così dice egli; e 'l sommo duce ondeggia
54.2in gran tempesta di pensieri intanto.
54.3Pensa s'egli medesmo andar là deggia
54.4(ché tal lo stima) a ritentar l'incanto;
54.5o se pur di materia altra proveggia,
54.6lontana più, ma non difficil tanto.
54.7Ma 'l pio romito dal pensier profondo
54.8il rappella, ch'al core è grave pondo.
55.1–Lascia il pensiero ardito: altri conviene
55.2che de le piante sue la selva spoglie.
55.3Ma chi de le indegnissime catene
55.4il bramato guerriero omai discioglie?
55.5Mentre il mar carco, e le minute arene
55.6son di schiere, e di navi, e d'auree spoglie?
55.7Già il nemico possente a turba afflitta
55.8più s'avvicina, e l'ora è in ciel prescritta.–
56.1Così dicea, quasi di fiamma in volto,
56.2ancor volanti e fervide parole,
56.3e 'l pio Goffredo a quel pensier rivolto,
56.4più neghittoso omai cessar non vuole.
56.5Ma nel mezzo del Cancro omai raccolto,
56.6apporta arsura inusitata il sole,
56.7ch'a' suoi guerrier, a' suoi desir nemica,
56.8insopportabil rende ogni fatica.
57.1Mentre rinnova pur l'ampia cittade
57.2l'arme contra i nemici e le difese,
57.3vaga colomba per cerulee strade
57.4vista è passar sovra il signor francese,
57.5che non dibatte i presti vanni, e rade
57.6quelle limpide vie con l'ali tese;
57.7e già la messaggiera peregrina
57.8da l'alte nubi a la città s'inchina.
58.1Quando l'augel di Giove, adunco il rostro,
58.2le mosse incontra, e con pungente artiglio,
58.3e le s'oppose pur tra chiostro e chiostro,
58.4e lei fece fuggir tanto periglio;
58.5quegli, d'alto volando, al campo nostro,
58.6da le mura la spinge, e dà di piglio:
58.7e già al tenero capo il piede ha sovra.
58.8Ella nel grembo al pio signor ricovra.
59.1La raccoglie Goffredo e la difende:
59.2poi scorge, in lei guardando, estrania cosa,
59.3che dal collo, ad un filo avvinta, pende
59.4rinchiusa carta, e sotto l'ale ascosa.
59.5La disserra e dispiega, e bene intende
59.6quella ch'in sé contien non lunga prosa:
59.7“A Ducalto salute (era lo scritto)
59.8manda il grande ammiraglio, e 'l re d'Egitto.
60.1Non sbigottir, signor, resisti e dura
60.2al terzo dì dopo l'ottavo e 'l quinto;
60.3ch'io vengo a liberar le offese mura,
60.4e vedrai tosto 'l tuo nemico vinto”.
60.5Questo secreto allor breve scrittura
60.6in barbariche note avea distinto:
60.7dato in custodia al messaggier volante,
60.8ché tai messi in quel tempo usò il Levante.
61.1Libera il duce la colomba; e quella
61.2ch'allor fuggì quando morir più lice,
61.3com'esser creda al suo signor rubella,
61.4non osò più tornar nunzia infelice.
61.5Ma 'l sopran duce i minor duci appella,
61.6e lor mostra la carta, e così dice:
61.7–Vedete come il tutto a noi riveli
61.8la provvidenza del Signor de' cieli!
62.1La qual noi fa del gran periglio accorti,
62.2e l'aiuto a' nemici occulto tiene,
62.3acciò che a mille rischi, a mille morti
62.4pronti qui siam, se di morir conviene;
62.5ben che al vincer piuttosto, animi forti
62.6preparar noi dobbiamo e 'nvitta spene:
62.7se più gente menasse il duce infido,
62.8che non ha fronde il bosco o arene il lido.
63.1Ma qual d'aquila volo, o di colomba
63.2veloce è come la celeste aita?
63.3Qui dove ebbe Gesù tormenti e tomba,
63.4aspettar noi debbiam vittoria e vita.
63.5Né vi turbi il romor ch'alto rimbomba
63.6d'innumerabil turba, od infinita:
63.7ché nostre fian le lor sì care salme,
63.8e cresceranno a voi trïonfi e palme.
64.1Scenderan, se fia d'uopo, incontra gli empi
64.2angeli amici da' stellanti chiostri,
64.3a' quai non son l'ore prescritte o i tempi,
64.4come a noi tutti ed a' nemici nostri.
64.5Libererem la citta sacra e i templî
64.6e cadranno d'Egitto i fèri mostri:
64.7e fia di varia gente, e d'una terra,
64.8vittoria intègra in glorïosa guerra.–
65.1Tacque, ciò detto: e quel che tutti avanza
65.2d'anni e di senno i miseri mortali:
65.3–Non convien, disse, avere altra speranza
65.4de le cose celesti ed immortali,
65.5né timor di barbarica possanza,
65.6perché non siamo al numerar eguali:
65.7ma sperato dal ciel soccorso, od altro,
65.8non fa buon duce meno accorto o scaltro.
66.1Dunque al romor, che di temenza ingombra
66.2solo ascoltando, l'inesperte genti,
66.3egli non si perturba e non s'adombra,
66.4per fama di perigli e di spaventi,
66.5ma talor mandi, occulto al sole, a l'ombra,
66.6chi passar fra' nemici ardisca e tenti:
66.7e dal falso, spiando, il ver distingua,
66.8tramutate sembianze, abito e lingua.
67.1E ne racconti il numero e 'l pensiero
67.2(quanto raccorre ei può) certo e verace.–
67.3Soggiunge allor Tancredi: –Ho un mio scudiero
67.4ch'a questo oficio di propor mi piace;
67.5uom pronto e destro, e sovra i piè leggiero,
67.6audace sì, ma con grand'arte audace;
67.7che parla in molte lingue, e varia il noto
67.8suon de la voce, e 'l portamento, e 'l moto.–
68.1Venne colui, chiamato; e, poi ch'intese
68.2ciò che Goffredo e 'l suo signor desia,
68.3pronto e ridendo, a le sue usate imprese
68.4s'offerse e disse: –Or or mi pongo in via:
68.5tosto sarò dove spiegate e tese
68.6fian le tende in gran campo, occulta spia.
68.7Vo' trapassar nel mezzo dì nel vallo,
68.8e numerarvi ogni uomo, ogni cavallo.
69.1Quanta e qual fia quell'oste, e ciò che pensi
69.2quell'ammiraglio, a voi ridir prometto;
69.3vantomi in lui scoprir gl'interni sensi,
69.4e i secreti pensier del chiuso petto.–
69.5Cosi parla Vafrino, e non trattiensi,
69.6ma cangia in lunga vesta il suo farsetto,
69.7e scopre ignudo il nero collo, e prende
69.8sottili e 'ntorno al capo attorte bende.
70.1La faretra s'adatta e l'arco siro;
70.2e barbarico sembra ogni suo gesto.
70.3Maravigliosi ragionar l'udîro,
70.4e 'n sì diverse lingue esser sì presto,
70.5ch'Egizio in Menfi, o pur Fenice in Tiro,
70.6l'avria creduto e quel popolo e questo.
70.7Egli sen va sovra un destrier ch'a pena
70.8segna correndo la più molle arena.
71.1E drizzando il suo corso invêr l'occaso,
71.2la 've i liti d'Assiria il mare inonda,
71.3e là 'v'è senza selce omai rimaso
71.4l'antico calle e l'arenosa sponda:
71.5da la via dritta il torse un ampio vaso
71.6di rozza pietra al suon di lucida onda,
71.7in un bel seggio ombroso, ove i bifolci
71.8traean sovente a l'acque chiare e dolci.
72.1Quivi mentre ei prendea posa e restauro,
72.2meschiando il vin di Creta e l'onda fresca,
72.3e sibilar udendo il pino e 'l lauro,
72.4dava al corpo digiuno umore ed esca:
72.5vi giunse uom di color sembiante al mauro,
72.6a cui par che il vïaggio omai rincresca;
72.7ma l'abito avea greco e l'idioma,
72.8e come greco lunga e culta chioma.
73.1Scese egli ancora al mormorar de l'acque,
73.2ma vago più del dolce umor di Bacco,
73.3che veduto e gustato ancor gli piacque,
73.4sicch'empierne bramò le vene e 'l sacco;
73.5nullo bel ragionar tra lor si tacque,
73.6o di Persia, o d'Egitto, o di Baldacco,
73.7o d'altro regno, o d'altra parte estrema,
73.8quasi quivi non sia periglio o tèma.
74.1Il greco pronte avea l'argute voci,
74.2parlando, in raccontar d'Eufrate e Tigre,
74.3sapea del Nilo numerar le foci,
74.4e le genti di Libia aduste e nigre:
74.5e 'n distinguendo i popoli feroci,
74.6Tartari, e Moschi, usò parole impigre;
74.7ma 'n ragionar de' nostri ha quasi intoppo
74.8la falsa lingua, e non discioglie il groppo.
75.1Greco d'esser dicea che già molti anni
75.2guerreggiato ha co' Franchi in Asia e vinto;
75.3e i rischi de la guerra e i lunghi affanni,
75.4dal primo egli narrava a l'anno quinto.
75.5Guata Vafrino il viso, i modi e i panni,
75.6né presta intera fede al parlar finto;
75.7e mentre l'un contrario e l'altro accoppia,
75.8s'accorge ben che quella fraude è doppia.
76.1Ma pur, come già sia verace amico,
76.2e creda a le bugiarde sue parole,
76.3de l'esercito chiede al suo nemico
76.4il segno militar, che fu: –Dio vuole–:
76.5il segno che talor per uso antico
76.6chieder l'uom dubbio in guerra a l'altro suole.
76.7Non seppe il finto greco il vero segno,
76.8e fe' l'altro parlar di fede indegno.
77.1Ma di creder Vafrino anco s'infinge,
77.2sin ch'ebro il vede, e di parlar già stanco,
77.3e sovra l'erba che l'umor dipinge
77.4posare il capo, non che 'l tergo o 'l fianco;
77.5e chiuder gli occhi gravi: allor gli scinge
77.6la spada che pendeva al lato manco,
77.7e mentre il sonno più l'affrena e lega,
77.8col suo cinto e con altri egli il rilega.
78.1Poi che s'avvide che non può dar crollo,
78.2svelle la chioma e la sua nera barba,
78.3come fa de la menta, o del serpollo,
78.4il villan che li coglie, o lor dibarba:
78.5alfin premendo l'una mano al collo,
78.6che parea tinto dove nacque Jarba,
78.7gridò: –Confessa, mentitor fallace,
78.8il vero a me, se vita brami e pace.
79.1Di' chi sei, donde vieni, ov'era dritto
79.2dianzi il tuo corso errante e fuggitivo.
79.3E non mentir, che non sarai trafitto,
79.4e quinci partirai satollo e vivo.–
79.5–Nacqui in Cirene appresso il verde Egitto,
79.6e 'n Grecia fui lunga stagion cattivo:
79.7e da l'antica Gaza or ne venia,
79.8d'un esercito a l'altro amica spia:–
80.1li rispose colui, fioco e turbato,
80.2sì ch'a pena potea formar parola.
80.3Soggiunse l'altro: –Or di' chi t'ha mandato
80.4senza timore,– e rallentò la gola.
80.5–Confessa pure il tuo mestiere usato,
80.6e dove l'apprendesti, e 'n quale scuola.
80.7Alcun de l'arte sua non ha vergogna,
80.8ma tu ragioni in guisa d'uom che sogna.–
81.1–Me, disse, l'ammiraglio a questo affanno
81.2co' suoi doni ha sospinto e con promesse,
81.3perché brama saper s'ardire avranno
81.4i Franchi d'aspettarlo ov'ei s'appresse,
81.5o se spiegate pur le vele, andranno
81.6dove è chi fila in aspettando e tesse:
81.7a riveder ciascun la donna e i figli,
81.8già stanco de la guerra e de' perigli.–
82.1Vafrin pur chiede: –Or senza inganni o falli,
82.2narra dove lasciasti il vostro duce,
82.3dove giacciono l'arme, ove i cavalli,
82.4e quante e quali schiere ei qui conduce:
82.5di' com'ogni altro ancor si cinga e valli,
82.6e guardie faccia a la notturna luce:
82.7quai siano i lor consigli, e i lor pensieri,
82.8e che si tema in questa guerra, o speri.–
83.1Di nuovo il timoroso a lui ragiona:
83.2–Fuor di Gaza Emiren gli Egizi accampa,
83.3ché di muro o di vallo altra corona
83.4non voler dice, in cui si fugge e scampa:
83.5Arabi, Assiri, Mori, ove risuona
83.6il mar, han teso, e dove il lido avvampa;
83.7ma fra terra Altamor co' Persi alberga,
83.8con gl'Indi Adrasto ove il terren più s'erga.
84.1Questi, che d'Orïente estremo aggiunse,
84.2con sue squadre attendò lunge e 'n disparte,
84.3perché da gli altri suo valor disgiunse
84.4lui, che stimato è quasi un nuovo Marte:
84.5ed a' carri falcati ivi congiunse
84.6destrier, che frena con mirabile arte:
84.7e questi ancor da l'Indïane selve
84.8gli elefanti conduce, orride belve.
85.1Non v'ha chi sentinelle o guardie faccia
85.2fra tante schiere, o chi si cinga intorno;
85.3ma si vanta ciascun, ciascun minaccia
85.4a' Franchi morte, e vergognoso scorno.
85.5Copron le squadre la deserta faccia
85.6de l'ampia terra ovunque appare il giorno:
85.7e 'l gran numero par d'orrida turba,
85.8a quelle arene egual ch'Austro perturba:
86.1come, s'il tuo destriero affretti e spingi,
86.2vedrai domani avanti il re supremo.
86.3Scioglimi or, prego, amico, o là distringi;
86.4e s'ho mentito, mi ritorna al remo.–
86.5Vafrin risponde: –Tu lusinghi e fingi;
86.6ma de le tue menzogne ancora io temo:
86.7e non farai da me partita o scampo,
86.8per ritornarne spia di campo in campo.
87.1Ma l'amicizia or te di giusta pena
87.2guarda, e sottragge a' più fèri tormenti,
87.3se d'Antiochia e de l'orribil cena
87.4di Boemondo invitto anco rammenti.–
87.5Così dicendo il fére in gola e svena,
87.6e la via tronca a' dolorosi accenti:
87.7e l'anima crudel, che geme e mugge,
87.8da le ferite mormorando fugge.
88.1Vafrin lascia quel morto ed a mancina
88.2drizza il veloce corso invêr ponente,
88.3insin che Gaza si trovò vicina,
88.4che fu porto di Gaza anticamente:
88.5ma poi crescendo de l'altrui ruina,
88.6città divenne assai grande e possente;
88.7erano ivi le piagge allor ripiene
88.8quasi d'uomini sì, come d'arene.
89.1Varie tende scorgea di color tanti,
89.2quanti non ebbe mai l'april fiorito.
89.3Mirava i cavalier, mirava i fanti
89.4ire e tornar da quelle mura al lito:
89.5e da cameli onusti ed elefanti
89.6l'arenoso sentier calpesto e trito.
89.7Poi nel porto vedeva, o scarche o gravi,
89.8sorte e legate a l'ancore le navi.
90.1Altre spiegar le vele al ciel sereno,
90.2altre i remi trattar veloci e snelle;
90.3e da' remi e da' rostri il molle seno
90.4spumar, percosso in queste parti e 'n quelle:
90.5molte lentando al lungo corso il freno,
90.6parean lunge portar vere novelle
90.7dal rosso mare, e donde irriga e frange
90.8i salsi lidi, biancheggiando, il Gange.
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