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1.1Avvegna che la subitana fuga
1.2dispergesse color per la campagna,
1.3rivolti al monte ove ragion ne fruga,
2.1i' mi ristrinsi a la fida compagna:
2.2e come sare' io sanza lui corso?
2.3chi m'avria tratto su per la montagna?
3.1El mi parea da sé stesso rimorso:
3.2o dignitosa coscïenza e netta,
3.3come t'è picciol fallo amaro morso!
4.1Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
4.2che l'onestade ad ogn'atto dismaga,
4.3la mente mia, che prima era ristretta,
5.1lo 'ntento rallargò, sì come vaga,
5.2e diedi 'l viso mio incontr'al poggio
5.3che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga.
6.1Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
6.2rotto m'era dinanzi a la figura,
6.3ch'avëa in me de' suoi raggi l'appoggio.
7.1Io mi volsi dallato con paura
7.2d'essere abbandonato, quand'io vidi
7.3solo dinanzi a me la terra oscura;
8.1e 'l mio conforto: "Perché pur diffidi?",
8.2a dir mi cominciò tutto rivolto;
8.3"non credi tu me teco e ch'io ti guidi?
9.1Vespero è già colà dov'è sepolto
9.2lo corpo dentro al quale io facea ombra;
9.3Napoli l'ha, e da Brandizio è tolto.
10.1Ora, se innanzi a me nulla s'aombra,
10.2non ti maravigliar più che d'i cieli
10.3che l'uno a l'altro raggio non ingombra.
11.1A sofferir tormenti, caldi e geli
11.2simili corpi la Virtù dispone
11.3che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli.
12.1Matto è chi spera che nostra ragione
12.2possa trascorrer la infinita via
12.3che tiene una sustanza in tre persone.
13.1State contenti, umana gente, al quia;
13.2ché, se potuto aveste veder tutto,
13.3mestier non era parturir Maria;
14.1e disïar vedeste sanza frutto
14.2tai che sarebbe lor disio quetato,
14.3ch'etternalmente è dato lor per lutto:
15.1io dico d'Aristotile e di Plato
15.2e di molt'altri"; e qui chinò la fronte,
15.3e più non disse, e rimase turbato.
16.1Noi divenimmo intanto a piè del monte;
16.2quivi trovammo la roccia sì erta,
16.3che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
17.1Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
17.2la più rotta ruina è una scala,
17.3verso di quella, agevole e aperta.
18.1"Or chi sa da qual man la costa cala",
18.2disse 'l maestro mio fermando 'l passo,
18.3"sì che possa salir chi va sanz'ala?".
19.1E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso
19.2essaminava del cammin la mente,
19.3e io mirava suso intorno al sasso,
20.1da man sinistra m'apparì una gente
20.2d'anime, che movieno i piè ver' noi,
20.3e non pareva, sì venïan lente.
21.1"Leva", diss'io, "maestro, li occhi tuoi:
21.2ecco di qua chi ne darà consiglio,
21.3se tu da te medesmo aver nol puoi".
22.1Guardò allora, e con libero piglio
22.2rispuose: "Andiamo in là, ch'ei vegnon piano;
22.3e tu ferma la spene, dolce figlio".
23.1Ancora era quel popol di lontano,
23.2i' dico dopo i nostri mille passi,
23.3quanto un buon gittator trarria con mano,
24.1quando si strinser tutti ai duri massi
24.2de l'alta ripa, e stetter fermi e stretti
24.3com'a guardar, chi va dubbiando, stassi.
25.1"O ben finiti, o già spiriti eletti",
25.2Virgilio incominciò, "per quella pace
25.3ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti,
26.1ditene dove la montagna giace,
26.2sì che possibil sia l'andare in suso;
26.3ché perder tempo a chi più sa più spiace".
27.1Come le pecorelle escon del chiuso
27.2a una, a due, a tre, e l'altre stanno
27.3timidette atterrando l'occhio e 'l muso;
28.1e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,
28.2addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
28.3semplici e quete, e lo 'mperché non sanno;
29.1sì vid'io muovere a venir la testa
29.2di quella mandra fortunata allotta,
29.3pudica in faccia e ne l'andare onesta.
30.1Come color dinanzi vider rotta
30.2la luce in terra dal mio destro canto,
30.3sì che l'ombra era da me a la grotta,
31.1restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
31.2e tutti li altri che venieno appresso,
31.3non sappiendo 'l perché, fenno altrettanto.
32.1"Sanza vostra domanda io vi confesso
32.2che questo è corpo uman che voi vedete;
32.3per che 'l lume del sole in terra è fesso.
33.1Non vi maravigliate, ma credete
33.2che non sanza virtù che da ciel vegna
33.3cerchi di soverchiar questa parete".
34.1Così 'l maestro; e quella gente degna
34.2"Tornate", disse, "intrate innanzi dunque",
34.3coi dossi de le man faccendo insegna.
35.1E un di loro incominciò: "Chiunque
35.2tu se', così andando, volgi 'l viso:
35.3pon mente se di là mi vedesti unque".
36.1Io mi volsi ver' lui e guardail fiso:
36.2biondo era e bello e di gentile aspetto,
36.3ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.
37.1Quand'io mi fui umilmente disdetto
37.2d'averlo visto mai, el disse: "Or vedi";
37.3e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.
38.1Poi sorridendo disse: "Io son Manfredi,
38.2nepote di Costanza imperadrice;
38.3ond'io ti priego che, quando tu riedi,
39.1vadi a mia bella figlia, genitrice
39.2de l'onor di Cicilia e d'Aragona,
39.3e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice.
40.1Poscia ch'io ebbi rotta la persona
40.2di due punte mortali, io mi rendei,
40.3piangendo, a quei che volontier perdona.
41.1Orribil furon li peccati miei;
41.2ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
41.3che prende ciò che si rivolge a lei.
42.1Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia
42.2di me fu messo per Clemente allora,
42.3avesse in Dio ben letta questa faccia,
43.1l'ossa del corpo mio sarieno ancora
43.2in co del ponte presso a Benevento,
43.3sotto la guardia de la grave mora.
44.1Or le bagna la pioggia e move il vento
44.2di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde,
44.3dov'e' le trasmutò a lume spento.
45.1Per lor maladizion sì non si perde,
45.2che non possa tornar, l'etterno amore,
45.3mentre che la speranza ha fior del verde.
46.1Vero è che quale in contumacia more
46.2di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta,
46.3star li convien da questa ripa in fore,
47.1per ognun tempo ch'elli è stato, trenta,
47.2in sua presunzïon, se tal decreto
47.3più corto per buon prieghi non diventa.
48.1Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
48.2revelando a la mia buona Costanza
48.3come m'hai visto, e anco esto divieto;
49.1ché qui per quei di là molto s'avanza".
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