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1.1"Vexilla regis prodeunt inferni
1.2verso di noi; però dinanzi mira",
1.3disse 'l maestro mio, "se tu 'l discerni".
2.1Come quando una grossa nebbia spira,
2.2o quando l'emisperio nostro annotta,
2.3par di lungi un molin che 'l vento gira,
3.1veder mi parve un tal dificio allotta;
3.2poi per lo vento mi ristrinsi retro
3.3al duca mio, ché non lì era altra grotta.
4.1Già era, e con paura il metto in metro,
4.2là dove l'ombre tutte eran coperte,
4.3e trasparien come festuca in vetro.
5.1Altre sono a giacere; altre stanno erte,
5.2quella col capo e quella con le piante;
5.3altra, com'arco, il volto a' piè rinverte.
6.1Quando noi fummo fatti tanto avante,
6.2ch'al mio maestro piacque di mostrarmi
6.3la creatura ch'ebbe il bel sembiante,
7.1d'innanzi mi si tolse e fé restarmi,
7.2"Ecco Dite", dicendo, "ed ecco il loco
7.3ove convien che di fortezza t'armi".
8.1Com'io divenni allor gelato e fioco,
8.2nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo,
8.3però ch'ogne parlar sarebbe poco.
9.1Io non mori' e non rimasi vivo;
9.2pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,
9.3qual io divenni, d'uno e d'altro privo.
10.1Lo 'mperador del doloroso regno
10.2da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
10.3e più con un gigante io mi convegno,
11.1che i giganti non fan con le sue braccia:
11.2vedi oggimai quant'esser dee quel tutto
11.3ch'a così fatta parte si confaccia.
12.1S'el fu sì bel com'elli è ora brutto,
12.2e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
12.3ben dee da lui proceder ogne lutto.
13.1Oh quanto parve a me gran maraviglia
13.2quand'io vidi tre facce a la sua testa!
13.3L'una dinanzi, e quella era vermiglia;
14.1l'altr'eran due, che s'aggiugnieno a questa
14.2sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
14.3e sé giugnieno al loco de la cresta:
15.1e la destra parea tra bianca e gialla;
15.2la sinistra a vedere era tal, quali
15.3vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.
16.1Sotto ciascuna uscivan due grand'ali,
16.2quanto si convenia a tanto uccello:
16.3vele di mar non vid'io mai cotali.
17.1Non avean penne, ma di vispistrello
17.2era lor modo; e quelle svolazzava,
17.3sì che tre venti si movean da ello:
18.1quindi Cocito tutto s'aggelava.
18.2Con sei occhi piangëa, e per tre menti
18.3gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
19.1Da ogne bocca dirompea co' denti
19.2un peccatore, a guisa di maciulla,
19.3sì che tre ne facea così dolenti.
20.1A quel dinanzi il mordere era nulla
20.2verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
20.3rimanea de la pelle tutta brulla.
21.1"Quell'anima là sù c'ha maggior pena",
21.2disse 'l maestro, "è Giuda Scarïotto,
21.3che 'l capo ha dentro e fuor le gambe mena.
22.1De li altri due c'hanno il capo di sotto,
22.2quel che pende dal nero ceffo è Bruto:
22.3vedi come si storce, e non fa motto!;
23.1e l'altro è Cassio, che par sì membruto.
23.2Ma la notte risurge, e oramai
23.3è da partir, ché tutto avem veduto".
24.1Com'a lui piacque, il collo li avvinghiai;
24.2ed el prese di tempo e loco poste,
24.3e quando l'ali fuoro aperte assai,
25.1appigliò sé a le vellute coste;
25.2di vello in vello giù discese poscia
25.3tra 'l folto pelo e le gelate croste.
26.1Quando noi fummo là dove la coscia
26.2si volge, a punto in sul grosso de l'anche,
26.3lo duca, con fatica e con angoscia,
27.1volse la testa ov'elli avea le zanche,
27.2e aggrappossi al pel com'om che sale,
27.3sì che 'n inferno i' credea tornar anche.
28.1"Attienti ben, ché per cotali scale",
28.2disse 'l maestro, ansando com'uom lasso,
28.3"conviensi dipartir da tanto male".
29.1Poi uscì fuor per lo fóro d'un sasso
29.2e puose me in su l'orlo a sedere;
29.3appresso porse a me l'accorto passo.
30.1Io levai li occhi e credetti vedere
30.2Lucifero com'io l'avea lasciato,
30.3e vidili le gambe in sù tenere;
31.1e s'io divenni allora travagliato,
31.2la gente grossa il pensi, che non vede
31.3qual è quel punto ch'io avea passato.
32.1"Lèvati sù", disse 'l maestro, "in piede:
32.2la via è lunga e 'l cammino è malvagio,
32.3e già il sole a mezza terza riede".
33.1Non era camminata di palagio
33.2là 'v'eravam, ma natural burella
33.3ch'avea mal suolo e di lume disagio.
34.1"Prima ch'io de l'abisso mi divella,
34.2maestro mio", diss'io quando fui dritto,
34.3"a trarmi d'erro un poco mi favella:
35.1ov'è la ghiaccia? e questi com'è fitto
35.2sì sottosopra? e come, in sì poc'ora,
35.3da sera a mane ha fatto il sol tragitto?".
36.1Ed elli a me: "Tu imagini ancora
36.2d'esser di là dal centro, ov'io mi presi
36.3al pel del vermo reo che 'l mondo fóra.
37.1Di là fosti cotanto quant'io scesi;
37.2quand'io mi volsi, tu passasti 'l punto
37.3al qual si traggon d'ogne parte i pesi.
38.1E se' or sotto l'emisperio giunto
38.2ch'è contraposto a quel che la gran secca
38.3coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto
39.1fu l'uom che nacque e visse sanza pecca;
39.2tu haï i piedi in su picciola spera
39.3che l'altra faccia fa de la Giudecca.
40.1Qui è da man, quando di là è sera;
40.2e questi, che ne fé scala col pelo,
40.3fitto è ancora sì come prim'era.
41.1Da questa parte cadde giù dal cielo;
41.2e la terra, che pria di qua si sporse,
41.3per paura di lui fé del mar velo,
42.1e venne a l'emisperio nostro; e forse
42.2per fuggir lui lasciò qui loco vòto
42.3quella ch'appar di qua, e sù ricorse".
43.1Luogo è là giù da Belzebù remoto
43.2tanto quanto la tomba si distende,
43.3che non per vista, ma per suono è noto
44.1d'un ruscelletto che quivi discende
44.2per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso,
44.3col corso ch'elli avvolge, e poco pende.
45.1Lo duca e io per quel cammino ascoso
45.2intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
45.3e sanza cura aver d'alcun riposo,
46.1salimmo sù, el primo e io secondo,
46.2tanto ch'i' vidi de le cose belle
46.3che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
47.1E quindi uscimmo a riveder le stelle.
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