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SANT'AMBROGIO

Poesie

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1.1Vostra Eccellenza, che mi sta in cagnesco
1.2per que' pochi scherzucci di dozzina,
1.3e mi gabella per anti–tedesco
1.4perché metto le birbe alla berlina,
1.5o senta il caso avvenuto di fresco,
1.6a me che, girellando una mattina,
1.7capito in Sant'Ambrogio di Milano,
1.8in quello vecchio, là, fuori di mano.
2.1M'era compagno il figlio giovinetto
2.2d'un di que' capi un po' pericolosi,
2.3di quel tal Sandro, autor d'un romanzetto
2.4ove si tratta di promessi sposi...
2.5Che fa il nesci, Eccellenza? o non l'ha letto?
2.6Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi,
2.7in tutt'altre faccende affaccendato,
2.8a questa roba è morto e sotterrato.
3.1Entro, e ti trovo un pieno di soldati,
3.2di que' soldati settentrionali,
3.3come sarebbe Boemi e Croati,
3.4messi qui nella vigna a far da pali:
3.5difatto, se ne stavano impalati,
3.6come sogliono in faccia a' Generali,
3.7co' baffi di capecchio e con que' musi,
3.8davanti a Dio diritti come fusi.
4.1Mi tenni indietro; ché piovuto in mezzo
4.2di quella maramaglia, io non lo nego
4.3d'aver provato un senso di ribrezzo,
4.4che lei non prova in grazia dell'impiego.
4.5Sentiva un'afa, un alito di lezzo:
4.6scusi, Eccellenza, mi parean di sego
4.7in quella bella casa del Signore
4.8fin le candele dell'altar maggiore.
5.1Ma in quella che s'appresta il sacerdote
5.2a consacrar la mistica vivanda,
5.3di sùbita dolcezza mi percuote
5.4su, di verso l'altare, un suon di banda.
5.5Dalle trombe di guerra uscìan le note
5.6come di voce che si raccomanda,
5.7d'una gente che gema in duri stenti
5.8e de' perduti beni si rammenti.
6.1Era un coro del Verdi; il coro a Dio
6.2là de' Lombardi miseri assetati;
6.3quello: ,
6.4che tanti petti ha scossi e inebriati.
6.5Qui cominciai a non esser più io
6.6e, come se que' così doventati
6.7fossero gente della nostra gente,
6.8entrai nel branco involontariamente.
7.1Che vuol ella, Eccellenza, il pezzo è bello,
7.2poi nostro, e poi suonato come va;
7.3e coll'arte di mezzo, e col cervello
7.4dato all'arte, l'ubbie si buttan là.
7.5Ma cessato che fu, dentro, bel bello
7.6io ritornava a star come la sa:
7.7quand'eccoti, per farmi un altro tiro,
7.8da quelle bocche che parean di ghiro
8.1un cantico tedesco lento lento
8.2per l'âer sacro a Dio mosse le penne.
8.3Era preghiera, e mi parea lamento,
8.4d'un suono grave flebile solenne,
8.5tal che sempre nell'anima lo sento:
8.6e mi stupisco che in quelle cotenne,
8.7in que' fantocci esotici di legno,
8.8potesse l'armonia fino a quel segno.
9.1Sentìa nell'inno la dolcezza amara
9.2de' canti uditi da fanciullo; il core
9.3che da voce domestica gl'impara,
9.4ce li ripete i giorni del dolore:
9.5un pensier mesto della madre cara,
9.6un desiderio di pace e di amore,
9.7uno sgomento di lontano esilio,
9.8che mi faceva andare in visibilio.
10.1E quando tacque, mi lasciò pensoso
10.2di pensieri più forti e più soavi.
10.3«Costor», dicea tra me, «Re pauroso
10.4degl'italici moti e degli slavi,
10.5strappa a' lor tetti, e qua senza riposo
10.6schiavi gli spinge per tenerci schiavi;
10.7gli spinge di Croazia e di Boemme,
10.8come mandre a svernar nelle maremme.
11.1A dura vita, a dura disciplina,
11.2muti, derisi, solitari stanno,
11.3strumenti ciechi d'occhiuta rapina,
11.4che lor non tocca e che forse non sanno:
11.5e quest'odio, che mai non avvicina
11.6il popolo lombardo all'alemanno,
11.7giova a chi regna dividendo, e teme
11.8popoli avversi affratellati insieme.
12.1Povera gente! lontana da' suoi,
12.2in un paese qui che le vuol male,
12.3chi sa che in fondo all'anima po' poi
12.4non mandi a quel paese il principale!
12.5Gioco che l'hanno in tasca come noi».
12.6Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale,
12.7colla su' brava mazza di nocciolo,
12.8duro e piantato lì come un piolo.
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