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IL SORTILEGIO

Poesie

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1.1Il lotto, ve lo dissi un'altra volta,
1.2il lotto è un gioco semplice, innocente,
1.3che raddirizza ogni testa stravolta,
1.4e chi si fonda in lui, non se ne pente:
1.5lo dissi e lo ridico, e n'ho raccolta
1.6la più limpida prova ultimamente
1.7in un bel fatto accaduto tra noi,
1.8che siamo al tempo che sapete voi.
2.1In un castello de' nostri Appennini
2.2(e il nome non importa), era saltato
2.3tanto nell'ossa di que' montanini
2.4l'estro del giocolin soprallodato,
2.5che nelle gole giù de' Botteghini,
2.6in ambi e in terni avean precipitato,
2.7colla speranza certa d'arricchire,
2.8fin le raccolte di là da venire.
3.1La voce Botteghino non è mia:
3.2e una protesta mi pare opportuna,
3.3se mai pensaste che la poesia
3.4parli a malizia, o secondo la luna:
3.5il Botteghino e la Prenditoria
3.6volgarmente son due in carne una.
3.7Se il nome è brutto, il popolo inventore
3.8n'ha colpa, e non ne sto mallevadore.
4.1Dunque, tornando a noi, que' montanari
4.2fino alle scarpe avean data la via,
4.3sognando negli spazî immaginari
4.4di fare un buco in Depositeria.
4.5Di giocator, di prodighi e d'avari
4.6oltre la borsa va la bramosia;
4.7e come chi più n'ha, più ne vorrebbe,
4.8chi più ne sciupa e più ne sciuperebbe.
5.1Bazzicava lassù per que' paesi
5.2un di que' rivenduglioli ambulanti,
5.3che fan commercio a denari ripresi,
5.4di berretti, di scatole, di Santi,
5.5e di ferri da calze, ed altri arnesi
5.6quanti n'occorre per cucire, e quanti
5.7ne porta in petto, al collo e sulla testa,
5.8la villana elegante il dì di festa.
6.1Oltre a codeste brìcciche, costui
6.2la sacca d'un gioiello avea provvista,
6.3che tra le cose che giovano altrui
6.4va messo per ossequio in capo lista;
6.5cosa mirabilissima per cui
6.6splende alla mente una seconda vista,
6.7cosa che serve per tutti i bisogni;
6.8e questa perla era il .
7.1La famosa Accademia del Cimento,
7.2l'Istituto di Francia e d'Inghilterra,
7.3è tutta roba di poco momento
7.4appetto a quella che il gran libro serra.
7.5che quello è il primo libro della terra,
7.6onde lo privilegia, e con ragione,
7.7la sacra e la profana Inquisizione.
8.1Questo libro utilissimo, non solo
8.2egli lassù l'avea disseminato,
8.3ma nel mezzo di piazza al montagnolo
8.4spiegato con amore e postillato;
8.5e il giorno dell'arrivo, al merciaiolo
8.6il popolo, il comune, e il vicinato
8.7correano a dire i sogni della notte,
8.8ladri, morti, paure e gambe rotte.
9.1Ed ei, presa la mano a far l'oracolo,
9.2o rispondeva avvolto o stava muto;
9.3anzi, tra l'altre, aveva un tabernacolo
9.4con dentro un certo santo sconosciuto,
9.5dal qual, secondo lui, più d'un miracolo,
9.6e più d'un terno a molti era piovuto,
9.7pur di destare la sua cortesia
9.8pagando un soldo ed un'avemmaria.
10.1Lo spolverava, l'apriva, e gridava
10.2che tutti si levassero il cappello;
10.3poi, brontolando Paternostri, andava
10.4torno torno a raccôrre il soldarello:
10.5e mentre ognuno pregava e pagava,
10.6più numeri, disotto dal gonnello,
10.7tirava fuori agli occhi della folla
10.8il moncherino di quel santo a molla.
11.1Né volendo, se a vuoto eran giocati,
11.2parer, col santo e tutto, un impostore,
11.3— Egli è, — dicea, — per i vostri peccati,
11.4che non trovan la via di venir fuore —.
11.5Smunti così gran tempo e bindolati
11.6avea que' mammalucchi in quell'errore,
11.7e col Governo il traffico diviso,
11.8e mescolato al vizio il Paradiso.
12.1Stanchi alla fine, e come accade spesso
12.2d'uno che al gioco giochi anco il cervello,
12.3che, invece di pigliarla con se stesso,
12.4e' se la piglia con questo e con quello,
12.5un dì che il rivendugliolo avea messo
12.6fuori i fagotti e il solito zimbello,
12.7da sei gli sono addosso, e con molt'arte
12.8l'attorniano, e lo traggono in disparte.
13.1E dopo averlo strapazzato, e dette
13.2cose del fatto suo proprio da chiodi,
13.3gl'intuonaron minacce maledette,
13.4e che voleano il terno in tutti i modi.
13.5Messa lì su quel subito alle strette,
13.6la volpe, che maestra era di frodi,
13.7facendo l'imbrogliato e il mentecatto,
13.8te gli abbonì che non parve suo fatto.
14.1Poi, protestando che del trattamento
14.2non facea caso e lo mandava a monte,
14.3accennò roba, parlò d'un portento,
14.4la prese larga, te li tenne in ponte,
14.5e finse di raccogliersi un momento,
14.6e chiuse gli occhi, e si fregò la fronte,
14.7e disse: — Attenti, ché non diate poi
14.8a me la colpa che si spetta a voi.
15.1Bisognerebbe, quando il gallo canta
15.2sull'alba, o appena il sole è andato sotto,
15.3novanta ceci secchi, sulla pianta
15.4côrre, senz'esser visti o farne motto;
15.5e dall'uno giù giù fino al novanta
15.6scriverci sopra i numeri del Lotto
15.7con una tinta che non si cancella,
15.8fatta di pece e d'unto di padella;
16.1affilare un coltello, essere accorto
16.2che chi l'affila non tocchi nessuno;
16.3e un corpo maschio, defunto di corto,
16.4scavar di notte, in giorno di digiuno;
16.5e tagliata e votata a questo morto
16.6ben ben la testa, dentro a uno a uno
16.7mettere i ceci, stando inginocchiati,
16.8tre volte scossi e tre volte contati.
17.1Avere un pentolone, e a queste gore
17.2qua sotto, empirlo di quell'acqua gialla,
17.3e bollirci quel capo, e che di fuore
17.4non vada l'acqua, Dio guardi a versalla!
17.5A mala pena spiccato il bollore,
17.6da' primi ceci che verranno a galla,
17.7avrete il terno; e se dico bugia,
17.8che non possa salvar l'anima mia —.
18.1Quel dettar tutto sì minutamente,
18.2quel morto, quella pentola, e il gran guaio
18.3d'aver bisogno, fece a quella gente
18.4girar la testa come un arcolaio;
18.5e creduto per fede agevolmente
18.6e rimandato libero il merciaio,
18.7stillano il modo di venire a capo
18.8d'aver in mano e di bollir quel capo.
19.1Di fresco era lassù morto il Curato,
19.2e l'aveano sepolto dirimpetto
19.3alla porta di chiesa, ove il sacrato
19.4ha una lapide antica a questo effetto.
19.5Quel prete, per disgrazia, infarinato
19.6d'algebra, se di tempo un ritaglietto
19.7gli concedea la Cura di montagna,
19.8era sempre a raspar sulla lavagna.
20.1Quell'armeggìo di numeri venuto
20.2a risapersi nel paese, il prete
20.3per un gran cabalista era tenuto,
20.4e che de' terni avesse in man la rete.
20.5E scalzarlo parecchi avean voluto,
20.6mentre che visse, sull'arti segrete
20.7di menar la Fortuna per il naso,
20.8pescando il certo nel gran mar del caso.
21.1L'ultima carne maschia seppellita
21.2era il prete, la cosa è manifesta;
21.3dunque la testa che andava bollita
21.4era la sua, certissima anco questa;
21.5e tanto più che avvezzi erano, in vita,
21.6i numeri a bollirgli nella testa.
21.7Così dicendo quella gente grossa
21.8pensò del prete violar la fossa.
22.1Risoluti s'accordano costoro,
22.2e si partiscon l'opere e le veci;
22.3ammannisca il coltello uno di loro,
22.4un altro il pentolone, un altro i ceci,
22.5e poi tutti si trovino al lavoro
22.6di nottetempo, là dopo le dieci,
22.7nel giorno da Mosè dato all'altare,
22.8ed alle streghe nell'èra volgare.
23.1Tutto quel giorno che precesse il fatto,
23.2Maso, un di quelli dell'accordellato,
23.3girò per casa mutolo, distratto,
23.4e torbo come mai non era stato:
23.5la moglie era presente, e di soppiatto
23.6coll'occhio che alle donne amore ha dato,
23.7lo guardava e guardava, a quella vista
23.8facendosi anco lei pensosa e trista.
24.1Erano sposi da cinqu'anni, e stati
24.2sempre insieme, su su da piccolini,
24.3poi coll'andar del tempo innamorati,
24.4s'eran congiunti da onesti vicini,
24.5e dal dì che l'altar santificati
24.6avea gli affetti lor, già tre bambini
24.7rallegravan la rustica dimora
24.8che tre rose parean colte d'allora.
25.1A forza di risparmio e di lavoro
25.2conducean vita semplice e frugale,
25.3poveri sì, ma in pace e con decoro,
25.4contenti nel pudor matrimoniale;
25.5quando ecco il Lotto ficcarsi tra loro:
25.6il Lotto, gioco imperiale e reale,
25.7e quella pace e quel vivere onesto
25.8subito in fumo andar con tutto il resto.
26.1Vani usciti i consigli erano, e vani
26.2con lui gli affanni di quella meschina,
26.3che sempre più vedea d'oggi in domani
26.4esso e la roba andarsene in rovina;
26.5ed or facea concetti e sogni strani
26.6del vederselo lì dalla mattina
26.7senza toccar lavoro o far parola,
26.8o consolarla d'un'occhiata sola.
27.1E come più la sera s'appressava,
27.2più lo vedea smaniante e pensieroso.
27.3Un po' sedeva, un po' canterellava,
27.4come fa l'uom che aspetta e non ha poso;
27.5ed or prendeva in braccio, ora scansava
27.6un fanciulletto, che tutto festoso
27.7con più libero piè degli altri dui,
27.8salterellava dalla madre a lui.
28.1L'aria imbrunì, suonò l'avemmaria,
28.2e sorta in piè la donna, a' figlioletti
28.3incominciò malinconica e pia
28.4a suggerir garrendo i sacri detti:
28.5Maso, fermo sull'uscio, o non udia
28.6la squilla, vaneggiando in altri obietti:
28.7o se l'udì, non ebbe in quella sera
28.8né parola né cuor per la preghiera.
29.1Notò la donna l'atto, e avendo piena
29.2già già la testa di mille paure,
29.3dentro se ne sentì crescer la pena;
29.4ma la represse, e attese ad altre cure.
29.5E acceso il lume e il fuoco, e dato cena
29.6e messe a letto quelle creature,
29.7ritrovò Maso come addormentato
29.8col capo sulla mensa abbandonato.
30.1Volea parlar, ma non le dette il cuore
30.2d'aprir la bocca, e ste' soprappensiero:
30.3e quello immaginar pien di dolore
30.4le cose più che mai le volse in nero;
30.5poi, come fa chi dubbia e sente amore,
30.6che cerca e teme di saper il vero,
30.7soavemente a lui che amava tanto
30.8si volse, e disse con voce di pianto:
31.1— Maso, per carità, parla, che hai?
31.2Via, parla, non mi dar questi spaventi.
31.3Così confuso non t'ho visto mai;
31.4oh, Maso mio, perché non mi contenti?
31.5Se non lo fai per me, se non lo fai,
31.6fàllo per que' tre poveri innocenti,
31.7che son di là che dormono: e non sanno
31.8lo snaturato di padre che hanno.
32.1Maso, bada alla gente! il viciname
32.2sparla di te, che ti se' mal ridutto,
32.3che un giorno o l'altro quel giocaccio infame
32.4t'ha da portare a qualcosa di brutto.
32.5Oh senti, Maso mio, meglio la fame,
32.6andar nudi, accattare, è meglio tutto;
32.7ma, se non altro, non darmi il rossore
32.8che tu perda col pane anco l'onore —.
33.1E sì dicendo, a lui s'era accostata,
33.2e dolcemente gli tendea la mano,
33.3continuando con voce affannata
33.4a interrogarlo, a scongiurarlo invano,
33.5che da sé la respinse, e dispietata–
33.6mente la minacciò, quel disumano,
33.7e di tacer le impose, e che di volo
33.8andasse a letto, e lo lasciasse solo.
34.1Andò la dolorosa, e mezza morta
34.2senza spogliarsi in letto si distese:
34.3e là piange, e si strugge e si sconforta,
34.4cheta, in sospetto e sempre sull'intese;
34.5né molto sta, che, cigolar la porta
34.6udendo, sorge, e coll'orecchie tese
34.7sente, pian piano, con sordo stridore,
34.8a doppia chiave riserrar di fuore.
35.1Balza da letto, e prima che s'involi
35.2del tutto, vuoi seguirlo arditamente:
35.3e poi non si risolve, e de' figliuoli
35.4sorge il pensiero a divider la mente:
35.5ma tosto il dubbio di lasciarli soli
35.6cede al timor più vivo e più presente;
35.7scende e tenta la toppa, e nulla avanza,
35.8e del forzarla è vana ogni speranza.
36.1Più l'ostacolo è forte, e più s'esalta
36.2l'animo in quello; ond'essa audace e destra
36.3si lancia ove ricorre angusta ed alta
36.4cinque braccia da terra una finestra;
36.5l'apre la donna e su vi monta, e salta
36.6speditamente nella via maestra,
36.7e per molti sentieri erra, e s'invesca
36.8senza molto saper dove riesca.
37.1In questo mentre i compagni di Maso,
37.2a mezza costa, fuor dell'abitato,
37.3celatamente avean la legna e il vaso
37.4per la strana cottura apparecchiato:
37.5egli co' ferri che faceano al caso
37.6d'alzar la pietra e scorciare il Curato,
37.7per altra via, coll'animo scontento,
37.8ultimo venne al dato appuntamento.
38.1Qui ci vorrebbe una notte arruffata,
38.2una notte di spolvero, che, quando
38.3alla tedesca fosse strumentata,
38.4paresse un casa–al–diavolo, salvando.
38.5Se, per esempio, la nota obbligata
38.6d'un par di gufi avessi al mio comando
38.7e fulmini a rifascio, e un'acqua tale
38.8da parere il diluvio universale;
39.1e una romba di vento, e il rumor cupo
39.2d'un fiume, d'un torrente, o che so io,
39.3che giù scrosciando d'un alto dirupo
39.4rintostasse de' tuoni il brontolio;
39.5di quando in quando un bell'urlo di lupo,
39.6un morto che gridasse Gesù Mio,
39.7e una campana che sonasse a tocchi,
39.8riuscirebbe una notte co' fiocchi.
40.1A farlo apposta, tra le notti belle
40.2vedute al mondo, questa, a mia sfortuna,
40.3si potea dir bellissima: le stelle
40.4erano fuori, tutte, fin a una!
40.5Se a sciuparmi le tenebre con quelle
40.6fosse venuta in ballo anco la luna,
40.7piantavo la novella, e buona sera:
40.8tiriamo avanti, la luna non c'era.
41.1Zitti, spiando intorno, e come un branco
41.2di lupi ingordi... Adagio, e colle buone;
41.3il lupo è detto. — Di corvi? — Nemmanco,
41.4ché di notte non vanno a processione;
41.5sicché dunque dirò, lasciato in bianco,
41.6per questa volta tanto, il paragone,
41.7che s'avviò la frotta al cimitero,
41.8(e passi per la rima) all'aer nero.
42.1Intanto qua e là s'era aggirata
42.2ratta, intendendo la vista e l'udito,
42.3quella povera donna sconsolata
42.4inutilmente cercando il marito,
42.5e stanca per que' sassi, e disperata
42.6della traccia, per l'ultimo partito
42.7alla chiesa risolse incamminarsi,
42.8e là piangere, e a Dio raccomandarsi.
43.1Su per una viottola scoscesa
43.2va la meschina risolutamente,
43.3e all'orlo del sacrato appena ascesa
43.4che fa piazzetta, sul poggio eminente,
43.5ode, o le pare, là, verso la chiesa,
43.6un sordo tramenio, come di gente
43.7che soprarrivi cheta e frettolosa,
43.8e s'argomenti di tentar qualcosa.
44.1Insospettita fermasi, e s'acquatta
44.2giù rannicchiata, dietro a certi sassi
44.3d'una vecchia casipola disfatta,
44.4distante dalla chiesa un trenta passi;
44.5e di lì guarda, e scorge esterrefatta
44.6un gruppo strano, e parle che s'abbassi
44.7in atto di sbarbar con violenza,
44.8di terra cosa che fa resistenza.
45.1Ecco, si smuove una lapide; e tosto
45.2s'alza quel gruppo, e indietro si ritira,
45.3e di subito giunge là discosto
45.4il grave puzzo che l'avello spira.
45.5Senza alitare o muoversi di posto,
45.6trema la donna misera, e s'ammira
45.7qual chi dorme e non dorme, e in sogno orrendo
45.8volteggia col pensier stupefacendo.
46.1Lenta calarsi dentro e risalire
46.2una figura vede dall'avello,
46.3e, sorta, accorrere i compagni e dire
46.4un non so che di testa e di coltello.
46.5E allor le parve vedere e sentire
46.6ricollocar la lapide bel bello:
46.7poi tutti verso lei tendere al piano,
46.8e innanzi un d'essi con un peso in mano.
47.1Quel vederli venire alla sua volta
47.2tanto le crebbe tremito e spavento,
47.3che dentro si sentì tutta sconvolta,
47.4e chiuse gli occhi e uscì di sentimento.
47.5Quelli che con molt'impeto e con molta
47.6fretta correano in basso all'altro intento,
47.7raccolti in branco e presa la calata,
47.8l'ebber senza notarla oltrepassata.
48.1Non molto andaro in giù, che dalla via
48.2torsero a manca, e pervennero in loco
48.3ove per molti ruderi s'uscìa
48.4ne' campi, scosti dalle case un poco.
48.5La poveretta che si risentìa,
48.6ecco, vede laggiù sorgere un foco,
48.7e parecchi d'intorno affaccendati
48.8dal baglior delle fiamme illuminati.
49.1Brillò la fiamma appena, che non lunge
49.2da lei, più gente a gran corsa si sferra,
49.3e, giù piombata in un attimo, giunge
49.4là dove lo splendor s'alza da terra:
49.5e altra gente gridar che sopraggiunge,
49.6e d'un'altra che fugge il serra serra,
49.7e su e giù per fossi e per macchioni
49.8stormir di frasche, e salti e stramazzoni.
50.1S'alza un alterco... Ahi misera! è la voce,
50.2è la voce di Maso, e par che tenti
50.3di liberarsi d'uno stuol feroce,
50.4che lo serri d'intorno e gli s'avventi;
50.5tosto drizzata in piè, scende veloce
50.6onde venìale il suon de' fieri accenti;
50.7quand'ecco che la ferma un duro sgherro
50.8con un artiglio che parea di ferro.
51.1Le spie del luogo avean raccapezzato,
51.2non si sa come, un che di quel ritrovo,
51.3e un ser Vicario già n'era avvisato,
51.4famoso per trovare il pel nell'ovo;
51.5ma tardi e male postisi in agguato
51.6i bracchi, mossi a chiapparli sul covo,
51.7fallito il colpo della sepoltura,
51.8te gli avean còlti alla cucinatura.
52.1Raggranellati tutti e fatto il mazzo,
52.2la donna fu creduta della lega:
52.3il merciaiolo citato a Palazzo,
52.4svesciando il caso dall'alfa all'omega,
52.5provò che per uscir dell'imbarazzo
52.6avea dato una mano alla bottega.
52.7Tant'è chi ruba che chi tiene il sacco:
52.8dunque fu detto che battesse il tacco.
53.1Con più giustizia, della falsa accusa
53.2uscì netta la misera innocente;
53.3ma di vergogna e di dolor confusa
53.4pericolò di perderne la mente;
53.5perocché fissa in quella notte e chiusa
53.6nel proprio affanno continuamente,
53.7da paurose immagini assalita
53.8s'afflisse e tribolò tutta la vita.
54.1Veggano intanto i Re, vegga l'avaro
54.2gentame intento a divorar lo Stato,
54.3di quanti errori il pubblico denaro
54.4e di che pianto sia contaminato!
54.5Fuman del sangue sottratto all'ignaro
54.6popolo, per voi guasto e raggirato,
54.7le tazze che con gioia invereconda
54.8vi ricambiate a tavola rotonda.
55.1Dritto e costume nel consorzio umano
55.2così per vostre frodi hanno discordia:
55.3e cupidigia vi corrompe in mano
55.4e la giustizia e la misericordia;
55.5ché assolver non si puote un atto insano
55.6che con legge e ragion rompe concordia;
55.7né giustamente l'error mio si danna,
55.8quando il giudice stesso è che m'inganna.
56.1Premesso questo, è tempo di sbrigare
56.2anche quegli altri che lasciammo presi.
56.3Dopo un gran chiasso e un grande almanaccare
56.4di spie, di birri e di simili arnesi;
56.5dopo averli tenuti a maturare,
56.6come le sorbe, in carcere se' mesi;
56.7dopo un processo lungo lungo lungo
56.8si svegliò la Giustizia, e nacque il fungo.
57.1E fu, che resultava dal processo
57.2violato sepolcro e sortilegio;
57.3ma visto che il delitto fu commesso
57.4per il lotto, e che il lotto è un gioco regio,
57.5chi delinque per lui, di per se stesso
57.6partecipa del lotto al privilegio.
57.7Se fosse stata briscola o primiera,
57.8pover'a loro! andavano in galera.
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