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GITA DA FIRENZE A MONTECATINI

Poesie

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1.1Sai che l'uomo propone e Dio dispone,
1.2come dice il proverbio (uno de' mille
1.3che il popolo non sa d'avere in bocca;
1.4e li regala a noi, gente d'accatto,
1.5pronta a farsene bella): avea promesso
1.6venire a Siena da Firenze, e teco
1.7chiudermi in villa, a succhiellar l'ottobre
1.8tranquillamente. Che ne dici? All'ergo
1.9d'incamminarmi per Porta Romana,
1.10mi prese un dirizzone e venni a casa.
1.11Se me ne chiedi la ragione, è detta
1.12in due parole: Son figliuolo! Ho visto,
1.13tutte le volte che di qua mi parto,
1.14pianger mia madre e mio padre e lagnarsi
1.15di rimanere a tavola a quattr'occhi;
1.16mentre Ildegonda, la sorella mia,
1.17si maritò lontana ottanta miglia,
1.18e me, puntello della casa Giusti,
1.19principe nato a ereditare il trono
1.20delle noie domestiche e de' saldi,
1.21o l'uggia, o gl'intestini, o il mal de' nervi
1.22spingono in giro come un arcolaio,
1.23nove, un anno per l'altro, e dieci mesi.
1.24Solita fine de' nostri e di noi!
1.25Essi ci dànno la vita, ci dànno
1.26lume, soccorso, danaro, felici
1.27di contentarci, di vederci entrare
1.28e star a garbo in un mondo sgarbato,
1.29che duramente poi ci ruba a loro
1.30e mai del loro amor non ci compensa!
2.1Torno al viaggio, e come fece Flacco
2.2del suo da Roma a Brindisi (quel Flacco
2.3che di sommo maestro e sommo porco
2.4fra' poeti di Corte ha la corona),
2.5te ne racconto i minimi accidenti
2.6per celia; per veder se li so dire
2.7senza le gretterie de' mestieranti.
2.8Venni per Diligenza, o se tu vuoi
2.9in uno di quei trespoli ritinti
2.10e battezzati poi per diligenze;
2.11nome francese, che con altri mille
2.12portati qua dagli usi oltramontani,
2.13cittadinanza dalla Crusca aspetta;
2.14e l'otterrà; ché il cambio delle voci
2.15fra gente e gente, come l'ombra al corpo,
2.16tien dietro al cambio delle cose umane;
2.17né straniero vocabolo corrompe
2.18l'intrinseca virtù d'una favella,
2.19quando lo stile riman paesano,
2.20quando il campo de' versi e delle prose
2.21non è pestato vandalicamente
2.22dai nostri poliglotti...
2.23grammatici di sarti e di stallieri.
3.1Al contrattar de' posti, un certo arnese
3.2incavernato in fondo a uno stambugio,
3.3e che pareva un ràgnolo, o il Minosse
3.4(come direbbe un Arcade buon'anima)
3.5de' mezzani di ruote, assicurava,
3.6sulla santa onestà di casa sua,
3.7che comodo, pulito, ottimo il legno,
3.8lesti i polledri e più che galantuomo
3.9il vetturino, ci avrebbe in tre ore
3.10sbarcati al posto. Ed eccoti la biga
3.11ch'avea figura d'una cazzarola,
3.12con due cavalli, anzi due cavallette
3.13di quelle di Mosè là dell'Egitto,
3.14che della pena di lasciar la stalla
3.15ansavan come mantici. Piovuto
3.16dalla croce sinistra del Calvario
3.17credei lo sciamannato Automedonte
3.18frusta–carogne; ma il cappello torto,
3.19la ghigna, il pelo, il sigaro e il mal garbo
3.20mascheravan da birba un briacone
3.21buon diavolaccio. Cinquanta facchini,
3.22cosacchi di Dogana e d'osteria,
3.23s'avventarono addosso alle valige;
3.24e caricando, inzeppando, legando,
3.25accatastando il misero bagaglio,
3.26s'urtano e si scanagliano tra loro,
3.27con fitta ortografia di giurammii
3.28nuovi, arditi, da far testo di lingua.
3.29Indugiammo, pagammo, contrastammo,
3.30poi c'infilammo dentro per la cruna
3.31d'uno sportello, che non vi fu cristi
3.32che stesse mai né aperto né serrato.
4.1M'era compagno un Potestà, Pilato
4.2d'un paesuccio di questi contorni,
4.3che venuto a seccare il Presidente
4.4per crescita di paga, o per mutarsi
4.5a birreggiare in un altro pollaio,
4.6se ne tornava colle tasche piene
4.7dei soliti vedremo, penseremo,
4.8(verso che ho speso già nel Gingillino).
4.9Era seco la moglie: una figura
4.10tra le due selle, né bella né brutta,
4.11né giovane né vecchia, e riportava
4.12alla Potesteria grave tesoro
4.13di fagotti e di scatole, con dentro
4.14cuffie, ciarpe, cappelli e vestitini,
4.15da fare invidia a quante bottegaie
4.16vanno la festa alla messa cantata.
4.17Accanto a me, dal lato delle brenne,
4.18una povera donna montanina
4.19lieta recava al petto un trovatello
4.20preso là nel buglione, ove s'insacca
4.21dal matrimonio e dallo stupro a gara,
4.22o legittima o no, l'umana carne.
4.23Oh benedetta, miseri innocenti,
4.24la pubblica pietà che vi ricovra
4.25nudi, piangenti, abbandonati! A voi
4.26il casto grembo della cara madre
4.27e del tetto paterno il santo asilo
4.28che dà l'essere intero, e dolcemente
4.29l'animo leva a dignità di vita,
4.30error, vergogna, delitto e miseria
4.31chiude per sempre! Crescerete soli,
4.32soli all'affetto e malsecuri in terra;
4.33al disamor di genitori ignoti,
4.34come la pianta che non ha radice,
4.35maledicendo! — Prendemmo le mosse
4.36con un chiocco di frusta e un gran sagrato
4.37che tuonò da cassetta: e allor tra noi
4.38strimizziti in quel bugno, incominciò
4.39un incrociar di gambe, un tramenio
4.40di pastrani, di scialli e d'altri cenci,
4.41e un baratto di scuse e di lamenti,
4.42e di profferte fatte a mal di cuore.
5.1Parlai col Potestà del più e del meno,
5.2e ci tastammo reciprocamente,
5.3egli su i liberali, io sulle spie.
5.4Conobbi al fin de' conti esser costui
5.5uno dei tanti che, posti a ciucare
5.6sotto un governo di scrivani, tirano
5.7a dare un colpo al cerchio, uno alla botte
5.8e a morir giubbilati e pensionati:
5.9chi casca casca, e rimanga chi vuole:
5.10esso, dal canto suo, sentì l'umore
5.11o lo sapeva: in somma delle somme,
5.12io rispettai l'impiego, esso l'Italia,
5.13e passammo la strada in santa pace.
6.1Giunti al Poggio a Caiano, un brulichio
6.2di livree, di galloni e di soldati
6.3segno ci fu che fosse Su' Altezza
6.4passato in villa e a rimettersi in gamba
6.5dalle paralisie governative.
6.6Lì m'aocchiò di volo un segretario
6.7di quelli da campagna, e dal cancello
6.8ratto mi salutò con quel saluto
6.9dell'uom che dice: guardami, e va via.
6.10Andai. La grave nebbia che ponzava
6.11fino dall'alba, incominciò di vena
6.12a liquefarsi in lentissima pioggia,
6.13fredda, spessa, minuta, come quella
6.14che cade al mesto cader delle foglie,
6.15e si suol dire che gabba il villano;
6.16e a me che soffro di paturne, e un suono,
6.17un detto, un cenno, un variar di cielo
6.18rivocano alla mente i casi andati,
6.19quel piover lento ricordò la stanza
6.20ov'io là nell'autunno i dì piovosi
6.21rallegrava con te, sacro Alighieri,
6.22con te che le toscane corde armasti,
6.23e suon rendesti alla romana lira
6.24che per lungo silenzio parea fioca:
6.25ma più alto d'Omero, e più di quello
6.26che ti fu guida giù nel cieco mondo
6.27e sul pel monte che l'anime cura,
6.28non tanto il forte immaginar ti leva
6.29e l'impeto di larga onda vocale,
6.30quanto la nuova, che da Dio ti venne,
6.31luce intellettual piena d'amore,
6.32e ti rapì dal senso al primo vero,
6.33all'eterno dal tempo. Oh, come allora
6.34m'inebriasti della tua parola!
6.35Come l'ingegno incerto illuminasti!
6.36Teco il solingo amante onde a Valchiusa
6.37manda sospiri ogni anima gentile;
6.38e teco era colui che di portenti
6.39e di sogni e di fole empì le carte
6.40a perigliosi voli affaticando
6.41mirabilmente l'italica musa.
6.42La vereconda, nell'ardita foga
6.43scompose i veli e palpitò sovente
6.44della caduta: e poi ch'ebbe condotto
6.45per man Torquato a più battuta cima,
6.46sazia cessò molt'anni e si nascose.
7.1La Potestessa, invece, a intorbidarsi,
7.2a fare un viso di dolor di corpo,
7.3a guardar fuori per aria, e contare
7.4le nuvole e le gocciole, e pregarci
7.5di gridar, ferma, e chiedere se bene
7.6erano assicurati, eran coperti
7.7i bauli, le scatole, i fagotti
7.8dietro, sopra e davanti. E il vetturino
7.9e noi tre (il Potestà, la balia ed io)
7.10a consolarla, a dire, a spolmonarci
7.11che tutto era tappato, arcisicuro,
7.12che nemmeno il diluvio universale
7.13le avrebbe fatto l'avaria d'un nastro.
7.14Fiato perduto; quanta fu la via,
7.15un muso, un fiotto, una continua smania.
7.16E siccome la donna è timorata,
7.17ossia fa bestemmiare e non bestemmia,
7.18rispettato Messer Domine Dio,
7.19se la prese col tempo, colle miglia,
7.20con sé, colle carogne e col marito,
7.21che un po' rideva, e un po' scoteva il capo.
7.22Intanto quella rozza montagnola
7.23che traboccava di latte e sentìa
7.24del colmo petto il pondo e le punture,
7.25allettava alla poppa il bambinello,
7.26che nato il giorno innanzi, ancor capace
7.27delle mamme non era. Ed essa, fatta
7.28dell'indice e del medio una forcella,
7.29tenea schiusi i labbruzzi all'inesperto
7.30e l'accostava al seno e lo ninnava,
7.31con baci e baci, come fosse suo.
7.32Quel dolce atto amoroso, a me sì caro
7.33e al Potestà, parea che stomacasse
7.34la vana femminuccia imbestialita
7.35per l'eleganze sue pericolanti.
7.36Qui, per modo di dire, al pover'uomo
7.37chiesi se avea figliuoli; e la signora:
7.38— No, grazie a Dio. — Sorrisi amaramente:
7.39nessun fiatò; la contadina intese.
8.1Così Pistoia, tra l'acqua e la mota,
8.2la sconquassata diligenza varca,
8.3lenta scricchiando e tentennando, al passo
8.4di certi serenissimi Governi,
8.5e ci depone a un trivio. Alla sua strada
8.6la balia se ne va colla vettura,
8.7dormendole sul braccio il dolce peso;
8.8il Potestà per una via traversa
8.9mena la moglie al covo; io per un'altra
8.10cavalco al mio pinnacolo, con sotto
8.11una sella da farci i semicupi
8.12e un Brigliadoro che gira il frantoio,
8.13fratello nato di quegli altri due.
8.14Mi segue un contadin di fattoria
8.15che mi discorre d'olio e di bestiame
8.16e mi domanda quando piglio moglie;
8.17sfruconandomi dietro il palafreno
8.18e ansimando su su per la salita
8.19con un sacco in ispalla, ove son chiusi
8.20Dante, Virgilio, Giovenale, un rotolo
8.21di fogli rabescati, un libricciolo
8.22di mezza serqua di sonetti, dono
8.23d'un manescalco del cavallo alato.
8.24E con questi altri arnesi alla rinfusa
8.25giubbe, panciotti, pantaloni e guanti,
8.26come conviensi a un animale anfibio
8.27tra la dottrina e la galanteria.
8.28Su su, su su, mi trovo scaricato
8.29nelle braccia dei miei: poi sul guanciale
8.30che da tant'anni sa d'un capo infermo
8.31le vespe, i grilli, i nodi e le girelle:
8.32e fortuna per me che non le dice!
8.33Quassù, leggo, girandolo, mi fermo,
8.34estatico dall'alto ai colpi d'occhio,
8.35colla testa lì meco, o chi sa dove;
8.36e a volte penso, rumino, almanacco
8.37viaggi, amori e versi come questi;
8.38o mi figuro di starmi con voi
8.39a dire a mente le mie bizzarrie,
8.40a riandar le classiche bellezze,
8.41a passeggiare, a disputar del Papa,
8.42spiraglio aperto in barba a Metternicche.
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