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L'AMOR PACIFICO

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1.1Gran disgrazia, mia cara, avere i nervi
1.2troppo scoperti e sempre in convulsione,
1.3e beati color, Dio li conservi,
1.4che gli hanno, si può dire, in un coltrone,
1.5in un coltrone di grasso coi fiocchi,
1.6che ripara le nebbie e gli scirocchi.
2.1Noi poveri barometri ambulanti
2.2eccoci qui, con tutto il nostro amore,
2.3piccosi, puntigliosi, stravaganti,
2.4sempre e poi sempre in preda al malumore,
2.5senza contare una carezza sola
2.6che o presto o tardi non ci torni a gola.
3.1Sentimi, cara mia, questa commedia
3.2o dura poco, o non finisce bene;
3.3e se d'accordo non ci si rimedia,
3.4un di no' due ne porterà le pene.
3.5Tu patisci, io non godo, e mi rincresce:
3.6riformiamoci un po' se ci riesce.
4.1In via di contrapposto e di specifico
4.2al nostro amor che non si cheta mai,
4.3ecco la storia dell'amor pacifico
4.4di due fortunatissimi Ermolai,
4.5femmina e maschio, che dal primo bacio
4.6stanno tra loro come pane e cacio.
5.1Essi là là come ragion comanda,
5.2s'adorano da un mezzo giubileo:
5.3l'amorosa si chiama Veneranda
5.4e l'amoroso si chiama Taddeo,
5.5nomi rotondi, larghi di battuta,
5.6e da gente posata e ben pasciuta.
6.1La dama infatti è un vero carnevale,
6.2una meggiona di placido viso;
6.3pare in tutto e per tutto tale e quale
6.4una pollastra ingrassata col riso;
6.5negli atti lenti ha scritto: Posa piano;
6.6e spira flemma un miglio di lontano.
7.1Grasso, bracato, a peso di carbone,
7.2il suo caro Taddeo somiglia un B:
7.3un vero corcontento, un mestolone
7.4fatto, come suol dirsi, e messo lì:
7.5sbuffa, cammina a pause, par di mota,
7.6pare un tacchino quando fa la rota.
8.1Del rimanente, vedi, tutti e due
8.2oltre all'essere onesti a tutta prova,
8.3levato il grasso e un briciolo di bue,
8.4che per un grasso non è cosa nova,
8.5son belli, freschi, netti come un dado,
8.6cosa che in gente grassa avvien di rado.
9.1Si veggono la sera e la mattina
9.2comodamente all'ore stabilite;
9.3parlan di consumè, di gelatina,
9.4di cose nutrienti e saporite;
9.5nell'inverno di stufe, e nell'estate
9.6trattano, per lo più, di gramolate.
10.1Quando arriva Taddeo, siede e domanda:
10.2— Cara, che fai? come va l'appetito?
10.3— Mi contento, — risponde Veneranda; —
10.4e tu, anima mia, com'hai dormito?
10.5— Undici ore, amor mio, tutte d'un fiato:
10.6a mezzo giorno, o sbaglio, o t'ho sognato —.
11.1E per dell'ore poi resta lì fermo,
11.2duro, in panciolle, zitto come un olio;
11.3o tirando sbadigli a cantofermo,
11.4come se fosse zucchero o rosolio
11.5si succhia in pace l'apatia serena
11.6di quel caro faccione a luna piena.
12.1Dal canto suo la tepida signora
12.2quasi supina, colla calza in mano,
12.3infilando una maglia ogni mezz'ora,
12.4ride belando al caro pasticciano,
12.5e torna a dimandar di tanto in tanto:
12.6— Lo vuoi stamane un dito di vin santo? —
13.1Perché questa signora, hai da sapere,
13.2che invece di bijou, di portaspilli,
13.3di rococò, di bocce e profumiere,
13.4e di quei mille inutili gingilli,
13.5di che, sciupando un monte di quattrini,
13.6tu gremisci vetrine e tavolini;
14.1come donna da casa e che sa bene
14.2il gusto proprio e quello di chi l'ama,
14.3in luogo di quei ninnoli, ci tiene
14.4bottiglie, che so io, bocche di dama,
14.5paste, sfogliate ripiene di frutta,
14.6tanto per non amarsi a bocca asciutta.
15.1La sera, quando s'avvicina l'ora
15.2d'andare alla burletta o alla commedia,
15.3Veneranda, che mastica e lavora,
15.4senza scrollarsi punto dalla sedia,
15.5sbadiglia e poi domanda: — Il tempo è buono?
15.6— Stupendo. — Guarda un po', che ore sono?
16.1— Son l'otto. — Proprio l'otto? Ora mi vesto.
16.2— Brava. — Ma ti rincresce d'aspettarmi?
16.3— No, no, vèstiti a comodo. — Eh, fo presto! —
16.4(E lì piantati e duri come marmi).
16.5— Taddeo, che ore sono? — Son le nove.
16.6— Dunque scappo a vestirmi. — (E non si move).
17.1— Taddeo, che dici, mi vesto di nero?
17.2— Sì, vèstiti di nero. — O la mantiglia
17.3l'abbia a prendere? — Prendila. — Davvero?
17.4O se è caldo? — Allora non si piglia —.
17.5Così restano in asso, e dopo un pezzo:
17.6— Che ore sono? — Son le dieci e mezzo.
18.1— Diamine! O dove sia la cameriera?...
18.2Basta, oramai sarà l'ultima scena;
18.3che diresti? — Anderemo un'altra sera.
18.4— Sì, dici bene, è meglio andare a cena —.
18.5E di questo galoppo, ognuno intende
18.6che vanno avanti anco l'altre faccende.
19.1Liti, capricci, chiacchiere, dispetti,
19.2non turbano quel nodo arcibeato;
19.3la Gelosia c'ingrassa di confetti,
19.4il Sospetto ci casca addormentato:
19.5Amor ci va, sbrigata ogni faccenda,
19.6e credo che ci vada a far merenda.
20.1La maldicenza (impara, o disgraziata,
20.2tu che di ciarle fai sempre un gran caso),
20.3la maldicenza a volte s'è provata
20.4nelle loro faccende a dar di naso,
20.5tentando forse di scoprir terreno,
20.6o di farli dormir mezz'ora meno.
21.1Ma per quanto le zanne abbia appuntate
21.2come lesine e lunghe più di un passo,
21.3questa volta, nel mordere, ha trovate
21.4tante suola di muscoli e di grasso,
21.5che per giungere al cor colla ferita,
21.6l'ha fatta corta almen di quattro dita.
22.1Una tal volta, immagina, fu detto
22.2a Veneranda da una sua vicina,
22.3che Taddeo le celava un amoretto
22.4di fresco intavolato alla sordina,
22.5e ciarlando arrivò la chiacchierona
22.6fino a dirle la casa e la persona.
23.1Rispose Veneranda: — O che volete,
23.2caspiteretta, che non si diverta?
23.3Lo compatisco; è giovane, sapete!
23.4Solamente rimango a bocca aperta
23.5che la vada a cercar tanto lontana,
23.6a rischio di pigliare una scalmana! —
24.1Un'altra volta dissero a Taddeo
24.2che Veneranda, povera innocente,
24.3teneva di straforo un cicisbeo,
24.4e che questo briccone era un Tenente
24.5che gli faceva l'amico sul muso
24.6e dietro il Giuda, come corre l'uso.
25.1— Come! — disse Taddeo — Carlo? davvero?
25.2Povero Carlo, è tanto amico mio!
25.3Per me ci vada pur senza mistero,
25.4e tanto meglio se ci sono anch'io.
25.5Ma eh? che capo ameno che è Carlo!
25.6Fa bene Veneranda a carezzarlo — .
26.1Così di mese in mese e d'anno in anno
26.2amandosi e vivendo lemme lemme,
26.3è certa, cara mia, che camperanno
26.4a dieci doppî di Matusalemme.
26.5E noi col nostro amore agro e indigesto
26.6invecchieremo, creperemo, e presto.
27.1O pace santa! o nodo benedetto!
27.2Viva la Veneranda e il suo tesoro!
27.3Ma in somma delle somme, io non t'ho detto
27.4come andò che s'intesero tra loro:
27.5se non l'ho detto, te lo dico adesso:
27.6dirtelo o prima o poi, tanto è lo stesso.
28.1Erano tutti e due del vicinato,
28.2piccioni della stessa colombaia;
28.3e ciascuno nel mondo avrà notato
28.4che Dio fa le persone e poi l'appaia;
28.5che l'amore e la tosse non si cela,
28.6che vicinanza è mezza parentela.
29.1Veneranda era vedova di poco;
29.2Taddeo scapolo, ricco e ben veduto:
29.3e una volta a proposito d'un cuoco
29.4v'era corso un viglietto ed un saluto:
29.5ma fino a lì, da buoni conoscenti,
29.6la cosa era passata in complimenti.
30.1Un giorno, da un amico, a desinare
30.2trovandosi invitati e messi accanto,
30.3si vennero per caso a combaciare
30.4colle spalle, co' gomiti, con quanto
30.5sempre (quando la seggiola non basta)
30.6s'arroteranno due di quella pasta.
31.1L'indole, la scambievole pinguedine,
31.2la scintillaccia che madre Natura
31.3pianta perfino in corpo alla torpedine,
31.4il cibo, il caldo, e quell'arrotatura,
31.5fece sentire alle nostre balene
31.6d'esser due così da volersi bene.
32.1L'affetto stuzzicato ad ogni costo
32.2volea provarsi a dire una parola;
32.3ma scontrato dal fritto e dall'arrosto
32.4restava lì strizzato a mezza gola:
32.5intanto il desinare era finito,
32.6combattendo l'amore e l'appetito.
33.1S'alzaron gli altri, ed ove si mesceva
33.2il caffè tutti quanti erano andati;
33.3quando gli amanti, dandosi di leva
33.4co' pugni sulla mensa appuntellati,
33.5in tre tempi, su su, venner ponzando,
33.6soffiando, mugolando e tentennando.
34.1Quando d'essere in piè fu ben sicuro,
34.2Taddeo porse alla bella un braccio grave;
34.3all'uscio si puntò, si strinse al muro;
34.4e lì deposto il carico soave
34.5nelle stanze di là la mandò sciolta,
34.6ché bisognò passare uno alla volta.
35.1Di qua, di là, per casa e nel giardino
35.2tutta si sparpagliò la compagnia:
35.3ma fiacchi dal disagio del cammino
35.4di due salotti e d'una galleria,
35.5provvidero gli amanti alla persona,
35.6e fecer alto alla prima poltrona.
36.1Nel primo abbocco degli innamorati
36.2si sa che non v'è mai senso comune;
36.3ma quando tutti e due sono impaniati,
36.4ognun dal canto suo slenta la fune;
36.5ognuno sa ciò che l'altro vuol dire
36.6ognun capisce perché vuol capire.
37.1Dopo mezz'ora e più di pausa muta,
37.2Taddeo si fece franco e ruppe il ghiaccio,
37.3e cominciò: — Signora, l'è piaciuta
37.4la crema? — Eccome! — Sì? me ne compiaccio:
37.5e quei tordi? — Squisiti! — E lo zampone?
37.6— Eccellente! — E quel dentice? — Bonone!
38.1— Per verità, si stava un po' pigiati...
38.2Era un bene per me l'averla accosta;
38.3ma se per caso ci siamo inciampati,
38.4creda, Signora, non l'ho fatto a posta.
38.5— O, le pare! anzi lei ci stava stretto;
38.6scusi, vede, son grassa... — È un bel difetto!
39.1— Lo crede? — In verità! codesto viso
39.2è una Pasqua, che il Ciel glielo mantenga.
39.3— Son sana. — Altro che sana! è un paradiso!
39.4— Ma via, sono un po' grossa... — Eh, se ne tenga!
39.5Per me... vorrei... se mi fosse concesso...
39.6— Che cosa? — Rivederla un po' più spesso...
40.1— S'annoierebbe. — Oibò m'annoierei?
40.2Anzi sarebbe il mio divertimento.
40.3— Oh, troppo bono! allora... faccia lei...
40.4— Vede, Signora, il suo temperamento
40.5mi pare che col mio possa confarsi:
40.6che ne direbbe? — Eh, gua', potrebbe darsi.
41.1— Via, faremo così: ci penseremo,
41.2ci proveremo, e poi, se si combina,
41.3quand'è contenta lei, seguiteremo:
41.4la strada è pari, la casa è vicina,
41.5tutto, secondo me, va per la piana...
41.6Comincerò quest'altra settimana —
42.1E così, tra volere e non volere,
42.2fu sentito, scoperto, ventilato,
42.3e poi con tutto il comodo a sedere,
42.4senza malinconie continuato,
42.5per tanti e tanti e tanti anni di filo,
42.6questo tenero amor nato di chilo.
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