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LO STIVALE

Poesie

PoeTree.it

1.1Io non son della solita vacchetta
1.2né sono uno stival da contadino;
1.3e se paio tagliato coll'accetta,
1.4chi lavorò non era un ciabattino:
1.5mi fece a doppie suola e alla scuderia
1.6e per servir da bosco e da riviera.
2.1Dalla coscia giù giù sino al tallone
2.2sempre all'umido sto senza marcire;
2.3son buono a caccia e per menar di sprone,
2.4e molti ciuchi ve lo posson dire:
2.5tacconato di solida impuntura,
2.6ho l'orlo in cima, e in mezzo la costura.
3.1Ma l'infilarmi poi non è sì facile,
3.2né portar mi potrebbe ogni arfasatto;
3.3anzi affatico e stroppio un piede gracile,
3.4e alla gamba dei più son disadatto;
3.5portarmi molto non poté nessuno,
3.6m'hanno sempre portato un po' per uno.
4.1Io qui non vi farò la litania
4.2di quei che fûr di me desiderosi;
4.3ma così qua e là per bizzarria
4.4ne citerò soltanto i più famosi,
4.5narrando come fui messo a soqquadro,
4.6e poi come passai di ladro in ladro.
5.1Parrà cosa incredibile: una volta,
5.2non so come, da me presi il galoppo,
5.3e corsi tutto il mondo a briglia sciolta;
5.4ma camminar volendo un poco troppo,
5.5l'equilibrio perduto, il proprio peso
5.6in terra mi portò lungo e disteso.
6.1Allora vi successe un parapiglia;
6.2e gente d'ogni risma e d'ogni conio
6.3pioveano di lontan le mille miglia,
6.4per consiglio d'un Prete o del Demonio;
6.5chi mi prese al gambale e chi alla fiocca,
6.6gridandosi tra lor: bazza a chi tocca.
7.1Volle il Prete, a dispetto della fede,
7.2calzarmi coll'aiuto e da sé solo;
7.3poi sentì che non fui fatto al suo piede,
7.4e allora qua e là mi dette a nolo:
7.5ora alle mani del primo occupante
7.6mi lascia, e per lo più fa da tirante.
8.1Facea col Prete a picca e le calcagna
8.2volea piantarci un bravazzon tedesco,
8.3ma più volte scappare in Alemagna
8.4lo vidi sul caval di san Francesco:
8.5in seguito tornò; ci s'è spedato,
8.6ma tutto fin a qui non m'ha infilato.
9.1Per un secolo e più rimasto vuoto,
9.2cinsi la gamba a un semplice mercante;
9.3mi riunse costui, mi tenne in moto,
9.4e seco mi portò fino in Levante,
9.5ruvido sì, ma non mancava un ette,
9.6e di chiodi ferrato e di bullette.
10.1Il mercante arricchì, credé decoro
10.2darmi un po' più di garbo e d'apparenza,
10.3ebbi lo sprone, ebbi la nappa d'oro,
10.4ma un tanto scapitai di consistenza;
10.5e gira gira, veggo in conclusione
10.6che le prime bullette eran più buone.
11.1In me non si vedea grinza né spacco,
11.2quando giù di ponente un birichino
11.3da una galera mi saltò sul tacco,
11.4e si provò a ficcare anco il zampino;
11.5ma largo largo non vi stette mai,
11.6anzi un giorno a Palermo lo stroppiai.
12.1Fra gli altri dilettanti oltramontani,
12.2per infilarmi un certo re di picche
12.3ci si messe co' piedi e colle mani;
12.4ma poi rimase lì come berlicche,
12.5quando un cappon, geloso del pollaio,
12.6gli minacciò di fare il campanaio.
13.1Da bottega a compir la mia rovina
13.2saltò fuori in quel tempo, o giù di lì,
13.3un certo professor di medicina,
13.4che per camparmi sulla buccia, ordì
13.5una tela di cabale e d'inganni
13.6che fu tessuta poi per trecent'anni.
14.1Mi lisciò, mi coprì di bagatelle,
14.2e a forza d'ammolienti e d'impostura
14.3tanto raspò, che mi strappò la pelle;
14.4e chi dopo di lui mi prese in cura,
14.5mi concia tuttavia colla ricetta
14.6di quella scuola iniqua e maledetta.
15.1Ballottato così di mano in mano,
15.2da una fitta d'arpie preso di mira,
15.3ebbi a soffrire un Gallo e un Catalano
15.4che si messero a fare a tira tira:
15.5alfin fu Don Chisciotte il fortunato,
15.6ma gli rimasi rotto e sbertucciato.
16.1Chi m'ha veduto in piede a lui, mi dice
16.2che lo Spagnolo mi portò malissimo:
16.3m'insafardò di morchia e di vernice,
16.4chiarissimo fui detto ed illustrissimo;
16.5ma di sottecche adoperò la lima,
16.6e mi lasciò più sbrendoli di prima.
17.1A mezza gamba, di color vermiglio,
17.2per segno di grandezza e per memoria,
17.3m'era rimasto solamente un Giglio:
17.4ma un Papa mulo, il Diavol l'abbia in gloria,
17.5ai barbari lo diè, con questo patto
17.6di farne una corona a un suo mulatto.
18.1Da quel momento, ognuno in santa pace
18.2la lesina menando e la tanaglia,
18.3cascai dalla padella nella brace:
18.4viceré, birri, e simile canaglia
18.5mi fecero angherie di nuova idea,
18.6et diviserunt vestimenta mea.
19.1Così passato d'una in altra zampa
19.2d'animalacci zotici e sversati,
19.3venne a mancare in me la vecchia stampa
19.4di quei piedi diritti e ben piantati,
19.5co' quali, senza andar mai di traverso,
19.6il gran giro compiei dell'universo.
20.1Oh, povero stivale! ora confesso
20.2che m'ha gabbato questa matta idea:
20.3quand'era tempo d'andar da me stesso,
20.4colle gambe degli altri andar volea;
20.5ed oltre a ciò, la smania inopportuna
20.6di mutar piede per mutar fortuna.
21.1Lo sento e lo confesso; e nondimeno
21.2mi trovo così tutto in isconquasso,
21.3che par che sotto mi manchi il terreno
21.4se mi provo ogni tanto a fare un passo;
21.5ché a forza di lasciarmi malmenare,
21.6ho persa l'abitudine d'andare.
22.1Ma il più gran male me l'han fatto i preti,
22.2razza maligna e senza discrezione;
22.3e l'ho con certi grulli di poeti,
22.4che in oggi si son dati al bacchettone:
22.5non c'è Cristo che tenga, i Decretali
22.6vietano ai preti di portar stivali.
23.1E intanto eccomi qui róso e negletto,
23.2sbrancicato da tutti, e tutto mota;
23.3e qualche gamba da gran tempo aspetto
23.4che mi levi di grinze e che mi scuota;
23.5non tedesca, s'intende, né francese,
23.6ma una gamba vorrei del mio paese.
24.1Una già n'assaggiai d'un certo Sere,
24.2che se non mi faceva il vagabondo,
24.3in me potea vantar di possedere
24.4il più forte stival del mappamondo:
24.5ah! una nevata in quelle corse strambe
24.6a mezza strada gli gelò le gambe.
25.1Rifatto allora sulle vecchie forme
25.2e riportato allo scorticatoio,
25.3se fui di peso e di valore enorme,
25.4mi resta a mala pena il primo cuoio;
25.5e per tapparmi i buchi nuovi e vecchi
25.6ci vuol altro che spago e piantastecchi.
26.1La spesa è forte, e lunga è la fatica:
26.2bisogna ricucir brano per brano;
26.3ripulir le pillacchere; all'antica
26.4piantar chiodi e bullette, e poi pian piano
26.5ringambalar la polpa ed il tomaio:
26.6ma per pietà badate al calzolaio!
27.1E poi vedete un po': qua son turchino,
27.2là rosso e bianco, e quassù giallo e nero;
27.3insomma a toppe come un arlecchino;
27.4se volete rimettermi davvero,
27.5fatemi, con prudenza e con amore,
27.6tutto d'un pezzo e tutto d'un colore.
28.1Scavizzolate all'ultimo, se v'è,
28.2un uomo purché sia, fuorché poltrone;
28.3e se, quando a costui mi trovo in piè,
28.4si figurasse qualche buon padrone
28.5di far con meco il solito mestiere,
28.6lo piglieremo a calci nel sedere.
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