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135

Filippo Scarlatti (????–????)
Poesie

PoeTree.it

1.1E' piace a fato, a fortuna e destino
1.2ch'i' sia furato, e non sappia di cui
1.3dolermi, di colui
1.4che m'ha privato del mio bel Giardino.
1.5Non so se 'l sesso è maschio o femminino;
1.6ma sia chi vuol, ché fatto ha villania,
1.7ch'ogni cosa in balìa
1.8hanno da me tutti e buon compagnoni.
1.9El caso occorso ha messo confusioni,
1.10ché traslatar farà mia libertate,
1.11né magnanimitate
1.12non userò, po' ch'io ho perso l'orto.
1.13Se m'è amico, e' m'ha fatto gran torto,
1.14fidandomi di lui, a farmi fallo.
1.15I' vorre' ritrovallo
1.16sol per saper chi m'ha fatto trestizia.
1.17Né vo' per questo perder l'amicizia
1.18degli altri, che non sono in ciò incolpati;
1.19anzi vo' preservati
1.20avergli per fedeli e buon compagni.
1.21O Chiffo, s'or non duolti, quando piagni,
1.22da po' c'ha' perso el tuo bel primo frutto
1.23di tuo degno costrutto
1.24di quella dama e del signore Astore?
1.25Che l'uno e l'altro gli ave' presi Amore,
1.26fignendo di trovargli intro 'l giardino,
1.27e 'n suo degno latino
1.28ti narra tutta la suo passione.
1.29Movendo a te di lei compassione,
1.30mostrar tu vuo' di darle alcun sussidio:
1.31di pìstole d'Ovidio
1.32una ne leggi a quietar suo fronte,
1.33la quale iscrisse Filli a Demofonte,
1.34essendo a le' mancator di suo fede;
1.35più vederlo non crede,
1.36po' ch'è passato el termin che l'ha detto.
1.37Leggendo tu, la fermò l'intelletto,
1.38fra sé dicendo: - Miser tapinella
1.39chi è 'n simil procella
1.40com'era Fille, e io l'uso seguire! -
1.41Come finisti il dir, riprese ardire;
1.42volgendo inverso te le suo popille,
1.43disse: - Queste duo ancille
1.44con meco insieme noi ti propognamo
1.45e con tutta onestà ci t'offeriamo
1.46che tu comandi a noi alcuna cosa,
1.47la qual sia virtüosa,
1.48ché noi satisfaremo al tuo desio -.
1.49Videndo, tu dicesti: - Il don vogl'io:
1.50né terre chieggio, né argento o oro,
1.51ma di sapere accoro
1.52per quel che, quand'io lessi gli accidenti,
1.53facesti con silenzio gran lamenti,
1.54mostrando aver nel cor tanti martiri.
1.55Con amari sospiri
1.56ti vidi come cener diventare,
1.57e in più forme t'usasti mutare;
1.58talor bianca, or vermiglia ti vid'io,
1.59ché m'acresce il desio
1.60di saper donde tal doglia deriva.
1.61Ed io prometto a te, per quella diva
1.62gloria celeste che trïunfa in cielo,
1.63mie carne, sangue e pelo
1.64per te metterò io, non sendo sazio -.
1.65Piangendo, quella disse: - I' ti ringrazio.
1.66Dappoi che vuo' saper tutti e mie affanni,
1.67passato è quindici anni
1.68ch'un giorno i' mi trovai a un convito.
1.69El mantovan signor facea lo 'nvito,
1.70quando menò la suo sposa novella.
1.71Apparvevi una stella,
1.72che' raggi suo mi trasferì nel core,
1.73qual fu 'l magno gentil signore Astore,
1.74che prima nol vidd'io che nel mie petto
1.75mi fece el cor suggetto
1.76a lui, e io volentier gnel donai.
1.77Po' presi forma sì ch'io gli parlai;
1.78fra lui e me gli contai le mie pene.
1.79E' mi disse: "E' conviene,
1.80donna, che per ora abbia pazienza,
1.81perché forzato son prender licenza
1.82e di lasciarti troppo mi dispiace".
1.83Allor mi diè la pace
1.84nella mie fronte, ed io, forte piangendo,
1.85inverso lui parlai, così dicendo:
1.86"Omè, signor, che cattiva novella
1.87detta m'hai! Tapinella,
1.88per tua partenza i' perdo e sensi miei!
1.89Se pur ti parti, almen memento mei".
1.90Ed egli a me: "Per gl'iddei ti fo giuro
1.91che 'l tornar non fie duro
1.92in un sol, per veder tuo viso addorno".
1.93Nell'apparir che fé poi l'altro giorno,
1.94prese licenza e con molti scudieri
1.95inverso e suo sentieri
1.96si dirizzò, lasciando me in tal noia,
1.97come sa chi d'amore aspetta gioia.
1.98Io l'aspettai con desio tutto l'anno,
1.99trovandomene inganno,
1.100e 'l secondo col terzo fu seguito,
1.101e 'l quarto e 'l quinto e 'l sesto ne fu ito.
1.102Seguendo el quarto decimo passato,
1.103non sendo a me tornato,
1.104i' mi feci profeta del mio danno;
1.105e veggo che' mie giorni indarno vanno,
1.106sì che di lui, sappiendone niente,
1.107parlami apertamente,
1.108perché 'l mie cor da te aiuto spera -.
1.109Ed io a lei: - Donna leggiadra e altera,
1.110confortati, ché vive el tuo signore;
1.111e con maggior dolore
1.112che non hai tu, e' vive notte e giorno.
1.113E conviegli guardar da molti intorno,
1.114e tal l'offende che lo dovre' atare;
1.115non si può riparare
1.116da tanti morta' colpi, quant'è offeso.
1.117Con pazïenza e' comporta ogni peso,
1.118sperando rïaver presto vettoria,
1.119ché la divina gloria
1.120gli cede che debb'esser vincitore;
1.121sì che, donna, raffrena el tuo dolore
1.122col ripensar le pene del tuo amante,
1.123che ne sopporta tante
1.124con pazïenza per venir felice!
1.125Con questo ti ricordo che si dice
1.126che nell'afrizïon l'aver compagno
1.127si mitica el suo lagno:
1.128pensando l'un dell'altro, el ver ti dico -.
1.129Ed ella a me: - Piacciati, caro amico,
1.130di dirmi se 'n Faenza fai ritorno
1.131sanza troppo soggiorno;
1.132ti priego che di ciò il ver tu mi dica,
1.133ch'i' bramerrei darti alquanta fatica,
1.134se terminassi farvi ritornata,
1.135di picciola imbasciata
1.136al mie signor, dandogli un po' conforto.
1.137Vorrei che li dicessi in parlar corto
1.138come tu m'hai trovata, e dove e quando
1.139ti venni domandando
1.140di lui, e tu contentasti mie voglia.
1.141Di' che mi cuoce e duol pi- la suo doglia
1.142che non mi fa la mia, pensando quanto
1.143offeso è d'ogni canto
1.144da chi 'l dovre' mantenere in potenza.
1.145Ma di' che per divina providenza
1.146s'è mosso per suo aiuto el forte Marte
1.147e viene in quella parte
1.148per farlo presto in vettoria giocondo.
1.149E non fie niun che non gli sia secondo
1.150d'uomin terren, ché così vuol Chi puote.
1.151Volgendo le suo rote,
1.152abbasserà chi più alto è salito,
1.153che ogni male alfin sarà punito
1.154e 'l ben remunerato, per usanza
1.155che Quel che n'ha possanza
1.156promette ch'a ciascun così sia fatto.
1.157Chi vagellando altro credessi è matto.
1.158Chi con virtù segue il timor d'Iddio,
1.159questo certifich'io:
1.160che 'n ogni vita arà prosperitate.
1.161E di' che quando egli è 'n felicitate
1.162che si ricordi come e' m'ha lasciata,
1.163che faccia ritornata
1.164a rivedermi, come e' m'impromisse-.
1.165Allor Chiffo rispose a lei e disse:
1.166- Rafrena 'l tuo dolor, donna tapina,
1.167ch'i' parto domattina
1.168per satisfar la tua domanda intera.
1.169E ho di punto inteso tua matera,
1.170e 'nfino a là non farò riposata
1.171per dispor tuo 'mbasciata
1.172al tuo Astor, dinanzi a sua presenza.
1.173Dunque non indugiar: dammi licenza! -
1.174E con questo parlar fuor del giardino
1.175uscisti a capo chino
1.176per riverirla, e mettestiti in via
1.177e camminasti tanto notte e dia
1.178che 'l terzo giorno giugnesti in Faenza.
1.179Sanza far ricistenza
1.180t'apresentasti a quel signor gentile,
1.181dicendo: - Quella donna signorile
1.182per suo parte mi manda a confortarti,
1.183volendo ricordarti
1.184che, quando puoi, la torni a rivedere.
1.185E più m'ha detto i' ti faccia assapere
1.186che presto sa che tornerai in tuo stato,
1.187e per racomandato
1.188ti piaccia averla, quando tu potrai -.
1.189Canzon, poi ch'a Faenza n'andrai,
1.190con diligenza spon la tuo 'mbasciata,
1.191la qual t'ha consegnata
1.192la gentil donna. E per tutto 'l camino
1.193sappi chi m'ha privato del Giardino.
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