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39

Filippo Scarlatti (????–????)
Poesie

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1.1Certo Gesù intendo di chiamare,
1.2ché 'nver di lui rivolga la mie voglia
1.3e da me e vizî miei usi levare,
1.4acciò ch'i' non istia più 'n questa doglia,
1.5ché forte piango il tempo ch'i' ho perduto
1.6e, quando penso a ciò, triemo qual foglia.
1.7Veggomi in tanta miseria venuto
1.8ch'altro che vizî addosso i' non porto,
1.9ma certo il mondan bene ormai rifiuto.
1.10Or fussi istato il dì ch'io nacqui morto,
1.11ch'entrato non sarei in questa rete
1.12di questo mondo non ritto, ma torto.
1.13O sascerdoti sacri, or vi movete:
1.14venite a cavar me d'esto proscinto,
1.15ché di servire a Dio ho molta sete!
1.16Omè, che 'l dimon rio m'avea sì vinto
1.17che nel far bene ero molto crudele!
1.18Ma or per penitenzia a Dio son pinto.
1.19Fra tutte l'alme intendo esser fedele
1.20e 'n tutto vo' lasciar quella dea Venere,
1.21ch'a me pareva dolce, ed era fele.
1.22Omè, che 'n capo ci è posta la cenere,
1.23per darci sol di nostra vita lume
1.24e far venir le nostre mente tenere!
1.25Occhi, pianger dovete il mal costume
1.26ch'è 'n questo mondo per ciascuna sorte;
1.27però rigate in terra un magno fiume!
1.28Non vo' restar per infino alla morte
1.29di penitenzia far con mia martire,
1.30gridando miserere a vosce forte.
1.31Ah, quanto si fascea per me il morire
1.32quel giorno ch'io apersi gli occhi miei
1.33e 'n questa selva i' ebbi a pervenire!
1.34I' non so ancor ben dir quel ch'io vorrei,
1.35né di quel ch'io nutrisca la mie vita;
1.36ma pur di salvar l'alma appitirei.
1.37Come ciascun che di qui fa partita
1.38e non ne va con buona contrizione
1.39e la rimession è da lui fuggita,
1.40ogni piascere, ogni consolazione
1.41di questo mondo fai, Solescitudine,
1.42ma dopo vita n'ara' passïone.
1.43Ah, quanto poca fia la dolcitudine
1.44di questo mondo e 'n quanto poco spazio
1.45alfin ti tornerà in amaritudine!
1.46Non fu mai fatto di niun tanto strazio
1.47quanto far debbo della carne mia,
1.48per salvar l'alma, e allor sarò sazio.
1.49Da poi che piasce al ciel che mia resìa
1.50conosciuta ho, intendo mutar forma
1.51e vo' servire alla virgo Maria.
1.52I' vo' che la piatà per me non dorma,
1.53miserere gridando in monti e 'n piaggi;
1.54d'abito monacil vo' prender forma.
1.55Orsi, tigri, leon fra pruni e faggi
1.56abitan sempre, e io in comendazione
1.57con lor vo' stare in luoghi aspri e selvaggi,
1.58miser condotto a tanta passïone
1.59ch'i' non ho forza poter ralegrarmi,
1.60perch'i' ho fatto a Dio offensione.
1.61Ognora di pregar mill'anni parmi
1.62Virgo piatosa, che già non è cruda,
1.63che 'n questa malattia venga a sanarmi.
1.64Triema di caldo e poi di freddo suda
1.65la mente mia, pensando quanto scherno
1.66ch'io ho fatto a Gesù, simele a Giuda.
1.67Ah, velenosa superbia, o crudel vermo,
1.68colla tuo possa tu hai valor tale
1.69che ciascun corpo sano tu fai infermo!
1.70Fuggir non vuol da te ignun mortale,
1.71ma, quando poi tuo voglie egli ha gustate,
1.72vede ch'altro non son che tutto male.
1.73Et vos adolescentes, che cominciate
1.74a questi ben terreni a porre amore,
1.75c'hanno già fatto tant'alme dannate,
1.76prendete essemplo a me, che 'n tale errore
1.77molto tempo in mie vita i' sono stato,
1.78e or tornato sono al Salvatore!
1.79El giovan pentitor molto è pregiato,
1.80quando superbia lascia, ch'è sì rea,
1.81e così ciascheduno altro peccato.
1.82Amor mondan sì fa l'alma giudea,
1.83perché pone speranza nel tesoro
1.84e poi alfin rinverte in simonea.
1.85Amor divin, chi l'ha, merita alloro,
1.86perché conosce la stanza serena,
1.87e chi nol gusta è propio com'un toro.
1.88Gesù spezzò del limbo la catena;
1.89di carne uman suo corpo aveva forma,
1.90e' santi padri trasse d'ogni pena.
1.91Amor carnale è una cosa innorma:
1.92fa discostar ciascun dal Crïatore
1.93e de' peccati fa seguir la torma.
1.94Amor lascivo è tutto mancatore,
1.95però che ciascheduno usa ingannare
1.96e poi gli lascia aflitto l'alma e 'l core.
1.97La gioventù non crede mai mancare;
1.98seguita il mondo con suo voglia prava,
1.99tanto che poi di qui ha a trapassare.
1.100Amor corrotto ancora io l'amava
1.101e cavalcion m'ero fermo in suo sella,
1.102ma conosc'or che l'alma mia dannava.
1.103Vedete l'alma ignuda e poverella;
1.104in questo mondo vien anche l'ebreo:
1.105la suo più che la nostra è tapinella.
1.106Vedete ancor che, ben che sia giudeo,
1.107ce n'è alcun che di Dio si diletta,
1.108ma lasciar non intende il vizio reo.
1.109Però vedete che ve chi aspetta
1.110che Cristo incarni, salvator superno,
1.111ma questo creder dalla gloria il netta.
1.112E per mille cagioni il ver discerno
1.113che quel che vuole il mondan ben seguire
1.114alfin dannato si truova allo 'nferno.
1.115I' non credo che niun possa fruire
1.116in questo mondo bene senza inganni
1.117e poi alfin le pene n'ha a patire.
1.118E vo' fornir per me e giorni e gli anni
1.119di dare al corpo mio gnun talento,
1.120anzi vo' vivere in pene e affanni.
1.121Quanto più presto il fo, più son contento,
1.122perché, s'io ben ci penso, il ver conosco,
1.123ch'ognora inverso Iddio fo morte cento.
1.124Non intendo di star più in questo fosco,
1.125ma vo' lasciarci e istare e andare
1.126a chi sentir vorrà l'infernal tosco.
1.127Dolci versetti mia, vo'vi pregare
1.128ch'andiate a ciaschedun che invilupato;
1.129di questo mondo il facciate slegare.
1.130E dite lor che anch'io sono stato
1.131in questo mondo, a Dio faccendo offese,
1.132ma or da lui i' mi son seperato.
1.133Un atto monacil mie membra ha 'mprese,
1.134per poter risalire a quel giardino
1.135che l'alme spente vi si fanno accese.
1.136Gran tempo seguitai tristo cammino;
1.137ma, come piacque a Gesù salvatore,
1.138ebbe piatà di me, pover meschino.
1.139Pres'ho 'l partito e son disposto in core
1.140servir a Dio e non vo' cercar altro,
1.141pur che inver me e' sia perdonatore,
1.142se 'n questo mondo no, priego nell'altro.
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