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1.1In quella parte del giovanetto anno
1.2che 'l sole i crin sotto l'Aquario tempra
1.3e già le notti al mezzo dì sen vanno,
2.1quando la brina in su la terra assempra
2.2l'imagine di sua sorella bianca,
2.3ma poco dura a la sua penna tempra,
3.1lo villanello a cui la roba manca,
3.2si leva, e guarda, e vede la campagna
3.3biancheggiar tutta; ond'ei si batte l'anca,
4.1ritorna in casa, e qua e là si lagna,
4.2come 'l tapin che non sa che si faccia;
4.3poi riede, e la speranza ringavagna,
5.1veggendo 'l mondo aver cangiata faccia
5.2in poco d'ora, e prende suo vincastro,
5.3e fuor le pecorelle a pascer caccia.
6.1Così mi fece sbigottir lo mastro
6.2quand'io li vidi sì turbar la fronte,
6.3e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro;
7.1ché, come noi venimmo al guasto ponte,
7.2lo duca a me si volse con quel piglio
7.3dolce ch'io vidi prima a piè del monte.
8.1Le braccia aperse, dopo alcun consiglio
8.2eletto seco riguardando prima
8.3ben la ruina, e diedemi di piglio.
9.1E come quei ch'adopera ed estima,
9.2che sempre par che 'nnanzi si proveggia,
9.3così, levando me sù ver' la cima
10.1d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia
10.2dicendo: "Sovra quella poi t'aggrappa;
10.3ma tenta pria s'è tal ch'ella ti reggia".
11.1Non era via da vestito di cappa,
11.2ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,
11.3potavam sù montar di chiappa in chiappa.
12.1E se non fosse che da quel precinto
12.2più che da l'altro era la costa corta,
12.3non so di lui, ma io sarei ben vinto.
13.1Ma perché Malebolge inver' la porta
13.2del bassissimo pozzo tutta pende,
13.3lo sito di ciascuna valle porta
14.1che l'una costa surge e l'altra scende;
14.2noi pur venimmo al fine in su la punta
14.3onde l'ultima pietra si scoscende.
15.1La lena m'era del polmon sì munta
15.2quand'io fui sù, ch'i' non potea più oltre,
15.3anzi m'assisi ne la prima giunta.
16.1"Omai convien che tu così ti spoltre",
16.2disse 'l maestro; "ché, seggendo in piuma,
16.3in fama non si vien, né sotto coltre;
17.1sanza la qual chi sua vita consuma,
17.2cotal vestigio in terra di sé lascia,
17.3qual fummo in aere e in acqua la schiuma.
18.1E però leva sù; vinci l'ambascia
18.2con l'animo che vince ogne battaglia,
18.3se col suo grave corpo non s'accascia.
19.1Più lunga scala convien che si saglia;
19.2non basta da costoro esser partito.
19.3Se tu mi 'ntendi, or fa sì che ti vaglia".
20.1Leva'mi allor, mostrandomi fornito
20.2meglio di lena ch'i' non mi sentìa,
20.3e dissi: "Va, ch'i' son forte e ardito".
21.1Su per lo scoglio prendemmo la via,
21.2ch'era ronchioso, stretto e malagevole,
21.3ed erto più assai che quel di pria.
22.1Parlando andava per non parer fievole;
22.2onde una voce uscì de l'altro fosso,
22.3a parole formar disconvenevole.
23.1Non so che disse, ancor che sovra 'l dosso
23.2fossi de l'arco già che varca quivi;
23.3ma chi parlava ad ire parea mosso.
24.1Io era vòlto in giù, ma li occhi vivi
24.2non poteano ire al fondo per lo scuro;
24.3per ch'io: "Maestro, fa che tu arrivi
25.1da l'altro cinghio e dismontiam lo muro;
25.2ché, com'i' odo quinci e non intendo,
25.3così giù veggio e neente affiguro".
26.1"Altra risposta", disse, "non ti rendo
26.2se non lo far; ché la dimanda onesta
26.3si de' seguir con l'opera tacendo".
27.1Noi discendemmo il ponte da la testa
27.2dove s'aggiugne con l'ottava ripa,
27.3e poi mi fu la bolgia manifesta:
28.1e vidivi entro terribile stipa
28.2di serpenti, e di sì diversa mena
28.3che la memoria il sangue ancor mi scipa.
29.1Più non si vanti Libia con sua rena;
29.2ché se chelidri, iaculi e faree
29.3produce, e cencri con anfisibena,
30.1né tante pestilenzie né sì ree
30.2mostrò già mai con tutta l'Etïopia
30.3né con ciò che di sopra al Mar Rosso èe.
31.1Tra questa cruda e tristissima copia
31.2Corrëan genti nude e spaventate,
31.3sanza sperar pertugio o elitropia:
32.1con serpi le man dietro avean legate;
32.2quelle ficcavan per le ren la coda
32.3e 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate.
33.1Ed ecco a un ch'era da nostra proda,
33.2s'avventò un serpente che 'l trafisse
33.3là dove 'l collo a le spalle s'annoda.
34.1Né O sì tosto mai né I si scrisse,
34.2com'el s'accese e arse, e cener tutto
34.3convenne che cascando divenisse;
35.1e poi che fu a terra sì distrutto,
35.2la polver si raccolse per sé stessa,
35.3e 'n quel medesmo ritornò di butto.
36.1Così per li gran savi si confessa
36.2che la fenice more e poi rinasce,
36.3quando al cinquecentesimo anno appressa;
37.1erba né biado in sua vita non pasce,
37.2ma sol d'incenso lagrime e d'amomo,
37.3e nardo e mirra son l'ultime fasce.
38.1E qual è quel che cade, e non sa como,
38.2per forza di demon ch'a terra il tira,
38.3o d'altra oppilazion che lega l'omo,
39.1quando si leva, che 'ntorno si mira
39.2tutto smarrito de la grande angoscia
39.3ch'elli ha sofferta, e guardando sospira:
40.1tal era 'l peccator levato poscia.
40.2Oh potenza di Dio, quant'è severa,
40.3che cotai colpi per vendetta croscia!
41.1Lo duca il domandò poi chi ello era;
41.2per ch'ei rispuose: "Io piovvi di Toscana,
41.3poco tempo è, in questa gola fiera.
42.1Vita bestial mi piacque e non umana,
42.2sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci
42.3bestia, e Pistoia mi fu degna tana".
43.1E ïo al duca: "Dilli che non mucci,
43.2e domanda che colpa qua giù 'l pinse;
43.3ch'io 'l vidi uomo di sangue e di crucci".
44.1E 'l peccator, che 'ntese, non s'infinse,
44.2ma drizzò verso me l'animo e 'l volto,
44.3e di trista vergogna si dipinse;
45.1poi disse: "Più mi duol che tu m'hai colto
45.2ne la miseria dove tu mi vedi,
45.3che quando fui de l'altra vita tolto.
46.1Io non posso negar quel che tu chiedi;
46.2in giù son messo tanto perch'io fui
46.3ladro a la sagrestia d'i belli arredi,
47.1e falsamente già fu apposto altrui.
47.2Ma perché di tal vista tu non godi,
47.3se mai sarai di fuor da' luoghi bui,
48.1apri li orecchi al mio annunzio, e odi:
48.2Pistoia in pria d'i Neri si dimagra;
48.3poi Fiorenza rinova gente e modi.
49.1Tragge Marte vapor di Val di Magra
49.2ch'è di torbidi nuvoli involuto;
49.3e con tempesta impetüosa e agra
50.1sovra Campo Picen fia combattuto;
50.2ond'ei repente spezzerà la nebbia,
50.3sì ch'ogne Bianco ne sarà feruto.
51.1E detto l'ho perché doler ti debbia!".
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