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1.1Quella soave ed angosciosa vita,
1.2che negli anni più cari
1.3fra pensier tanti e vari
1.4suddito resse il mio giovinil corso,
1.5di ritornare al suo protervo morso,
1.6quanto più può, s'aita.
1.7L'anima, ch'era uscita
1.8de' dì perduti e de' lor frutti amari,
1.9ma come appar più volte i suoi contrari,
1.10ama lo 'nferno, ed io,
1.11per mal nuovo disio,
1.12ordino il laccio da legar me stesso;
1.13e veggio il mio nimico armato apresso
1.14e non lo so fuggire,
1.15né prender arme per far mia difesa.
1.16Mal è ch'io sia cagion della mia pena.
1.17Che faren d'esta impresa?
1.18Amor mi punge e Ragion mi rafrena.
2.1Comincia Amor con sue dolce cautele,
2.2che porge a chi gli crede,
2.3di volermi a mercede.
2.4Così lusinga il cor ché si disvii;
2.5indi, svegliando gli antichi disii,
2.6dice: «Car mio fedele,
2.7se mai ti fui crudele
2.8non disdegnar, ché per te si provede.
2.9Ritorna all'uso tuo, ché 'l tempo il chiede
2.10e non è ancor fuggito;
2.11lèvati da partito
2.12e darai parte al bel viver preclaro.
2.13D'esser nel primo disdegnoso e avaro,
2.14quest'è la mia natura,
2.15ma longo sofferir fa l'uom beato;
2.16pensa nel frutto che 'l buon fin ti serba.
2.17Non esser di te ingrato,
2.18ché 'l seme tuo non sia perduto in erba».
3.1Dall'altra parte il Timor mi corregge
3.2con una conoscenza
3.3piena di sofferenza,
3.4tal che con dolce ferza mi gastiga
3.5con dir: «Tapin, non gir cercando briga,
3.6poi che tu puoi far senza,
3.7ché sùbita sentenza
3.8non è virtù in chi il dominio regge.
3.9Quando in costui fu mai ragion né legge,
3.10se non voglia e furore,
3.11poi ch'è fatto signore
3.12del mal guidato cor, che gliel consente?
3.13Già fusti suo; ètti uscito di mente
3.14che signoria ti fece?
3.15Rendine grazia al ciel, che te ne sciolse;
3.16tu sai sua qualità, non puoi negarla,
3.17se ben o mal ti volse
3.18che dovresti fuggir chiunque ne parla».
4.1Amor si volge e dice al suo aversaro:
4.2«Pon fine a tua proposta
4.3degna d'altra risposta,
4.4qual si convien ch'incolpa a torto altrui.
4.5Quel ch'i' mi sia non niego o quel ch'i' fui;
4.6non sia ragion nascosta,
4.7poi vaneggia a tua posta,
4.8ch'a far del falso ver mal ci è riparo.
4.9Quanto più il servo me diletto e caro
4.10più tosto lo tormento
4.11e follo star contento
4.12negli affanni più gravi e più noiosi.
4.13Dunque, se nel martìr vivon gioiosi
4.14i miei fedel seguaci,
4.15qual è colui che riprender mi vòle?
4.16E se più oltre saper ti sovene
4.17quando il mio mal non dole,
4.18pensa quanta dolcezza è nel mio bene!»
5.1In questo nasce fra 'l pensiero e i sensi
5.2un voler per natura.
5.3Come sua creatura
5.4Amor sel tira e più ch'altro gli piace,
5.5in cui non vive perfezion di pace,
5.6né modo né misura;
5.7e la buona paura
5.8già il valor perde e soggiogar conviensi,
5.9se poi d'altrove non vien buon compensi.
5.10Nella dubbiosa sorte
5.11crescer e farsi forte
5.12per natural calor sento il disio
5.13e l'arbitrio tôr via, che già fu mio,
5.14e trïunfare Amore
5.15e di più voluntà far un concetto,
5.16onde dipende un signorile orgoglio.
5.17Non assegna altro effetto,
5.18non ragion, non cagion se non: i' voglio.
5.19— Canzon, va', di' chi' son pur quel ch'i' m'era,
5.20ma più vicino a morte.
5.21Segui lo stil di mie usate scorte.
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