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CXCVII

Rime

PoeTree.it

1.1Prima ch'io diventassi viandante,
1.2mi son trovato mille volte a dire
1.3che l'osteria è cosa da furfante,
2.1che avrei prima voluto che dormire
2.2su l'osteria mezz'ora, che lo spazzo
2.3m'avesse fatto la cena patire;
3.1e quando sentia dir ch'era un sollazzo
3.2l'andar per l'osteria la notte e il giorno,
3.3me ne ridea, tant'era goffo e pazzo;
4.1parole mi parean tutte da forno
4.2e con me mi portava il desinare,
4.3quando m'accadea gir pel mondo attorno;
5.1né mi poteva nel cervello entrare
5.2quest'osteria, questa taverna, questa
5.3dispiacevole solo a genti avare.
6.1Ma poi ch'un giorno vi cacciai la testa,
6.2sua mercé, non son mai di lei satollo,
6.3né dì di lavorar, né dì di festa;
7.1tal che s'io non mi fiacco o rompo il collo,
7.2me ne vo ratto ratto in Elicona
7.3a far cantar quell'asino d'Apollo,
8.1per poter far sentire a ogni persona
8.2in un foglio real di stampa d'Aldo
8.3quanto quest'osteria sia bella e buona
9.1e quanto abbia giudizio intiero e saldo
9.2chi ha l'osteria ne l'ossa e quanto sia,
9.3chi di lei dice mal, tristo e ribaldo.
10.1Benché, se io fossi de la poesia
10.2e de le muse nonno, io non potrei
10.3le lodi raccontar de l'osteria,
11.1cosa ordinata, un pezzo fa, da i dèi,
11.2degno soggetto da stancare il Berna,
11.3il Mauro, il Dolce e gli altri corifei.
12.1S'offusca il lume de la mia lucerna
12.2presso al chiaro splendor lucente e bello
12.3di questa spasimata mia taverna:
13.1questa è materia da stare a martello
13.2da stancar mille lingue e mille ingegni,
13.3da risolvere in zero ogni cervello;
14.1quanti furono già poeti degni
14.2che cercaron di tesser questa tela
14.3e non son loro riusciti i disegni!
15.1La Musa mia si duole e si querela
15.2che in questo mar la metta co' la barca
15.3de l'ingegno mio sol senz'altra vela;
16.1ma io c'ho già di mille cose carca
16.2la mente, non farò come suol fare
16.3chi senza aver biscotto in mar s'imbarca;
17.1se vorrà Apollo il suo debito fare
17.2mi manderà tutte le dotte schiere
17.3del bel monte Parnaso ad aiutare.
18.1Anch'ei de l'osteria piglia piacere;
18.2quivi allora si ferma e si riposa
18.3che a noi sì lunghi giorni fa parere.
19.1Voi che cantaste l'anguille e la rosa,
19.2le carote, la peste traditora
19.3cantate l'osteria ch'è qualche cosa.
20.1Di là dove Titon lascia l'Aurora
20.2sin dove Apollo col suo carro e 'l raggio
20.3trabocca, l'osteria la gente onora.
21.1Chi trovò l'osteria troppo fu saggio,
21.2ché senza, a dir il ver, non si potria
21.3far con comodità lungo viaggio.
22.1Se si perde talor la cortesia,
22.2cerca corte e palazzo, se tu sai,
22.3che la ritrovi alfin su l'osteria.
23.1Tutti gli atti cortesi ch'usi e fai
23.2io son ben certo, se vuoi dire il vero,
23.3ch'a la taverna guadagnati gli hai.
24.1Io vorrei prima esser chiamato ostiero
24.2per l'inclinazion ch'io tengo in questa,
24.3amabile assai più che 'l nume arciero,
25.1ch'avere adorno il crin, ricca la testa
25.2di mille altiere e gloriose imprese
25.3o di ghirlanda di bei fior contesta.
26.1Fa da sé stessa l'osteria palese
26.2la liberalità ch'in lei si trova,
26.3che fa senza danar spesso le spese:
27.1non resta per la carne darti l'ova
27.2e con più guazzettin dinanzi e poi
27.3ti fa sempre gustar vivanda nova.
28.1Da l'isole di Gadi ai lidi eoi
28.2per la buona osteria si gode e sguazza,
28.3pur che 'l quarto di sette non t'annoi.
29.1Quivi l'uomo s'ingrassa e si sollazza,
29.2quivi si vive e si muor volentieri:
29.3o questa sì che l'è una cosa pazza!
30.1Un va pensoso per strani sentieri,
30.2pur, quando a l'osteria la sera arriva,
30.3in su l'uscio dà bando a' suoi pensieri;
31.1e, benché mezzo morto, si ravviva
31.2vedendo or un ragazzo or un scudiero
31.3non aver di servir la voglia schiva.
32.1Poi vi si sente un sì soave e vero
32.2odor, ch'al mio parer di molto avanza
32.3l'arabo, l'indo e ogni altro profumiero.
33.1Quivi è la buona e la gentil creanza,
33.2qui servitor con le berrette in mano,
33.3ciascheduno in servir studia e s'avanza.
34.1A chiunque nasce un appetito vano
34.2di provare una volta esser signore,
34.3venga quivi, sebben fosse un villano:
35.1quivi li si farà mai sempre onore:
35.2— signor sì —, — signor no —, con mille inchini,
35.3con mille riverenze e con favore.
36.1Quivi son mille ingegni pellegrini;
36.2ogni grosso spiedon da sé si volta,
36.3senz'aiuto di mastri o di facchini;
37.1quivi vita si fa libera e sciolta;
37.2e, se vuoi dire il ver, non è piacere
37.3che agguagli il gir per le taverne in volta.
38.1Se avesse avuto un poco più sapere
38.2Maometto, quando stava nel deserto,
38.3facea de le taverne provvedere,
39.1e poteva esser ben sicuro e certo
39.2che non dicea che lor mancato fosse
39.3il popol mai quel che loro era offerto.
40.1Troppo colui da paladin portosse
40.2ch'a cotale esercizio fu primiero
40.3e di far l'osteria l'ordine mosse;
41.1meriterebbe, in seno d'amor vero,
41.2aver sopra scolpito a lettre d'oro:
41.3— Alma real, degnissima d'impero —,
42.1O del mondo, osteria, raro tesoro
42.2scusami se con lingua e con inchiostro
42.3tanto, quant'è 'l tuo merto, non t'onoro.
43.1N'ha chiaramente l'osteria dimostro
43.2e ne mostra ogni giorno quanto sia
43.3men di lei necessario l'oro e l'ostro
44.1e chi di lei fa ben la notomia,
44.2oh come bello e nobile è il suo orto
44.3ove si gode buona malvagìa!
45.1Io per me sarei già gran tempo morto,
45.2se non m'avesse accolto nel suo seno
45.3d'ogni svogliato refrigerio e porto:
46.1s'io fo colazion, merendo o ceno,
46.2mi dà, mi dona e mi presenta quelle
46.3trippe ch'a nominarle io vengo meno
47.1poi con più arrosti, più lessi e frittelle,
47.2che non ha tante carnovale a mensa,
47.3m'unge la gola e m'empie le budelle.
48.1Chi in lei dimora, non discorre o pensa
48.2cosa ch'intorbidar possa la mente
48.3e gode allegro una dolcezza immensa.
49.1Quel dire — Signor mio, vuole niente? —
49.2mi sta tanto nel cuor, che non è cosa
49.3che sì volentier pensi e sì sovente.
50.1Mi vien voglia di dire in rima e in prosa
50.2a coloro che vogliono che sia
50.3l'osteria cosa sì vituperosa,
51.1che mi dican, di grazia, in cortesia,
51.2che gran mal vi si fa, che vi si tratta
51.3che men ch'umano od usato non sia?
52.1Fu la taverna anticamente fatta
52.2e fu cavata di mezzo al caosse,
52.3perché era cosa troppo agli uomini atta;
53.1e fu lasciata e poi ricominciosse
53.2al tempo ch'era Simon Cireneo.
53.3Egli fu il primo e così ben portosse;
54.1egli prima alloggiò quel grand'Ebreo
54.2che si menava dodici compagni
54.3e die' lor pranzo e gran guadagno feo.
55.1Se sapesser costor gli alti guadagni
55.2che si fanno, alloggiando a l'osteria,
55.3e quanto a le virtù l'uom s'accompagni,
56.1non anderian gracchiando per la via
56.2c'han l'osteria come l'inferno a noia
56.3e qualch'altra incredibile bugia.
57.1Quivi, miseri, è 'l nèttare e la gioia,
57.2del cui dolce liquor più volte Giove,
57.3vestito a peregrin, si sazia e sfoia.
58.1Quivi sempre si trovan cose nove,
58.2come dir la primizia d'ogni frutto,
58.3cosa impossibil di trovarne altrove.
59.1Scorrer per far la roba il mondo tutto
59.2e girsi assassinando la persona,
59.3esercizio mi par vigliacco e brutto;
60.1parmi, da l'altra banda, e bella e buona
60.2faccenda avere in borsa dei danari
60.3e girne a la Campana, a la Corona,
61.1a la Scrofa, a la Spada e a tanti chiari
61.2segni e trofei che la taverna ammanta,
61.3nimica di spilorci uomini avari.
62.1Meritamente l'osteria si vanta
62.2oggi di tante gloriose insegne,
62.3pregio de l'alta sua virtù cotanta.
63.1Scacciò dal mondo le bettole indegne,
63.2ch'avevan quasi tutto il mondo guasto
63.3co' le pidocchierie sol di lor degne;
64.1ne le quai sempre s'udiva un contrasto
64.2di certi infami, ovvero utri da vino,
64.3degni d'aver di sodo cerro un basto;
65.1erano stanze sol da contadino,
65.2e non poteva con onore in loro
65.3fermarsi un uom da bene, un cittadino.
66.1Parve che ritornasse il secol d'oro
66.2quando poi cominciossi a ritrovare
66.3questo de' galantuomini ristoro.
67.1Quando mi avvien talor pel mondo andare
67.2e veggio qualch'insegna alzata a l'aura,
67.3che sogliono alte sovra gli usci stare,
68.1subito l'alma rinfranca e ristaura
68.2né più l'acqua, la neve, il vento cura
68.3ché vede appresso quel che la restaura.
69.1Seppe ciò che si far l'alma natura,
69.2cioè quand'ella fece l'osteria
69.3per mostrar segno che per noi procura:
70.1se fosse stata qualche cosa ria,
70.2credo che per l'amor ch'essa ne porta,
70.3la facea diventar nebbia per via.
71.1Fa l'osteria ogni persona accorta,
71.2benché inetta da sé, grossa e deserta;
71.3dunque per l'osteria gir molto importa.
72.1Sta di giorno e di notte sempre aperta
72.2ed è sì buona e sì gentil compagna
72.3che mille fregi e mille pregi merta.
73.1Chi tutto il suo ne l'osteria si magna
73.2(lasciam da parte andar le bagattelle)
73.3ad ogni modo, al mio parer, guadagna;
74.1guadagna, se non altro, un noncovelle,
74.2che, se io potessi, eleggerei più tosto
74.3ch'esser padron di tutte le gabelle.
75.1Io ho fatto per me fermo proposto,
75.2per darli il colmo de le cortesie
75.3e farli ben creati, ch'a mio costo
76.1vadano i figli miei per l'osterie,
76.2dove s'impara a far tante accoglienze
76.3e tante e sì superbe dicerie.
77.1Chi disia d'imparar motti e sentenze,
77.2quest'osteria gentil n'è mastra e scuola
77.3come mastra d'inchini e riverenze.
78.1Chiunque la biasma mente per la gola,
78.2ché non si puote dir in disonore,
78.3di costei ch'io vi parlo, una parola.
79.1Mira l'arte, se vuoi, mira il valore,
79.2mira l'ingegno che fa diventare
79.3un che non sa dir zappa un oratore.
80.1Ma voglio omai quest'impresa lasciare
80.2e non star tanto in questa bizzarria,
80.3che paia che non abbia altro che fare;
81.1io lascio questa mia lunga pazzia
81.2e lascio queste mie lunghe novelle,
81.3lasciando la taverna e l'osteria
82.1e gli osti che fan spesso un noncovelle.
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