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1.1Cecco, perch'io già fui persino agli occhi
1.2nel fango ove tu sei sino a la gola,
1.3io ne posso parlar me' che gli sciocchi.
2.1Di quest'arte nefanda e mariola
2.2voglio un gran pezzo ragionarne teco:
2.3non t'incresca venir a la mia scola
3.1ché non espon così 'l Torello il greco
3.2come io ti spianerò tutti quei passi
3.3ove tu vai precipitoso e cieco.
4.1Non ti creder però ch'io mi pigliassi
4.2teco 'l pensier del Roscio, se, per dio,
4.3ti vedessi tirar per piazza i sassi;
5.1ma, perché son per mia disgrazia anch'io
5.2chiamato Cecco, e questo vizio macchia
5.3il comun none e non più 'l tuo che 'l mio,
6.1dico che a la ventura il vulgo gracchia
6.2senza rispetto e senza discrezione
6.3né distingue dal corvo la cornacchia.
7.1Chi Cecco dice e non dice Platone,
7.2intender si potria Cecco Coppetta;
7.3va poi trarlo del capo a le persone.
8.1Oggi con l'arco teso ognun m'aspetta;
8.2o che direbbe un amico de' nostri
8.3per far una leggiadra sua vendetta?
9.1Ma tu, Platon, che di par seco giostri,
9.2non odiar il mio dir, ché a dire 'l vero
9.3è più mercé che a dir i paternostri.
10.1Come può far, i' non vo' dir, san Piero,
10.2che più ti piaccia che 'l mangiar e 'l bere
10.3un cento, un cinque, un cinquanta ed un zero?
11.1io ti dico del fondo da sedere;
11.2non parlo d'aritmetica, ben ch'ella
11.3ti volesse già far mastro o messere.
12.1Tu mi risponderai che ognun uccella
12.2questo boccone e chiunque vive al mondo
12.3il cerca, il brama, il pensa e ne favella;
13.1e ch'i geometri dicono che 'l tondo
13.2è più perfetto assai che 'l quadro o 'l fesso,
13.3massime quel che non ha fin né fondo;
14.1e ch'avendo con femine interesso,
14.2l'uom s'ingomma, s'indoglia, imbolla e pela,
14.3e che coi maschi non avvien sì spesso;
15.1col padron si passeggia e si querela
15.2quasi a sua posta e non ne vien vergogna,
15.3se ben la cosa non s'asconde o cela;
16.1Roma, Venezia, Fiorenza e Bologna
16.2ed ogni altra città c'ha del civile,
16.3desta fa quel mistier, dormendo il sogna;
17.1è mestier reverendo e signorile,
17.2che ci assotiglia la vista e l'ingegno
17.3e però ti domanda arte sottile;
18.1ben si può dir che sia di piombo o legno
18.2chi per te non si spolpa, snerva e sfila.
18.3Dirmi queste e più cose è 'l tuo disegno.
19.1Io ti rispondo, e non come uom che svila
19.2e vuol comprar, ch'io non apprezz'un fico
19.3Ganimede, Narciso, Adone ed Ila.
20.1Questo vizio 'l trovò nel temp'antico
20.2un capriccio d'Orfeo pazzo e bestiale,
20.3quando a le donne diventò nimico.
21.1E perché in vero l'uomo è un animale,
21.2tant'inquieto che talor gli approda,
21.3più che la carne, i cardi e 'l caviale,
22.1e nel vestire e in tutto 'l resto loda
22.2chi sforza la natura, allora parse
22.3che stesse bene agli uomini la coda.
23.1Questo error prima fra i signor si sparse,
23.2però ch'i gusti lor, torti e svogliati,
23.3soglion di cose strane dilettarse,
24.1e, da quel falso giudizio tirati
24.2gli altri plebei corrivi, è poi cresciuto
24.3l'uso sì che si scolla insino ai frati.
25.1Altri 'l fa per usanza, altri ha perduto
25.2l'appetito e 'l cervello, altri presume
25.3buon compagno per questo esser tenuto,
26.1alcun cerca l'arrosto, alcuno il fume;
26.2così dal corso suo quasi è smarrita
26.3nostra natura vinta dal costume.
27.1O ladra, o porca, o pedantesca vita!
27.2E tu par quasi che ci trovi 'l mèle
27.3e te ne lecchi persino a le dita!
28.1Ma vuoi veder se quel vizio è crudele,
28.2che vien punito da ciascuna legge
28.3con quel che fa risplender le candele?
29.1e tu vedrai, e chi la bibbia legge,
29.2che già cinque città fêro 'l falone
29.3perché la strada usâr de le coregge:
30.1e s'or il fuoco non piove a' montone,
30.2pur ci vengono dietro mille mali,
30.3e sol questo peccato n'è cagione.
31.1Son di diverse spezie e tanti e tali,
31.2che, putto o vecchio che ti trovi in caso,
31.3ne fai portar il segno agli orinali.
32.1Spesso ancòra nel ber si rompe il vaso,
32.2benché pagollo una volta a contanti
32.3quel ciabattin che fe' come Tommaso:
33.1così vedess'io un dì tutti i pedanti
33.2che insegnano ai fanciulli ne le scuole
33.3questa falsa grammatica, i furfanti!
34.1Le donne potrian dar baci e parole,
34.2se non fusse tal pèste a la scoperta,
34.3com'in Francia e 'n Lamagna usar si suole.
35.1Di bella donna un bacio a bocca aperta
35.2val più che montar groppe o correr lance
35.3per quella strada ch'è fallace ed erta.
36.1Chi sa far le mammine e chi le ciance
36.2se non le donne? E non vien lor la barba
36.3ad occupar quelle polite guance;
37.1da lor puo' aver la salsa dolce e garba;
37.2per ben ch'io starei sempre a faccia a faccia:
37.3quel voltar de le spalle a me non garba.
38.1Un ragazzo ti dice: — Affretta, spaccia —
38.2gli par mill'anni uscirti de la mano:
38.3l'altra non si può tôr da le tue braccia.
39.1Alcun vuol dir che quel mistier è sano
39.2più per la vista; ma se fusse questo,
39.3tu potresti veder sin a Milano.
40.1Chi dice s'usa in Italia e nel resto
40.2del mondo, io dico, se s'usasse in corte,
40.3egli è un bruttissimo uso e disonesto.
41.1Se d'un garzon s'innamora per sorte,
41.2sia chi si vuol, gli metteria più conto
41.3d'aver lunga persona e gambe torte;
42.1ben potria maledir il giorno e 'l ponto,
42.2ben potria dir — Mi avess'io rotto 'l collo —
42.3se vuol d'ogni suo mal tenér ben conto.
43.1Forse il terrai un otto dì satollo
43.2con un bel pasto di bove ordinario;
43.3non bastan quattro di piccion o pollo:
44.1al tuo voler sarà sempre contrario,
44.2e ti comanderà con quella grazia
44.3che se tu stessi con seco a salario;
45.1ti dà martel, ti beffeggia, ti strazia
45.2e vuol esser patron de' tuoi denari
45.3ed una volta pur non ti ringrazia:
46.1e, per dir zuppa, si ritrovan rari
46.2che non sian come gli asini indiscreti
46.3e fantastichi più che gli scolari;
47.1non han carpite, verdure o tappeti
47.2tanti vari color quant'essi voglie:
47.3guarda se stanno i sodomiti lieti!
48.1Alcun si piglia un ragazzo per moglie
48.2per fuggir di pelarsi, e poi s'avvede
48.3c'ha preso il mal francese con le doglie.
49.1Io potrei dir le sporcizie che vede
49.2chi fa quest'esercizio, ma son cose
49.3che farian stomacar chi non le crede:
50.1si vede uscir spesso da le chiose
50.2tutto corrotto il testo, e 'l dolce paggio
50.3in el grembo ti lassa altro che rose;
51.1e sotto un par di brache vedut'haggio
51.2tal volta più corone e più ghirlande
51.3e più ciriege che non porta il maggio.
52.1Mi par poi una cosa troppa grande
52.2e proprio da spirtarsi, che costoro
52.3corrano al cul com'il porco a le ghiande;
53.1han dato sino a le pèsche il decoro,
53.2e ognuno corre a questo buco e cava
53.3come ci fusse qui la vena d'oro.
54.1O ladra usanza, scelerata e prava!
54.2Si vòta un cesso, è pagato un facchino;
54.3oggi di bando ognuno 'l vòta e lava.
55.1Un che non abbia il padrone o 'l buccino
55.2e non vi ponga ogni sua fantasia,
55.3è tenuto ignorante o contadino;
56.1oggi non è sicuro un che non sia
56.2con tre dita di barba, e dice il vòlgo:
56.3— Finisca in me la mia genealogia.—
57.1Ma questo sacco a mio modo non sciolgo,
57.2ché mia intenzion non è d'esser mordace;
57.3ond'i miei versi a te, Cecco, rivolgo.
58.1Non voler esser tu più contumace
58.2a la natura, né aspettar le sette,
58.3ché questo fallo a Dio troppo dispiace.
59.1Gli animai che non portan le berrette
59.2han dinanzi la via larga e patente;
59.3a che dunque voltar per le tragette?
60.1E sappi che s'inganna oggi la gente,
60.2che non è 'l più perfetto e vero amore
60.3che servir a le donne solamente;
61.1e fu bene un bugiardo, un cianciatore
61.2colui che pose quel mistier furfante
61.3tra l'arti che si fan degne d'onore.
62.1Ma che bisogna dir parole tante?
62.2Un cavallo sarebbe ormai balordo,
62.3e tu indurato stai com'un diamante.
63.1Io ti conosco a tal pasto sì ingordo,
63.2che pria che 'l vezzo cangiarai lo spoglio;
63.3e 'l mio dir è narrar favole al sordo,
64.1e mi butto l'inchiostro e questo foglio.
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