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CLXXXVII

Rime

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1.1Sedêrsi i capitani e, il greco stuolo
1.2sparso d'intorno, l'onorato erede
1.3di Telamon, per dimostrar ch'ei solo
1.4l'arme d'Achille degnamente chiede,
1.5come l'ira il pungea, sopra quel suolo
1.6non ben fermato l'uno e l'altro piede,
1.7il torto sguardo al sigeo lido volse,
1.8indi così l'irata voce sciolse:
2.1— Trattamo, o Giove, a queste navi innanzi
2.2la causa? e meco Ulisse oggi concorre?
2.3Ma non ebbe timor lasciarle dianzi
2.4in preda al fuoco del nimico Ettorre.
2.5Quindi elle ardean senza restarne avanzi,
2.6s'io per lor non ardiva il petto opporre:
2.7dunque è ben ver che 'l contrastar aggrada
2.8più col finto parlar che con la spada.
3.1Io non al dir né questi al fare è pronto;
3.2tanto ei vale nel dir quant'io ne l'armi:
3.3benché io non penso a tutto il mondo conto
3.4dover qui con la lingua a voi mostrarmi,
3.5ché le opre mie sono a' vostri occhi in pronto;
3.6conti Ulisse le sue, che giusto parmi,
3.7che senza testimoni oscure vanno,
3.8da la notte coperte e da l'inganno.
4.1Premio chieggio, nol niego altèro e regio:
4.2ma, come Ulisse al mio disir non ceda,
4.3l'onor mi scema; poca gloria o pregio
4.4è ottener quel ch'egli speri o chieda:
4.5già di questa contesa ha in mano il pregio,
4.6benché restarne perditor si creda,
4.7ché non gli si può tôr che non racconte
4.8d'esser venuto con Aiace a fronte.
5.1Or io, se fosse ogni nostra opra oscura,
5.2son per nobiltà chiaro, essendo uscito
5.3di Telamon, che le dardanie mura
5.4prese col forte Alcide e vide 'l lito
5.5di Colchi con Giason, e fu fattura
5.6d'Eaco giusto, il cui senno gradito
5.7giudica l'ombre taciturne e danna
5.8ove Sisifo il sasso ognora affanna.
6.1Eaco nato al sommo Giove, il quale
6.2esser costui sua vera prole afferma:
6.3così, scendendo per celesti scale,
6.4Aiace il piè nel terzo grado ferma.
6.5Ma se tal succession nulla mi vale,
6.6ed è ragione in questa causa inferma,
6.7congiunto al grand'Achille esser mi veggio;
6.8frate mi fu, le fraterne arme io chieggio.
7.1Che vai pur tu, dal vil legnaggio sceso
7.2di Sisifo, nei furti a lui simìle,
7.3mischiando il tuo da mille macchie offeso
7.4col sangue nostro candido e gentile?
7.5Sarà forse il bel premio a me conteso,
7.6perché io fui tardo a questa impresa o vile,
7.7come costui che, per fuggirla, vòlto
7.8a le sue frodi, fe' chiamarsi stolto,
8.1fin che il buon Palamede (e con suo danno),
8.2di lui più accorto, penetrò la scorza
8.3del suo cor vile e ritrovò l'inganno
8.4ed a l'armi schivate il trasse a forza?
8.5Dunque le man che fuggîr quelle, avranno
8.6queste famose? e la stupenda forza
8.7e il valor mio, che vi fu sempre scudo,
8.8resterà d'esse dispogliato e nudo?
9.1Volesse Dio che veramente il senno
9.2perduto avesse o nel cospetto vostro
9.3fosse stato creduto almen quel cenno
9.4né fosse nosco il scelerato mostro,
9.5ché non saresti, Filottete, in Lenno
9.6abbandonato con gran biasmo nostro,
9.7ove s'odon le strida e i pianti grandi
9.8ch'ognora al ciel contra quest'empio mandi.
10.1Quest'è quel che per noi sotto una fede
10.2cinse la spada, oimè! fra' più lodati;
10.3è quel cui fece de' suoi strali erede
10.4Ercol, dovuti agli dardàni fati,
10.5ch'or son da lui ne le selvagge prede,
10.6stretto dal male e da la fame, usati;
10.7pur gli dura la vita, benché mesta,
10.8perché lontan dal falso Itaco resta.
11.1Tolto s'avria di rimaner non meno
11.2Palamede, che vivo ancor sarebbe,
11.3o senza macchia uscia di vita almeno;
11.4perché costui, dopo l'ingiuria ch'ebbe,
11.5senza scordarla punto, odio e veleno
11.6nel suo perfido cor mai sempre crebbe,
11.7e fe' credervi alfin che per argento
11.8Palamede tesseva il tradimento.
12.1E mostrar volse di cavar a sorte
12.2quei denar ch'egli in prima avea sepolti.
12.3Adunque o con gli esìli o con la morte
12.4sempre gli aiuti v'ha scemati e tolti.
12.5Così combatte, così Ulisse è forte;
12.6e s'avanza nel dir Nestore e molti,
12.7meco ragion non troverà che vaglia
12.8d'aver Nestor lasciato in la battaglia.
13.1Ché, stanco per vecchiezza e dal cavallo
13.2ferito, chiese al suo bisogno appresso
13.3Ulisse, e fu da lui tradito; e sallo
13.4ben Diomede che chiamollo e spesso
13.5gli addusse in faccia il vergognoso fallo.
13.6Ma vien d'aiuto bisognoso anch'esso,
13.7come a Dio piacque; e da lasciar ben lui
13.8era, come egli avea lasciato altrui.
14.1Al suo chiamar appresentaimi e scòrsi
14.2questo campion tutto tremante e bianco
14.3per la morte vicina, ond'io gli porsi
14.4l'ampio mio scudo sopra il corpo stanco;
14.5ma quel che non potea da terra tôrsi,
14.6tosto fuggì, poi che si vide franco:
14.7benché assai lode acquistò in quell'impresa,
14.8avendogli io l'indegna vita resa.
15.1Se nel combatter stai duro e perverso,
15.2ritorniam pur in quel medesmo lato
15.3e ripon ivi l'inimico avverso
15.4e le tue piaghe e 'l tuo timor usato
15.5ed umil, per aiuto, a me converso
15.6dal forte scudo mio resta guardato,
15.7e poscia sotto quel meco contendi
15.8se pur la pugna desioso attendi.
16.1Ettor vien fuora, e gli dèi seco in campo.
16.2ed ogni squadra col suo brando atterra:
16.3né pur si sbigottisce del suo lampo
16.4Dulichio sol, ma i più famosi in guerra.
16.5Costui, menando di vittoria vampo,
16.6col grave sasso rovesciai per terra;
16.7costui sostenni a singolar tenzone
16.8né vinto fui da così gran campione.
17.1Ecco i troiani il ferro e 'l fuoco e Giove
17.2portan per fare ai nostri legni offesa.
17.3Dove era allor questo facondo? dove,
17.4quand'era già la nostr'armata accesa?
17.5e, quando fu tra le nimiche prove
17.6a mille navi 'l mio petto difesa,
17.7speme del tornar vostro? E giusto parme
17.8aver da voi per tante navi un'arme.
18.1Con queste prove di Laerte il seme
18.2ponga Eleno, Dolon, Reso e Minerva:
18.3nulla apparisce al giorno; il tutto preme
18.4l'oscura notte ed a la frode serva;
18.5e seco ha sempre Diomede insieme:
18.6onde, s'a merto così vil si serva,
18.7per l'arbitrio di voi, sì nobil pegno,
18.8Diomede ne fia più di lui degno.
19.1A che chiede costui l'armi di Teti,
19.2che disarmato va sempre e nascoso?
19.3Non sa ch'i furti non terria segreti
19.4l'elmo che per molt'oro è luminoso,
19.5né 'l braccio, avvezzo altrui tender le reti,
19.6de l'asta il peso reggeria gravoso,
19.7né la sinistra sarebbe atta al pondo
19.8del bello scudo ove scolpito è il mondo?
20.1Perché cercare un don che poi ti renda
20.2debole e fiacco? E quando il greco errore
20.3tel concedesse, ti daria faccenda
20.4d'esser preda ai nimici e non terrore;
20.5e non è ben che sì gran soma prenda
20.6un ch'è pronto a la fuga a tutte l'ore;
20.7oltra che 'l tuo scudo nuovo è rimasto
20.8e 'l mio per mille colpi è rotto e guasto.
21.1Ma che tante parole? Immantinente
21.2vengasi ai fatti, e l'armi di Vulcano,
21.3che portò già quel cavalier valente,
21.4gettinsi in mezzo a l'empio stuol troiano,
21.5e qual di noi da la nimica gente
21.6racquistar le saprà col brando in mano,
21.7quel sia da voi de l'alte spoglie adorno,
21.8e l'altro resti con perpetuo scorno. —
22.1Già si tacea di Telamone il figlio;
22.2ma quel ch'in fin del suo sermon raccolse,
22.3seguìto fu dal popolar bisbiglio,
22.4fin che l'itaco saggio in piè si tolse,
22.5il qual, fisso a la terra alquanto il ciglio,
22.6levò gli occhi a quei primi e 'l freno sciolse
22.7a quel suon che aspettava ognun intento,
22.8né senza grazia muove alcun accento:
23.1— Se i miei coi vostri mille voti e mille
23.2valean, non fôra di litigio tanto
23.3l'erede incerto e noi te, sacro Achille,
23.4e tu le tue buon'armi avresti accanto;
23.5ma, poi che il fato iniquo altrui sortille
23.6(e con la man s'asciugò gli occhi alquanto),
23.7greci, chi può succeder meglio a lui
23.8di quel per cui successe Achille a vui?
24.1Or non giovi a costui che in apparenza
24.2sembri, com'è, di mente rozza e grossa,
24.3né sia nociva a me quella prudenza
24.4utile a voi, fin che avrò polpa ed ossa,
24.5e questa mia, se dir posso, eloquenza,
24.6che per voi spesso ed or per me s'è mossa,
24.7sia senz'invidia, e non rifiute alcuno
24.8le proprie doti o 'l suo studio opportuno.
25.1Ché il bel legnaggio e gli avi e quel che noi
25.2non abbiam fatto, nostro appena chiamo.
25.3Ma perché Aiace raccontò ch'i suoi
25.4eran discesi da celeste ramo,
25.5da quel medesmo ed altrettanti poi
25.6gradi lungi da Giove ancor noi siamo:
25.7quel fu padre ad Acrisio, e 'l padre mio
25.8fu d'Acrisio figliuol e nipote io.
26.1Né or che fosse alcun dannoso o messo
26.2in duro esilio rinfacciar si sente;
26.3ma aggiunge un'altra nobiltate appresso
26.4di Mercurio per madre esser parente:
26.5ma non perciò né perché il padre stesso
26.6sia del fraterno suo sangue innocente,
26.7chiedere ardisco il guiderdon proposto;
26.8ne' merti sia questo giudizio posto.
27.1Pur che ad Aiace l'esser frati insieme
27.2Telamone e Peleo merto non sia
27.3né si ricerchi 'l parentado o 'l seme,
27.4ma questo premio a la virtù si dia,
27.5Se riguardiam chi più li stringe o preme,
27.6di Pirro o Peleo drittamente fia:
27.7questo padre, quel figlio; e fra costoro
27.8dov'è 'l luogo d'Aiace? il dono è loro.
28.1Al grande Achille e di costui non manco
28.2Teucro vicin, e pur Teucro non chiede
28.3le famose armi, e, se le chiedesse anco,
28.4fareste lui di sì gran pregio erede?
28.5Or perché di nostre opre il nero e 'l bianco
28.6sol si contende al paragone e vede,
28.7bench'io feci assai più ch'or non m'occorre,
28.8per ordin voglio alcuna cosa esporre.
29.1Teti del fin presaga, in treccia e 'n gonna
29.2vela il figliuolo e fra le donne il serra;
29.3e l'apparenza e l'abito di donna
29.4gabba ciascun, tra quali Aiace anch'erra:
29.5io, per muover di Grecia la colonna,
29.6merci portai da femmine e da guerra
29.7ed in verginal veste ancor, tenendo
29.8un'asta in mano, io lo spronai dicendo:
30.1— O di dea nato, al cui valor si serba
30.2la ruina dardania, a che più tardi
30.3oggi mai di spianar Troia superba? —
30.4Ed abbracciando i suoi fianchi gagliardi,
30.5io lo sospinsi in quell'etate acerba
30.6a seguitar di Grecia gli stendardi:
30.7dunque dir posso l'opre sue non meno
30.8esser d'Ulisse che di Achille sièno,
31.1Io fui ch'apersi al re di Licia il petto
31.2e 'l risaldai con quella lancia istessa;
31.3fu da me Lesbo e Tenedo soggetto;
31.4questa man fe' cader Tebe e Lirnessa;
31.5per me fu Crisa e Cilla, alto ricetto
31.6del sacro Apollo, e per me Siro oppressa;
31.7e, trovando Achille io, non si può tôrre
31.8che non giaccia per me l'inclito Ettorre.
32.1E per quelle arme che fùr mezzo e scorte
32.2a ritrovarlo i' vi dimando or queste;
32.3io gliele diedi in vita, e dopo morte
32.4son le dimande a rivolerle oneste.
32.5Per l'affanno d'un sol, sotto una sorte,
32.6tutta Grecia si muove e l'arme veste
32.7e mille vele a un tempo Aulide tiene
32.8di nessun vento o pur contrario piene;
33.1E l'irata Diana in sacrificio
33.2chiede d'Atride la figlia innocente;
33.3col ciel s'adira ed al divin giudicio
33.4ripugna in tutto il genitor dolente,
33.5e, quantunque sia re, pure il supplicio
33.6più de la figlia che del popol sente:
33.7io col mio dire al pubblico profitto
33.8l'animo rivoltai del padre afflitto.
34.1Ora nol nego, e 'l re mi scusi, io vinsi
34.2sotto giudice iniquo un duro piato:
34.3l'util comun e del fratel dipinsi,
34.4la regia podestà, lo scettro dato:
34.5ove con queste e più ragion lo strinsi
34.6a compensar col grido il sangue amato;
34.7andai poscia a la madre, e modo accorto
34.8fu l'usar seco astuzia e non conforto.
35.1A cui, se fosse Aiace ito, sarièno
35.2vedove de' lor venti ancor le vele.
35.3Al palagio di Troia, allora pieno,
35.4me ne vado orator pronto e fedele
35.5e l'imposta ambasciata espongo appieno
35.6con intrepido petto e fo querele
35.7al rubator de la figlia di Leda
35.8e con lei ridomando ancor la preda.
36.1E col mio dir al voler vostro arreco
36.2con Antenor quel re ch'i frigi affrena:
36.3ma Paride e i fratelli e quei che seco
36.4si trovâro a rapir la bella Elèna
36.5le scellerate man (tu, ch'eri meco,
36.6ben il sai, Menelao) tennero appena:
36.7è lungo a dir quel che nel suol troiano
36.8ho fatto col consiglio e con la mano.
37.1Dopo le prime scaramucce stanno
37.2dentro a le mura gl'inimici, e fuora
37.3pugna fassi, tratto il decim'anno.
37.4Tu che facevi? in che adoprasti allora
37.5le forze tue, che sol combatter sanno?
37.6Ma se cerchi i miei fatti, ciascun'ora
37.7tendo insidie, riparo, armo e proveggo,
37.8conforto i nostri e tutto il campo reggo.
38.1Ecco, spinto da Giove e dal fallace
38.2sogno, comanda il re, di scusa degno,
38.3lasciar l'impresa: or nol comporti Aiace:
38.4tolga la vita agl'inimici e 'l regno;
38.5perché non ferma la turba fugace?
38.6perché non fa di prender l'armi segno?
38.7E non era ciò troppo ad un che suole
38.8vantarsi ognor di prove altère e sole.
39.1Che? fuggì forse anch'egli? Io vidi (e tale
39.2spettacol m'arse di vergogna il vòlto)
39.3quando le spalle tu volgesti, e l'ale
39.4avevi a' legni per fuggire sciolto.
39.5Io gridai tosto: — O che furor v'assale
39.6di lasciar questo mur già in cener vòlto?
39.7Siete stati dieci anni ad esso intorno;
39.8che riportate in Grecia altro che scorno? —
40.1Con queste ed altre che 'l dolore espresse
40.2io rivoltai l'armata, e pel mio dire
40.3chiama Atride le genti in fuga messe;
40.4né pur la bocca ardisce Aiace aprire,
40.5e 'l vil Tersite infino il re corresse,
40.6bench'ei punisse il temerario ardire:
40.7io gli sprono a la pugna e co' miei detti
40.8ripongo il cor negli smarriti petti.
41.1Da indi in qua le costui prove ascrivo
41.2a me che la sua fuga indietro ho volta.
41.3Finalmente qual è nel campo argivo
41.4che l'amicizia teco abbia raccolta?
41.5Ma Diomede, del suo Ulisse privo,
41.6non muove orma, non parla e non ascolta;
41.7e non è poco essere eletto solo
41.8da sì gran cavaliere in sì gran stuolo.
42.1Non mi stringea la sorte a girvi, e pure,
42.2de la notte sprezzato ogni periglio,
42.3Dolone, il fello, che qual noi l'oscure
42.4torme spiava de' nimici, io piglio,
42.5e pongo, per saper, tutte le cure
42.6de la perfida Troia ogni consiglio,
42.7e, veduto e cercato in ogni intorno,
42.8già potea far con laude a voi ritorno.
43.1Ma, non contento, in le sue tende poi
43.2Reso lasciai con la famiglia uccisa,
43.3e tornai lieto e vincitore a voi
43.4sul nuovo carro, di trionfo in guisa.
43.5Pur quella notte, Achille, i destrier tuoi
43.6promise al suo Dolon Troia derisa;
43.7e Grecia a me, per cui Dolone giace,
43.8l'arme tue nega ed ha più grato Aiace?
44.1Che dirò io de l'abbattute schiere
44.2di Sarpedone licio e di Noemone
44.3che mandai con Alcandro a l'ombre nere
44.4in compagnia d'Alastore e Toone?
44.5Io fei con molto sangue Alio cadere
44.6e Carope ed Ifite, il fier garzone,
44.7senz'altri ed altri che nomar non curo
44.8ch'uccisi ho di mia man sotto quel muro.
45.1Porto ancor piaghe in questo luogo belle;
45.2né al dir si creda (e, il suo parlar sospeso,
45.3si snudò il petto e disse): eccovi quelle,
45.4e questo sempre a l'util vostro inteso.
45.5Ma costui non ha franta ancor la pelle
45.6né per voi sangue in cotant'anni ha speso:
45.7a che bisogna rinfacciar le prove
45.8ch'ei fece in mar contra i troiani e Giove?
46.1Prese l'armi, io nol nego, e mio costume
46.2non è mai di biasmar l'altrui buon'opra,
46.3pur ch'egli al nome suo non faccia lume
46.4con le comuni lodi e 'l nostro copra.
46.5De le navi che al ciel mandâro il fume
46.6con l'insegne d'Achille a l'armi sopra,
46.7non fu Patroclo a discacciar men tardo
46.8il fuoco e Troia e 'l difensor gagliardo.
47.1Ancor presume col valor d'Ettorre
47.2esser stat'oso a contrastar sol esso
47.3e 'l re scorda e noi altri e non discorre
47.4ch'egli l'ultimo fu ne l'urna messo:
47.5la cieca sorte lui venne a preporre:
47.6ma qual fu poi de la pugna il successo,
47.7o fortissimo Aiace? Ettor si parte
47.8né ferita ha del corpo alcuna parte.
48.1Misero me! quel dì ch'a terra venne
48.2il mur de' greci (ahi rimembranza dura!)
48.3io riportai quel corpo e non mi tenne
48.4punto sospeso il pianto o la paura:
48.5questa spalla, dico io, questa sostenne
48.6d'Achille insieme il corpo e l'armatura,
48.7la quale oggi portar di nuovo tento
48.8e forze in me da sì gran some sento.
49.1Non mi manca l'ingegno a scoprir atto
49.2l'artifizio e l'onor del dono altèro,
49.3da Teti già con tanto studio fatto,
49.4sol per vestirne un rozzo corpo in vero:
49.5del scudo ei non conosce il bel ritratto,
49.6le due città diverse e l'emispero,
49.7l'Iade, l'Orse ed Orione; or prenda
49.8queste bell'armi adunque e no' l'intenda.
50.1Biasma costui ch'io mi sia tardi accinto
50.2a l'aspra guerra, a così lunga via,
50.3né il folle sa che di tal macchia tinto
50.4il magnanimo Achille ancor saria:
50.5se 'l finger chiami fallo, ambi abbiam finto;
50.6se 'l tardar colpa, io di lui venni pria;
50.7e durissimo fren tenne ambedui,
50.8me la pia moglie e la pia madre lui.
51.1Quei primi tempi a lei fùr dati, essendo
51.2per voi poi tutto di mia vita il resto.
51.3Alfin, se con tant'uomo io non difendo
51.4il comun fallo, se pur fallo è questo,
51.5Ulisse Achille e non Aiace intendo
51.6che fosse Ulisse a ritrovar già presto.
51.7Ma che guardiamo a la sua lingua sciocca,
51.8s'ancòra voi di brutte infamie tocca?
52.1D'accusar Palamede a me fu brutto
52.2ed ornamento a voi, greci, il dannarlo?
52.3Ma tant'error è manifesto in tutto;
52.4egli stesso non seppe a voi negarlo,
52.5e quel che contro lui per me fu indutto,
52.6voi veniste con gli occhi a rimirarlo,
52.7e 'l ritrovato argento a provar valse
52.8che non erano in lui l'accuse false.
53.1In Lenno sol per mia cagion rimaso
53.2manco il buon Filottete esser non penso:
53.3difendete voi stessi il vostro caso,
53.4ch'a questo ognun di voi diede il consenso.
53.5Non nego già di non l'aver suaso,
53.6perché quetasse il suo dolore intenso:
53.7rimase e vive, ed il successo buono
53.8mostra che fidi i miei consigli sono.
54.1E perché il buon Calcante a lui ne guida,
54.2sia d'Aiace, non mia questa fatica,
54.3che con qualch'arte o col bel dir conquida
54.4l'alma a voi fatta per furor nimica.
54.5Tornerà indietro Simoenta ed Ida
54.6fia senza frondi ed a voi Troia amica,
54.7prima ch'a' greci (il saper nostro tolto)
54.8giovi d'Aiace il pigro ingegno e stolto.
55.1Sta pur tu, Filottete, empio e restio
55.2ai greci, al regno e contro me qual angue;
55.3porgi senza fin vòti al capo mio,
55.4brama avermi prigion, bevermi il sangue,
55.5che a ritrovarti ne verrò sol io
55.6per addur meco il corpo tuo che langue,
55.7ed arò in man, se il pensier mio non falla,
55.8i dardi tuoi, come ebbi Eleno e Palla,
56.1senza cui, prender Troia il ciel negava.
56.2Ov'è l'estrema forza, ov'è quel vanto
56.3che sì gran cavalier oggi si dava?
56.4E' non ha più di me fatto né tanto.
56.5Perché rimaner egli e Ulisse andava
56.6per le guardie notturne e in ogni canto
56.7cercar Troia? e rapir in mezzo l'alvo
56.8de la ròcca Minerva e tornar salvo?
57.1Altramente di toro in braccio invano
57.2sette ampie terga porteria costui:
57.3allor vi posi il superb'Ilio in mano,
57.4allora porta a la vittoria fui.
57.5Cessa col ciglio e co' le labbia insano
57.6mostrar Diomede: e' vi fu ancòra lui;
57.7né tu sol fosti a mille navi scampo;
57.8io meco ebbi uno e tu i miglior del campo.
58.1Quasi non fosse a lor chiaro ed aperto
58.2l'uom gagliardo del saggio esser minore,
58.3chiederian essi 'l bel trofeo per merto,
58.4ché non han men di te forza e valore;
58.5ma cedon tutti al mio consiglio esperto,
58.6del cui freno ha bisogno il tuo furore;
58.7tu la possanza adopri e non la mente,
58.8io discorro il futur come presente.
59.1Tu combatti, io risolvo il tempo e 'l luoco;
59.2tu sol con la man giovi, io con l'ingegno:
59.3quanto la ciurma al buon nocchier dà luoco,
59.4quanto è del fante il capitan più degno,
59.5tanto avanzo e trapasso, e dirò poco,
59.6d'ogni opra tua, d'ogni tua lode il segno;
59.7ché non al corpo, a l'anima s'attende,
59.8da cui sol nasce ogni virtude e pende.
60.1Ma voi, signori, al vostro Ulisse, anzi Argo,
60.2per dio, non siate di tal premio avari:
60.3per quel sudor che in ozio vostro spargo,
60.4quest'onor chieggio e per tant'anni amari.
60.5Già l'opra è in fine e la vittoria è d'Argo;
60.6tutti i fati ho rimossi a voi contrari
60.7e già dir posso: per me vinse e prese
60.8le mura ch'espugnabili v'ho rese.
61.1Per l'estrema fidanza in voi riposta,
61.2per quest'eccidio e per la dea rapita
61.3o s'altra cosa v'è chiara o nascosta
61.4ove l'ingegno espor s'abbia e la vita
61.5o se pur Troia in alto fato è posta,
61.6prego che sia la mia preghiera udita.—
61.7E scoprì fuor Minerva a un tempo e disse:
61.8— Date l'arme a costei, se indegno è Ulisse.
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