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1.1Luogo è in inferno detto Malebolge,
1.2tutto di pietra di color ferrigno,
1.3come la cerchia che dintorno il volge.
2.1Nel dritto mezzo del campo maligno
2.2vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
2.3di cui suo loco dicerò l'ordigno.
3.1Quel cinghio che rimane adunque è tondo
3.2tra 'l pozzo e 'l piè de l'alta ripa dura,
3.3e ha distinto in dieci valli il fondo.
4.1Quale, dove per guardia de le mura
4.2più e più fossi cingon li castelli,
4.3la parte dove son rende figura,
5.1tale imagine quivi facean quelli;
5.2e come a tai fortezze da' lor sogli
5.3a la ripa di fuor son ponticelli,
6.1così da imo de la roccia scogli
6.2movien che ricidien li argini e ' fossi
6.3infino al pozzo che i tronca e raccogli.
7.1In questo luogo, de la schiena scossi
7.2di Gerïon, trovammoci; e 'l poeta
7.3tenne a sinistra, e io dietro mi mossi.
8.1A la man destra vidi nova pieta,
8.2novo tormento e novi frustatori,
8.3di che la prima bolgia era repleta.
9.1Nel fondo erano ignudi i peccatori;
9.2dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto,
9.3di là con noi, ma con passi maggiori,
10.1come i Roman per l'essercito molto,
10.2l'anno del giubileo, su per lo ponte
10.3hanno a passar la gente modo colto,
11.1che da l'un lato tutti hanno la fronte
11.2verso 'l castello e vanno a Santo Pietro,
11.3da l'altra sponda vanno verso 'l monte.
12.1Di qua, di là, su per lo sasso tetro
12.2vidi demon cornuti con gran ferze,
12.3che li battien crudelmente di retro.
13.1Ahi come facean lor levar le berze
13.2a le prime percosse! già nessuno
13.3le seconde aspettava né le terze.
14.1Mentr'io andava, li occhi miei in uno
14.2furo scontrati; e io sì tosto dissi:
14.3"Già di veder costui non son digiuno".
15.1Per ch'ïo a figurarlo i piedi affissi;
15.2e 'l dolce duca meco si ristette,
15.3e assentio ch'alquanto in dietro gissi.
16.1E quel frustato celar si credette
16.2bassando 'l viso; ma poco li valse,
16.3ch'io dissi: "O tu che l'occhio a terra gette,
17.1se le fazion che porti non son false,
17.2Venedico se' tu Caccianemico.
17.3Ma che ti mena a sì pungenti salse?".
18.1Ed elli a me: "Mal volentier lo dico;
18.2ma sforzami la tua chiara favella,
18.3che mi fa sovvenir del mondo antico.
19.1I' fui colui che la Ghisolabella
19.2condussi a far la voglia del marchese,
19.3come che suoni la sconcia novella.
20.1E non pur io qui piango bolognese;
20.2anzi n'è questo luogo tanto pieno,
20.3che tante lingue non son ora apprese
21.1a dicer "sipa" tra Sàvena e Reno;
21.2e se di ciò vuoi fede o testimonio,
21.3rècati a mente il nostro avaro seno".
22.1Così parlando il percosse un demonio
22.2de la sua scurïada, e disse: "Via,
22.3ruffian! qui non son femmine da conio".
23.1I' mi raggiunsi con la scorta mia;
23.2poscia con pochi passi divenimmo
23.3là 'v'uno scoglio de la ripa uscia.
24.1Assai leggeramente quel salimmo;
24.2e vòlti a destra su per la sua scheggia,
24.3da quelle cerchie etterne ci partimmo.
25.1Quando noi fummo là dov'el vaneggia
25.2di sotto per dar passo a li sferzati,
25.3lo duca disse: "Attienti, e fa che feggia
26.1lo viso in te di quest'altri mal nati,
26.2ai quali ancor non vedesti la faccia
26.3però che son con noi insieme andati".
27.1Del vecchio ponte guardavam la traccia
27.2che venìa verso noi da l'altra banda,
27.3e che la ferza similmente scaccia.
28.1E 'l buon maestro, sanza mia dimanda,
28.2mi disse: "Guarda quel grande che vene,
28.3e per dolor non par lagrime spanda:
29.1quanto aspetto reale ancor ritene!
29.2Quelli è Iasón, che per cuore e per senno
29.3li Colchi del monton privati féne.
30.1Ello passò per l'isola di Lenno
30.2poi che l'ardite femmine spietate
30.3tutti li maschi loro a morte dienno.
31.1Ivi con segni e con parole ornate
31.2Isifile ingannò, la giovinetta
31.3che prima avea tutte l'altre ingannate.
32.1Lasciolla quivi, gravida, soletta;
32.2tal colpa a tal martiro lui condanna;
32.3e anche di Medea si fa vendetta.
33.1Con lui sen va chi da tal parte inganna;
33.2e questo basti de la prima valle
33.3sapere e di color che 'n sé assanna".
34.1Già eravam là 've lo stretto calle
34.2con l'argine secondo s'incrocicchia,
34.3e fa di quello ad un altr'arco spalle.
35.1Quindi sentimmo gente che si nicchia
35.2ne l'altra bolgia e che col muso scuffa,
35.3e sé medesma con le palme picchia.
36.1Le ripe eran grommate d'una muffa,
36.2per l'alito di giù che vi s'appasta,
36.3che con li occhi e col naso facea zuffa.
37.1Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
37.2loco a veder sanza montare al dosso
37.3de l'arco, ove lo scoglio più sovrasta.
38.1Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
38.2vidi gente attuffata in uno sterco
38.3che da li uman privadi parea mosso.
39.1E mentre ch'io là giù con l'occhio cerco,
39.2vidi un col capo sì di merda lordo,
39.3che non parëa s'era laico o cherco.
40.1Quei mi sgridò: "Perché se' tu sì gordo
40.2di riguardar più me che li altri brutti?".
40.3E io a lui: "Perché, se ben ricordo,
41.1già t'ho veduto coi capelli asciutti,
41.2e se' Alessio Interminei da Lucca:
41.3però t'adocchio più che li altri tutti".
42.1Ed elli allor, battendosi la zucca:
42.2"Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe
42.3ond'io non ebbi mai la lingua stucca".
43.1Appresso ciò lo duca "Fa che pinghe",
43.2mi disse "il viso un poco più avante,
43.3sì che la faccia ben con l'occhio attinghe
44.1di quella sozza e scapigliata fante
44.2che là si graffia con l'unghie merdose,
44.3e or s'accoscia e ora è in piedi stante.
45.1Taïde è, la puttana che rispuose
45.2al drudo suo quando disse "Ho io grazie
45.3grandi apo te?": "Anzi maravigliose!".
46.1E quinci sian le nostre viste sazie".
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