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1.1Ora cen porta l'un de' duri margini;
1.2e 'l fummo del ruscel di sopra aduggia,
1.3sì che dal foco salva l'acqua e li argini.
2.1Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
2.2temendo 'l fiotto che 'nver' lor s'avventa,
2.3fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia;
3.1e quali Padoan lungo la Brenta,
3.2per difender lor ville e lor castelli,
3.3anzi che Carentana il caldo senta:
4.1a tale imagine eran fatti quelli,
4.2tutto che né sì alti né sì grossi,
4.3qual che si fosse, lo maestro félli.
5.1Già eravam da la selva rimossi
5.2tanto, ch'i' non avrei visto dov'era,
5.3perch'io in dietro rivolto mi fossi,
6.1quando incontrammo d'anime una schiera
6.2che venian lungo l'argine, e ciascuna
6.3ci riguardava come suol da sera
7.1guardare uno altro sotto nuova luna;
7.2e sì ver' noi aguzzavan le ciglia
7.3come 'l vecchio sartor fa ne la cruna.
8.1Così adocchiato da cotal famiglia,
8.2fui conosciuto da un, che mi prese
8.3per lo lembo e gridò: "Qual maraviglia!".
9.1E io, quando 'l suo braccio a me distese,
9.2ficcaï li occhi per lo cotto aspetto,
9.3sì che 'l viso abbrusciato non difese
10.1la conoscenza süa al mio 'ntelletto;
10.2e chinando la mano a la sua faccia,
10.3rispuosi: "Siete voi qui, ser Brunetto?".
11.1E quelli: "O figliuol mio, non ti dispiaccia
11.2se Brunetto Latino un poco teco
11.3ritorna 'n dietro e lascia andar la traccia".
12.1I' dissi lui: "Quanto posso, ven preco;
12.2e se volete che con voi m'asseggia,
12.3faròl, se piace a costui che vo seco".
13.1"O figliuol", disse, "qual di questa greggia
13.2s'arresta punto, giace poi cent'anni
13.3sanz'arrostarsi quando 'l foco il feggia.
14.1Però va oltre: i' ti verrò a' panni;
14.2e poi rigiugnerò la mia masnada,
14.3che va piangendo i suoi etterni danni".
15.1Io non osava scender de la strada
15.2per andar par di lui; ma 'l capo chino
15.3tenea com'uom che reverente vada.
16.1El cominciò: "Qual fortuna o destino
16.2anzi l'ultimo dì qua giù ti mena?
16.3e chi è questi che mostra 'l cammino?".
17.1"Là sù di sopra, in la vita serena",
17.2rispuos'io lui, "mi smarri' in una valle,
17.3avanti che l'età mia fosse piena.
18.1Pur ier mattina le volsi le spalle:
18.2questi m'apparve, tornand'ïo in quella,
18.3e reducemi a ca per questo calle".
19.1Ed elli a me: "Se tu segui tua stella,
19.2non puoi fallire a glorïoso porto,
19.3se ben m'accorsi ne la vita bella;
20.1e s'io non fossi sì per tempo morto,
20.2veggendo il cielo a te così benigno,
20.3dato t'avrei a l'opera conforto.
21.1Ma quello ingrato popolo maligno
21.2che discese di Fiesole ab antico,
21.3e tiene ancor del monte e del macigno,
22.1ti si farà, per tuo ben far, nimico;
22.2ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
22.3si disconvien fruttare al dolce fico.
23.1Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
23.2gent'è avara, invidiosa e superba:
23.3dai lor costumi fa che tu ti forbi.
24.1La tua fortuna tanto onor ti serba,
24.2che l'una parte e l'altra avranno fame
24.3di te; ma lungi fia dal becco l'erba.
25.1Faccian le bestie fiesolane strame
25.2di lor medesme, e non tocchin la pianta,
25.3s'alcuna surge ancora in lor letame,
26.1in cui riviva la sementa santa
26.2di que' Roman che vi rimaser quando
26.3fu fatto il nido di malizia tanta".
27.1"Se fosse tutto pieno il mio dimando",
27.2rispuos'io lui, "voi non sareste ancora
27.3de l'umana natura posto in bando;
28.1ché 'n la mente m'è fitta, e or m'accora,
28.2la cara e buona imagine paterna
28.3di voi quando nel mondo ad ora ad ora
29.1m'insegnavate come l'uom s'etterna:
29.2e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo
29.3convien che ne la mia lingua si scerna.
30.1Ciò che narrate di mio corso scrivo,
30.2e serbolo a chiosar con altro testo
30.3a donna che saprà, s'a lei arrivo.
31.1Tanto vogl'io che vi sia manifesto,
31.2pur che mia coscïenza non mi garra,
31.3ch'a la Fortuna, come vuol, son presto.
32.1Non è nuova a li orecchi miei tal arra:
32.2però giri Fortuna la sua rota
32.3come le piace, e 'l villan la sua marra".
33.1Lo mio maestro allora in su la gota
33.2destra si volse in dietro e riguardommi;
33.3poi disse: "Bene ascolta chi la nota".
34.1Né per tanto di men parlando vommi
34.2con ser Brunetto, e dimando chi sono
34.3li suoi compagni più noti e più sommi.
35.1Ed elli a me: "Saper d'alcuno è buono;
35.2de li altri fia laudabile tacerci,
35.3ché 'l tempo sarìa corto a tanto suono.
36.1In somma sappi che tutti fur cherci
36.2e litterati grandi e di gran fama,
36.3d'un peccato medesmo al mondo lerci.
37.1Priscian sen va con quella turba grama,
37.2e Francesco d'Accorso anche; e vedervi,
37.3s'avessi avuto di tal tigna brama,
38.1colui potei che dal servo de' servi
38.2fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione,
38.3dove lasciò li mal protesi nervi.
39.1Di più direi; ma 'l venire e 'l sermone
39.2più lungo esser non può, però ch'i' veggio
39.3là surger nuovo fummo del sabbione.
40.1Gente vien con la quale esser non deggio.
40.2Sieti raccomandato il mio Tesoro,
40.3nel qual io vivo ancora, e più non cheggio".
41.1Poi si rivolse, e parve di coloro
41.2che corrono a Verona il drappo verde
41.3per la campagna; e parve di costoro
42.1quelli che vince, non colui che perde.
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