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1.1Non era ancor di là Nesso arrivato,
1.2quando noi ci mettemmo per un bosco
1.3che da neun sentiero era segnato.
2.1Non fronda verde, ma di color fosco;
2.2non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti;
2.3non pomi v'eran, ma stecchi con tòsco.
3.1Non han sì aspri sterpi né sì folti
3.2quelle fiere selvagge che 'n odio hanno
3.3tra Cecina e Corneto i luoghi cólti.
4.1Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
4.2che cacciar de le Strofade i Troiani
4.3con tristo annunzio di futuro danno.
5.1Ali hanno late, e colli e visi umani,
5.2piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre;
5.3fanno lamenti in su li alberi strani.
6.1E 'l buon maestro "Prima che più entre,
6.2sappi che se' nel secondo girone",
6.3mi cominciò a dire, "e sarai mentre
7.1che tu verrai ne l'orribil sabbione.
7.2Però riguarda ben; sì vederai
7.3cose che torrien fede al mio sermone".
8.1Io sentia d'ogne parte trarre guai,
8.2e non vedea persona che 'l facesse;
8.3per ch'io tutto smarrito m'arrestai.
9.1Cred'ïo ch'ei credette ch'io credesse
9.2che tante voci uscisser, tra quei bronchi,
9.3da gente che per noi si nascondesse.
10.1Però disse 'l maestro: "Se tu tronchi
10.2qualche fraschetta d'una d'este piante,
10.3li pensier c'hai si faran tutti monchi".
11.1Allor porsi la mano un poco avante,
11.2e colsi un ramicel da un gran pruno;
11.3e 'l tronco suo gridò: "Perché mi schiante?".
12.1Da che fatto fu poi di sangue bruno,
12.2ricominciò a dir: "Perché mi scerpi?
12.3non hai tu spirto di pietade alcuno?
13.1Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
13.2ben dovrebb'esser la tua man più pia,
13.3se state fossimo anime di serpi".
14.1Come d'un stizzo verde ch'arso sia
14.2da l'un de'capi, che da l'altro geme
14.3e cigola per vento che va via,
15.1sì de la scheggia rotta usciva insieme
15.2parole e sangue; ond'io lasciai la cima
15.3cadere, e stetti come l'uom che teme.
16.1"S'elli avesse potuto creder prima",
16.2rispuose 'l savio mio, "anima lesa,
16.3ciò c'ha veduto pur con la mia rima,
17.1non averebbe in te la man distesa;
17.2ma la cosa incredibile mi fece
17.3indurlo ad ovra ch'a me stesso pesa.
18.1Ma dilli chi tu fosti, sì che 'n vece
18.2d'alcun'ammenda tua fama rinfreschi
18.3nel mondo sù, dove tornar li lece".
19.1E 'l tronco: "Sì col dolce dir m'adeschi,
19.2ch'i' non posso tacere; e voi non gravi
19.3perch'ïo un poco a ragionar m'inveschi.
20.1Io son colui che tenni ambo le chiavi
20.2del cor di Federigo, e che le volsi,
20.3serrando e diserrando, sì soavi,
21.1che dal secreto suo quasi ogn'uom tolsi:
21.2fede portai al glorïoso offizio,
21.3tanto ch'i' ne perde' li sonni e ' polsi.
22.1La meretrice che mai da l'ospizio
22.2di Cesare non torse li occhi putti,
22.3morte comune e de le corti vizio,
23.1infiammò contra me li animi tutti;
23.2e li 'nfiammati infiammar sì Augusto,
23.3che ' lieti onor tornaro in tristi lutti.
24.1L'animo mio, per disdegnoso gusto,
24.2credendo col morir fuggir disdegno,
24.3ingiusto fece me contra me giusto.
25.1Per le nove radici d'esto legno
25.2vi giuro che già mai non ruppi fede
25.3al mio segnor, che fu d'onor sì degno.
26.1E se di voi alcun nel mondo riede,
26.2conforti la memoria mia, che giace
26.3ancor del colpo che 'nvidia le diede".
27.1Un poco attese, e poi "Da ch'el si tace",
27.2disse 'l poeta a me, "non perder l'ora;
27.3ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace".
28.1Ond'ïo a lui: "Domandal tu ancora
28.2di quel che credi ch'a me satisfaccia;
28.3ch'i' non potrei, tanta pietà m'accora".
29.1Perciò ricominciò: "Se l'om ti faccia
29.2liberamente ciò che 'l tuo dir priega,
29.3spirito incarcerato, ancor ti piaccia
30.1di dirne come l'anima si lega
30.2in questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
30.3s'alcuna mai di tai membra si spiega".
31.1Allor soffiò il tronco forte, e poi
31.2si convertì quel vento in cotal voce:
31.3"Brievemente sarà risposto a voi.
32.1Quando si parte l'anima feroce
32.2dal corpo ond'ella stessa s'è disvelta,
32.3Minòs la manda a la settima foce.
33.1Cade in la selva, e non l'è parte scelta;
33.2ma là dove fortuna la balestra,
33.3quivi germoglia come gran di spelta.
34.1Surge in vermena e in pianta silvestra:
34.2l'Arpie, pascendo poi de le sue foglie,
34.3fanno dolore, e al dolor fenestra.
35.1Come l'altre verrem per nostre spoglie,
35.2ma non però ch'alcuna sen rivesta,
35.3ché non è giusto aver ciò ch'om si toglie.
36.1Qui le strascineremo, e per la mesta
36.2selva saranno i nostri corpi appesi,
36.3ciascuno al prun de l'ombra sua molesta".
37.1Noi eravamo ancora al tronco attesi,
37.2credendo ch'altro ne volesse dire,
37.3quando noi fummo d'un romor sorpresi,
38.1similemente a colui che venire
38.2sente 'l porco e la caccia a la sua posta,
38.3ch'ode le bestie, e le frasche stormire.
39.1Ed ecco due da la sinistra costa,
39.2nudi e graffiati, fuggendo sì forte,
39.3che de la selva rompieno ogni rosta.
40.1Quel dinanzi: "Or accorri, accorri, morte!".
40.2E l'altro, cui pareva tardar troppo,
40.3gridava: "Lano, sì non furo accorte
41.1le gambe tue a le giostre dal Toppo!".
41.2E poi che forse li fallia la lena,
41.3di sé e d'un cespuglio fece un groppo.
42.1Di rietro a loro era la selva piena
42.2di nere cagne, bramose e correnti
42.3come veltri ch'uscisser di catena.
43.1In quel che s'appiattò miser li denti,
43.2e quel dilaceraro a brano a brano;
43.3poi sen portar quelle membra dolenti.
44.1Presemi allor la mia scorta per mano,
44.2e menommi al cespuglio che piangea
44.3per le rotture sanguinenti in vano.
45.1"O Iacopo", dicea, "da Santo Andrea,
45.2che t'è giovato di me fare schermo?
45.3che colpa ho io de la tua vita rea?".
46.1Quando 'l maestro fu sovr'esso fermo,
46.2disse "Chi fosti, che per tante punte
46.3soffi con sangue doloroso sermo?".
47.1Ed elli a noi: "O anime che giunte
47.2siete a veder lo strazio disonesto
47.3c'ha le mie fronde sì da me disgiunte,
48.1raccoglietele al piè del tristo cesto.
48.2I' fui de la città che nel Batista
48.3mutò il primo padrone; ond'ei per questo
49.1sempre con l'arte sua la farà trista;
49.2e se non fosse che 'n sul passo d'Arno
49.3rimane ancor di lui alcuna vista,
50.1que' cittadin che poi la rifondarno
50.2sovra 'l cener che d'Attila rimase,
50.3avrebber fatto lavorare indarno.
51.1Io fei gibetto a me de le mie case".
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