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Del Chiostro de Lucina

Silve

PoeTree.it

1.1Numer non paro, de cui gode il cielo,
1.2Virtù da divin spirti solo intesa,
1.3fammi benigno sì il segnor di Delo
1.4ch'ei me dimostri in questa nova impresa
1.5sì chiaro il lume suo senz'alcun velo,
1.6che la mia mente, di tal luce accesa,
1.7sparga i suoi raggi fra la dotta schiera,
1.8mostrando quanto acquista chi in lui spera.
2.1Poi canterò de' tre compagni cari,
2.2la cui amicizia fu nel mondo tale
2.3che i nomi loro sempre seran chiari,
2.4se fama li può dar lume immortale;
2.5ma a ciò il subietto e il canto mio sian pari,
2.6Urania prego spieghi le sacre ale
2.7e grazïosa descenda ad aiutarmi
2.8ad intonar questi mei rauci carmi.
3.1Dimme, celesta dea, la nobil vita
3.2de Filareto, Apuano e il Carrarese,
3.3ch'un degno esemplo un gentil cor invita
3.4a seguir sue vestigie a l'alte imprese;
3.5di' come in l'età sua verde e fiorita
3.6ne i petti lor un bel desio s'accese
3.7sol de cercar cose eccellenti e rare
3.8e a la posterità farle poi chiare.
4.1Mossi da quel pensier che ogni alta mente
4.2move a l'opre ligiadre, un giorno questi
4.3preser il lor camin verso orïente,
4.4simil d'abiti dentro e fuor de vesti
4.5come a tre veri amici è conveniente,
4.6de fatti e de parole sì modesti
4.7che testimoni certi eran gli effetti
4.8de' lor umani e grazïosi aspetti.
5.1Era nel tempo quando l'ape parca
5.2descaccia da sue celle i figli adulti
5.3e se vede tal volta così carca
5.4rama de quelli, e starli su sì fulti
5.5che per il peso pendulo se inarca:
5.6fan susurri, consegli e gran tumulti
5.7per cercar nove sedie e novi fiori
5.8e seguir il suo re per longhi errori,
6.1alor che Filareto e Apuano
6.2e il Carrarese, posti già in camino,
6.3gionser per sorte sua in un amplo piano
6.4cinto d'intorno a guisa de giardino:
6.5fabrica non parea de mortal mano,
6.6ma dicean là architetto esser divino
6.7o ver mirabil opra de Natura,
6.8sì ben costrutte eran quell'alte mura.
7.1Di quel color ch'al ciel più s'assimiglia
7.2pareano a' riguardanti, e intorn'intorno
7.3tenean de circuìto molte miglia.
7.4Vicini a quel gran vallo se firmorno,
7.5a mirar tutti tre con maraviglia
7.6tanto edificio e più ch'ogni altro adorno,
7.7e sopra tutti Filaretto fisse
7.8sue luci in quel tenendo, così disse:
8.1– Io credo questa mole fabricata
8.2da dotta man d'artifice eccellente;
8.3mirabilmente siando sì ordinata,
8.4el caso non la fece, ma sapiente;
8.5e cosa tanto ben considerata
8.6chi la può far, se non divina mente?
8.7Certo, se non me inganna il parer mio,
8.8residenza me par d'un magno dio.
9.1Ben che non sapia alcun de noi la porta,
9.2de intrargli la speranza non perdiamo,
9.3ch'a l'animoso la Fortuna è scorta;
9.4il Troian ch'andò già per l'aureo ramo,
9.5scese a l'inferno fra la gente morta,
9.6e noi ch'a questo divin loco siamo,
9.7restaren per viltate o per timore
9.8de recercar chi l'abita e il signore? –.
10.1Al fin de le parole incominciaro
10.2girar intorno l'edificio egregio,
10.3ch'aveva ognun de lor cor sì preclaro
10.4ch'era sol fama a sue fatiche il pregio,
10.5premio per certo conveniente e paro
10.6a quei spirti gentil e bel collegio;
10.7ma circondando le mirabil mura,
10.8audite che gli avvenne e qual ventura.
11.1Ch'uno agnelletto apparve inante a loro
11.2bianco assai più ch'un candido ermellino,
11.3che in capo aveva due cornette d'oro
11.4e avante s'aviò per il camino,
11.5come dicesse: – O virtüoso coro,
11.6seguite me, ch'io son messo divino,
11.7seguite me, ch'io son la vostra guida,
11.8ché 'l cielo aiuta che in virtù se fida –.
12.1E stupefatti de sì gran prodigio,
12.2stavan mirando l'uno a l'altro in viso,
12.3come villan che vede alcun prestigio
12.4fatto da un giocolar a l'improviso,
12.5che li par opra d'un del laco Stigio,
12.6ben che questi credean dal paradiso
12.7esser mandato a lor quel animale,
12.8come ad Abram mandò già Dio immortale.
13.1Poi che fu stato alquanto ognun suspeso,
13.2al Carrarese Filareto disse:
13.3– Ho già letto e per fama ancor inteso
13.4che Aronte in la tua patria nacque e visse,
13.5che da divin furor era sì acceso
13.6ch'a Roma le civil guerre predisse:
13.7forse che tu, qual carrarese sei,
13.8l'influsso de la patria sentir dèi;
14.1però del pecorino qual qui vedi
14.2dimmi 'l parer tuo, prego, se te piace,
14.3se pronostico bono o reo ne credi:
14.4quale abbiamo aspettar, travagli o pace,
14.5seguendo le vestigie de' suoi piedi –.
14.6E ello a lui: – A ciò che pertinace
14.7tu non me tenghi, dirò 'l mio iudizio,
14.8ché negar iusti preghi a un socio è vizio.
15.1Non perché la mia mente sia presaga,
15.2ma dirò il mio parer per contentarte,
15.3ché chi fa quanto può, col voler paga
15.4e cassa del suo debbito gran parte;
15.5se per dottrina umana il ver s'indaga,
15.6dico che già trovato ho in molte carte
15.7che se sacrificava un'agna nera
15.8al pigro inverno ne l'età primera,
16.1de color conveniente a la stagione
16.2de rigor piena e nebulosi venti,
16.3che generan tristezza in le persone;
16.4non dolci canti d'augelletti senti,
16.5anze in quei tempi quasi sei pregione,
16.6ché de la stanza a pena uscir te atenti:
16.7sì che nunzio seria de mal futuro,
16.8se questo bianco agnello fusse oscuro.
17.1Candido e puro e senza macchia alcuna
17.2noi vediamo questo agno mansüeto,
17.3però debbian sperar bona fortuna
17.4e ciascadun de noi deve star lieto,
17.5ché la venuta sua fu sì oportuna
17.6che par mandato per divin decreto,
17.7e ognun deve sperar letizia e festa,
17.8ché come Bacco porta corna in testa.
18.1Questo inocuo animal seguian securi,
18.2che sempre ben con la sua voce dice,
18.3né alcun de noi contraria sorte curi,
18.4ch'ogni stella del ciel ne fia fautrice
18.5fin che passiamo dentro a gli alti muri
18.6de' quali è possessor patron felice,
18.7e quel ch'avenir vòl da poi, avegna,
18.8che l'effetto serà da causa degna –.
19.1Ad ambi così entrato era nel core
19.2il pronostico bon del Carrarese
19.3che longhe gli pareano ormai sì l'ore
19.4ch'ivi fermarse più dicean mal spese,
19.5perché, quando speranza vien magiore,
19.6tanto cresce 'l desio ch'essa già accese;
19.7ardendo donque de trovar la porta,
19.8s'aviôr drieto a la lor casta scorta.
20.1Non molto il fatal agno avean seguito,
20.2che gionser sopra un lieto praticello
20.3che forse un miglio tien de circuìto:
20.4uno edificio d'ogni parte bello
20.5in megio siede il dilettoso sito,
20.6che come revellin presso il castello
20.7vestibulo parea di quella mole,
20.8ch'un'altra tal non credo scald'il sole.
21.1Sì al vago albergo s'aviò securo
21.2ch'ognun di loro iudicar potea
21.3ch'era animal domestico e sicuro
21.4del segnor che 'l palagio possedea.
21.5Giongendo al liminar del loco puro,
21.6l'ample valve col corno percotea
21.7e una portinara, anze una diva,
21.8la fatal porta subito li apriva.
22.1De veli candidissimi vestita,
22.2una facella in la man destra tene,
22.3con qual accende de l'umana vita
22.4la lucerna a ciascun ch'al mondo vene;
22.5con l'altra poi ogni mortale aita
22.6entrar per quella via ch'al mal e al bene
22.7conduce sempre ognun che peregrina
22.8pel l'uman stato, e chiamasi Lucina.
23.1Con voce e con la mano al magno ospizio
23.2adimandolli, e in fronte era sì lieta
23.3che qui narrarlo non so dar inizio,
23.4e li diceva: – Poi che 'l bon pianeta
23.5e il Fato eterno stato v'è propizio,
23.6venite dentro ormai, ché 'l ciel nol veta,
23.7se ben qui non se gli entra eccetto in fasce:
23.8entrate, ché, per fama, se renasce –.
24.1Il suon de quell'angelice parole
24.2i'nei lor cori s'intonò suave,
24.3ché musica non s'ode sotto il sole
24.4in così dolce e molle e 'letta chiave
24.5e piena d'armonia, con qual si suole
24.6scacciar del petto ogni tristezza grave,
24.7che non li fosse parso un strido orrendo,
24.8sì dolci note de sua bocca odendo;
25.1e mancando parole accommodate
25.2a rengraziarla d'una tanta offerta,
25.3che se ivi fusse stato l'Arpinate,
25.4non arìa auto lingua sì diserta
25.5ch'avesse satisfatto a la mitate,
25.6taciti andaro in ver l'intrata aperta,
25.7pieni d'un sacro orror de reverenza,
25.8supplendo con bei gesti a la eloquenza.
26.1Pur Filareto qualche paroletta
26.2spingea talora fuor del dotto seno,
26.3come caraffa ch'ha l'uscita stretta
26.4e il largo corpo d'acqua rosa pieno,
26.5qual pur, stillando, qualche goccia getta
26.6che mena seco odor suave e ameno,
26.7per il che quella dea cognobbe chiaro
26.8quanto era ingegno in lui alto e preclaro.
27.1Però non ebbe l'alma diva a sdegno
27.2farse de i tre compagni conduttera:
27.3vedendo in lui così sublime ingegno,
27.4comprese e giudicò quel ch'in gli altri era,
27.5ben che poi cognoscesse a più d'un segno
27.6la lor dottrina e probità sincera;
27.7e li guidava per quei sacri chiostri
27.8qual frate che ad alcun monester mostri.
28.1Ma a ciò che con ambage tedïose
28.2non fastidi le menti a' mei lettori,
28.3sol narrerò la somma de le cose:
28.4come se sceglie in un bel prato i fiori,
28.5così elegerò sol le più famose
28.6che viddero ne i loci interïori
28.7del bel palagio, e capitorno pria
28.8ne la fatale eterna sacristia.
29.1Questa è ne l'ampla corte un loco ornato,
29.2nel qual dal cielo una catena scende,
29.3mandata in terra da lo eterno Fato,
29.4a cui ligata un'arca eburnea pende
29.5proprio nel megio, e intorno è circondato
29.6de colone per arte sì stupende,
29.7e de materia ancor non manco belle,
29.8che tutto il mondo può spechiarse in quelle
30.1In man le chiavi dui secretari hanno
30.2de la celeste cassa, quale è piena
30.3de i nomi e de le vite che poi danno
30.4a ciaschedun che ivi Lucina mena,
30.5e del tutto un registro eterno fanno:
30.6chi la deve aver turbida o serena,
30.7e è poi consignato a la sua sorte,
30.8qual sempre l'acompagna in fine a morte.
31.1L'Ordine è il primo che dispone e mette
31.2le cose in serie come hanno a seguire,
31.3l'altra è Necessità, da quale astrette
31.4sono a venir e non puon mai fallire:
31.5questi dui sono le persone elette
31.6dal Fato, che sol puon destribuire
31.7ciò che a' mortali in questo mondo avviene,
31.8e sia quel che se voglia, o male o bene.
32.1Mille fanciulli, e mille e mille l'ora,
32.2al coffano fatal son presentati:
32.3chi a sera o a megia notte e chi a l'aurora,
32.4chi a megio giorno, e d'alti e bassi stati,
32.5chi de mediocri, e d'ogni sesso ancora,
32.6e son con una polizza mandati
32.7cavata fuor de l'arca a un altro loco
32.8contiguo a quel o ver distante poco.
33.1Tre figlie lì de la Necessitate,
33.2che 'l stame filan de la vita umana,
33.3abitan sempre e son Parche chiamate;
33.4qui i tre compagni rocca, lino o lana
33.5non vidder, ma infinita quantitate
33.6de sacchi pieni de moneta strana,
33.7qual è da un canto come notte oscura,
33.8da l'altro qual del dì la luce pura.
34.1Numera l'una de le tre sorelle
34.2la pecunia fatal ch'è d'un mettallo,
34.3il qual credo che Tempo ognun l'appelle;
34.4come fin oro non è grave e giallo,
34.5né da la terra come quel se svelle:
34.6solo colui che l'ha creato, sallo
34.7de che materia sia, e è sì leve
34.8che vola fuor de borsa in spazio breve.
35.1La sacra effigie del fulgente sole
35.2sculta ha da quella banda la qual splende,
35.3e intorno scritte son queste parole:
35.4– Quanto error fa colui che mal me spende!
35.5Se prodigo fu già, quanto se dole
35.6poi che 'l valor de tal moneta intende! –.
35.7Così da l'altra parte, quale è bruna,
35.8stampata gli è la relucente luna.
36.1Numera quella prima come ho detto,
36.2l'altra a sé tira la moneta leve;
36.3scrive la terza sopra un quinternetto
36.4quel che ciascun fanciul da lei receve;
36.5e quando ognuno ha il numer suo perfetto
36.6sì come li promette il fatal breve,
36.7son cassi da l'eterna tesaurera,
36.8né de sua paga san la somma vera.
37.1Ah, miseri e infelici umani ignari,
37.2che peragrate per la mortal vita,
37.3né intendeti il valor de quei denari,
37.4né se la vostra borsa è ben fornita!
37.5In mal spender sïati, prego, avari,
37.6né ve li perda vostra età fiorita,
37.7da poi ch'alcun de voi non sa per certo
37.8quel che li sia da le tre Parche offerto.
38.1Partiti alor dal venerando loco,
38.2pervennero a quel magno circuìto
38.3ch'era distante al bel palaggio poco:
38.4lì de bambini se sentia il vagito,
38.5de le nutrice lor le nenie e 'l gioco;
38.6chi gli è in delizie e chi in stenti nutrito,
38.7ch'entra robusto e chi de doglie pieno,
38.8e chi formoso e chi deforme e osceno.
39.1– Con quanta varietà quivi se vede
39.2principïar la vita de' mortali –,
39.3disse Lucina, – a quel che poi succede!
39.4Quanti son che l'introito han pien de mali
39.5che poi seran felici e alcun nol crede!
39.6Quanti fra pompe splendide e regali
39.7sono nutriti, e pria che gionga il fine
39.8vederanse de lor mille ruine!
40.1Lamusio a morte in la piscina infetta
40.2esposto fu, la qual chiamavan lama,
40.3che in lingua ancor lombarda così è detta,
40.4e da quella Lamusïo se chiama;
40.5giongendo poi nella età sua perfetta
40.6fu re de' Longobardi e di tal fama
40.7ch'a' nostri tempi ancor lucida dura,
40.8cui vita al principiar parve sì oscura.
41.1Che esempli antiqui qui narrar conviene,
41.2siandone de moderni tanta copia?
41.3Come mi credo che sapiate bene
41.4quanti sian nati ricchi e in la inopia
41.5son morti poi fra ceppi e fra catene,
41.6né bisogna cercar in Etïopia
41.7li esempli, ma nel nostro bel paese,
41.8come le prove ognor vi fan palese –.
42.1Vaghi de cose de più chiara luce
42.2che veder tanti piccioletti infanti,
42.3s'aviôr drieto a la celeste duce,
42.4la qual, parlando ancor, se pose inanti
42.5come chi compagnia grata conduce,
42.6lassando quelli in fasce involti e in pianti:
42.7pronostici per quali se dischiara
42.8quanto la mortal vita esser de' cara.
43.1E così insieme nel gran claustro entraro
43.2nel quale uno orologio l'ore suona
43.3su un campanil de fabrica preclaro.
43.4Ben che campana abbia più ch'altra bona
43.5e di ton grave, resonante e chiaro,
43.6nondimen quasi lì non è persona,
43.7per aver la sua mente ad altro intenta,
43.8ch'a pena la metà de l'ore senta,
44.1ch'ivi sempre se scherza e senza fraude
44.2vive ognuno ne i puri naturali,
44.3né qui ardente desio è alcun de laude;
44.4l'Odio occulto, cagion de molti mali,
44.5offender non sa qui, anzi ognun gaude,
44.6ché 'l Respetto è fugito a spiegate ali,
44.7né dubbita de Infamia alcun de questi,
44.8e raro entrano qui Pensier-molesti.
45.1– Regina de costor è una fanciulla,
45.2quale da tutti Purità se dice,
45.3che in la gran corte sempre mai trastulla
45.4e sola ogni abitante fa felice;
45.5poco se gusta il suo favor in culla
45.6o pria che in questa piaza intrar non lice:
45.7qui il pensier sol de la tediosa scola –,
45.8disse la dea, – il lor pensier le invola;
46.1ben che del re macedone il figliolo,
46.2qual per il suo valor Magno chiamosse,
46.3qui pianse già per ambizioso duolo
46.4de la virtù paterna (dubbitosse
46.5che la sua fama a l'uno e l'altro polo
46.6giongesse e vincitor del tutto fosse,
46.7né a lui restasse un fatto de memoria
46.8per poterse acquistar immortal gloria),
47.1non fa una rondinella primavera:
47.2così fra questi un spirto ambizïoso
47.3el gran decreto de la dea sincera
47.4romper non può, ma chiamasi mostroso;
47.5anzi quella regina che qui impera,
47.6se pur pò odiar alcun, l'ha sempre esoso,
47.7ché quel che eccede la comune usanza,
47.8gran timor mena seco o gran speranza –.
48.1Mentre che ragionava l'alma diva,
48.2su la torre fatal sonaron l'ore
48.3e ciaschedun ch'intento quelle odiva
48.4se gli turbò così nel petto il core,
48.5come a fanciul che de' suoi giochi il priva
48.6e 'l chiama ad una impresa assai magiore:
48.7sedece botte numerorno a ponto
48.8soli color che ne tenevan conto.
49.1Ch'udì mai gran campana in la citate
49.2a consiglio sonar e al deputato
49.3loco venir da tutte le contrate
49.4il populo da l'alto suon chiamato,
49.5così se congregò gran quantitate
49.6de giovenetti imberbi, d'ogni lato
49.7venendo a presentarse a l'alte porte
49.8per le qual s'entra in la mirabil corte;
50.1in la mirabil corte ove se spende
50.2la moneta fatal in mercanzia,
50.3che felice è colui che ben la intende.
50.4Oh quanti i denar suoi gettano via
50.5e la sua merce frutto alcun non rende,
50.6anzi spesso gli è tolta per la via!
50.7Quanti meglio de li altri comprar credeno,
50.8che del suo grave error al fin s'avedeno!
51.1Mirando la gran porta alta e prestante,
51.2queste parole viddero sculpite
51.3sopra il grand'arco in letter de diamante:
51.4– Aprite gli occhi, o voi che qui venite,
51.5ponete al senso la ragione inante,
51.6a ciò che non comprati eterna lite –.
51.7– Qui libero il voler –, disse Lucina,
51.8– né biasmi alcuno la bontà divina;
52.1libero arbitrio dentro a questa porta
52.2vòl ch'ognun compri quel che più gli piace,
52.3né che qui sia sforzato alcun suporta,
52.4ben ch'un sensal talor troppo fallace
52.5i mercatanti a spender male esorta –.
52.6– Non però libertà prostrata iace –,
52.7sogionse poi, – e sol sarà represo
52.8quel che 'l tesoro suo qui arà mal speso –.
53.1Legendo i versi e odendo l'alma diva,
53.2nacque ai compagni un dubbio ne la mente
53.3che 'l suo gentil discorso assai impediva:
53.4avendo da lei 'nteso chiaramente
53.5che la Necessità gli umani priva
53.6de libertate, e ognun de lor or sente
53.7e lege sopra il mur tutto il contrario:
53.8però in lor cuor combatte un pensier vario.
54.1Per chiarir donque l'animo dubbioso
54.2a la regina Filareto disse
54.3con umil voce e in atto vergognoso:
54.4– Se a la Necessità il tutto obedisse,
54.5né può l'ordin fatal esser retroso
54.6a le cose che in ciel sono prefisse,
54.7e è forza che quel ch'avenir deve
54.8venga ogni modo, in spazio longo o breve,
55.1come libero arbitrio in questo loco
55.2abi possanza alcuna, deh, madonna,
55.3preghiamo il vogli a noi chiarir un poco;
55.4tu 'l sai, ché sciolta sei da mortal gonna
55.5e uman saper a par del tuo è un gioco,
55.6ché noi sian terra e tu celeste donna;
55.7però preghian ne levi fuor del core
55.8le tenebre col chiaro tuo splendore –.
56.1Con quella vista l'alma dea serena
56.2con quale i'nel principio ogni vivente
56.3a questa nostra vita mortal mena,
56.4a Filareto se voltò ridente,
56.5d'ogni dolcezza e d'ogni grazia piena,
56.6e disse: – Quant'è ingegno uman potente
56.7a capere del cielo alcun secreto,
56.8questo farottil chiaro, o Filareto.
57.1Dico che amata è la virtù e negletta
57.2da' mortali secondo il suo parere,
57.3né può la voluntate esser astretta,
57.4e tutto il mondo non faria piacere
57.5virtù ad alcuno, se non li diletta;
57.6donque lo eleger sta in vostro potere
57.7qual più ve piace,o bene o mal che sia,
57.8ma spesso lo esequir non è in balìa,
58.1sì che sola è de' miseri mortali
58.2la voluntate, e solo puon de quella
58.3disponer e aplicarli a beni e mali,
58.4e chi ha la mente a probità rebella,
58.5non biasmi 'l fato già, ma i suoi bestiali
58.6discorsi che fan più che la sua stella,
58.7ché bon voler può aver ciascun de voi,
58.8se ben non lo potesse esequir poi –.
59.1Questo diceva e più volea ancor dire
59.2la ianitrice de l'umana prole,
59.3quando la magna porta odirno aprire
59.4e una matrona dir queste parole:
59.5– Chionque desia nel mio giardin venire,
59.6prima che passi 'l megio giorno il sole,
59.7venga, ch'a ognun l'intrar sarà concesso,
59.8né chi più tardarà fia poi intromesso –.
60.1Così principïare un iubileo
60.2al suono de l'antifona primera
60.3s'è visto in coro, e alora il bono e 'l reo
60.4moverse e aviarse a longa schiera
60.5al loco dove a guisa de trofeo
60.6pende la bolla de indulgenza intiera,
60.7come se mosse a intrar nel gran recetto
60.8a quella voce il popul giovenetto.
61.1Disse Lucina alor: – Questa matrona
61.2Discrezïon chiamata è da la gente,
61.3né in questo luoco intrar può mai persona
61.4se la sua chiara voce pria non sente,
61.5e però andiamo, ché passata è nona,
61.6prima che 'l sol decline a l'occidente,
61.7ché chi vòl intrar poi, li giova poco,
61.8ma resta in questa turba per un gioco –.
62.1Fermò la lingua e i santi piedi mosse
62.2la sacra guida, avendo così detto,
62.3e ognun de lor a lei dietro aviosse
62.4per intrar nel mirabile recetto,
62.5dentro al qual tanta turba radunosse
62.6quanta mai fusse avante a uman cospetto,
62.7ché qua gente venia de tutto il mondo,
62.8come correno i fiumi al mar profondo.
63.1Come formiche al cumulo del grano
63.2a schiera van, così s'aviôr tutti
63.3a un'arbore procèra in megio il piano,
63.4la qual se carca de infiniti frutti:
63.5arbor è detta del iudizio umano,
63.6e in questo luoco dove fur condutti,
63.7Esperienza maestra d'ogni cosa
63.8patrona è de la pianta alta e ramosa;
64.1e ciascadun mortale che qui vene,
64.2li mena in un steccato la Esperienza,
64.3che chiusa intorno la bell'arbor tene,
64.4e come è dentro, gli suol dar licenza
64.5ch'un pomo gusti e più non gli convene
64.6toccarne, perch'un solo a sufficienza
64.7gli sazia l'appetito e fal contento
64.8come n'avesse manducati cento.
65.1– Oh quanto sono i gusti differenti!
65.2Come la prova qui veder se sòle! –,
65.3disse l'alma Lucina ai tre clienti,
65.4– questo maturo e quello accerbo il vòle,
65.5quel ne piglia uno in parte più eminenti,
65.6questo ver l'ombra il cerca e quello al sole,
65.7quel ne prende un caduto al terren sodo:
65.8ognuno al fin ne vòle uno a suo modo –.
66.1In nutrimento trasmutato a pena
66.2era il cibo suave a ognun de questi,
66.3che li pareva la campagna piena
66.4de vigil cure e pensier vani e mesti,
66.5e la lor mente, che pria fu serena,
66.6agitavan qual nube i venti infesti,
66.7e in compagnia de quei s'aviôr tutti
66.8ch'avean mangiati i saporosi frutti.
67.1Chi 'l pomo aveva da la cima preso,
67.2de pensieri ambiziosi e ultrici cure
67.3aveva il gusto del iudizio offeso;
67.4e quel che 'l tolse in parti ombrose e oscure,
67.5era la mente sua da un pensier leso,
67.6da voglie accompagnato accerbe e dure;
67.7così chi su la terra li cogliea,
67.8a cose vil la mente sua volgea.
68.1I più maturi e chi han più bel colore,
68.2sono quelli ch'al sol se trovan vòlti,
68.3e de più dolc'e più gentil sapore
68.4e men de gli altri da la turba colti;
68.5e ben ch'abbiano molto grato odore,
68.6nondimen sua fragranza offende molti
68.7e rari son ch'a l'arbore miranda
68.8vengan per frutti nati in quella banda;
69.1ma a ciascun che ne gusta, son sì sani,
69.2per la virtù che gli ha informato il sole,
69.3che li descaccia tutti i pensier vani
69.4e fa piacerli quelle cose sole
69.5che li fan lume eterno fra gli umani:
69.6però da quella parte venir suole
69.7la gente rara, ché lì nascon rari,
69.8ma più de gli altri prezïosi e cari.
70.1Così se suol dal sacro altar partire
70.2la gente del celeste pan saziata,
70.3come vedevan del steccato uscire
70.4la turba che de i pomi era cibata
70.5e tutti in una gran piazza venire
70.6de varie merce intorno circondata,
70.7come è accaduto spesso de vedere
70.8ne i gran mercati o ne le ricche fere.
71.1– Amici mei, che l'arbor vista avete
71.2e gustato de i frutti al sol maturi –,
71.3disse la diva, – ormai entrar potete
71.4in questo loco senza me securi:
71.5vari modi de vite vederete
71.6comprar fin che la lor moneta duri
71.7da questi, e se comprarne anco a voi piace,
71.8guardative d'alcun sensal fallace –.
72.1Al fin de quelle angellice parole
72.2disparve come subito coperto
72.3da scura nube il raggio chiar del sole,
72.4lassando loro in un camino incerto;
72.5pur se aviôr come aviar se suole
72.6colui che d'un paese è male esperto,
72.7che se drizza a la via più frequentata.
72.8Quel che seguì odirete un'altra fiata.
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