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Antonio Fileremo Fregoso Cavaliere: De la Probità, al probo Enrico Boscano

Silve

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1.1Solo e pensoso io passegiava un giorno
1.2per un'ombrosa e solitaria via,
1.3ascoso e ancor temendo d'alcun scorno;
1.4e discorrendo con la fantasia,
1.5pensava a la cagion de' mei gran danni,
1.6se da me nasce o da la sorte ria.
1.7Mentre che così andava pien d'afanni,
1.8una cui nom'è Probità sincera
1.9vidi venir ver me con negri panni;
1.10poi che vicina io la cognobbi ch'era,
1.11sdegnato un poco e pur con reverenza,
1.12me dolse esser mai stato in la sua schiera
1.13e disse a lei: – Madonna, è gran demenza
1.14a credere mai più che 'l tuo favore
1.15ad esaltare alcuno abbia potenza:
1.16s'io t'ho servita il sai con puro core,
1.17ma comprendo ch'è ver quel che se dice,
1.18ch'ogni tuo servo in povertà al fin more.
1.19Per te sperai, patrona, esser felice,
1.20poi che da ognuno sì laudar te udiva,
1.21ma secca a mia speranza è la radice.
1.22Con ciance ognun te estolle e dice diva,
1.23ognun la santa Probità te chiama,
1.24ma ne li effetti poi, chi non te schiva?
1.25Se tanti amici avessi quanto hai fama,
1.26serian gli umani, crede a me, beati,
1.27ma ognun finge d'amarte, e poi chi t'ama?
1.28Mira quai sono al mondo li esaltati,
1.29poi giudica il tuo stato da te stessa
1.30e quanto i tuoi clienti son stimati;
1.31donque se vede tua famiglia oppressa,
1.32né socorrer la pòi e aitar la dèi:
1.33a te servire è una roina espressa,
1.34sì che, infelice dea, da te vorrei
1.35licito fusse a me, senza 'l tuo sdegno,
1.36lassar tue leggi in questi tempi rei.
1.37Anch'io forse sarò d'acuto ingegno
1.38reputato fra questi, s'el avvene
1.39ch'io faccia eccesso de le carcer degno;
1.40so che laudar me stesso non convene,
1.41ma pur dirò che natural diletto
1.42sempre ebbi de servire e altrui far bene;
1.43poi ho veduto a me contrario effetto
1.44usar tal gente a cui talor giovai,
1.45né avere a l'amicizia alcun respetto,
1.46ché se qualche piacer li dimandai,
1.47trovato ho il zelo in lor di poi sì estinto
1.48come se visto non m'avesser mai.
1.49Il conversar suo fraudolente e finto
1.50a' probi altro causar non può che male,
1.51ché l'uno ha vero amor, l'altro è depinto;
1.52poi è cosa provata e naturale
1.53che tanto più de li altri è sempre offeso,
1.54quanto è più mansüeto uno animale:
1.55il leon fero de furore acceso
1.56in el maccello morto non se vende,
1.57ma 'l puro agnello in pezzi gli è suspeso;
1.58se l'esser probo, esser leal me offende,
1.59mia sorte ad altra vita me destina
1.60e vòl me volga a quel che 'l vulgo attende.
1.61Farò come colui che la piscina
1.62i'nela corte de su'albergo aveva
1.63fabricata per magica dottrina,
1.64che chi se ne bagnava o ne beveva,
1.65obliviava se stesso e, pazzo uscendo,
1.66mille bestialità di poi faceva:
1.67così de stulti il numero crescendo,
1.68fatti insensati tutti li abbitanti,
1.69restò sano il patron sì com'intendo,
1.70quale tra' savi era un de' più prestanti;
1.71ma da lor furie astretto, per gran tedio
1.72disse: – Che farò sol fra pazzi tanti? –.
1.73E prese per un ultimo remedio
1.74lavarse e bere e diventare insano,
1.75per non sentir de' folli il longo assedio:
1.76prudente usar fra lor li parea strano
1.77e come de fanciulli esser augello,
1.78che strastullando sempre l'hanno in mano.
1.79Però, per minor mal, come fe' quello,
1.80io viverò con gli altri a la moderna,
1.81poi che Vergogna ha perso il suo penello;
1.82per quanto col iudizio mio discerna,
1.83non sa più un volto colorir de rosso,
1.84ben che facesse opre d'infamia eterna,
1.85anze è spesso colui per rude e grosso
1.86che nella faccia mai, per alcun scelo
1.87da lui commisso, s'è de color mosso:
1.88però, segnora, torna, torna in cielo,
1.89ché de' tuoi servi sei la destruzione,
1.90poi che 'l tuo nome non se stima un pelo,
1.91e teco Pietà mena e Discrezione –.
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