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1.1Filelio vidi esilarar nel volto
1.2giongendo al fine de le mie parole,
1.3avend'io il suo quesito già resolto;
1.4poi se rivolse a me sì come suole
1.5ch'al ver consente e così disse poi:
1.6– Non fu error grande ch'adorass'il sole,
1.7ch'oltra ch'ho 'nteso gli argumenti tuoi,
1.8più assai cose gli son, chi ben gli pensa,
1.9a indurlo a quello con gli effetti suoi.
1.10Mira con quanta economia dispensa
1.11l'alma sua luce ne le stelle chiare
1.12e in tutto il mondo sua virtute immensa!
1.13Simulacro de Dio certo me pare,
1.14specchio nel qual resplende il sommo bene,
1.15de quel primo Motor vero esemplare.
1.16Quest'almo divo in sé il sigillo tene
1.17col qual la terra stampa, e col calore
1.18informa tutto quel ch'al mondo vene:
1.19son tutte l'arte nel suo sacro ardore,
1.20quali col caldo suo a gli animali
1.21ispira naturalmente nel core,
1.22e son chiamati istinti naturali.
1.23Gli umani a contemplar e imparar nati,
1.24col suo divin calor fanse immortali,
1.25e son d'ingegno alora più elevati
1.26quando se vede il ciel chiaro e sereno
1.27ch'in giorni nebulosi e perturbati;
1.28e chi potria contar sue laudi a pieno
1.29de questo luminoso occhio del mondo,
1.30anze cor vivo del celeste seno?
1.31Non è più l'empio Marte furibondo,
1.32né i rai più de Saturno son nocivi,
1.33quando miran l'aspetto suo giocondo.
1.34Quante piante e animai de vita privi
1.35pareno alora quand'è a noi lontano,
1.36ch'al suo ritorno poi ritornâr vivi!
1.37E chi ben mira con l'ingegno sano,
1.38vedrà che la divina Trinitate
1.39n'esprime e ne la mostra aperto e piano:
1.40l'eterno Patre sua feconditate
1.41ne representa, e la luce 'l Figliolo,
1.42l'ardore 'l sacro Spirto e caritate,
1.43sì che suoi rai da l'uno e l'altro polo
1.44narran la gloria de quel re del cielo,
1.45el quale eternamente è trino e solo.
1.46Ch'adorato già fusse in Delfo e in Delo
1.47credol, ché chi non vede sua potenza,
1.48ha de ignoranza ananze a gli occhi un velo;
1.49mostrato ha Dio in lui la sua sapienza,
1.50la comparte esso poi mirabilmente
1.51in ogni stella e in ogni intelligenza:
1.52però se 'l giovenetto fu sapiente,
1.53celeste animo avendo, io tel confesso
1.54che 'l frutto de la pianta il sapor sente.
1.55Ma poi che l'ora è tarda, come credo,
1.56torniamo al solitario albergo omai,
1.57al tuo bel Culturan qual vicin vedo,
1.58e ascosi da gli ardenti e solar rai,
1.59doppo la mensa con la lira al petto,
1.60canteren versi delettosi e gai:
1.61fia questo più laudabile diletto,
1.62Fregoso mio, che questa impresa vana,
1.63e più convenïente a un spirto eletto;
1.64poi che servito un pezzo abbian Dïana,
1.65Cerere e Bacco a sé ne chiamano ora,
1.66che compagnia me par utile e sana –.
1.67Però da quelle selve usciti fuora,
1.68fatto de li animali pïatoso,
1.69meco parlando il mio Filelio ancora,
1.70venimmo al loco ch'è dal vulgo ascoso,
1.71ove con le sorelle Apollo impera,
1.72recetto e ospizio d'ogni virtüoso,
1.73ove il sindico Momo se dispera
1.74per non poter entrar dentro le porte,
1.75ché nol vòl la Quïete in la sua schiera,
1.76e sta de fuora con le guance smorte
1.77e latra e ciancia e sol sé stesso rode,
1.78solo il consuma sua infelice sorte.
1.79Ma, sacra luce mia, tue sian le lode,
1.80ché m'hai dato quest'ozio, il qual, com'io,
1.81ogni spirto gentil spesso ancor gode.
1.82Poi ch'acceso m'ha in core 'l bel desio
1.83el tuo celeste e radïante lume,
1.84consacro a te questo libretto mio,
1.85e prego il tuo ammirando e divin nume
1.86con ramo verde de sua amata fronde
1.87lo asperghe alquanto del pegaseo fiume,
1.88e fien sì salutifere quell'onde
1.89scaldate da le fiamme tue divine,
1.90che rose nasceran fresche e gioconde
1.91fra queste inculte e sterile mie spine.
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