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1.1– Posto fine al parlar quel spirto eletto,
1.2nel qual sforzato s'era al suo potere
1.3la genesi provar del giovenetto,
1.4un altro che teneva altro parere,
1.5negava poter essere creato
1.6alcun senza venerëo piacere,
1.7e dicea: – Pria che sia 'l fanciul firmato,
1.8che per sé possa senz'alcun rettore,
1.9esser conviengli un anno in luce stato,
1.10se non che seria infetto dal fetore
1.11de le sue sordi, ché infra quell'etate
1.12de mutar loco ancor non ha vigore:
1.13sì che tanto error vano non crediate,
1.14che sia da terra come fongo uscito,
1.15però che questo la ragion non pate.
1.16Convien esser d'alcun nato e nutrito
1.17i'nell'infanzia sua, tenetel certo,
1.18e portato d'altrove in questo lito.
1.19Se nel nostro idïoma fusse esperto,
1.20da lui la veritate intenderesti,
1.21sì come esposto fu in questo deserto;
1.22e se creato come pria dicesti
1.23fosse da' febei rai, degli altri ancora,
1.24credo, trovato in l'isoletta aresti:
1.25quel medesimo Apollo ch'era alora
1.26e Terra ancor gli sono, e la Natura
1.27continuamente, al mio parer, lavora;
1.28che non produca umana creatura
1.29per longo secol già s'è visto e vede
1.30e vederasse, si in eterno dura,
1.31ma secondo la nostra santa fede,
1.32creato è l'om da Dio con gran sapienza
1.33e non a caso com'alcuno crede.
1.34Se vera fusse l'impia tua sentenza,
1.35seguitarebbe questo inconveniente:
1.36da' bruti e noi non esser differenza –.
1.37E egli a lui: – La nostra gran parente
1.38el nome de gran matre universale
1.39per questo vendicosse da la gente,
1.40che generato aveva ogni animale
1.41prima nell'alveo suo, e fu chiamata
1.42antiqua genitrice a ogni mortale;
1.43ma se de produr omini è cessata,
1.44non ha bisogno più, ché chiaro appare
1.45quanto ogni prole è in lei multiplicata –.
1.46E stando in questo dotto argumentare,
1.47un vecchio s'una piccola barchetta
1.48viden ver lor venir per l'alto mare,
1.49e dismontato a la bell'isoletta,
1.50la verità fu poi da quello intesa
1.51e in tutto l'opinion prima reietta.
1.52Così posero fine a lor contesa
1.53a la gionta de questa navicella,
1.54udendo 'l ver de la crudel impresa.
1.55Così disse il vechion: – Una sorella
1.56d'un magno re non già molto lontano,
1.57ch'era già stata a maraviglia bella,
1.58aveva consumato il tempo in vano
1.59e quasi anichilata la bellezza
1.60in casa del superbo suo germano,
1.61qual non trovando equale a loro altezza,
1.62mai con marito colligar la vòlse
1.63per non descender a sì vil bassezza,
1.64ond'ella gli occhi e 'l cor a un gioven volse,
1.65leggiadro e molto bello, e questo solo
1.66del suo fervente amor il frutto colse.
1.67Gravida deventata d'un figliolo,
1.68in breve tempo me scoperse il tutto,
1.69pria che de parturir sentisse duolo.
1.70Venuto in luce l'infelice frutto,
1.71a me conscio, temendo ambi la morte,
1.72el consegnorno con secreto lutto.
1.73Io servo, che 'l suo onor sempre amai forte,
1.74occultamente asceso in un burchiello,
1.75me drizzai dove volse la sua sorte,
1.76e capitato in questo loco bello,
1.77sul lito il posi in piccol'arca chiuso,
1.78perché pasto non fusse a fiera o augello,
1.79e de dolore e de pietà confuso,
1.80in poter de Fortuna lo lasciai,
1.81per obedir a chi obedir era uso.
1.82Per non sentire gli ultimi suoi guai,
1.83indi partimmi, e poi lontano alquanto,
1.84lacrimoso a vederlo me voltai:
1.85viddi una cerva al suo vagito e pianto
1.86ivi esser corsa e l'arca piccolina
1.87mugiando con piei batter d'ogni canto;
1.88vedendo quella fiera a lui vicina,
1.89per non veder il fin del tristo gioco,
1.90l'accomandai a la bontà divina,
1.91partendo me dal miserabil loco –.
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