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1.1Erato, che nei dotti amanti petti
1.2ispiri versi pien de risi e pianti,
1.3illustra, prego, i bassi mei concetti;
1.4ben che a la nostra età siano tanti,
1.5che nei soi dolci e infiammati affetti
1.6te invocono con più soavi canti
1.7a soccorrer sua eccelsa fantasia,
1.8non desprezzar la bassa lira mia.
2.1Se la savia matrona fu la guida
2.2di Ergotele e di me cauta e prudente,
2.3supplico te che ora sii scorta fida
2.4in questa impresa de mia vaga mente.
2.5E se oscuro pensiero in lei si annida,
2.6scaccialo o con toi raggi fal lucente.
2.7Guidami fuor di questa verde selva,
2.8senza insulto provar de alcuna belva.
3.1Redummi, o santa ninfa, a la memoria
3.2il gran camin de' dolci mei primi anni,
3.3quando ebbe Amor di me prima vittoria,
3.4e come io visitai quei sacri scanni
3.5del regno dove siede ogni sua gloria.
3.6A le ale del mio ingegno agionge i vanni,
3.7ch'io possa alzarmi al ciel qual Vener move,
3.8de Amor cantando in rime ardenti e nove.
4.1Già vermiglio era lo orizonte intorno
4.2da quella parte ove la vaga Aurora
4.3per noi apre le porte al novo giorno,
4.4quando da l'alta selva uscissem fuora
4.5al predetto camin per far ritorno.
4.6E così donque in breve spazio de ora
4.7al solito sentier tutti tornati,
4.8fummo da nostra guida assecurati.
5.1Da la procera selva insieme stretti
5.2tornando per fornir nostro vïaggio,
5.3disse la donna: – Ormai senza suspetti
5.4potrete in breve caminare adaggio.
5.5Pochi più trovarem lochi subietti
5.6al crudo Antero, ma uno eterno maggio
5.7voi intrarete e dove Primavera
5.8sempre ha spiegata sua regal bandera –.
6.1Chi andò mai verso la gentil Gaieta
6.2in el mese di april, quando di fiori
6.3di aranci e di limon la spiaggia è lieta,
6.4che spiran sì soavi e grati odori
6.5che non è mente sì di duol repleta
6.6che non cacciasse ogni tristezza fuori?
6.7E prima che vicino a lei si gionga,
6.8lo odor si sente un pezzo da la longa.
7.1Così di vaghi fior lo odor sentiva
7.2da aura soave in ver di noi portato,
7.3che fuor de lo amoroso regno usciva.
7.4Il venticello tepido e sì grato
7.5il cor mi recreava e mi nutriva
7.6con lo odorifer suo sì dolce afflato,
7.7né in la felice Arabia odor mai nacque,
7.8qual mi piacesse quanto questo piacque.
8.1Non eramo iti molti passi inante,
8.2che su la ripa a un rapido torrente
8.3giongemmo, ivi fermando nostre piante,
8.4ché non era di noi alcun potente
8.5senza barca o natar passar più avante,
8.6profonda essendo l'acqua e assai corrente.
8.7Ma perché a l'occhio mi parea sì chiara,
8.8vòlsi gustarne: ahimè, quanto era amara!
9.1Però dissi: – Madonna, non te incresca
9.2(so che saperlo a te fia cosa leve)
9.3de farmi certo fuor di qual loco esca
9.4l'onda che 'l gran torrente in sé receve,
9.5che in vista è tanto chiara, al tatto fresca,
9.6al gusto poi sì amara a chi ne beve.
9.7E se par temerario il chieder mio,
9.8perdona di sapere al gran desio –.
10.1– Da sutterranea vena o alpestro fonte
10.2non piangon l'acque che 'l torrente fanno –,
10.3respose a me, – ma fuor de umana fronte
10.4escon queste onde per superchio affanno.
10.5Vedi quel claustro là sotto il gran monte:
10.6lì dentro color chiusi errando vanno,
10.7che inebrïati son da quel liquore,
10.8quale Ormi sporse a te, non son troppe ore.
11.1Per le lacrime lor questa rivera
11.2amara cresce, come Po o Ticino
11.3o qualunque altro fiume a primavera
11.4per neve strutta in le Alpi o in Apennino.
11.5Gli angosciosi suspir, s'el se dispera
11.6alcun piangendo il suo crudel destino,
11.7sono qual vento tempestoso in le onde
11.8e fanlo spesso uscir de le sue sponde.
12.1Questo è quel fiume che divide il regno
12.2dil crudo Antero dal più culto stato
12.3de Amor, quale è signor potente e degno.
12.4Questo continuamente è travagliato
12.5da Gelosia, da Furore e Sdegno;
12.6quello altro poi è retto e governato
12.7da una, quale è de Amor carnal sorella,
12.8di Vener figlia, anzi è lei Vener bella.
13.1Questa è sì grata a ognuno e sì piacente
13.2che ogni core impie di la sua dolcezza:
13.3chiamata è Voluttà da tutta gente;
13.4non ti saprei narrar la sua bellezza;
13.5questa in letizia sta continuamente,
13.6anzi sola chiamar si può Allegrezza.
13.7Senza questa sarebbe il mondo perso,
13.8questa sola è il piacer de lo universo –.
14.1Così parlando e aspettando ancora
14.2se barca parea alcuna o ver burchiello,
14.3per portarne dil mal paese fuora,
14.4si fece intorno a noi presto un drapello
14.5de genti, che a passar spettavan l'ora
14.6in el regno de Amor fiorito e bello.
14.7Ma fallito gli venne il pensier poi,
14.8come udirete, né passôr con noi.
15.1Disse madonna a me: – Vedi quella una
15.2più fanciulla che alcuna sia qui intorno?
15.3Levità ha nome, e voltasi qual luna,
15.4e più è mutabil che de inverno il giorno,
15.5e instabil più che al vento foglia alcuna.
15.6Quella che al par di lei poi fa soggiorno,
15.7è la Temerità pazza e impudente,
15.8che de lo onore cura poco o niente.
16.1Quella altra (come vedi) è la Pigrizia,
16.2qual sta assetata, e l'altra è Felonia.
16.3L'altra poi così stretta è la Avarizia.
16.4Quella sì brutta in volto è Villania.
16.5Quella altra che vien drieto è la Tristizia
16.6col petto pieno di Melancolia.
16.7L'altro che par turbato ne lo aspetto,
16.8(se non me inganno) credo sia il Dispetto.
17.1Con queste, figliol mio, non passarai,
17.2perché se teco sola una ne viene,
17.3in drieto vergognato tornarai.
17.4Se io teco varcarò, nol so dir bene,
17.5però che intervenuto è volte assai
17.6che quella qual la barca qui mantiene,
17.7fuge il mio aspetto e la mia compagnia,
17.8e mi conviene andar per altra via –.
18.1Mentre parlava la matrona saggia,
18.2venir vidi una leve gondoletta
18.3da l'altra sponda in ver la nostra spiaggia,
18.4retta da una leggiadra giovenetta;
18.5né sì bel portitor credo il mondo aggia,
18.6come era questa dama tanto eletta.
18.7E gionta alquanto presso a noi, fermosse
18.8e, vista la madonna, assai turbosse.
19.1E cominciò con molta reverenza
19.2queste parole a dir: – Madonna accorta,
19.3non potervi imbarcare ho erubescenza,
19.4ché tanto peso il mio burchiel non porta,
19.5né far potrebbe al carco resistenza.
19.6In vostro cambio sarò fida scorta
19.7di questi doi che avante a voi qui stanno,
19.8questi altri so che mai non passaranno –.
20.1Un desdegnoso riso la matrona
20.2mosse, tacendo in cambio de resposta.
20.3Pur disse poi: – O simplice garzona,
20.4mentre che tu starai da me discosta,
20.5opra non potrai far laudata e bona,
20.6se a ogni alta impresa ben fusti disposta.
20.7Recordati che ruinar Fetonte
20.8facesti già con la tua ardita fronte –.
21.1E ella a lei: – A me ciò che vi piace
21.2potete dire, o degna de ogni onore,
21.3ma quel che ruinar Fetonte audace
21.4fece, Pantolmo fu, non già mio errore.
21.5Meco era allora e adesso assai mi spiace
21.6sua compagnia, mentre servo Amore.
21.7Io non posso passarvi, e non per sdegno,
21.8ma tanta gravità non regge il legno –.
22.1Dopo alquante parole, al fin pur piacque
22.2a la sacra madonna di lassarce
22.3passar con Gioventù quelle triste acque,
22.4e lei stessa agiutar vòlse imbarcarce.
22.5E tanta tenerezza al cor mi nacque,
22.6quando partir la vidi e abandonarce
22.7che in su la barca un pezzo io stei suspeso,
22.8dil che fui da la giovene represo.
23.1Così varcando il lacrimoso fiume,
23.2la giovenetta cominciava a dire:
23.3– O peregrino, qual celeste nume
23.4nel mal paese indusse te a venire,
23.5ché ognun che gl'intra quasi è per costume
23.6non trovar via da poterne uscire?
23.7Bene hai avuto in ciel benigno fato,
23.8poi che fuor la matronna te ha guidato –.
24.1Allor resposi a lei con tal parole:
24.2– Longa istoria sarebbe a dirvi il tutto:
24.3pria calarebbe in occidente il sole
24.4che al fin dil mio narrar fussi condutto;
24.5e il troppo longo dir recrescer suole.
24.6Se come io fui nel tristo regno indutto
24.7saper volete, pur or brevemente
24.8il tutto vi dirò e summariamente.
25.1Drieto a una bianca Cerva io mi perdei
25.2cacciata da doi cani a me sì grati
25.3che con tesor cangiati io non gli arei.
25.4E inteso aveva che eran capitati
25.5in mano di Dïana, e andando a lei
25.6fussemo nel suo regno ambi legati
25.7da quattro stradïotti del signore
25.8Dolce-risguardo capitan de Amore.
26.1E rescossi e menati ne ha poi quella
26.2per il regno di Antero scelerato,
26.3la qual non può caper tua navicella.
26.4E con periglio assai lo abbiam passato
26.5mercè di lei e nostra bona stella,
26.6non per saper che in noi abbi il ciel dato.
26.7Da lei così condutti fin qui siamo,
26.8per consignarce a Amor la seguitiamo –.
27.1– Donque tu sei pregion dil signor mio?
27.2Sian benedetti i lacci e le catene,
27.3qual te han fatto subietto a un tanto dio
27.4e stati son cagion de ogni tuo bene.
27.5Ogni altro tuo pensier manda in oblio,
27.6ché chi serve ad Amor, sì far conviene.
27.7Crede a me, né tener mei ditti vani:
27.8la bella Cerva trovarai e i cani.
28.1Non son sei giorni ancora, che sedendo
28.2sotto una arbore ombrosa presso un fonte,
28.3di doi cagnoli le ansie voci udendo,
28.4per veder quel che fusse, alzai la fronte.
28.5La bianca Cerva in fuga e i can seguendo
28.6vidi descender giù da quel gran monte,
28.7e venendo qui dritto a la rivera
28.8nel fiume si gittò la bella fiera.
29.1Oltra passò natando in un momento,
29.2e drieto a l'orme pel medesmo loco,
29.3seguendo con sollicito lamento,
29.4passôn doi cani rossi come un foco.
29.5E ancor nel petto quando mi ramento
29.6di questa bella caccia, io prendo gioco.
29.7Bracchi non vidi mai de simil sorte
29.8per tempo alcun ne la amorosa corte –.
30.1Lieto di questo annonzio ne la riva
30.2de Amor discesi con letizia tanta
30.3che nel cor mi starà mentre ch'io viva.
30.4La musica soave in ogni pianta
30.5di lieta primavera qui si udiva,
30.6quivi ogni augel de Amor le laudi canta,
30.7e a la sua amante ognun piacer desia,
30.8al modo suo con dolce melodia.
31.1E qui lo inculto e simplice pastore
31.2facea di schietti rami i ciuffuletti
31.3con le scorze bagnate dal sudore,
31.4e tra le fronde intenti gli augelletti
31.5fabricavano il suo annual lavore,
31.6da istinto natural fatti architetti.
31.7Qui ogni animal terren, disposto a amare,
31.8a fare il mondo bello intento pare.
32.1Qui si vedea natar ne la rivera
32.2tra le onde chiare, tremule e crispante,
32.3i pessi, come fanno a primavera,
32.4e al suon dil fresco rivo murmurante
32.5menar ballo amoroso a schiera a schiera;
32.6e alcun per più piacere a la sua amante,
32.7fare un sguizzo tallor di l'acqua fuore,
32.8mostrando quanto in le onde possa Amore.
33.1Oh, mirabil paese, oh di Natura
33.2officina gentil, ove ogni vita
33.3accende Amor con la sua face pura,
33.4clima dal quale è ogni viltà bandita,
33.5ogni triste pensiero e acerba cura
33.6pieno di dolce voluttà infinita!
33.7Come alzar potrò mai mio basso ingegno,
33.8ch'io narrar sappi questo sacro regno?
34.1Con la leggiadra e lieta giovenetta
34.2pel delettoso e florido camino
34.3andando, vidi una colonna eretta,
34.4che si potea veder dal peregrino
34.5che andar volesse a la cittate eletta;
34.6e era sculta a lettre de oro fino,
34.7qual lette, intesi che era un novo editto,
34.8che aveva fatto Amor poner lì in scritto.
35.1Dicea il precetto: – Chi la Gelosia
35.2in questo regno condurà secreto
35.3o ver palese per sua compagnia,
35.4questo sia noto e publico decreto
35.5a ognuno di qualunque stato sia,
35.6che in vita sua mai più non viva lieto,
35.7a perpetüe lacrime dannato,
35.8e sia fra' veri amanti vergognato –.
36.1Io dissi allora: – O giovenetta bella
36.2inteso ho però dir da molta gente
36.3che Gelosia de Amore era sorella,
36.4ben che mostra il decreto apertamente
36.5esser mortal nemica e sua ribella –.
36.6E ella a me: – Sappi che certamente
36.7essa non appartiene ad Amor vero,
36.8germana è certo dil fallace Antero –.
37.1Così parlando, ancor maraviglioso
37.2di questa novità che udito aveva,
37.3più dentro intrando il regno dilettoso
37.4il longo caminare io non temeva,
37.5ché una dolce fatica par riposo.
37.6E ne lo andar, recreazion prendeva
37.7da dolci canti e da soavi odori,
37.8qual le siepe rendean piene di fiori.
38.1Di sua presunzïon le arbori intorno
38.2prime a fiorire in primavera ardite
38.3non temevan da brina già alcun scorno,
38.4né da soffiar di Borea esser punite,
38.5ché eternamente qui tepido è il giorno.
38.6La amandola le chiome sue fiorite
38.7prima secura è qui mostrarle al sole,
38.8e fra le erbe le mammole vïole.
39.1A che durar tanta fatica in vano,
39.2credendo esprimer con mio basso stile
39.3quel che a pena caper può ingegno umano?
39.4Qui ogni cosa è mirabile e gentile,
39.5ché Amor gentil può fare ogni villano.
39.6Le contadine in abito suo vile
39.7mi sembravan ligiadre a maraviglia,
39.8ché il popul spesso al suo signor simiglia.
40.1Mentre io parlava, un dolce suon di piva
40.2da pifferi e da tromba accompagnato,
40.3non già troppo lontan da noi si udiva;
40.4e squadre di fanciulle da ogni lato,
40.5ognuna più gallante e più lasciva,
40.6vedeanse andare al ballo a un verde prato,
40.7dove era un templo e molta gente unita,
40.8giovene tutta e de una età fiorita.
41.1Ad una squadra io dimandai allora:
41.2– Ditemi, giovenette innamorate,
41.3che templo è questo qual così si onora,
41.4dove son tante genti radunate? –.
41.5Resposor: – La Letizia qua si adora.
41.6Questo è il suo templo, e si dentro gl'intrate,
41.7recresceravi uscirne fuora poi,
41.8né tanto lieto mai fu alcun di voi –.
42.1Disse Ergotele: – Ahi lasso, andiangli presto,
42.2ché altro mai non cercai in vita mia
42.3se non letizia, e ogni pensier molesto
42.4bandito fuora dil mio petto sia!
42.5Pur che stia lieto, poi non curo il resto.
42.6Volontier mi farete compagnia,
42.7il so, e chi non sta, chi può, in letizia,
42.8mi par che abbia gran vena di stultizia –.
43.1Al templo tutti tre così aviati,
43.2sentendo da la diva già il favore,
43.3prima che dentro a quel fussemo intrati,
43.4di lieti al ciel se alzava il gran gridore,
43.5in canti, in salti, in balli avilupati,
43.6a la diva ciascun facendo onore.
43.7Tese eran mense sotto gran frascate,
43.8come a la villa si suol far la estate.
44.1Ghirlande in capo quelle villanelle
44.2di fior vermigli o bianchi e de ogni guisa
44.3avean, ballando in candide guarnelle;
44.4e giovenetti amanti a la divisa
44.5con calze si vedean sfoggiate e belle.
44.6Una sol cosa assai mi mosse risa,
44.7che alcun di lor sudati eran sì forte
44.8che sarian l'acque da lor vesti estorte.
45.1Io dicea fra me stesso: – Ecco la prova
45.2quanto letizia possa in gli uman cori:
45.3con letizia il stentare a questi giova,
45.4grati gli son quei stenti e quei sudori.
45.5Se avvien che la letizia se rimova,
45.6queste fatiche gli saran dolori –.
45.7E come il suono più gagliardo se alza,
45.8più ognun con la sua amica in aria balza.
46.1Passando in ver il templo insieme uniti
46.2tutti tre noi, assai di quella gente
46.3ne fece a le ioconde mense inviti,
46.4e ben che visitare in primamente
46.5da ognun si debbe il templo che i conviti,
46.6a questo Ergotel già non pose mente,
46.7ché inebriato da letizia immensa,
46.8senza più preghi ivi asetossi a mensa.
47.1Quando di ciò me accorsi, io mi turbai,
47.2se pur si può turbare uno omo lieto,
47.3e infra il riso e il corroccio il dimandai:
47.4– Questo saprallo Apuano e Filareto? –.
47.5Poi gli diceva e altre cose assai,
47.6ma così arei potuto starmi queto,
47.7ché a le parole mie non dava audienza,
47.8sì che allor mi convienne aver pazienza.
48.1– Deh lassal star –, dicea la giovenetta,
48.2– con questa turba alegra in festa e in gioco;
48.3e se desio alcuno altro ti affretta
48.4de andar più presto a lo amoroso loco,
48.5la retornata tua digli che aspetta
48.6fra questi balli, il che sarà fra poco.
48.7E noi sì ne andaremo a nostra via,
48.8ché bastaratti assai mia compagnia –.
49.1Poi che letizia al giovenetto core
49.2cognobbi esser qual legno in foco ardente,
49.3che posto in quel suol radoppiar lo ardore,
49.4Ergotele lasciai fra quella gente,
49.5per la troppa allegrezza di sé fuore
49.6qual gli occupava tutta la sua mente;
49.7e non respondendo egli al parlar mio,
49.8io mi parti' da lui dicendo a Dio.
50.1Con molta tenerezza io mi partiva
50.2indi però, ma in breve essendo ascesi
50.3un vago monticel, dal qual scopriva
50.4intorno facilmente assai paesi,
50.5perché altro obietto alcun non impediva,
50.6né da ostacol nostri occhi erano offesi,
50.7Erotopoli vidi regia e magna,
50.8città de Amore in mezzo la campagna.
51.1Andàstu mai ver Roma, o spirto eletto,
51.2che sul bel colle, pria che a lei si gionga,
51.3appresentata è tutta al tuo cospetto,
51.4e di dolcezza par che el cor ti ponga
51.5il suo sacrato e venerando aspetto?
51.6E ben che il corpo tuo sia da la longa,
51.7mirando in quella, un tal piacer ne prendi
51.8che del desio de intrar tutto te accendi.
52.1E le sacre ruine ancor fan fede
52.2di la grandezza sua e a memoria
52.3reducon come già fu prima sede
52.4de lo imperio dil mondo e de ogni gloria;
52.5e di ciò che riscalda il sole e vede,
52.6eterna palma ne portò e vittoria.
52.7Tale a me fece quella città allora,
52.8la quale il mondo e il ciel tutto inamora.
53.1Vedendo fiammegiar quelle alte mura,
53.2e sì bel sito, e apresso scherzar l'acque,
53.3e un templo di sì bella architettura,
53.4allora io dissi: – Certo questo piacque
53.5più che loco dil mondo a la Natura –.
53.6Sì gran desio de intrargli al cor mi nacque,
53.7che quella via più lunga mi pareva,
53.8che 'l resto dil camin che fatto aveva.
54.1Vedeasi il gran delubro alzarse un poco
54.2da la magna città, per esser posto
54.3sopra un poggetto in più eminente loco.
54.4Vedendolo, lettor, così discosto,
54.5giurato aresti fusse stato foco,
54.6per esser sasso lucido e disposto
54.7a recever dil sole i chiari rai:
54.8edifizio più bel non vidi mai.
55.1E così stando in la gran luce intento
55.2a contemplar si fusse fiamma vera,
55.3ché a gli occhi mei parea novo portento,
55.4al fin cognobbi pur che reflesso era
55.5dil chiaro Febo, perché in un momento
55.6(sì come spesso avviene in primavera)
55.7fra il templo e il sole un nuvol se interpose,
55.8unde ecclissosse il templo e a noi se ascose.
56.1Partito il nuvoleto in poco de ora,
56.2sì come prima retornò fulgente,
56.3e fulgurare il vedevamo ancora.
56.4– O ammirabil virtù, tanto potente,
56.5dil sacro Apollo –, i' dissi fra me allora,
56.6– ammirar si dovria tutta la gente
56.7che 'l templo sol de Amor famoso e chiaro
56.8sia, quando il mira il viso tuo preclaro –.
57.1Scesi già essendo ne la gran pianura,
57.2a la magna città fatti vicini,
57.3sì che chiar si vedean le eccelse mura
57.4e esalare il fumo da i camini,
57.5vedendo la ammiranda architettura
57.6non da uman fabri fatta, ma divini,
57.7restai confuso allor di maraviglia,
57.8con bocca chiusa e con alzate ciglia.
58.1A un viatore a caso addimandai:
58.2– Che templo è quel, ché uno edifizio tale
58.3a la mia vita più non vidi mai?
58.4E perché eccede lo uso naturale
58.5di saper quel che sia desidro assai –.
58.6Respose a me: – Sappi che in temporale
58.7regge un signor la gran città nel piano,
58.8dil spiritual l'altro ha il scettro in mano.
59.1L'uno il loco che vedi in sul poggetto
59.2abita, e l'altro, come io dico, al basso.
59.3A quel di sotto il popolo è subietto,
59.4a quel che ha il templo là su l'alto sasso
59.5solo gli serve qualche spirto elletto –.
59.6Io cominciai ad affrettare il passo
59.7con la giovene mia compagna cara,
59.8poi che ebbi fatto mia rechiesta chiara.
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