about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books
1.1Mentre io parlava, un risonante corno
1.2sentiva in una selva assai vicina
1.3e di can molte voci udiva intorno.
1.4Fra me pensai che fusse la regina
1.5venuta a caccia forse in quel contorno,
1.6e però dissi: – Ergotele, camina,
1.7volge la prora del burchiello a riva,
1.8ch'io parlar possa a quella casta diva –.
2.1In breve tempo a terra lo spingeva
2.2e in la giarosa arena dismontati,
2.3a uno arboscel la corda revolgeva
2.4del schiffo, e in ver il sono ambi aviati
2.5de l'alto corno quale udito aveva,
2.6da la rivera un miglio delongati
2.7non eravamo a pena, che un pastore
2.8scontrai d'un magno gregge conduttore.
3.1Sotto gl'inculti panni un grato aspetto
3.2aveva, e se l'è il ver che le fenestre
3.3gli occhi di l'alma sian, dentro il suo petto
3.4non era certo qual di fuora alpestre,
3.5ma un nobile accidente in vil subietto
3.6in lui cognobbi a le parole destre,
3.7però che egreggiamente a quelle cose
3.8de qual lo interrogai presto respose.
4.1– Dimmi –, dissi, – pastor, (sì Pan deffenda
4.2da ingordi lupi il tuo fecondo gregge)
4.3qual via de andare a quel castel si prenda,
4.4dove la casta dea comanda e regge.
4.5E perché bene il tutto da te intenda,
4.6deh, dimme ancor se alle sue sante legge
4.7questo paese qual qui intorno vedo,
4.8è sottoposto, come penso e credo –.
5.1E ello a me: – Sì il regno è estenüato,
5.2che a pena a un miglio cinge le gran porte;
5.3e se non fusse il gran castel murato
5.4di frigidi topazi tanto forte,
5.5gli arebbe Amor più volte tolto il stato;
5.6e spesse fiate ancor con sue coorte
5.7fa correrie nel picciolo paese
5.8e sempre molte genti mena prese.
6.1Andiam sopra a quel poggio e vederai
6.2la magna rocca ne la fredda valle
6.3e da me il camin dritto imparerai,
6.4il quale è un stretto e poco usato calle –.
6.5Così si mosse e io lo seguitai
6.6con Ergotele mio drieto a le spalle.
6.7Montati il colle con assai prestezza,
6.8mostrommi l'ammirabile fortezza.
7.1E vòlto disse a noi: – Ve ne andarete
7.2per questo male agevole sentiero,
7.3fin che a quel ponte là voi giongerete,
7.4in capo al quale è il revelino altiero,
7.5come credo da qui veder potete –.
7.6E io: – O bon pastor, deh dimme il vero,
7.7se perigliosa è la scabrosa via
7.8de insulto di rapace fiera e ria –.
8.1Assecurommi, e io dil bon servizio
8.2il regraziai e poi il camin presi,
8.3e el tornava al solito esercizio.
8.4Eran sì freddi e sterili paesi
8.5che senza erba parea il terreno arsizio,
8.6unde che chiaramente allor compresi
8.7che in ogni loco dove manca Amore,
8.8bellezza esser non può né alcun vigore.
9.1Da l'alta rocca era ancor longe un poco,
9.2quando a martel campane udei per tutto
9.3sonar, come per guerra o ver per foco,
9.4e molti vecchi vidi e alcun putto
9.5fugire al vasto e inespugnabil loco
9.6con altra gente, come a suo redutto,
9.7gridando a l'arme e con la faza smorta,
9.8venir correndo in ver la fredda porta.
10.1E dimandai dil subito terrore
10.2la causa e con fatica ebbi risposta:
10.3che i stradiotti questi eran de Amore,
10.4quali ardendo e robbando, giù la costa
10.5calavan con solicito furore,
10.6e ogni villa a la diva sottoposta
10.7ponendo in preda, e erano lì presso.
10.8Dicean: – Se aspetti, il vederai tu stesso –.
11.1Ecco gridando – Arme! arme! – in un drapello
11.2con archi in mano e con turcassi a' fianchi
11.3ninfe venir correndo al gran castello,
11.4con soi bei visi per paura bianchi;
11.5e sì velocemente introrno in quello,
11.6che non parevan già soi piedi stanchi;
11.7e dentro intrate, il casto ponte alzorno,
11.8per non aver da quei soldati scorno.
12.1Per questa novità pien di timore,
12.2voltato in fuga per tornare a drieto
12.3Ergotele, e anche io con batticore
12.4uscimo fuor del calle consüeto,
12.5fuggir credendo questo gran rumore.
12.6Né fu il nostro partir tanto secreto,
12.7che a nostre spalle, come veltri a fiera,
12.8non fusser quattro armati a la leggera.
13.1E correvan gridando: – State forte!
13.2Fermateve! se non che in un momento
13.3da noi receverete ambi la morte –.
13.4Ergotel, che era pieno di spavento,
13.5vedendosi condutto a simil sorte,
13.6a fermarsi e a responder non fu lento.
13.7– Rendomi, o bon guerreri, a voi pregione,
13.8ma prego che ascoltate mia ragione.
14.1Sappiate ch'io son servo di Apuano
14.2e del compagno Filareto degno.
14.3Qua siam venuti per un caso strano
14.4in questo inculto e infecondo regno –.
14.5Ma sopragionse allora il capitano,
14.6Dolce-risguardo, privo de ogni sdegno,
14.7da Soave-parole accompagnato,
14.8dal quale anch'io pregione fui legato.
15.1Ma pure al fine tanto ardire io presi,
15.2ch'io dissi: – Invitto duce, già venuti
15.3non siamo in questi sterili paesi
15.4per dare a la regina alcuni agiuti,
15.5ma solo che per vero indizio intesi
15.6esser ne le sue mani pervenuti
15.7doi mei cari cagnoli in caccia persi,
15.8drieto a una bianca Cerva ambi dispersi.
16.1Cercando i mei bracchetti, io capitai
16.2in un sì degno e nobile castello,
16.3quanto altro loco ch'io vedesse mai.
16.4Così come è pallaggio ornato e bello,
16.5non men degni abitanti io glie trovai:
16.6il dotto Apuano e un suo come fratello,
16.7Filareto, quale è de scienza un mare,
16.8anzi la nostra età non ha a lui pare.
17.1E se qual sian costor forse ignorate,
17.2Apuano è quel che amò tanto Mirina,
17.3cui fiamme ancor saranno recordate
17.4fin che correran fiumi a la marina.
17.5E a ciò che a pieno il tutto ben sappiate,
17.6Filareto, che ha in sé tanta dottrina,
17.7nacque (non so se avesti mai memoria)
17.8de un conditor de la Sforziana istoria.
18.1Questi come fratelli al castel stanno,
18.2menando vita solitaria e lieta
18.3e de Amor servi son, sempre e saranno;
18.4così volse il suo genio e il lor pianeta.
18.5Questo suo servo meco mandato hanno,
18.6quale è destra persona e assai discreta,
18.7a ciò fusse mia fida compagnia,
18.8ché a venir solo io non sapea la via.
19.1Però sì come disse il Salvatore,
19.2se me cercate, lassarete gire
19.3questo compagno mio suo servitore –.
19.4Né sì pregare io seppi o tanto dire,
19.5che ambi non ne ligasser con furore
19.6come dannati a l'ultimo martìre.
19.7Dicevan: – Pregion sete a bona guerra,
19.8trovati essendo in questa fredda terra –.
20.1Poi che cattivo nel gelato regno
20.2da le squadre de Amore io fui legato,
20.3e che la Fede e il Cor vòlser per pegno
20.4de esser fidele a lo amoroso stato,
20.5usando a sua diffesa ogni mio ingegno,
20.6le orride selve avendo già passato,
20.7così pregione in le amorose schiere
20.8il fertil piano cominciai vedere.
21.1Chi scese mai da le fredde Alpi allora,
21.2quando il ciel vincitor fa de la notte
21.3il chiaro giorno, e che la vaga Flora
21.4de bei colori con le sue man dotte
21.5depinge il mondo, e che lo inverno ancora
21.6remasto è chiuso ne le alpestri grotte,
21.7poi gionto al pian tal differenza trova
21.8dal freddo monte, che par cosa nova,
22.1tal parve a me calando al bel paese,
22.2dove per lo amplo piano e amena valle
22.3eran già le amorose squadre scese,
22.4lassando il regno drieto a nostre spalle
22.5de la nemica de amorose imprese.
22.6E le fiorite rive, e verdi, e gialle
22.7e d'ogni altro gentil vario colore,
22.8pareano insieme ragionar de Amore.
23.1Non eramo un'arcata intrati a pena
23.2nel regno dove quel signore impera,
23.3che vidi la campagna tutta piena
23.4de carrïaggi e andare a schiera a schiera,
23.5come fa il fido condutter che mena
23.6le ricche merce da mercato o fera;
23.7e di queste tal salme i mulatieri
23.8eran Soavi, Dolci e Van-pensieri.
24.1Approssimato a loro addimandai:
24.2– Che merce è questa? dite, o bona gente,
24.3ché simil some già non vidi mai –.
24.4E risposto mi fu subitamente
24.5da un di' servi gentil più che altro assai:
24.6– Ozio, patre e signor nostro potente
24.7quanto principe sia in alcuna banda,
24.8vittuaglia a la corte de Amor manda.
25.1Questo è cibo de Amore e nutrimento
25.2del suo magno esercito trionfante,
25.3qual restarebbe in breve spazio spento,
25.4se 'l signor nostro placido e prestante
25.5tal provigion mandargli fusse lento;
25.6ma la amicizia loro è sì costante,
25.7che fin che 'l sol arà soi chiari rai,
25.8mandarglien l'Ozio non cessarà mai –.
26.1Fatto di mia domanda assai ben chiaro,
26.2e regraziatol, caminando in fretta,
26.3legato e con il mio compagno caro,
26.4ecco pel verde pian così soletta
26.5venir ver noi con passo grave e raro
26.6una matrona, che fra l'altre eletta
26.7a l'abito e a l'andare esser mostrava
26.8e gionta al capitan, così parlava:
27.1– O imperator de le amorose schiere,
27.2a te con puro core io son venuta
27.3a chiederti di grazia un gran piacere,
27.4qual se 'l farai, io ti sarò tenuta
27.5per fin che gireran le eterne sfere,
27.6per fin che l'ordin suo il ciel non muta.
27.7Questo è, che quel pregion per grazia chieggio,
27.8quale qui inanti a te legato io veggio.
28.1E di questo securo io voglio farte,
28.2e per lui la mia fede io ti prometto,
28.3ad Amor presentarlo da tua parte,
28.4se da la sorte ria non me è interdetto.
28.5Così ti giuro oprar mio ingegno e arte
28.6che quel ch'io dico sortirà ad effetto.
28.7Sòglielo adonque, invitto duce, io prego,
28.8e a mia domanda non voler far nego –.
29.1E ello a lei: – O reverenda e saggia
29.2donna, che da ognun merti cortesia,
29.3sappia che preso ne la fredda spiaggia
29.4l'han quattro de la nostra compagnia,
29.5a ciò che non credesti ch'io solo aggia
29.6sopra questo pregione ogni balìa.
29.7Ma far convien con lor qual bon compagno,
29.8dividere egualmente ogni guadagno.
30.1Quattro gran dame a la leggera armate,
30.2o Ragion santa, o donna de onor degna,
30.3a prender questi doi prime son state:
30.4certo nel bel paese ove Amor regna
30.5non son persone a lui di lor più grate;
30.6queste le pose già sotto mia insegna,
30.7però, madonna, chiamarem costoro
30.8e quel piacerà a me che piace a loro.
31.1Fama, o gentil trombetta de mia gente,
31.2senza dimora a me qui chiamerai
31.3Bellezza con Virtù tanto fulgente,
31.4Maniera-accorta, Liggiadria, e dirai
31.5che vengano qua a me subitamente.
31.6Tu stessa, o magna donna, intenderai
31.7il suo parlare, e poi pigliarem modo,
31.8se non sòglierlo, almen lentare il nodo –.
32.1Queste al gran duce inante appresentate,
32.2unanime negorno arditamente
32.3renderme la mia cara libertate.
32.4La gran matrona che era ivi presente,
32.5disse: – Deh, questo almen non mi negate,
32.6possa meco venir liberamente,
32.7promettendo a ogni vostra petizione
32.8renderlo a Amor, sì come or qui pregione.
33.1Deh, relentate le catene un poco!
33.2Se per crudeltà vostra al fin giongesse,
33.3biasmo sempre averesti in ogni loco,
33.4però respetto abiate anche a voi stesse.
33.5Ah, che pena crudel! catene e foco
33.6quale è mortal che tollerar potesse?
33.7Che maraviglia è poi se un fido core
33.8chiama tiranno e dispietato Amore? –.
34.1Modestamente la Ragion turbata
34.2queste poche parole gli avea detto,
34.3e vedendola allor così alterata,
34.4gli ebbero pure al fin qualche rispetto,
34.5però che ogni catena relentata
34.6fu a me non sol, ma al servitor diletto.
34.7Così ella se obligò per patto chiaro
34.8reconsignarce, e Fede fu il notaro.
35.1Liberi in vista e più che pria legati
35.2da la amorosa Fede avendo i cori,
35.3drieto a la gran madonna ambi aviati
35.4per sentier pien di amaraco e di fiori,
35.5per gli affanni soliciti passati,
35.6per gli amorosi avuti già timori,
35.7tutti sedessemo a pigliar reposo
35.8in mezzo un prato, sotto uno olmo ombroso.
36.1Sedendo sotto l'arbore frondosa,
36.2incomenciò la nostra fida scorta
36.3meco parlar con vista assai pietosa,
36.4e disse a me: – Per far tua mente accorta,
36.5sappi che questa via è perigliosa
36.6e remaner gli sòl gente assai morta.
36.7Però da molti lo avisato ho inteso,
36.8che dal periglio quasi è poi diffeso.
37.1Io credo certo che ambidoi sappiate
37.2come Venere e Marte da Vulcano
37.3fur presi ne le reti fabricate
37.4a questo effetto de sua propria mano,
37.5e se dil tutto ben vi reccordate,
37.6scoperti furno a quel stroppiato e strano
37.7dal radïante gran signor di Delo,
37.8che fabula non è più nota in cielo.
38.1De lo adultero amante e vulgar dea
38.2un figlio nacque nominato Antero;
38.3e perché patre bellicoso avea,
38.4tutto marziale e furibondo e fiero
38.5è nato; e perché Amor signor vedea
38.6in sì gran stato naturale e vero,
38.7per esser figlio del spietato Marte,
38.8per forza gli n'ha tolto una gran parte.
39.1Pel regno iniusto di quel gran tiranno
39.2noi passarem non senza gran periglio:
39.3i soi sugetti sempre in guerra stanno,
39.4ché dove è tal furor, non è consiglio.
39.5Ma se passar desiate senza danno,
39.6né far volete quel terren vermiglio
39.7dil vostro sangue, pronti a me attendete,
39.8e tutto quel ch'io dico osservarete.
40.1Noi trovaremmo sul bel prato ameno
40.2una che de cangiante va vestita,
40.3con vaso d'oro in man de liquor pieno,
40.4con qual ciascun che passa a bere invita;
40.5audace ne la vista e senza freno
40.6nel parlar, nel vestire e andar sì ardita,
40.7che l'augel si cognosce a la sua voce
40.8e a le penne, al volar tardo o veloce.
41.1Ormi è costei più appetitosa e nova,
41.2che un signor giovenetto, ricco e in pace.
41.3Costei de ogni mortal fa vera prova,
41.4qual fabro del metallo in la fornace;
41.5né sì robusto al mondo omo si trova,
41.6che non tema il liquor che tanto piace:
41.7Ercul già fu da questo umor confuso,
41.8quando fu visto con la rocca e il fuso.
42.1Credo che quella esizïal pozione
42.2Ciceon de Circe a questa simil fusse,
42.3quando trasmutò in fiere le persone
42.4qual seco Ulisse da Ilïon condusse
42.5dopo la miserabil destruzione.
42.6Come del petto Moli a quello escusse,
42.7l'erba divina, fuora il rio veneno,
42.8mei recordi faran né più né meno.
43.1Però da questa blanda adulatrice
43.2vi guardarete e dal liquor soave,
43.3con qual promette fare ognun felice,
43.4ma induce ebrïetate ottusa e grave,
43.5a quale impirsen tocca la sua vice.
43.6Questa fa ancora furibonde e brave,
43.7come fiero leon nel bosco folto,
43.8quelle persone che ne beven molto.
44.1E però, essendo ambi da me avisati,
44.2guardate il dolce gusto non ve inganni:
44.3qual dal medico infermi abandonati,
44.4non saria più remedio a' vostri danni,
44.5da tal bevanda essendo inebrïati.
44.6Al favellare, andare, a' gesti, a' panni
44.7cognoscer vi l'ho fatta, or state accorti
44.8che lo appetito al fin non vi trasporti.
45.1Or s– passiamo il passo periglioso.
45.2Disponetive arditi a l'alta impresa,
45.3ché la Fortuna agiuta lo animoso,
45.4ché qualunque ha Ragion per sua diffesa,
45.5raro avvien che non sia vittorïoso.
45.6Noi andaremo a la procliva scesa,
45.7in capo de la quale Ormi sogiorna,
45.8che chi la smonta, raro in s– mai torna.
46.1Se Ormi passiam securi come ho fede
46.2più alto pigliarem nostro sentiero,
46.3pel qual sempre fia egual piede con piede.
46.4Ben che paese sia selvaggio e austero,
46.5e bestiale il signor quale il possede,
46.6pur nondimeno di condurvi spero
46.7per questa strada senza aver molestia
46.8d'alcun di questi insani o d'altra bestia –.
47.1Come al suon di la tuba il guerrer forte
47.2e lo esortar dil degno capitano
47.3securo abassa il capo in ver la morte
47.4e entra ardito in ogni caso strano,
47.5tal fece anch'io per le parole accorte
47.6ditte da la Ragion con viso umano.
47.7Intrepidi così al dubioso loco
47.8presto giongessem, che era lontan poco.
48.1Con l'animo disposto a ogni tormento
48.2giongemmo avante a quel fallace aspetto,
48.3qual far promette in vista ognun contento,
48.4né segue a le promesse poi lo effetto.
48.5Mentre nel volto de Ormi io stava intento,
48.6mi sentei sì cangiare il cor nel petto
48.7dal sguardo suo sì dolce e venenoso
48.8che attonito restai tutto e dubioso.
49.1Gionti dove era lei, con lieto viso
49.2il vaso porse insieme a tal parole
49.3larvate sotto un simulato riso:
49.4– Qualunque in questo regno venir suole,
49.5per darti di la nostra usanza avviso,
49.6convien del liquor ber quanto ne vòle.
49.7Questo fa l'om più che Argo vigilante,
49.8e qual laude maggior si dà a lo amante?
50.1Se la pozion soave beverai,
50.2prima che al suo fin giongan gli anni toi,
50.3ogni piacer mondano gusterai.
50.4Or su, perché il pentir non giova poi,
50.5il tempo perso non retorna mai,
50.6prendilo e beve, mentre che tu pòi –.
50.7E come infermo allora io il tolsi in mano,
50.8che desia bere e teme sia malsano.
51.1Così di desio pieno e impaurito,
51.2posi il calice a bocca con suspetto,
51.3e vòto lo averei al primo invito,
51.4se non mi retrovava al gran cospetto
51.5di la matrona, quale ogni appetito
51.6sfrenato caccia fuor de lo uman petto.
51.7Ma pur quel che io gustai mi piacque tanto,
51.8che inebrïarmi dubitai alquanto.
52.1Bevuto arei di quello umor piacente,
52.2che di dolcezza ogni altra cosa eccede,
52.3quanto idropico, qual la sete ardente
52.4bevendo accresce e estinguerla pur crede,
52.5se non che la Ragion continuamente
52.6aveva inante, e avendo in lei gran fede,
52.7spense quel gran desio dentro il mio seno,
52.8come Alicorno spegner suol veneno.
53.1Poi che quel ceco guado e suspettoso
53.2per mia sorte campai, sì come nave
53.3che scoglio passa sotto le onde ascoso,
53.4né via passando al fondo ha tocco trave,
53.5io mi revolsi in drieto timoroso,
53.6sol per veder se dal liquor soave
53.7Ergotele mio caro era sì offeso,
53.8che 'l sentier ruinoso avesse preso
54.1e traboccasse giù nel fondo basso
54.2per la pendente e lubrica discesa.
54.3Ma poi ch'io il vidi con il torto passo
54.4andar come ebro al quale il capo pesa,
54.5per soccorrere al mio compagno lasso
54.6e per far contra al dolce umor diffesa,
54.7io corsi e strettamente lo abracciai
54.8e il suo viso in ver Ragion voltai.
55.1Il viso gli voltai gridando aita,
55.2ché retenerlo solo io non poteva;
55.3ma la matrona savia e espedita
55.4le man presto a la fronte gli poneva,
55.5soccorrendo a l'onore e a la sua vita,
55.6e sul dritto camino il revolgeva.
55.7E poi per dar reposo al corpo lasso,
55.8sedere il fece sopra un freddo sasso.
56.1Chi vidde mai fanciul col passo incerto
56.2lassarse da la matre con paura,
56.3che per non esser de lo andare esperto,
56.4cerca pur de appogiarsi a banchi o mura
56.5o ad altro sustentacol che gli è offerto,
56.6cader temendo su la terra dura?
56.7Così egli vacillando in piè levosse,
56.8poi stabilito in compagnia aviosse.
57.1Smarrito in vista e pallido nel volto,
57.2non essendo anche in sé ben revenuto,
57.3come om da grave sonno allora sciolto
57.4Ergotele pensoso stava e muto;
57.5ma pure al fine il spirito raccolto,
57.6poi che 'l periglio grande ebbe veduto
57.7il qual passato aveva, assai maggiore
57.8sentì che prima la paura al core.
58.1Allor la donna: – Qui adoprar lo ingegno –,
58.2disse, – bisogna, pel deserto piano
58.3passando il tristo e doloroso regno.
58.4Noi lassaremmo a la sinistra mano
58.5la amara valle, ove Furore e Sdegno
58.6regono sotto Antero il popul strano,
58.7e condurovi per più stretta parte
58.8ch'abbia il rio stato dil figliol di Marte –.
59.1A la matrona de sì mal paese
59.2addimandai chi fusser gli abitanti,
59.3e a mie richieste tal resposte rese:
59.4– Sappi qua dentro gli infelici amanti
59.5le furibonde fiamme in loro accese
59.6vanno esalando con suspiri e pianti.
59.7E vederai, se attendi a mie parole,
59.8che non si die impazzir, se amar si vòle.
60.1Pasifaè qui il scelerato amore
60.2mandò ad effetto, e qui Medea i figlioli
60.3e il fratel lacerò pel gran furore.
60.4Qui Filomena patì gravi duoli
60.5da Tereo ne la lingua e il suo dolore
60.6ancor piangendo par che reconsuoli.
60.7Filli, per Demofoon venuta stolta,
60.8se stessa si ha la corda al collo avolta.
61.1Quante morti, ruine e casi strani
61.2causati son da l'impïo tiranno!
61.3Sesto Tarquinio il sa, sanlo i Troiani,
61.4che già il provorno con suo grave danno.
61.5In conclusion son furibondi e insani
61.6quelli abitanti che qua dentro stanno.
61.7Qui incesti e sacrilegi in favor sono:
61.8pensa se abitar qua può uno uman bono! –.
62.1Come colui che per il bosco folto,
62.2temendo de latroni o de altra fiera,
62.3ratto camina pauroso in volto
62.4e più se affretta assai, ché da la sera
62.5dubbia nel mal camino essere accolto,
62.6ché ogni fatica fa parer leggera
62.7il timore e a i piè gli agionge le ale,
62.8ché 'l maggior mal fa leve il minor male,
63.1così caminava io con la mia scorta
63.2sollicito e da quella impaurito,
63.3ché un timoroso la paura il porta.
63.4Per quel parlare il quale aveva udito,
63.5Ergotele anche con la faza smorta
63.6stava con la madonna e meco unito,
63.7e ben che fusse allora alquanto lasso,
63.8accelerava per timore il passo.
64.1Io vidi allor cangiar tutta nel viso
64.2la nostra savia guida e compagnia,
64.3come colui che bissa a l'improviso
64.4col piè calpesta in mezzo de la via.
64.5E vòlta a me diceva: – Io ti do aviso,
64.6ver noi vien gente sì malvagia e ria,
64.7quanto altra fra costor trovar si possa,
64.8però nel core e in volto io mi son mossa.
65.1Pantolmo è questo, temerario e audace,
65.2Imero è seco pien de vil desio,
65.3a cui ogni piacer spurco sì piace
65.4che fra costor tenuto è quasi un dio.
65.5A questi doi profani troppo spiace
65.6la mia presenza e il bon consiglio mio;
65.7fra noi la inimicizia eterno dura,
65.8dispari essendo molto di natura.
66.1Però cediamo a questa gente un poco,
66.2ché licito è tallor per manco male
66.3dargli la strada o renonziargli loco;
66.4perché parlar gentil con lor non vale,
66.5e tiene ogni civil costume a gioco
66.6tal gente temeraria e bestïale.
66.7Intriamo in quella selva picciolina
66.8di verdi lauri, quale è qui vicina.
67.1Da i sacri rami soi sarem diffesi,
67.2a la fresca ombra noi staremo occulti
67.3e non saremo da costoro offesi;
67.4né temerem soi temerari insulti,
67.5né aremo in vano nostri passi spesi,
67.6tollendosi denanti a questi stulti.
67.7E perché il sol dil giorno è a l'ultima ora,
67.8ivi starem fine a la nova aurora –.
68.1Così nel trionfante bosco intrati,
68.2dal camin longo stanchi e dal calore,
68.3fussemo in breve tempo restaurati.
68.4Ecco venir costor con gran furore
68.5e in un momento furno via passati.
68.6E come Ragion disse, il suo splendore
68.7mandando il sole a fare altrove il giorno,
68.8giacendo ivi spettassem suo retorno.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)