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1.1Poi che Apuano mio me ebbe introdutto
1.2con tanto amor nel caro suo recetto,
1.3e riposato e ristaurato tutto,
1.4mi condusse a veder poi per diletto
1.5il sito e come bene era costrutto
1.6il palaggio, dil qual lui fu architetto,
1.7ché ognun de l'opre sue prende piacere
1.8e grato gli è se alcun le va a vedere.
2.1Giace nel fiume quasi una isoletta
2.2circondata da le acque eccetto un lato,
2.3dal qual se intra per via non molto stretta
2.4in questo loco pian, de mirti ornato.
2.5Ma molto a' riguardanti più diletta
2.6che in mezzo surge un monticel sì grato
2.7che di bellezza ogni altro colle eccede,
2.8in cima al qual quello edifizio siede.
3.1Non è il suo circuìto gran larghezza,
3.2però che 'l sito bel non è capace,
3.3né fatto per la guerra e in gran fortezza,
3.4essendo questo stanza de la Pace,
3.5fabricato a quïete e contentezza,
3.6per il vulgo fuggir vano e loquace;
3.7e pur in questa stanza abita Amore,
3.8le Grazie e Muse e il Delfico Signore.
4.1Il primo muro castellan rotondo
4.2da logge aperte circondato è intorno,
4.3che 'l fan di fuora in vista più giocondo,
4.4e quando il sol alzato è a mezzo giorno
4.5e che a noi più riscalda il nostro mondo,
4.6sempre venteggia al bel castello adorno;
4.7e fatto è con tal arte e così nova
4.8che ad aere aperto sempre ombra si trova.
5.1Piazza dentro non ha, ma una gran sala
5.2tutto il traversa e a' capi ha due gran porte,
5.3per le qual nel giardin vago si cala
5.4pieno di piante de ogni varia sorte;
5.5di pietre è fatta l'una e l'altra scala,
5.6facil a scender, non pendente forte,
5.7per le qual si descende come io dico
5.8nel bel giardino dilettoso e aprico.
6.1A la grande aula da ciascuna parte
6.2sono tre camerette tanto belle,
6.3che più non si puon far con umana arte,
6.4cui sopra celo è similmente a stelle,
6.5come ha la sala che 'l palaggio parte;
6.6in capo a queste son due vaghe celle,
6.7anzi doi nidi, ove questo omo degno
6.8parturisce i figlioli dil suo ingegno.
7.1E la suprema parte del bel loco
7.2a la già soprascritta è quasi equale
7.3in ogni cosa, o differente poco,
7.4salvo che non ha porte e non ha scale
7.5da calare al verzero a prender gioco,
7.6ma intorno intorno a gradi su si sale
7.7per una chiozzoletta molto acconcia,
7.8che del bel sito non si ne perde oncia.
8.1Di fuora in su la piazza piana e tonda
8.2ombrosi gelsimin la toppia fanno,
8.3qual lo edifizio egreggio circonda,
8.4e odore e ombra a gli abitanti dànno,
8.5che è cosa assai soave e assai gioconda;
8.6qui sotto molte fiate a seder stanno
8.7il gentil Apuano e Filareto
8.8con dotto ragionar dolce e discreto.
9.1Al piede del fruttifero poggetto
9.2un muro se alza alquanto da la terra
9.3per util fabricato e per diletto,
9.4che 'l vago colle intorno intorno serra,
9.5a ciò che a' frutti del verzer predetto
9.6selvaggia fiera non gli faccia guerra
9.7o qualche ingorda e insidiosa mano
9.8de alcun rapace e perfido villano.
10.1Sopra due porte del predetto muro
10.2son due logette sì leggiadre e belle
10.3che non è cor sì saturnino e duro
10.4che non si realegrasse intrando in quelle;
10.5su una colonna poi di marmor puro
10.6siede una naida, qual da le mammelle
10.7in mezzo del giardin vago e proclivo
10.8sparge in uno amplo vaso un fonte vivo.
11.1Lauri, cedri, limon, pomi granati,
11.2spinosi aranci e altre arbori assai
11.3presso a questo muretto son piantati:
11.4un più bel passeggiar non vidi mai
11.5come gli è sotto, e son ramosi e lati,
11.6resistendo con fronde a i solar rai,
11.7e perché sempre han foglie e frutti e fiori,
11.8ombre sempre hai e cibi e grati odori.
12.1Volge questa isoletta un miglio a pena
12.2e fra boschi de mirti e di ginestre
12.3de lascivi conigli è tutta piena,
12.4e stando nel palaggio a le fenestre
12.5si può veder quella pianura amena.
12.6Qual menti donque fian sì rozze e alpestre
12.7sì grata solitudine abitando,
12.8che al cielo non si alzassen poetando?
13.1In questo loco tanto dilettoso
13.2avea Apuano un sol compagno eletto,
13.3simile a lui, che è tutto virtüoso,
13.4e redutto era in questo bel ricetto,
13.5ché sapea ben che al vulgo è sempre esoso
13.6un dotto, un probo, un om giusto e perfetto;
13.7per un proverbio antiquo già alcun disse,
13.8che 'l simile il suo simile appetisse.
14.1Menavan questi vita solitaria,
14.2sciolti da ogni mondana e civil cura,
14.3se non quanto è al suo vitto necessaria:
14.4di medesmi costumi e di natura
14.5eran, né voglia in lor fu mai contraria,
14.6e certo io giurarei senza paura
14.7i geni soi d'una medesma stella,
14.8vedendo una amicizia come quella.
15.1De ambi fu sempre in studio il desio equale,
15.2ognun cerca di lor con penna fare
15.3e con inchiostro il nome suo immortale;
15.4in questo ancora è la sua voglia pare,
15.5che assai gli piace il viver naturale
15.6senza rispetti e in libertate stare,
15.7virtù apprezzando più che alcun tesoro
15.8e più che altra ricchezza il sacro alloro.
16.1Da poi ch'ebbi veduto a mio piacere
16.2il nobile edifizio e il sito lieto,
16.3portar sotto la loggia da sedere
16.4fece per me, per lui, per Filareto.
16.5Laudato a sufficienza al mio parere
16.6la stanza, il viver suo dolce e quïeto,
16.7le sequenti parole ancor soggionsi,
16.8con quale amicamente Apuano ponsi.
17.1E cominciai: – Apuano mio, se alcuna
17.2vita elegger dovesse, eleggerei
17.3questa più che altra sia sotto la luna,
17.4né con signore alcuno io cangerei
17.5(essendo come tu) la mia fortuna,
17.6ma certo assai de Amor dolerti dèi
17.7che in questo loco il tuo quïeto stato
17.8abbia con sue fiere arme perturbato.
18.1E per te assai mi doglio e maraviglio,
18.2che in questa etate tua grave e modesta
18.3di Citerea il suo lascivo figlio
18.4abbia in te acceso fiamma sì molesta.
18.5Io so che a te non manca già consiglio,
18.6né medicina a la tua pena infesta;
18.7e questo duol che la ragione eccede,
18.8donque dimme, ti prego, onde procede –.
19.1Chinato Apuano a terra gli occhi un poco,
19.2e poi alzati a guisa di ridente,
19.3rispose a me: – Non ha saper da gioco
19.4chi intende quanto Amor sia dio potente
19.5e la virtù del suo celeste foco.
19.6Però s'el ti par forse inconveniente
19.7che arda in questi anni, già non è error mio,
19.8forse è che non cognosci questo dio.
20.1Omo non è se non frutto de Amore,
20.2nato da caldo e amoroso affetto,
20.3e quando manca in noi questo calore,
20.4l'anima parte fuor del vivo petto,
20.5e morte, de gli uman sì gran terrore,
20.6questo partir da poi da ognuno è detto.
20.7Donque de vita Amore è la cagione
20.8e la morte de Amor resoluzione.
21.1Essendo io vivo, ancora vivo dura
21.2de i genitori mei l'atto amoroso,
21.3qual conservar con diligente cura
21.4indissoluto, o caro mio Fregoso,
21.5insignato ha la provida Natura
21.6a ogni animale, e aver l'opposto esoso.
21.7Creato essendo donque ognun de Amore,
21.8chi sente amor, già non commette errore.
22.1Anzi abitando in me così gran dio,
22.2dal quale a noi un tanto ben procede,
22.3dal quale io recognosco lo esser mio,
22.4ben sarei omo ingrato e senza fede,
22.5profano, senza legge, impio e rio,
22.6scacciarlo fuor de la sua propria sede,
22.7del fidel core mio, di questo petto,
22.8come ribello e traditor soggetto.
23.1E quanto è più in antiqua possessione,
23.2tanto manco io a discacciarlo fuora
23.3deggio prendere ardire e presunzione;
23.4e però, Filerèmo, se amo ancora,
23.5deh non aver di me mala opinione,
23.6ché non fa error chi il suo signore onora.
23.7E di quel che laudato esser dovrei,
23.8biasmo arò donque da gli amici mei?
24.1E questo è quel che più ch'altro mi spiace,
24.2che tutti siam soggetti al vulgo ignaro,
24.3qual sindica ciascun come gli piace,
24.4quantunque fusse uno om degno e preclaro,
24.5con il giudizio suo torto e fallace.
24.6Questo rispetto pur me è troppo amaro,
24.7che da privati del giudizio vero
24.8io sia stimato uno om vano e leggero.
25.1Ma, car Fregoso, bastimi sol questo,
25.2che se avesti di me alcun rio concetto,
25.3ora ti faccia il vero manifesto:
25.4che se ascritto me è pur questo diffetto,
25.5nasce dal sindicar dil vulgo infesto,
25.6al quale usanza ha fatto ognun soggetto.
25.7Ma il vero certo è poi pur altramente
25.8che quel che è giudicato da tal gente.
26.1Quel signor che in man tien la sacra face,
26.2chi 'l biasma, quanto fa profano errore!
26.3Però che questo è dio sol de la pace,
26.4né seco ha misto affanno o alcun dolore,
26.5come del vulgo è la opinion fallace,
26.6anzi dice ogni ben chi dice Amore;
26.7e se par che abbia seco alcun diffetto,
26.8non è colpa de Amor, ma del subietto.
27.1Ogni amara passion che in Amor viene,
27.2già non si chiama Amor, ma turbazione
27.3de Amor mi pare; e a chi considra bene,
27.4che altro è la gelosia, che opinione
27.5priva di vera fé, piena di pene,
27.6nata da mal pensiero e suspizione?
27.7Ma chi nel petto porta Amor sincero,
27.8offeso non è mai da tal pensiero.
28.1Se ami con puro cor dama gentile,
28.2come potrai pensar che tradimenti
28.3ti possa far costei né cosa vile?
28.4E così se ella te ama parimenti,
28.5crede sia cor in te degno e virile,
28.6sì che ardeti in tal fiamma ambi contenti;
28.7e se vedi in alcun bestial furore,
28.8nasce da sua natura e non da Amore.
29.1Vedèstu mai dentro una forte rocca
29.2torre di polver di bombarda piena?
29.3Che se l'avvien che foco alcun la tocca,
29.4tanto fetore e tanta furia mena
29.5che arde ogni cosa e il mur crepa e trabocca,
29.6né tal furor remedio alcun raffrena.
29.7Così de Amore un cor bestiale acceso
29.8resta da la sua fiamma sempre offeso;
30.1ma se dentro una ornata cameretta
30.2de odorifer genebro accendi foco,
30.3questa fiamma gentil giova e diletta,
30.4accesa nel suo tempo e nel suo loco;
30.5e se fumo e odor da poi fuor getta,
30.6piace poi molto a chi lo odora un poco.
30.7Così la fiamma del gentile Amore
30.8se esala, manda fuor più grato odore.
31.1E come un foco fa diversi effetti,
31.2sì come chiaro puoi veder per prova,
31.3secondo l'esca dove dentro il getti,
31.4così Amor par che offenda e par che giova;
31.5non è varïo lui, ma i soi subietti
31.6varia, come disposti gli retrova.
31.7Io per me già de Amor non mi lamento,
31.8ché crudeltà è cagion del mio tormento.
32.1Anzi avendo ora più il giudizio intero
32.2che in la età giovenil, sento dolcezza
32.3più assai che prima dil mio amor sincero.
32.4Or cognosco i costumi e la bellezza,
32.5ché gioventù più non mi cela il vero,
32.6e amo con più fede e più fermezza,
32.7e come veterano usato in guerra
32.8serberò fede fin ch'io torni terra.
33.1Non farò come il giovene soldato
33.2che in la sua gioventù si fida tanto,
33.3che è da ogni poco sdegno sollevato;
33.4posto ogni amore e servitù da canto,
33.5spesso il caro signore ha abandonato,
33.6e pensa in le arme aver tal preggio e vanto
33.7che per valente sia mostrato a dito,
33.8né che mancar gli debbia mai partito.
34.1E ben che amante io non ti para idonio,
34.2pur, così cerva, ancora amo Mirina
34.3quanto me stesso, e Dio me è testimonio
34.4che se avessi riparo a sua ruina,
34.5(forse nol credi e pareratte erronio)
34.6l'andrei cercando fin ove el sol declina,
34.7e per aitarla con il sangue mio
34.8farei qual pelicano a i figli pio –.
35.1E io a lui: – Non è gran maraviglia,
35.2Apuano, se ami ancor, ché in nobil core
35.3uno amoroso ardor presto se appiglia,
35.4e tardi o veramente mai non more.
35.5Dil tuo caso mi duol, che a un mio simiglia,
35.6e quasi pari siam di pene e amore:
35.7certo amici esser dovevamo insieme,
35.8poi che quasi una sorte ambidoi preme.
36.1Un dubio ho nel mio cor, né so se io il dica,
36.2ch'io dubito il mio dir non ti dispiaccia.
36.3Pur il dirò: se alla tua bella amica
36.4piacevi dimmi, come a te sua faccia,
36.5ché a una persona qual sia alquanto antica
36.6simil fanciulla par non si confaccia,
36.7ché gionta ad olmo vecchio vite nova
36.8mai non può crescer, né far bona prova –.
37.1Aveva Apuano aperto già la bocca
37.2per far risposta, quando Filareto
37.3disse: – Compagni, ora a parlar mi tocca,
37.4perché fin qui son sempre stato queto:
37.5io parerei fra voi persona sciocca
37.6non dicendo mia parte –, e in viso lieto
37.7venne mostrando quasi il bel concetto,
37.8che esprimer fuor dovea del dotto petto.
38.1E il pollice con l'indice congionto
38.2e alargato il resto de la mano,
38.3come chi tallor dir vuol sottil ponto,
38.4incominciò il compagno di Apuano:
38.5– Non era ancora il mio patre defonto,
38.6qual già fu grato al Principe in Milano,
38.7allor ch'io stetti assai con ample spese
38.8in la dotta Academia Ticinese.
39.1Guardava il gran castel de la cittate
39.2un gentil castellan, mio amico tanto
39.3che a mangiar mi teneva molte fiate
39.4come germano e a dormir seco a canto;
39.5e in quel castel (se ben vi ricordate)
39.6avea già posto il primo Duca santo
39.7una copiosa e gran biblïoteca
39.8di ebrea dottrina e di latina e greca.
40.1In questo sacro erario di sapienza
40.2me era licito intrare a mio piacere,
40.3e se libro alcun gli era di eccellenza,
40.4io poteva studiarlo e ritenere
40.5a mio bell'agio senza resistenza.
40.6E come volser le celesti sfere,
40.7io ne trovai fra tanti volumi uno
40.8che certo intender nol sapeva alcuno.
41.1E perché naturalmente desia
41.2ogni cosa vetata l'uman core,
41.3con ogni senso mio e fantasia
41.4io lo studiava e con tanto fervore
41.5che questo era mia sola compagnia
41.6per tutto dove io andava e a tutte le ore.
41.7E passeggiando un dì col libro in mano,
41.8trovai quel che cercato avea già in vano.
42.1Me avea de i studi già la vacazione
42.2data la rusticana libertate,
42.3e era in villa per recreazione
42.4dil dolce affanno che a studiar si pate,
42.5quando vidi venire un bel vecchione
42.6di grato aspetto in quella antiqua etate,
42.7essendo a passeggiar nel mio giardino,
42.8a la publica strada assai vicino.
43.1Approssimato, adimandai chi gli era,
43.2e ei respose a me: – Sono egiziano –,
43.3ben ch'io il cognobbi al viso e a la maniera
43.4e al favellare e a l'abito suo strano.
43.5E perché gionta ormai era la sera,
43.6e vedendo suo aspetto grave e umano,
43.7io lo invitai, e al fin lo invito tenne
43.8di alloggiar meco e dove io era venne.
44.1Poi lo introdussi ne la stanza cara,
44.2dimandando il suo nome e molte cose,
44.3per qual cognobbi esser persona rara;
44.4– Nilotico mi chiamo –, mi respose.
44.5E avendo mia mente assai ben chiara
44.6de le molte virtuti in lui nascose,
44.7intrassemo in l'ornato mio studietto;
44.8poi gli mostrai l'oscuro e bel libretto.
45.1Legendolo, restò tutto suspeso,
45.2e stupefatto a me così diceva:
45.3– Dimme se hai questo dotto libro inteso –.
45.4Io glie resposi ch'io non lo intendeva,
45.5ma che in studiarlo avea gran tempo speso;
45.6e poi suggionsi, come ben sapeva,
45.7che questa era dottrina egizïana,
45.8qual forse potea farmi chiara e piana.
46.1E ello a me: – Figliolo, un bel tesoro
46.2hai teco qui; se 'l cognoscesti bene,
46.3più il prezzaresti che gran peso d'oro.
46.4E veramente a te così interviene,
46.5sì come intervenir suole a coloro
46.6che van pel mondo errando con gran pene
46.7cercando la ricchezza, e in casa l'hanno
46.8sotterata e occulta, e non lo sanno.
47.1De divini secreti è il libro pieno,
47.2magia a questa ciascadun gli dice.
47.3Se intenderlo sapessi tutto a pieno,
47.4troppo saresti infra gli uman felice.
47.5Ma da me voglio che abbi questo almeno,
47.6che ti farò gustar de la radice
47.7di questa gentil erba che hai ne l'orto,
47.8ch'io so ti sarà grata e gran conforto.
48.1Tre magie sono, e prima è la divina,
48.2la seconda è venefica e profana,
48.3la terzia è natural vera dottrina.
48.4Ma perché giova a la natura umana
48.5la natural, che a noi è più vicina,
48.6cercarò farte questa alquanto piana,
48.7ché quella che è divina e a Dio amica,
48.8raro se acquista e al fin con gran fatica.
49.1Però che essendo sopranaturale
49.2questa santa arte, l'anima conviene
49.3a gli angelici spirti fare eguale
49.4e de le sordi e macule terrene
49.5purgarla in tutto e d'ogni mondan male
49.6con rigide astinenze e austere pene.
49.7E però rare volte si ritrova
49.8chi esponere se voglia a tanta prova.
50.1L'altra de malefici piena è tutta,
50.2piena de orrore e spiriti infernali:
50.3non ti saprei narrar quanto sia brutta.
50.4Qui teschi sono e membra de mortali,
50.5né de cruore uman la vedi sciutta.
50.6Cadaveri de occisi e mille mali
50.7son gl'istrumenti propri di questa arte,
50.8però non voglio più di lei parlarte –.
51.1Voltato lo egizian poi alcun foglio
51.2dil bel libretto, disse: – Questa è quella
51.3scïenza, de la qual parlar ti voglio.
51.4E vederai se a noi tallor ribella
51.5è la Fortuna e mostra il fiero orgoglio:
51.6spesso non è cagion la nostra stella,
51.7ma che sol da noi stessi quel procede
51.8e da ignoranza, come ognor si vede.
52.1Dicon gli Egizi nostri che Dio eterno,
52.2creato che ebbe il mondo, creò poi
52.3gli officiali che avessero il governo
52.4dei corpi inferïori e ancor di noi.
52.5E angeli a lor chiostro sempiterno
52.6ha dedicato per ministri soi,
52.7i quali hanno in custodia il seme umano
52.8più che altro seme di animal mondano.
53.1Démoni alcuni, alcun geni gli dice
53.2a questi spirti, e angelica natura
53.3hanno, se a' magi antiqui creder lice,
53.4avendo de la nostra vita cura.
53.5Quando si vede alcun che sia infelice,
53.6spesso interviene per la nutritura,
53.7per nutrito esser forse fanciulletto
53.8in esercizio al genio non acetto.
54.1Unde han gli Ebrei proverbio peculiare:
54.2quando vedeno alcun ben fortunato
54.3e molto nel mestier suo prosperare,
54.4dicono: – L'arte sua questo ha trovato –.
54.5Poi vederassi alcuno a questo pare,
54.6e forse ancor de ingegno più elevato,
54.7che d'ogni impresa sua mal gli interviene
54.8perché il suo genio non cognosce bene.
55.1Legesi ne lo Antiquo Testamento
55.2che non potendo Abram aver figlioli,
55.3pien di disgrazie e pieno di tormento,
55.4con lacrime, suspiri e amari duoli,
55.5ardente orazïon fece e lamento
55.6al gran Motore de i celesti poli,
55.7che 'l liberasse di sì iniqua sorte,
55.8ché la sua vita peggio era che morte.
56.1Era cultor de Dio probo e sincero,
56.2però angelica voce gli respose:
56.3– Cangia il tuo nome, patrïa e mestero –;
56.4e obedito quel che 'l ciel gli impose,
56.5adimpì poi ogni suo desidero
56.6e fin pose a le pene aspre e noiose.
56.7Or la cagione intendo dichiararte,
56.8perché il nome cangiò, la patria e l'arte.
57.1Quei démoni ch'io dissi abitatori,
57.2anzi ministri de le dive stelle,
57.3qual regon questi corpi inferïori,
57.4di natura son quasi pari a quelle,
57.5ché i servi, se piacer denno a' signori,
57.6aver non den sue voglie a lor ribelle:
57.7fan qual camaleon, che 'l color piglia
57.8del loco dove alberga e a quel simiglia.
58.1Chi Saturnini sono, e chi Ioviali
58.2chi Venerei, o del Sole, e chi di Marte,
58.3e chi di Luna, e chi Mercurïali,
58.4o ver di stelle site in altra parte
58.5incognite a noi miseri mortali.
58.6E però astronomia è dubiosa arte,
58.7ché noi umani non posiam sapere
58.8tutte le stelle in le celesti sfere.
59.1Sono gradi fra lor di perfezione
59.2col suo pianeta, come veggiam spesso
59.3ne le gran corti aver reputazione
59.4l'un più di l'altro e più al signor star presso;
59.5però quando in custodia il cielo un pone
59.6di questi geni a l'om che nasca adesso,
59.7tanto questo è a quel genio più soggetto,
59.8quanto è ne la sua stella più perfetto.
60.1Tallor Saturno un demone custode
60.2suol dare a l'om che nasce, al qual fia grato
60.3nel sacro tempio a Dio cantar le lode
60.4e a la relligione in tutto è dato;
60.5il patre poi che in la milizia gode,
60.6gli pone un fero nome di soldato,
60.7unde tal nome inconveniente parme,
60.8ché non convien la relligione e l'arme.
61.1Gli Ebrei e' Greci antiqui ebber gran cura
61.2ad imponere il nome a i figli soi,
61.3però che spesse volte lor ventura
61.4secondo il nome gli seguiva poi,
61.5ben che altramente a le troiane mura
61.6Protesilao in essemplo prender puoi,
61.7al qual dié nome il Fato in quella guerra,
61.8ché primo sanguinò la frigia terra.
62.1Geni son poi, i quali in custodia hanno
62.2le ville, le provinzie e le cittate,
62.3e se al genio tuo non si confanno,
62.4ivi mai non arai felicitate;
62.5anzi per questi lochi abitaranno
62.6genti a cui non arai conformitate,
62.7la qual – Sympathia – i dotti greci chiamano,
62.8però né te né l'arte tua mai amano.
63.1E poi chi una arte fa, la qual non sia
63.2grata al genio suo, mai non fa bene
63.3e il tempo e la fatica butta via;
63.4se pur la fa, la fa male e con pene.
63.5E però disse quella voce pia:
63.6– O amico acetto, a te cangiar conviene
63.7tuo nome, la tua patria e il tuo mestero –,
63.8ché 'l genio suo non cognosceva vero.
64.1Legesi di Saùl persecutore
64.2di la cristiana fé, la voce udita,
64.3mutò Saùlo in Paulo e in poche ore
64.4cangiò col nome suo costumi e vita,
64.5e vaso eletto fu dal Redentore,
64.6quale impì di sapienza che è infinita.
64.7E vederai, se tu considri un poco,
64.8che ognuno ha sua ventura in qualche loco.
65.1Quanti infelici cortegian si vedeno
65.2suo tempo consumar con un signore,
65.3perché la grazia sua acquistar si credeno,
65.4né mai scintilla aran dil suo favore;
65.5così questi infelici non si avedeno
65.6che 'l demon suo non era abitatore
65.7di quella stella, quale ha il genio dato
65.8a quel signor, che a lor fu così ingrato.
66.1E se musica è in ciel, come si dice,
66.2e armonia infra le eterne sfere,
66.3musica e armonia creder ne lice
66.4sopra a questi inferiori abbian potere,
66.5però fra lor mai non saranno amice
66.6due menti discordanti, al mio parere,
66.7come di quel signore il servo bono
66.8non fu sua consonanza né suo tono.
67.1Cortegiani che sorte avversa avete,
67.2cangiate loco per cangiar Fortuna;
67.3non di lei, di voi stessi vi dolete,
67.4se poi vi mira con sua faccia bruna.
67.5Troverassi da voi, se cercarete,
67.6vostra bona ventura in parte alcuna,
67.7né ve crediate che impossibil sia
67.8sì la bona trovar come la ria.
68.1Infra gli amici consonanza eguale
68.2debbe esser de lor menti e intelletto.
68.3Se questi doi sono accordati male,
68.4esser non può fra lor amor perfetto,
68.5e se pur par gli sia, nulla al fin vale,
68.6ché se musica è in ciel come te ho detto,
68.7lo accordo prima in ciel esser conviene
68.8ad accordar le nostre menti bene.
69.1In te allor sonaran ben le parole
69.2dil tuo amico, e costumi e ogni suo gesto
69.3ti piaceran, ché amor ver così vuole,
69.4né mai sarà fra voi parlar molesto
69.5come fra i fitti amici avvenir suole.
69.6Se un motto un dir vorrà, l'altro più presto
69.7a caso quel medesmo averà detto,
69.8perché conforme è l'uno e l'altro petto.
70.1E se amoroso foco vedi acceso,
70.2dui cori ardendo smisuratamente,
70.3sappi che quel ardore è dal ciel sceso;
70.4e quel che ha il genio suo più in ciel potente,
70.5più incende l'altro e il tien sogetto e preso,
70.6ma se doi vedi amarse parimente,
70.7in la sua stella son perfetti a un modo
70.8i geni, causa di quel stretto nodo.
71.1E se Amor di bellezza è desidero,
71.2sì come il divin Plato afferma e crede,
71.3qual causa fa che un om deforme e austero
71.4da una femina è amato e la possede?
71.5E femina con volto strano e fiero
71.6ardentemente amarla alcun si vede?
71.7Questo è che al suo giudizio gli par bella
71.8per i geni conformi in la sua stella.
72.1Se tu sapessi ben la convenienza
72.2de le cose del mondo, o figliol mio,
72.3aresti infra gli uman tanta potenza,
72.4che certo ognuno ti terrebbe un dio.
72.5E se vedi in alcun qualche eccellenza,
72.6è magia, e lui nol sa, perché il ciel pio
72.7l'arte sua gli ha concesso per ventura
72.8e trovar dil suo genio la natura.
73.1Gioveni eletti, quando aver volete
73.2prole che a voi sia simigliante in tutto,
73.3femina a voi conforme prenderete:
73.4pigliate essemplo da chi insere il frutto,
73.5che sempre pianta eleggere il vedete
73.6conforme al ramo, se cavar costrutto
73.7die' di quel surculo e aver frutto vero,
73.8ché non se inesta su la quercia il pero.
74.1Femina prenderete di natura
74.2conforme a voi e de la vostra stella;
74.3in gran ricchezza non ponete cura;
74.4più che di corpo, de animo sia bella,
74.5ché amor conforme longamente dura,
74.6né stirpe farà mai a voi ribella.
74.7Così sarete in una carne doi,
74.8E de ambi cori un sol voler fra voi –.
75.1Queste e molte altre cose lo egiziano
75.2disse di questa magia naturale,
75.3quale a narrare fora assai lontano
75.4dal proposito nostro principale.
75.5Dico che se Mirina amava Apuano,
75.6e ello lei, e lor fiamma era eguale,
75.7da i geni lor nasceva questo affetto,
75.8che eran conformi e unisuon perfetto.
76.1Assai più che vecchiezza puote il cielo
76.2tra Apuano e Mirina a fare il nodo
76.3ché non gli valse aver canuto il pelo,
76.4ché congiongerli Amor ben trovò il modo.
76.5Però più chiaro che 'l signor di Delo
76.6cognoscer puoi che lo amoroso chiodo,
76.7prima che ad Apuan passasse il core,
76.8fabricato in la sfera fu de Amore –.
77.1Io sarei stato ad ascoltare intento
77.2il favellar di Filareto un mese,
77.3se stato fusse di parlar contento.
77.4E d'un desio il cor così mi accese
77.5come stoppia se accende per gran vento,
77.6e sol di brevità suo dir mi offese,
77.7ché chiaramente arei voluto intendere
77.8come il suo genio alcun possa comprendere.
78.1Però gli dissi per farme più chiaro:
78.2– Da poi che fatto m'hai mio dubio piano
78.3col dotto ragionar sublime e raro
78.4come amata Mirina fu da Apuano
78.5e come ella fanciulla ebbe lui caro,
78.6ben che il crin gli vedesse in capo cano,
78.7ché era de i geni lor la convenienza,
78.8quale ha nei petti uman tanta potenza,
79.1dimmi: chi 'l demon suo ben cognoscesse,
79.2credi tu che costui mirande cose
79.3per questo più che uno altro far potesse? –.
79.4E brevemente a me così respose:
79.5– Restarebbe ammirato chi sapesse
79.6le virtuti che reston dentro ascose
79.7ne i petti umani e non han fatto frutto,
79.8ché 'l genio non cognobber suo da putto.
80.1Dissemi questo ancora lo egiziano,
80.2ch'ognuno a qualche effetto al mondo è nato
80.3massime quando è de intelletto sano;
80.4e se a qual arte il genio suo inclinato
80.5sia più, cognoscer vuole alcuno umano,
80.6guardi quale esercizio è a lui più grato
80.7e quel che imparar suol più facilmente
80.8e portal sempre impresso ne la mente;
81.1e dormendo e vegliando da garzone
81.2sempre disposto gli abbia avuto il core;
81.3e in la sua casa per ogni cantone
81.4abbia qualche signal di questo amore.
81.5E se ad altro esercizio alcuno il pone,
81.6di lassar questo mostri gran dolore:
81.7si cognoscerà allora il fanciul certo
81.8a quella arte dal cielo essere offerto.
82.1E se ad altro mestero alcun lo induce,
82.2non è possibil mai che faccia bene,
82.3ché il genio il quale è di sua vita duce,
82.4col suo esercizio in nulla si conviene.
82.5E però fine a morte si conduce
82.6come om che 'l camin suo dritto non tiene
82.7per il peregrinar di questa vita,
82.8perché ha la strada al principiar fallita.
83.1Per questo alcuni vederai, che vanno
83.2pel mondo errando qual gente smarrita,
83.3né quel che far de la sua vita sanno,
83.4quali han dal petto ogni virtù bandita;
83.5e come fuci al mondo son per danno,
83.6gente che staria meglio sepelita,
83.7ché non consumarebbe almanco il vitto
83.8ad altri che hanno preso il camin dritto.
84.1E così se alcun loco conveniente
84.2elegere al tuo genio tu vorrai,
84.3guarda dove serena hai più la mente,
84.4dove rïesce meglio quel che fai,
84.5dove più sano stai continuamente,
84.6dove più veri amici acquistarai,
84.7dove prosperi più che 'l consüeto,
84.8dove manco te incresce e stai più lieto:
85.1questo sarà conforme loco e acetto
85.2a te, e ivi mai non farai male.
85.3E però alcuno mago antiquo ha detto
85.4che un pazzo, qual sia pazzo naturale,
85.5meglio che 'l saggio spesso è dal ciel retto,
85.6chi a ragion rotto abiando il barbozzale,
85.7si lassa dal suo genio trasportare
85.8dove gli piace e sta dove gli pare.
86.1L'altro che da se stesso si consiglia
86.2con ragion, fa al suo genio resistenza
86.3e spesse volte al suo peggior s'appiglia,
86.4ché può più il cielo che la sua sapienza.
86.5Il pazzo ad un magnate che 'l simiglia
86.6andarà, a cui fia grata sua presenza,
86.7e piacerangli soi costumi e gesti,
86.8e ogni giorno daragli argento e vesti.
87.1Quell'altro, se gli stesse poi mille anni
87.2a la sua porta a dimandare il pane,
87.3perderà il tempo e arà stracciati i panni
87.4e parerangli sue parole vane.
87.5E però cognoscete i vostri danni,
87.6o virtüosi, e se virtute inane
87.7vi pare, avvien che la virtute è rara,
87.8sì che raro si trova a cui sia cara.
88.1Démoni sono ancora di natura
88.2mali, che nostre menti impien de vizi,
88.3il che solo a pensar mi fa paura;
88.4da questi nascon tutti i malefizi:
88.5son Marzïali e crudi oltra misura
88.6tutti i peccati seco hanno e flagizi,
88.7e come peste si dovrian fuggire
88.8color che a questi sogliono obedire.
89.1Chi sta vicino a chi maneggia odori,
89.2forza è che senta de l'odore un poco;
89.3e così fanno ancora i nostri cori
89.4e con soi raggi fan come fa il foco,
89.5che chi propinquo sta a sì intensi ardori,
89.6presto se accende, se non muta loco.
89.7Fuggiam questi animali tanto brutti,
89.8ché un pomo infetto gli altri guasta tutti.
90.1E se quel ch'io te dico ti par vano,
90.2gli sian démoni boni e scelerati,
90.3come debbe tenere ogni cristiano,
90.4vatti consiglia con toi santi frati
90.5che la Sacra Scrittura han sempre in mano,
90.6ché Dio in custodia doi angeli ha dati,
90.7un bono e un rio a ogni mortal che nasce,
90.8che a morte lo accompagnan da le fasce.
91.1E se con diligenza leggerai,
91.2Socrate infra sapienti il primo eletto
91.3che al demon suo parlò tu troverai,
91.4e in la voce il cognobbe e ne lo aspetto;
91.5e quel che disse: – Ancor mi vederai
91.6nei Filippici campi al tuo cospetto,
91.7o Brutto –, e ivi poi così gli aparve
91.8con viso irato e paventose larve –.
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