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1.1L'augel cristato che predice il giorno,
1.2col canto accorti già fatto ci aveva
1.3che 'l chiaro Febo a noi facea retorno
1.4e il lume a le altre stelle ritoglieva
1.5col chiaro raggio suo, e il viso adorno
1.6Clizia ver lo orïente rivolgeva
1.7tutta bagnata dal notturno umore,
1.8spettando il sguardo dil suo antiquo amore.
2.1E già la peregrina rondinella
2.2col suo derrotto canto e col suo strido
2.3destava al suo lavor la villanella.
2.4La timida lepretta un loco fido
2.5già ricercava in questa parte e in quella,
2.6per fare il suo covile e occulto nido.
2.7Già rossegiava in cel la bella Aurora:
2.8non era notte, né ben giorno ancora,
3.1quando io che di partirme avea desio
3.2per mei cani cercar, me apresentai
3.3dinanti al saggio e degno ospite mio
3.4e così regraziarlo io cominciai:
3.5– Caro benefattor, già mai in oblio
3.6non mandarò quel ben che fatto m'hai;
3.7per fin che 'l spirto reggerà queste ossa,
3.8sempre ti servirò, mentre ch'io possa.
4.1Guidime pur dovonque vuol Fortuna,
4.2che questo benefizio in la mia mente
4.3serberò fin che in ciel sarà la luna,
4.4fin che il raggio del sol chiaro e lucente
4.5averà di sua luce parte alcuna.
4.6Se dopo morte ancor l'anima sente,
4.7sempre mai l'opra tua sentirà grata:
4.8tua gloria ognor da me sarà cantata.
5.1Partir me voglio, e nel partir mi duole
5.2ch'io non possa con l'opra regraziarte
5.3come faccio ora con le mie parole;
5.4ma se mai il ciel mi dà ch'io possa farte
5.5pur la metà di quel che 'l mio cor vuole,
5.6vedrai che senza far di me altre carte
5.7tuo servo me hai comprato in sempiterno
5.8e che nel cor tal obligo governo.
6.1Da te mi parto, come suol dal fiore
6.2la parca e ingegnosa ape far partita,
6.3carca di dolce mele e grato odore.
6.4E ho la mente mia così fornita
6.5di grato cibo e di dolcezza il core
6.6che durerammi mentre arò la vita;
6.7e ne lo inverno de la mia vecchiezza
6.8fia poi mio nutrimento e contentezza –.
7.1E ello a me: – Poi che 'l partir ti piace,
7.2sì felice partita il ciel te dia
7.3che sempre abbi nel cor tranquilla pace;
7.4e faciati Fortuna compagnia
7.5prospera e mai a te non sia fallace,
7.6anzi benigna sempre e sempre pia –.
7.7E detto questo, mi toccò la mano
7.8con viso e con aspetto dolce e umano.
8.1In breve sceso avendo il poggio santo,
8.2forte a sonare io cominciai il corno.
8.3Essendo intrato ne la selva alquanto,
8.4chiamando i cani e riguardando intorno,
8.5fermo stava a veder se da alcun canto
8.6le voci udisse o a me fessen ritorno;
8.7e di trovargli ardendo in me il desio,
8.8l'occhio ingannai più volte e lo odir mio.
9.1Ero a vedere e ascoltar sì intento
9.2ch'io stava ad ogni strepito suspeso
9.3de ogni fraschetta che movesse il vento,
9.4e avendo in vano già gran tempo speso
9.5per quella selva piena di spavento
9.6e nulla mai di lor ne visto o inteso,
9.7già fuor di speme de trovar mei cani,
9.8fra me faceva mille pensier vani,
10.1quando ivi, a canto il bosco, in un bel prato,
10.2viddi un seder da me non lontan molto,
10.3che in vista mi parea tutto turbato,
10.4se il core se comprende per il volto.
10.5E così alquanto a quello avicinato,
10.6uscendo fuora anch'io del bosco folto,
10.7il salutai e, ben che fusse mesto
10.8rispose al mio saluto umìle e presto.
11.1– Gioven, salute a te render non posso,
11.2perché d'ogni salute io sono privo,
11.3e sì rivolta me è Fortuna adosso
11.4che è maraviglia che me vedi vivo.
11.5Né credo mai da me possa esser scosso
11.6l'aspero mio dolor tanto eccessivo,
11.7né in animi celesti arei creduto
11.8fusser tante ire come ho poi veduto.
12.1Lassami pianger la mia dura sorte;
12.2pàrtite, ché al mio mal non hai remedio;
12.3sol remediar gli può la fredda morte.
12.4E io: – Se col venir te ho dato tedio,
12.5or partirommi, e certo mi duol forte
12.6Fortuna al tuo cor ponga tanto assedio;
12.7ma pria ti prego, e non ti sia discaro,
12.8de una picciola cosa farmi chiaro.
13.1In questa selva aresti per ventura
13.2sentito o visto doi cagnoli in caccia,
13.3rossi, drieto a una Cerva bianca e pura? –.
13.4Al mio parlar cangiosse ne la faccia,
13.5sì come a chi una sùbita paura
13.6dal colorito viso il sangue scaccia
13.7e corre al cor come a sua rocca forte,
13.8le parti esterïor lassando smorte.
14.1Allor cognobbi che la mia rechiesta
14.2fatto gli avea qual malescalco suole
14.3quando il cavallo alcun dolor molesta
14.4e ritrovar il loco infermo vuole,
14.5che 'l va toccando in quella parte e in questa,
14.6fin che pone la man dove gli duole,
14.7o con martello il piè batte in tal modo,
14.8che poi cognosce dove stringe il chiodo.
15.1Per che, lettor, allor compresi certo
15.2che 'l nome di quel candido animale
15.3gli era nel cor qual ramo in ramo inserto
15.4e che col mio parlar tocco avea il male.
15.5Essere assai mi duolse discoperto
15.6di quella bella Cerva suo rivale,
15.7né arei voluto per gran preggio allora
15.8mandar più di tal tema motto fuora.
16.1E se non che da un suo suspiro ardente
16.2questa risposta venne accompagnata,
16.3mi partiva da lui subitamente;
16.4e così disse: – Ben che renovata
16.5me abbi la piaga e fatto il duol presente,
16.6ché la mia pena alquanto era sedata,
16.7dirotti quel che di toi cani ho inteso,
16.8poi che tu m'hai di parlar teco acceso.
17.1Già rossegiava il ciel ne l'occidente
17.2e i vapori dal sol da terra alzati
17.3qual fumo si vedevan da la gente
17.4sopra campagne e sopra verdi prati;
17.5Febo già si mostrava in orïente
17.6coi raggi del bel viso suo infiammati,
17.7non tal, sì come quando è in l'aere puro
17.8sopra di noi in mezzo il ciel azzuro,
18.1quando con un sollicito latrare
18.2senti' doi cani in questa selva folta
18.3una fiera gran tempo eri cacciare;
18.4ma perché il sol sua luce avea raccolta
18.5in ver l'occaso, e da me alontanare
18.6udendoli, a' mei passi allor dei vòlta
18.7in ver l'albergo mio non già lontano,
18.8qual sede apresso al fiume nel bel piano.
19.1Sol questo ho inteso e questo solo indizio
19.2di toi fieri cagnoli io posso darti.
19.3Ma ascolta, ché secondo il mio giudizio
19.4dubito vogli in vano affaticarti
19.5de riaverli mai al tuo servizio,
19.6perché venir suol spesso in queste parti
19.7la diva che inimica a Amor si dice,
19.8con le sue caste ninfe cacciatrice,
20.1e le ansïose voci udei voltarsi
20.2in ver le selve, dove il casto coro
20.3suol con la diva in caccia esercitarsi.
20.4Però se capitati fian tra loro
20.5e convenienti al suo esercizio parsi,
20.6se gli portasti un magno e bel tesoro,
20.7non gli arai, credi a me quel ch'io ragiono:
20.8femine tutte e appetitose sono.
21.1Ma se sapessi chi è la fugitiva
21.2Cerva, che i cani tuoi in fuga han vòlta,
21.3sarebbe la tua mente ammirativa;
21.4e se saper il vòi, qui sede e ascolta,
21.5e dirò come fu di forma priva
21.6umana, essendo in questa selva folta.
21.7Ben che fia un rinovare il mio dolore,
21.8pur giova a un bon compagno aprire il core.
22.1Tuo aspetto in prima gionta assai mi piacque
22.2e di te molta bona opinïone
22.3subitamente dentro il cor mi nacque:
22.4forse che amici il cielo ci dispone.
22.5Poi che a seder su questo prato io giacque
22.6per disfocar l'acerba mia passione,
22.7sempre desiai un fido amico apresso;
22.8forse qua il ciel te invia e sei quel desso.
23.1Sappi che i giorni de la bella etate,
23.2che de la vita nostra è il vago fiore,
23.3ho consumato dentro a la cittate,
23.4a le delizie abiando vòlto il core:
23.5corsier leggiadri e a me veste sfogiate
23.6non mancavano già né gran favore;
23.7vita lieta ho menato e travagliosa,
23.8provato ho (posso dir) quasi ogni cosa.
24.1Lite, cordogli e civil cure assai,
24.2infirmità mortali e casi acerbi,
24.3e disfavor non aspettato mai,
24.4e pratticar con umili e superbi,
24.5e già sofferto ho mille strani guai,
24.6(se del viver civil memoria serbi)
24.7che sogliono avvenir di giorno in giorno
24.8a chi fra il vulgo ignaro fa soggiorno.
25.1Con l'animo così sazio dil tutto,
25.2anzi pur stracco, in un palaggio ameno
25.3da qui non lontan molto io son redutto;
25.4e per votar di civil cure il seno,
25.5in loco solitario io l'ho costrutto,
25.6ché 'l spirto in simil lochi è più sereno;
25.7e vivea con le Muse assai quïeto,
25.8in la mia povertà ben ricca lieto.
26.1Per mei precipui divi aveva elletto
26.2il radïante e gran signor di Delo
26.3e la sorella sua del casto petto:
26.4quello nei studi e quella al caldo e al gelo
26.5fra selve ho già servito con diletto,
26.6qual vòlto ha poi ver me suo acuto telo
26.7e privo in tutto me ha dil suo favore,
26.8ahi lasso, ché cagion ne è stato Amore,
27.1anzi più presto il mio fatal destino
27.2e il mio troppo temerario ardire.
27.3E per avere un bel tesor vicino,
27.4fatto ho come un vulgar motto suol dire,
27.5che 'l bel robbar fa il latro e lo asassino.
27.6Vedendome Fortuna uso a patire
27.7e assuefatto al mal, altra via ha preso
27.8a nocermi, e però col ben me ha offeso.
28.1A l'intrar questa selva in un pratello
28.2un fonte sorge con sì chiara vena,
28.3che non vedesti mai forse il più bello.
28.4Qua a spasso andar soleva dopo cena,
28.5vicino essendo assai al mio castello.
28.6Era la strada piana, ombrosa e amena,
28.7cui sepi (essendo maggio) eran de fiori,
28.8spirando molti vari e grati odori.
29.1Felice, ahimè, felice assai certo era,
29.2pur che mai visto io non avessi quella
29.3che 'l mio cor, che era sasso, ha fatto cera,
29.4anzi più propriamente una facella
29.5che se consuma ardendo mane e sera.
29.6Chi arìa creduto mai simil novella,
29.7che dentro un chiaro e fresco fonte vivo
29.8gli fusse stato un foco sì nocivo?
30.1Or che dico io nocivo? anzi soave,
30.2sì che ogni altro piacer che al mio cor sento,
30.3al par di questo parmi acerbo e grave,
30.4e solo in questo foco io sto contento
30.5per lei, che del mio core ha in man la chiave
30.6e dolce fa parermi ogni tormento,
30.7ché tutto quello che da lei procede,
30.8nocer non mi potrebbe (ho questa fede).
31.1Ma sol mi duol de la sua avversa sorte
31.2e vedergli Fortuna sì villana:
31.3questo è cagion de la mia acerba morte.
31.4Ahimè, troppo crudel gli fu Dïana!
31.5Doveagli assai bastar de la sua corte
31.6bandita averla, e non in fiera strana
31.7trasformarla, sì come intenderai,
31.8se ad ascoltare il modo attento stai.
32.1Sì come volse la mia sorte ria,
32.2un giorno andando in ver il fonte chiaro,
32.3anzi più presto in ver la morte mia,
32.4sentei un canto sì soave e raro
32.5che non credo sia in ciel tal melodia,
32.6sì che il recordo ancor me è grato e caro;
32.7e in ver la voce alzando allor la fronte,
32.8viddi una Ninfa dentro il fresco fonte.
33.1Un sottil vel levando, tanto bella
33.2mi parve, ch'io fui foco in un momento
33.3dal radïar di questa viva stella,
33.4e a vedere e udir stava sì intento
33.5che quasi il spirto mio migrava in quella.
33.6Ahimè, ché troppo allora era contento,
33.7ché quel che è fuor de l'uso naturale,
33.8spesso gran ben portende o ver gran male.
34.1Poi che ella fu del mio venire accorta,
34.2chinava in ver el fonte il suo bel viso
34.3e diventò più volte e rossa e smorta,
34.4credo per esser gionta a l'improviso.
34.5E io glie dissi allora: – O Ninfa accorta,
34.6guarda non far come fe' già Narciso
34.7e che il tuo dolce e sì soave canto,
34.8per specchiarte ne l'acque, torni in pianto –.
35.1De la voce cangiata e di colore,
35.2respose a me: – Nostro costume antico
35.3è di cacciar le fiere e odiare Amore,
35.4de la regina mia mortal nemico;
35.5né bella essendo, non posso esser fiore,
35.6e però vanne a la tua strada, amico,
35.7ché 'l mio curvo arco e la faretra mia
35.8bastami solo a farmi compagnia –.
36.1E un riso dopo quel vezzoso sdegno
36.2lampeggiò ascoso sotto l'aureo crine,
36.3quasi di gioco in lei mostrando segno,
36.4tenendo al fonte le sue luci chine.
36.5Io arsi allora come un secco legno
36.6e al cor sentei mille pongenti spine,
36.7che 'l stimularno e ponsero sì forte
36.8ch'io fui tentato di provar mia sorte.
37.1Dubioso stando e remirando intorno
37.2se per la selva alcun vedea apparere,
37.3essendo il sole alzato al mezzo giorno,
37.4ecco venir due ninfe al fonte a bere.
37.5E per non fare a quella prima scorno,
37.6ché ogni suo mal già me era in dispiacere,
37.7subitamente feci indi partita
37.8con la imagine sua nel cor scolpita;
38.1e discaciando ogni pensier canuto
38.2dal cor, sol revolgea ne la mia mente
38.3come al mio foco dar potesse aiuto.
38.4E intrommi in fantasia subitamente
38.5una, con qual commerzio avea già avuto
38.6(ché nei bisogni Amor fa l'om prudente),
38.7chiamata Mammia e de un pescator moglie,
38.8medica avantegiata a simil doglie.
39.1Suspinto adonque da l'interno ardore,
39.2in ver sua casa i passi mei drizzai
39.3per remediar al mio novo dolore;
39.4e così ad ella gionto incominciai:
39.5– O Mammia, or mi bisogna il tuo favore
39.6e se io non l'ho, morir mi vederai.
39.7In tue man sta: se ancor tu vòi ch'io viva,
39.8aiutami da questa recidiva –.
40.1Per non tenerte più, giovene, a tedio,
40.2la occulta mia passion gli discopersi
40.3e dil mio cor tutto il novello assedio,
40.4e come è usanza, premi assai gli offersi,
40.5ché se poteva al mal mio dar remedio,
40.6non averebbe il tempo e i passi persi.
40.7Ma da lei fummi tal resposta resa:
40.8– Non intrar, prego, in questa stolta impresa.
41.1Tu sai quanto a la diva è Amore esoso.
41.2Se mai per tempo alcun fossi scoperta,
41.3non arebbe mia vita mai reposo,
41.4anzi tua morte e mia cognosco certa:
41.5però questo desio tanto focoso
41.6lascia; poi che la via tu vedi aperta,
41.7la quale in ver la morte ambi ne mena,
41.8questo ardente voler, prego, raffrena –.
42.1E io a lei: – Chi lascia per paura,
42.2o Mammia, di provar sua fatal sorte,
42.3raro o non mai felice ha poi ventura,
42.4e se gli avvien che palma io ne reporte
42.5di questa impresa per tua bona cura,
42.6per te me esponerò fine a la morte.
42.7Ma certo il nostro amor sarà secreto;
42.8servime, non dubiar, fa il tuo cor lieto –.
43.1Tanto ebber forza i molti preghi mei
43.2che al fine mi promisse de servire
43.3e in breve favellar farme con lei,
43.4ancor che fusse certa de morire.
43.5E poi suggionse: – Il nome di costei
43.6per alcun modo me sapresti dire?
43.7O sua effigie gentil tutta distinta,
43.8sì come in mezzo il cor porti depinta? –.
44.1– Né picciola, né granda è di statura –,
44.2resposi, – in ver grassetta par declini;
44.3le guance sue di rose e neve pura
44.4coprono gli annellati e aurei crini
44.5che sparsi al vento avea senza altra cura;
44.6negri non avea gli occhi, e pur divini
44.7parean suoi sguardi e dir: – Qui nacque Amore –,
44.8potenti ad infiammar la Orsa maggiore.
45.1E ha affilato e piccioletto naso,
45.2e bocca di corallo sì galante,
45.3da far beato un om sol con un baso,
45.4e arìa fatto diventare amante
45.5Nestor e ogni modesto capo raso,
45.6tanto avea il petto candido e prestante:
45.7i pomi colti nel giardin di Venere
45.8solo in mirando, io diveniva cenere;
46.1e parean proprio le mammelle vere
46.2di Citerea, con quale ha Amor nutrito,
46.3da fare a Marte fuor di man cadere
46.4le arme, quando è più fiero in guerra e ardito;
46.5e prendea a contemplarle un tal piacere
46.6che fuor di me quasi era in tutto uscito,
46.7e credo che io sarei anco in quel loco
46.8mutato in sasso, se ancor stava un poco.
47.1La sua candida veste avea succinta,
47.2nuda fine al genocchio, e la chiara onda
47.3de una rara bianchezza parea tinta,
47.4che rendea la sua gamba eburnea e tonda.
47.5De una seda incarnata era la cinta,
47.6che con nodo stringea la veste monda;
47.7l'arco e il turcasso avea deposto in terra,
47.8con altre arme a me allor facendo guerra.
48.1Certo il suo nome dirte io non saprei;
48.2e quel che hai inteso non sapessi io ancora,
48.3ché ne lo ardente foco non sarei,
48.4qual le medolle e il sangue mi devora! –.
48.5– Solo a la vaga cintola costei
48.6cognosco –, Mammia mi respose allora;
48.7– Mirina ha nome e quella ninfa è sola
48.8che saetta l'augel mentre che vola –.
49.1Per dirte in breve il longo mio processo,
49.2la pescatrice esperta in tal imprese
49.3mi pose a questa in pochi giorni appresso;
49.4e ne la mente mia tanto mi accese,
49.5che cominciai ad obliar me stesso,
49.6e sol per troppo dolce il cor mi offese.
49.7Né aveva altro remedio a mia ferita:
49.8sol medica era lei de la mia vita.
50.1Prendeva un sì soave nutrimento
50.2l'alma mia da le labbra sue rosate
50.3che a ragionarne ancor nutrir mi sento;
50.4gioven felice in questa grave etate
50.5non invidiava, tanto era contento,
50.6sì sentiva mie forze renovate:
50.7ma chi non sa che sol giovene è il core
50.8il qual rescalda con sua face Amore?
51.1Ah, quante volte poi ragionai meco
51.2e dissi: – Mira ove portar te lassi
51.3da lo appetito tuo, quanto sei ceco!
51.4Non vedi quanto il bon camin trapassi,
51.5miser, che la ragion non hai più teco?
51.6Sapral non sol gli uman, ma fiere e sassi,
51.7che di tua vita in la età saggia e grave
51.8una fanciulla tenga in man la chiave.
52.1Son questi i lochi solitari eletti
52.2per menar vita casta e contemplante?
52.3E or furtivamente nei precetti
52.4di Aristippo recaschi e più che inante
52.5de uno ardente desio gli sensi hai infetti.
52.6Oh quanto è bel veder canuto amante!
52.7Ahimè, se la ragione alcun corregge,
52.8Amore il sforza poi, che è senza legge –.
53.1Come colui che con presaga mente
53.2melancolico sta, ma la cagione
53.3non sa di quello affanno che al cor sente.
53.4ché 'l Fato a poco a poco lo dispone
53.5patir pria che lo effetto sia presente,
53.6sentendo già dal ciel la impressïone
53.7io stava un giorno pien d'affanno e solo,
53.8non sapendo la causa del mio duolo,
54.1quando viddi venir Mammia affannata,
54.2che nel suo viso il caso dimostrava.
54.3Poi che più presso a me fu approssimata
54.4disse: – Sarà pur ver quel che io pensava:
54.5seguito hai tua voglia sì ostinata;
54.6sia maledetta tua natura prava.
54.7Cercar dovrebbe ormai tuo cor riposo,
54.8e sei come fanciullo appetitoso.
55.1Dove fugirem noi, dimmi, il furore
55.2de la turbata dea? qual fia quel loco
55.3che tener possa ascoso il nostro errore?
55.4Io pur tel dissi, e a me credesti poco,
55.5che era in periglio nostra vita e onore,
55.6ché ben vedeva il fin di questo gioco.
55.7E certamente ognun di pazzia eccede,
55.8chi a divini occhi occulto star si crede.
56.1Io udi' pur dianzi la sdegnata diva
56.2a sé chiamar Mirina sventurata:
56.3ella che in fretta dimandar se udiva,
56.4in suspetosa fuga fu voltata
56.5per la selva, qual cerva fuggitiva.
56.6Poi che dal casto cor fu dilongata,
56.7manifestando col fuggir lo errore,
56.8fecessi il sdegno contra lei maggiore.
57.1Per quella fuga fu in tanta ira accesa
57.2la dea, ch'io non ardi' mirarla in viso;
57.3e per secrete vie son qui discesa,
57.4solo per darti questo tristo avviso,
57.5acciò possi ogni ingegno a tua diffesa
57.6oprar né fussi accolto a l'improviso.
57.7Io credo, e giurarei per cosa vera,
57.8Mirina è morta o trasformata in fiera –.
58.1Pieno di amaro duolo e di spavento,
58.2vedendo in tal periglio nostra vita,
58.3dissi: – Mammia mia, son mal contento;
58.4come vorrei, non poss'i' darti aita,
58.5ma più che al mio starò al tuo scampo intento.
58.6Proverbio è: – Chi se aita, Dio lo aita –:
58.7fuggiamo in qualche loco solitario,
58.8per fin che soffia vento sì contrario.
59.1Io mi ammirava pur de la mia sorte,
59.2che contentezza mi lassasse avere
59.3che al fin non fusse un duol acerbo e forte.
59.4Ahimè, come potuto l'ha sapere?
59.5Ah lingue, ah usanze triste de la corte! –.
59.6E gridai spesso: – O stelle inique e fiere,
59.7quando l'alma sarà fuor del mio petto,
59.8allora almen non vi sarò sugetto,
60.1non areti più in me iuridizione:
60.2farammi morte questo benefizio –.
60.3Così piangendo (ch'io ne avea cagione)
60.4io me aviai in ver il santo ospizio
60.5de uno qual fu mia vera protezione,
60.6che di Pallade sacra era al servizio,
60.7Eubul chiamato e di tanta prudenza,
60.8che fu estimato un vaso di sapienza.
61.1Sede sua cella sopra a un poggio aprico
61.2in la più folta parte dil gran bosco,
61.3di questo bosco qui vicino io dico,
61.4a la qual per sentiero ascoso e fosco
61.5io venni a retrovare il santo amico,
61.6qual già molti anni son ch'io lo cognosco,
61.7anzi è mio zio, e ha grande amicizia
61.8con la turbata dea de pudicizia.
62.1A questo io discopersi il caso intero
62.2e accusai mio temerario errore,
62.3e ben che antiquo sia e assai severo,
62.4cognosce chiaro quanto possa Amore,
62.5quanto sia grande sopra a noi suo impero.
62.6Poi che depinto m'ebbe di rubore
62.7col penel de la lingua e assai represo,
62.8mi disse: – Non temer, non star suspeso –.
63.1E in pochi giorni il saggio el tempo tolse
63.2di raggionar per me con la regina
63.3e riportò da lei ciò ch'egli vòlse,
63.4tal che fece riparo a mia ruina
63.5e il mio gran male in picciol mal resolse.
63.6Vero è che aitar non puotè già Mirina,
63.7perché era cerva e in leve fuga vòlta
63.8per quella selva solitaria e folta.
64.1Ma pur gli fece questo benefizio,
64.2che la scampò da morte, e fu secura
64.3per me più non patire altro supplizio.
64.4Così per monti e valli e per pianura,
64.5il pascere e il mugir è suo esercizio,
64.6con suspettoso cor pien di paura,
64.7e il mio è il piangere il suo caso avverso,
64.8da poi che ho il mio conforto e ogni ben perso.
65.1Io stava ad aspettar se a caso mai
65.2a pascer qui venisse il verde prato.
65.3Se in forma umana già tanto la amai,
65.4ancora il ragionar seco me è grato
65.5e discoprirgli i mei infiniti guai
65.6e quanto duolmi dil suo avverso fato;
65.7e certo è verisimil, come io penso,
65.8gli sia remasto ancor qualche uman senso.
66.1Ma poi che 'l sole è alzato a mezzo giorno
66.2e ascurtato ha le ombre in ver le piante,
66.3io voglio in ver lo albergo far ritorno:
66.4però ti prego, se mai fusti amante,
66.5che venghi meco a far qualche soggiorno,
66.6e voglio che sian fatte da qui inante
66.7le proferte fra noi e qui presenti
66.8de la amicizia posti i fondamenti –.
67.1Dopo mutue proferte fatte assai,
67.2contento fui di andare al bel castello
67.3e il cordiale invito suo accettai.
67.4Ei con suo ragionar soave e bello,
67.5tenendomi per mano sempre mai,
67.6per via ombrosa me introdusse in quello.
67.7E, candido lettor, se leggerai,
67.8quel che dopo successe intenderai.
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