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I

Francesco Malecarni (????–????)
Poesie

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1.1Nel tempo che riduce il carro d'oro
1.2il sol nelle contrade d'orïente
1.3e rende ogni animale a suo lavoro,
2.1salvo ch'un augelletto, che sovente
2.2la notte piange suo infiniti guai,
2.3e replicali 'l dì più caldamente,
3.1i' dico Filomena, che già mai
3.2quïete prende al tempo estivo e caldo
3.3e par che dica: «Sazieromm'io mai?»,
4.1ed io, che più che ancudine sto saldo
4.2a' colpi di Cupido disleale
4.3e mille volte il dì mi spezzo e saldo,
5.1scesi pensoso le mendiche scale
5.2della dolente casa abandonata,
5.3per gire a una costa ove si sale,
6.1non già molto lontan da mia contrata
6.2e dov'io vo per udir qualche verso
6.3d'alcun vago augelletto tal fïata.
7.1E, oltre andando, senti' da traverso
7.2un concento d'augelli innamorati,
7.3anzi parea ch'ardessero in lor verso
8.1o e' piangevan loro aversi fati,
8.2sperando sol vendetta, quale Amore
8.3suol far talvolta de' suo incatenati.
9.1E perché senza accorger volan l'ore,
9.2affrettai 'l passo per giugner al loco
9.3ove talvolta scarico il dolore;
10.1e, giunto, vidi principiare un gioco
10.2tutto straniero a' nostri portamenti,
10.3il qual mi diè d'amirazion non poco.
11.1Io vidi più maniere di tormenti,
11.2tal che da prima a rider cominciai,
11.3poi si ritravagliâro in più spaventi
12.1genti che 'n lor sermon traean guai,
12.2con quella crudeltà che Silla e Mario
12.3e Mesenzio e Neron non usâr mai.
13.1Quivi non mi pareva gran divario
13.2dal ciciliano e tirannico strazio
13.3o la furia di Cesar nell'erario.
14.1Un prato era fiorito d'amplo spazio,
14.2quanto vista d'un uom porta lontano,
15.1circundato da selve a ogni mano,
15.2ombrose e folte, insolite e diserte
15.3fra colli e alpi e poggi e valli e piano;
16.1e le montate son ripide ed erte,
16.2tal ch'a pensarlo me ne vien paura,
16.3pien di spelunche e antri e vie incerte.
17.1Ed un corrente fiume gli fa mura
17.2con un vil ponticel d'un legno solo,
17.3che l'onda spesso se ne 'l porta e fura.
18.1Pien era e ricoperto tutto il suolo
18.2della infinita turba sconsolata,
18.3ch'ognun piangendo scopriva suo duolo;
19.1in mezzo una gran sedia in alto elata,
19.2coperta tutta a seta e drappi d'oro
19.3con pietre prezïose e gemme ornata,
20.1sotto l'ombra d'un alto e folto alloro,
20.2qual teneva in trïonfo una regina,
20.3degna di ricco e celeste tesoro;
21.1umana in vista, ma era divina,
21.2e con sette Virtute acompagnata
21.3ad udir quella misera ruina.
22.1Semiramis era qui 'ncoronata,
22.2che fé la legge in favor di Cupido,
22.3insieme col figliolo acompagnata,
23.1e disse: «Alta Vendetta, io mi confido
23.2d'essere restituita alla mia fama,
23.3che mi fu tolta dal vulgare strido».
24.1Didon contro ad Enea Vendetta chiama
24.2e corre ancor col fuoco alla marina,
24.3che d'arderlo disia da capo e brama.
25.1Oenone piangeva ancor meschina
25.2e doliesi di Paris e d'Elèna
25.3che l'avia scritto in pruno e tronco spina.
26.1E Pluton, che Proserpina ne mena,
26.2per comparire avanti alla Giustizia,
26.3avea già rotta la 'nfernal catena.
27.1Eravi la corrotta Pudicizia,
27.2e Pasife col toro scelerata
27.3che ebbe agli Ateniesi nimicizia;
28.1e quella maladetta infuriata,
28.2ch'a Joseph accusando stracciò 'l manto,
28.3tant'era da lussuria arsa e 'nfiammata;
29.1e la misera Filli, che tal pianto
29.2per lo 'nganno facea di Demofonte,
29.3che mai occhi mortal ne versâr tanto;
30.1Pirramo, ch'ancor apre il ciglio al fonte,
30.2solo chiamando Tisbe al gelso moro:
30.3«Morte, com'a' dolci anni ha' le man pronte!»
31.1E perch'ognora più mi ramemoro,
31.2vidi da Bersabè David legato,
31.3che s'ornò già le chiome in serto d'oro.
32.1E Aristotil vidi cavalcato
32.2da una feminella e istraziare:
32.3o Cupido sleal, come se' ingrato!
33.1e Ansalonne, a cui costâr sì care
33.2le bionde chiome che, fuggendo avanti
33.3a' Filistei, lo fêro appeso stare.
34.1E Oloferne versava ta' pianti
34.2che l'aria empiean di versi lagrimosi,
34.3il qual Giuditta l'uccise fra tanti.
35.1E Narcisso, tornando dagli ombrosi
35.2boschi correa sudato alla fontana,
35.3dove finîr suoi versi angosciosi;
36.1e di lui si dolea la ninfa Ecana
36.2con ben mille sorelle acompagnata,
36.3tutte sacrate al coro di Dïana.
37.1Quiv'era la gran turba innamorata,
37.2e Cleopatra Cesare ancor mira,
37.3che fra l'erba l'avea co' fior legata;
38.1ed Ercole, ch'ancor di Dïanira
38.2per la camicia si dolea di Nesso,
38.3che per rivendicarsi ancor sospira;
39.1Leandro, il cui tornar non fu permesso,
39.2qual Ero ancor aspetta alla finestra,
39.3che per lei 'l salso mar notò sì spesso.
40.1Penelope correa da man sinestra,
40.2la gran tela con essa strascinando,
40.3qual fé più volte e disfé con sua destra,
41.1e doleasi di Circe, che ingombrando
41.2più e più anni Ulisse le ritenne.
41.3Poi Arianna, che moria amando
42.1quando di Lieo il core a lei pervenne,
42.2venìa contra Teseo chiamando morte,
42.3sol perché 'l Minotauro ' acquistar venne.
43.1Poi venìa apresso quel possente e forte
43.2Sanson, che 'l capo in grembo alla nimica
43.3tenea, onde ne nacque la sua morte.
44.1Ilia par ne' sospir che maladica
44.2il troppo amor e 'l tempo perso invano;
44.3veniva nuda, misera e mendica,
45.1tenendo un putto da ciascuna mano,
45.2che Marte lei seguì per tante ville,
45.3nutriti d'animal fiero e silvano;
46.1re Artù, Tristano, Isotta e più di mille,
46.2Lancillotto, Ginevra e Aldameste,
46.3per cui fêr l'arme già tante faville.
47.1Pantasilea, che diè tante moleste
47.2a' Greci, piange Ettòr d'Acchille morto,
47.3che Troia di tristizia ancor riveste.
48.1Medea dicea: «Puniscasi il gran torto
48.2qual usò già lo spietato Giansone!»
48.3onde l'un figlio e l'altro vide morto.
49.1Vasti chiama Assuero alla ragione,
49.2che, per trovar Ester come lei bella,
49.3vergini mille al suo dimino pone.
50.1Virginio sanguinoso, ch'accoltella
50.2la figlia, donde que' dieci tiranni
50.3perderon Roma insieme con quella.
51.1E la casta Lucrezia, che co' panni
51.2ancor si ricopriva il bianco piede,
51.3per cui Bruto a Tarquin diè tanti affanni.
52.1Troiolo, ch'ancor segue Dïomede,
52.2qual lo fé già finir in pianto amaro,
52.3che pietate e perdono ancor gli chiede.
53.1E Griseida, portata dal cinghiaro
53.2e tratto il cor: «Pietà! pietà! — gridava —
53.3Miserere! perdona, signor caro!»
54.1La Francesca da Rimini afrettava
54.2i passi col cognato sanguinoso,
54.3che in Caino di nuovo si specchiava.
55.1Poi venian due col volto sì nascoso
55.2ch'io non conobbi, ma molti gridâro:
55.3«Anime, il Re del ciel vi dia riposo!»
56.1E dietro a lor venìa a passo raro
56.2il cortese Fernando Valentino,
56.3il cui nome in Italia è tanto chiaro,
57.1e parea che dicessi: «Deh, meschino,
57.2merita questo il tuo fedele amore,
57.3ch'un vil prete ti mandi a tal destino?»
58.1I' non lo conoscea 'n su quel furore,
58.2se non che Ganimede alto mi disse:
58.3«Venios assi che Dios vos doni onore».
59.1Quella parola sì 'l cor mi trafisse
59.2che presto al collo al padre mi gittai,
59.3e mancò poco ch'ivi non finisse.
60.1E' cominciò: «Francesco, o tu che fai
60.2fra questa turba mesta e sconsolata?
60.3La fiamma ch'io vo' dir non morì mai».
61.1«Dimmi — diss'io — chi è questa brigata?
61.2Qual vendetta li chiama a tanto strazio?»
61.3Diss'egli: «Ell'è la turba innamorata».
62.1Ed io, che non mi posso veder sazio,
62.2né provo altro diletto che 'mparare,
62.3gli diè per mille volte il mio ringrazio.
63.1«Non t'incresca — diss'egli — alquanto stare,
63.2tanto che tu vedrai la giusta spada
63.3vendetta a ciaschedun e ragion fare.
64.1S'hai sofferenza che non te ne vada,
64.2vederai tutte quelle che straziando
64.3i lor amanti tenner tanto a bada».
65.1In questo star, vidi venir gridando
65.2una donna che 'n fuga era rivolta
65.3e parea che di vita avessi bando.
66.1Quella brigata s'era quivi acolta
66.2da una parte stretta per vedere,
66.3e per esser primier ciascun s'affolta.
67.1I' credetti per tema giù cadere,
67.2che sol pensando me ne vien paura,
67.3non che l'occhio reggessi a tal vedere.
68.1Non credo che mai simil creatura
68.2Deucalion e Pirra producesse,
68.3con lo sforzo che può mostrar natura.
69.1I' credo che la terza spera ardesse
69.2quand'ella fu prodotta fra' mortali
69.3e dal ciel per invidia il sol cadesse.
70.1Pulicreto né Fidia mai fùr tali
70.2che l'avesser saputa pur guatare,
70.3ch'un agnolo pareva senza l'ali.
71.1Ella ci fece tutti spaventare
71.2con urla che facien tremare il cielo,
71.3vinta e stanca, che più non potea andare,
72.1innuda come nacque, che per zelo
72.2sol a mirarla sarebbe arso Giove;
72.3dic'or chi vuol, ch'i' non vi pongo velo.
73.1E due gran cani mostravan lor pruove,
73.2e, condottala innanzi alla Giustizia,
73.3parve dicesser: «Non andar altrove».
74.1I' vidi ognun sì pieno di tristizia
74.2che per pietà i' venni tutto manco,
74.3e parea spenta al mondo ogni letizia.
75.1L'un mastin era nero e l'altro bianco,
75.2con le bocche schiumose e gli occhi ardenti,
75.3e ciascun prese della donna un fianco.
76.1A forar vidi gli spiatati denti;
76.2e 'l magnanimo e franco Catalano
76.3disse: «Deh, sieno i giorni e' cieli spenti!»
77.1E 'l pulito pugnal si recò in mano,
77.2correndo contro a' can, se non ch'un grido
77.3venne, che rintronò l'aiere e 'l piano.
78.1Mai non si udì più orribile strido
78.2che diè un cavaliere armato e fiero,
78.3per seguir la vendetta di Cupido.
79.1Sopra un alto, morato e gran destriero
79.2e' la tagliente spada trasse fuore
79.3con un atto sdegnoso, aspro e severo.
80.1«Ah, — disse il Catalan — gran disonore
80.2è vincere una donna a un cavaliero!»
80.3Quegli rispuose: «Voi siete in errore.
81.1Se voi m'udrete, i' dirò tutto intero.
81.2I' fui suggetto a questa donna e schiavo,
81.3e più del suo servir che d'Iddio ero;
82.1con ogni sentimento e fé l'amavo,
82.2credendomi il ben far esserle grato,
82.3e in arena infine seminavo.
83.1I' fui sempre da lei peggio trattato
83.2e gran merito e grazia n'aspettavo,
83.3ma zappai in acqua e funne più spregiato.
84.1Un dì davanti a lei merzé chiamavo;
84.2quella rispuose: «Va', impiccati presto!»
84.3Allor mi strinse lo spirito pravo.
85.1Torna'mi indietro e, sol per non far questo,
85.2m'uccisi con la spada, qual io porto;
85.3ved'or se ciò è atto disonesto».
86.1Allor la gran regina disse scorto:
86.2«Fa' la vendetta tua al modo usato,
86.3ch'i punirò chi t'impedisce a torto».
87.1Il Catalan si gittò 'nginocchiato
87.2e disse: «Perdonanza, alta regina!
87.3Miserere, per Dio, ch'i' ho fallato!»
88.1In terra era la misera meschina;
88.2quel colla spada le aperse le reni;
88.3ella gridò: «I' son morta, tapina!»
89.1Se Dio ti doni i disïati beni,
89.2lettore, e in te gran grazia dal ciel caggia,
89.3con qual fren or le lagrime ritieni?
90.1E' l'aperse per mezzo, né oltraggia
90.2sì falcon lepre, quando in sul groppone
90.3la fiede, se la giugne in valle o piaggia.
91.1Mai fu sbranato cervio da leone
91.2con tanta crudeltà, rabbia o furore,
91.3quando l'afferra con bramoso unghione.
92.1Tal fece il cavalier, e, tratto il core,
92.2per mezzo lo partì, e caldo a' cani
92.3lo diè, ch'ancor me ne viene un orrore.
93.1I' vidi centomilia paia di mani
93.2dar ne' bagnati e lagrimosi volti;
93.3qual lamenti facea, qual pianti strani,
94.1e per angoscia cascaron lì molti;
94.2qual isfinito e qual morto boccone
94.3rimase, e da nessun furon ricolti.
95.1Il cavalier tornò al gran roncione;
95.2quel gli leccò le sue man sanguinose
95.3con un soffiar che parea un fier demone;
96.1e la tagliente sua spada ripose.
96.2E, nel montar che fé in sul destriere,
96.3si rimosson le membra grazïose
97.1della donna leggiadra, e pel sentiere
97.2riprese i passi all'usato costume,
97.3per tôr terreno alle bramose fiere.
98.1Quivi si cominciò a versar un fiume
98.2di pianto, e strida e urla empieno 'l piano,
98.3e 'l sol, ch'a tutto 'l mondo rende lume,
99.1si partì, e fu notte a mano a mano.
99.2Poi d'altra parte venne Marte armato
99.3e Vener bella lo tenea per mano;
100.1poi Giove, di catene caricato,
100.2con donne insieme e la bella Europia,
100.3che di nuovo era in toro trasformato.
101.1E Perseo che, fuggendo d'Etïopia,
101.2lontan ne porta la vergine bruna,
101.3bella a lui sol, per troppo averne copia,
102.1e, ascoso il sol, si dimostrò la luna.
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