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1.1Non vorrei da l'un canto esser mai stata
1.2a quel bel loco, per dover partire,
1.3come fei, non ben quivi anco arrivata.
2.1Così gravoso il ben suol divenire,
2.2che, quant'egli è maggior, via maggior duolo
2.3col dilungarsi in noi suol partorire:
3.1tosto ne va 'l piacer trascorso a volo;
3.2né ponendo in ragion l'util passato,
3.3a la perdita mesti attendem solo.
4.1E non vorrei però da l'altro lato
4.2sì vago nido non aver veduto,
4.3a la tranquillità soave e grato.
5.1E, se pari al desio non l'ho goduto,
5.2quanto guastato più, tanto più caro,
5.3il lasciarlo mi fôra dispiaciuto.
6.1E pur, formando un pensier dolce amaro,
6.2con la memoria a quei diletti torno,
6.3che infiniti a me quivi si mostráro:
7.1sempre davanti gli occhi ho 'l bel soggiorno,
7.2da cui lontan col corpo, con la mente,
7.3senza da me partirlo unqua, soggiorno:
8.1ricrear tutta in me l'alma si sente,
8.2mentre qua giù sì lieto paradiso
8.3da dover contemplar le sta presente.
9.1Da questo lo mio spirto non diviso
9.2va ripetendo le bellezze eterne,
9.3dal soverchio piacer vinto e conquiso.
10.1E, mentre le delizie avido scerne,
10.2nel gioir di se stesso, afflige i sensi,
10.3che non puon separati ancor goderne:
11.1così, quanto m'avien ch'amando pensi
11.2a l'abitazion vaga e gentile,
11.3tra gioia e duol convien che 'l cor dispensi.
12.1In questo piglio in man pronta lo stile;
12.2e, per gradir al sentimento, fingo
12.3quel loco quanto possi al ver simìle:
13.1e, se ben so ch'a impresa alta m'accingo,
13.2tirata da la mia propria vaghezza,
13.3senz'arte quel ch'io so disegno e pingo.
14.1Oh che fiorita e gioconda bellezza
14.2quivi mostra e dispiega la natura,
14.3raro altrove o non mai mostrarla avezza!
15.1Certo è questa, quell'unica fattura,
15.2in cui, vinta se stessa, a tutte prove
15.3ripose ogni sua industria, ogni sua cura.
16.1Di tutto quel che piaccia al mondo e giove,
16.2favorevole il cielo a cotal opra,
16.3il maggior vanto eternamente piove.
17.1Quivi 'l ciel manda il suo favor di sopra,
17.2né men la terra in adornar tal parte
17.3con gli altri, a gara, elementi s'adopra.
18.1Vince l'imaginar d'ogni umana arte
18.2la disposizion di tutto 'l bene,
18.3ch'unito quivi intorno si comparte;
19.1e pur di quell'altezza, ove perviene
19.2l'eccellenza de l'arte in cose belle,
19.3vestigie espresse il bel luogo ritiene.
20.1Così determinarono le stelle
20.2far quivi in dolci modi altrui palese
20.3quanto puon destinar e influir elle.
21.1In questo avventuroso almo paese
21.2l'ornamento del ciel si mostra in terra,
21.3ch'a farlo un paradiso in lui discese.
22.1Di lieti colli adorno cerchio serra
22.2l'infinita beltà del vago piano,
22.3dove Flora e Pomona alberga ed erra.
23.1Quasi per gradi su di mano in mano
23.2di fuor s'ascende 'l poggio da le spalle,
23.3sempre al salir più facile e più piano;
24.1quinci in giù per soave e destro calle
24.2s'arriva a la pianura in pochi passi,
24.3ch'è posta in forma di rotonda valle:
25.1se non che in guisa rilevata stassi,
25.2ch'è quasi, entro a quei colli, un minor colle,
25.3che 'ntorno a lor si dispiani e s'abbassi,
26.1sì che d'entrarvi a Febo non si tolle,
26.2poco alzatosi fuor de l'oriente,
26.3nel prato d'erbe rugiadoso e molle.
27.1Entra 'l sol quanto entrar se gli consente
27.2da un bosco d'alti pini e di cipressi,
27.3pien d'ombre amiche al dì lungo e fervente;
28.1e gode di veder quivi con essi
28.2de la sua amata in corpo umano fronde,
28.3già braccia e chiome, or verdi rami spessi,
29.1tra' quai quanto può penetra e s'asconde,
29.2per la memoria ch'anco entro 'l cor serba,
29.3de l'amorose piaghe profonde.
30.1De la ninfa la sorte così acerba
30.2pietoso Apollo ai grati rami tira,
30.3ed a quivi posar vago tra l'erba:
31.1l'aria d'intorno ancor dolce sospira
31.2di Dafne al caso, e spirto d'odor pieno,
31.3le vaghe foglie ventilando, spira.
32.1E 'l ciel, là più ch'altrove mai sereno,
32.2fa che d'ogni stagion la copia vuote
32.3in quella terra il corno suo ripieno.
33.1Quivi con l'urne non mai stanche o vuote
33.2a portar l'acque son le ninfe pronte,
33.3tai che 'l cristal sì chiaro esser non puote:
34.1queste versando van da più d'un fonte
34.2le succinte e leggiadre abitatrici
34.3di questo e quel vicin ben colto monte;
35.1ed a l'altre compagne cacciatrici,
35.2che, dietro i cervi stanche, a rinfrescarsi
35.3vanno le fronti angeliche beatrici,
36.1co' bei liquidi argenti intorno sparsi
36.2porgon dolce liquor da trar la sete,
36.3e le candide membra da lavarsi.
37.1Dai freschi rivi e da le fonti liete,
37.2quasi scherzando, l'acque in vario corso
37.3declinan verso 'l pian soavi e quete;
38.1e, poi che 'n lenta gara alquanto han corso,
38.2per via diversa si raggiungon tutte
38.3verso un bel prato, a lor dinanzi occorso;
39.1e da natural arte a far instrutte
39.2bello quel sito a maraviglia, vanno
39.3per canali angustissimi ridutte.
40.1Quivi entrate, a varcar poco spazio hanno,
40.2ch'a un fiorito amenissimo giardino,
40.3dolce tributo di se stesse dànno:
41.1con man distesa e passo tardo e chino
41.2dàn di se stesse le più dolci e chiare
41.3al giardinier ch'a l'uscio sta vicino.
42.1Questi, com' a lui piace, le fa entrare,
42.2ch'obedienti a l'arte, fan quel tanto
42.3ch'altri accorto dispon che debban fare.
43.1Non cede l'arte a la natura il vanto
43.2ne l'artificio del giardin, ornato
43.3d'alberi colti e sempre verde manto;
44.1sovra 'l qual porge, alquanto rilevato,
44.2d'architettura un bel palagio tale,
44.3qual fu di quel del sol già. poetato:
45.1infinito tesor ben questo vale
45.2per l'edificio proprio, e gli ornamenti,
45.3che 'n ricchezza e in beltà non hanno eguale
46.1I fini marmi e i porfidi lucenti,
46.2cornici, archi, colonne, intagli e fregi,
46.3figure, prospettive, ori ed argenti
47.1quivi son di tal sorte e di tai pregi,
47.2ch'a tal grado non giungono i palagi,
47.3che fêr gli antichi imperadori e regi.
48.1Ma le commodità di dentro e gli agi
48.2son così molli, che gli altrui diletti
48.3al par di questi sembrano disagi.
49.1Per li celati d'òr vaghi ricetti,
49.2sul pavimento, che qual gemma splende,
49.3stan sopra aurati piè candidi letti.
50.1Di sopra da ciascun d'intorno pende
50.2di varia seta e d'òr porpora intesta,
50.3che 'l contegno de' letti abbraccia e prende;
51.1di coltre ricamata o d'altra vesta
51.2di ricca tela ognun s'adorna e copre,
51.3sì ch'a fornirlo ben nulla gli resta.
52.1Di diversi disegni e diverse opre
52.2su coverte e cortine in tutti i lati
52.3vario e lungo artificio si discopre.
53.1I dèi scender dal cielo innamorati
53.2dietro le ninfe qui si veggon finti,
53.3in diverse figure trasformati;
54.1e d'amoroso affetto in vista tinti,
54.2seguitar ansiosi il lor desio,
54.3dove dal caldo incendio son sospinti.
55.1Qui trasformata in vacca si vede Io,
55.2e cent'occhi serrar il suo custode,
55.3al suon di quel, che poi l'uccise, dio.
56.1Da l'altra parte Danae in sen si gode
56.2vedersi piover Giove in nembo d'oro,
56.3ov'altri più la chiude e la custode;
57.1il quale altrove, trasformato in toro,
57.2porta Europa; ed altrove, aquila, piglia
57.3Ganimede e 'l rapisce al sommo coro.
58.1Di Licaon fatta orsa ancor la figlia,
58.2mentre ucciderla il figlio ignota tenta,
58.3assunta in cielo ad orsa s'assomiglia:
59.1né pur orsa celeste ella diventa,
59.2figurata di stelle in cotal segno,
59.3ma 'l figlio in ciel l'altr'orsa rappresenta.
60.1Quanto è possente il nostro umano ingegno,
60.2che vive fa parer le cose finte
60.3per forza di colori e di disegno!
61.1Di seta e d'oro e varie lane tinte,
61.2nei tapeti, ch'adornan quelle stanze,
61.3da l'imitar le cose vere èn vinte.
62.1E, perché nulla a desiar avanze,
62.2ch'orni di Giove un'alta regia degna,
62.3dove, lasciato 'l ciel, qua giuso ei stanze,
63.1qualunque ebbe tra noi la sacra insegna,
63.2ch'a quei con le sue man Dio stesso porge,
63.3che d'esser suoi vicari in terra ei degna,
64.1qualunque di pastor al grado sorge
64.2de la chiesa divina, in espresso atto
64.3nobilmente dipinto ivi si scorge:
65.1quivi ciascun pontefice ritratto
65.2più che dal natural vivo si vede,
65.3di tela, di colori e d'ombre fatto;
66.1e, com'a tanta maestà richiede,
66.2da l'altre in parte eccelsa e separata
66.3sì reverende imagini han lor sede.
67.1Similmente, in maniera accomodata,
67.2di quei l'effigie ancor son quivi, i quali
67.3del ciel sostengon la felice entrata:
68.1quanti mai fùr nel mondo cardinali,
68.2quivi entro stan co' papi in compagnia,
68.3e vescovi, e prelati altri assai tali.
69.1Perché conforme al paradiso sia
69.2quell'albergo divino, in sé ritiene
69.3di gente i volti così santa e pia.
70.1Di quel ch'al sacerdozio si conviene,
70.2da l'essempio di molti espressi quivi,
70.3in perfetta notizia si perviene:
71.1questi, ancor morti, insegnar ponno ai vivi,
71.2anzi in ciel vivon sì, che 'l loro nome
71.3in terra sempre glorioso arrivi.
72.1E, perch'alcun io non distingua o nome,
72.2di quelli intendo, che fùro innocenti,
72.3e del demonio fêr le forze dome.
73.1Le costor fronti a mirar riverenti,
73.2così pinte, ne fanno, e in noi pensieri
73.3destano de le cose più eccellenti:
74.1seguendo l'orme lor, fan ch'altri speri,
74.2che tien lo scettro de la casa vaga,
74.3d'alzarsi al ciel per quei gradi primieri.
75.1Questa de la sua vista ognuno appaga,
75.2e sol de la memoria al cor m'imprime
75.3colpi, che 'nnaspran la già. fatta piaga.
76.1Di que' be' colli a le frondute cime
76.2alzo 'l pensier, che, dal duol vinto e stanco,
76.3fa che gli occhi piangendo a terra adime.
77.1Standomi sul verron del marmo bianco,
77.2dove 'l palagio alzato agguaglia il monte,
77.3ricreata posava il braccio e 'l fianco:
78.1qui piagner Filomena le triste onte
78.2con la sorella sua dolce sentìa
78.3da lor non così chiare altrove cònte:
79.1da le fontane ad ascoltar venìa
79.2questo e quel ruscelletto, e mormorando
79.3quasi con lor piangeva in compagnia.
80.1Ben poscia a quel tenor dolce cantando
80.2givan gli augelli per li verdi rami,
80.3del loro amor le passion mostrando.
81.1Oh che liete querele, oh che richiami
81.2formavan contra 'l ciel, sì come suole
81.3chi, benché ridamato, altrui forte ami!
82.1Con voce più che d'umane parole
82.2par che sappian parlar quelli augelletti,
82.3sì ch'ad udirli ancor fermano il sole.
83.1Talor narrano poi gli alti diletti,
83.2che spesso dagli amati abbracciamenti
83.3prendon, de le lor vaghe al fianco stretti.
84.1Di gran dolcezza il cielo e gli elementi,
84.2per tal piacere e per molti altri assai,
84.3quivi gioiscon placidi e contenti;
85.1e, rischiarando ognor più Febo i rai,
85.2la fiorita stagion vago rimena
85.3di molti, non che d'un, perpetui mai.
86.1D'arabi odor la terra e l'aria piena,
86.2l'una più sempre si rinverde e infiora,
86.3l'altra ognor più si tempra e rasserena.
87.1Oh che grata e dolcissima dimora,
87.2dove, quanto di vago ognor più miri,
87.3tanto più da veder ti resta ancora!
88.1Dovunque altri la vista a mirar giri,
88.2ne la beltà veduta oggetto trova,
88.3che più intente a guardar le luci tiri;
89.1e nondimen, perch'ognor cosa nova
89.2d'intorno appar, che l'animo desvia,
89.3ad altra parte vien ch'indi le mova.
90.1La bellezza del sito, alma, natia,
90.2gli occhi fuor del palazzo a veder piega
90.3quanto ivi ricca la natura sia;
91.1ma poi di dentro tal lavor dispiega
91.2l'arte, che la natura agguaglia e passa,
91.3ch'ivi l'occhio, a mirar vòlto, s'impiega;
92.1e, mentre da un oggetto a un altro passa,
92.2l'un non gustato ben, da nòve brame
92.3tirato, impaziente il preso lassa.
93.1Così non trae, ma più cresce la fame
93.2d'assai vivande un prodigo convito,
93.3che de l'una al pigliar l'altra si brame:
94.1così ne la virtù de l'infinito,
94.2senza mai saziarne, ci stanchiamo,
94.3s'al sommo bene è 'l pensier nostro unito.
95.1Questa insazietà grande proviamo
95.2espressamente, allor che l'intelletto
95.3divin, filosofando, contempliamo.
96.1Lascia sempre di sé più caldo affetto,
96.2ne l'affannata mente, il ver supremo,
96.3ond'ha perfezzion l'uom da l'oggetto;
97.1benché l'affanno è tal, ch'ognor più scemo
97.2del mortal fango il nostro spirto face,
97.3e d'ir al ciel gli dà penne a l'estremo.
98.1Felice affanno, che ristora e piace
98.2ne l'unir di quest'anima a quel vero,
98.3che gli umani desir pon tutti in pace:
99.1a quel, che del suo eccelso magistero
99.2mostrò grand'arte in queste alme contrade,
99.3feconde del piacer celeste intiero.
100.1Qui di là su tal grazia e favor cade,
100.2ch'abonda al compartirsi in copia molta
100.3la gioia in ogni parte e la beltade;
101.1sì che, mentre ad un lato ancor sol vòlta
101.2gode la vista, in quel più sempre scorge
101.3nova maniera di vaghezza accolta,
102.1né de l'una ben tosto ancor s'accorge,
102.2che s'offre l'altra e, quasi pur mo' nata,
102.3meraviglia e diletto insieme porge.
103.1Del giardin vago è la sembianza grata,
103.2e, mentre in lui la maniera risguardi
103.3d'ogni parte ben colta e ben piantata,
104.1lepri e conigli andar pronti e gagliardi
104.2nel corso vedi; e, mentre che t'incresce
104.3d'esserti di tal vista accorto tardi,
105.1ecco ch'altronde ancor vaga schiera esce
105.2di cervi e capri e dame e d'altri tali,
105.3onde la maraviglia e 'l piacer cresce.
106.1Ma poi tra quelle schiere d'animali
106.2scopri distinto del giardino il piano
106.3d'acque in angusti e limpidi canali,
107.1e splender su per l'onde di lontano
107.2vedi i pesci guizzando, che d'argento
107.3sembra che nuotin d'una e d'altra mano.
108.1E mentre l'occhio a vagheggiar è intento
108.2il piacer vario del fiorito suolo,
108.3più sempre di mirar vago e contento,
109.1di questo ramo in quel cantando a volo
109.2gir vede copia d'augelletti snelli,
109.3quai molti insieme, e qual vagando solo.
110.1Quinci s'accorge che di fior novelli
110.2e frutti antichi son quei rami carchi,
110.3non pur di nidi d'infiniti augelli.
111.1Senza che 'l guardo quinci e quindi varchi,
111.2l'incontran d'ogni parte i piacer tutti,
111.3in quest'officio non mai stanchi o parchi.
112.1E, se nel giardin visti in un ridutti,
112.2fiere, augei, pesci, rivi ,arbori e foglie,
112.3fior sempre novi, e d'ogni stagion frutti
113.1a mirar in disparte altri s'accoglie,
113.2e, come nel guardar talvolta occorre,
113.3da la pianura a l'alto a mirar toglie,
114.1ne la beltà de' vaghi colli incorre,
114.2ch'a la vista, che s'alza, umili e piani,
114.3lietamente si vengono ad opporre.
115.1Questi, dal bel palazzo non lontani,
115.2sembra che, per raccôrlo in mezzo 'l seno,
115.3si stringan verso lui d'ambe le mani;
116.1e 'ntanto spiegan tutto aperto e pieno
116.2il grembo lor di dolcezze infinite,
116.3che la vista bear possono a pieno.
117.1Le pecorelle, a pascer l'erbe uscite,
117.2biancheggian per li poggi, a cansar lievi,
117.3per poco d'ombra timide e smarrite:
118.1di questi monti son queste le nevi;
118.2ché quindi 'l verno standosi ognor lunge
118.3non vien giamai che 'l bel terreno aggrevi.
119.1Quindi letizia e molto utile giunge,
119.2de le gregge bianchissime ai signori,
119.3di quel che se ne tonde e uccide e munge.
120.1Sparsi per l'ombre, siedono i pastori,
120.2e, le canne dispari a sonar posti,
120.3cantan de' loro boscarecci amori;
121.1e, se i greggi talvolta erran discosti,
121.2col fischio il caprar sorto gli richiama,
121.3poi torna de la musa ai suoi proposti.
122.1Talor la pastorella ivi, ch'egli ama,
122.2de la fistola al suon mossa ne viene,
122.3in modo che di lui cresce la brama:
123.1fisse le luci avidamente ei tiene
123.2ne le braccia e nel sen nudi, e nel viso,
123.3e d'abbracciarla a pena si ritiene.
124.1Ma poi quindi a guardar l'occhio diviso
124.2tira l'udito suon d'un corno roco,
124.3quando più in quei pastori egli era fiso;
125.1ed ecco, da color lontano un poco,
125.2cani co' cacciator disposti in caccia,
125.3ciascuno intento al suo ufficio e 'l suo loco.
126.1Per folti arbusti un can quivi si caccia,
126.2e per terra latrando un altro fiuta,
126.3e de l'orme seguendo va la traccia,
127.1e tanto corre in fretta e 'l luogo muta,
127.2che d'una macchia fuor la lepre salta:
127.3il bracco geme e in seguirla s'aiuta;
128.1gridan le genti, e intorno ognun l'assalta;
128.2chi le spinge da tergo il veltro in fretta,
128.3qual corre a la via bassa, e quale a l'alta.
129.1E mentre qua e là ciascun s'affretta,
129.2il tuo sguardo, ch'a lor dietro s'aggira,
129.3s'incontra in piacer novo che 'l diletta:
130.1però ch'altrove d'improviso mira
130.2gente ch'al visco ed a le reti stese
130.3schiera d'augelli accortamente tira.
131.1In queste e quelle insidie non comprese
131.2di quei c'han maggior prezzo a le gran mense
131.3vengon tutte le sorti in copia prese.
132.1A chi stender più franco il volo pense,
132.2più facilmente incontra d'esser còlto
132.3ne le non viste reti, ancor che dense.
133.1Ma 'l tuo sguardo, che va d'intorno sciolto
133.2da questa novità de l'uccellare,
133.3vien da un altro piacer più novo tolto;
134.1perché dinanzi ad abbagliarlo appare
134.2del sol un raggio, il qual mandan reflesso
134.3l'acque d'un fonte cristalline e chiare.
135.1E l'occhio, alquanto chiusosi in se stesso,
135.2dopo quel vacillar s'apre, e ritorna
135.3a guardar quivi dentro l'ombra presso;
136.1e di smeraldi in fresca riva adorna,
136.2di liquido cristal sopra un ruscello,
136.3vede ch'altri a pescar lento soggiorna:
137.1l'amo innescato tien sospeso in quello,
137.2e con la canna in man fermato attende
137.3che 'l pesce cada al morso acuto e fello.
138.1Altri con reti in varia guisa il prende,
138.2e, con piè nudi da la sponda sceso,
138.3frugando per le buche il laccio stende:
139.1si lancia e scuote il pesce vivo e preso,
139.2né cessa di sala per fin che more,
139.3tratto del fonte in un pratel disteso.
140.1Vince di questo il soave sapore
140.2quel di quant'altro mai stagno o palude
140.3alberghi, o fondo salso o dolce umore.
141.1Nulla di quel, che in sé beato chiude
141.2un terren paradiso, un ciel terrestre,
141.3dal paese amenissimo s'esclude.
142.1Di semicapri dèi turba silvestre
142.2il fertile terren pianta e coltiva,
142.3sotto influsso di stelle amiche e destre;
143.1e quella, che del capo al padre viva
143.2uscìo, de' boschi e de le cacce dea,
143.3di questi monti ha in custodia l'oliva.
144.1Quel, che vivo nel ventre infante avea
144.2la madre allor che 'l consiglio l'estinse
144.3di Giunon fella, a lei contraria e rea
145.1che Giove tolto al proprio lato il cinse,
145.2n', fin che nove mesi fùr finiti,
145.3dal bianco, ove 'l nudriva, unqua il discinse,
146.1qui gli olmi guarda, e le ben colte viti;
146.2le biade di Proserpina la madre,
146.3Vertunno e Flora gli arbori graditi.
147.1Mille, scese dal ciel, benigne squadre
147.2d'eletti spirti infiorano il bel nido,
147.3e 'l guardan da le cose infeste et adre.
148.1Dolce de' miei pensieri albergo fido,
148.2pien d'aranci e di cedri, e lieto in guisa
148.3che vince ogni concetto, ogni uman grido,
149.1resta la mente mia vinta e conquisa,
149.2che 'l ben in te con larga mano infuso
149.3dal celeste Motor forma e divisa;
150.1e, come tu sei bel fuor d'uman uso
150.2così ne l'opra de l'imaginarti
150.3riman l'ingegno inutile e confuso;
151.1e, se vaga pur vengo di lodarti,
151.2come confusa son dentro, confondo
151.3de le tue lodi l'ordine e le parti.
152.1Ben, quanto in questo assai mai corrispondo,
152.2tanto ne la prontezza del desire
152.3con grata rispondenza sovrabondo.
153.1Vorrei, ma in parte non so alcuna, dire
153.2le lodi del signor, che ti possiede,
153.3né stil uman porìa tant'alto gire.
154.1Com'ogni loco è cielo, ove Dio siede,
154.2ma poi nel ciel, ch'è adorno a maraviglia,
154.3espressamente ferma la sua sede,
155.1così gran lode ogni soggiorno piglia
155.2da quel signor, dovunque mai perviene,
155.3che regge 'l mio voler con le sue ciglia;
156.1ma pur il seggio suo proprio ei ritiene
156.2in voi, perciò sommamente beate,
156.3contrade soavissime ed amene:
157.1per lui tante beltà vi furon date,
157.2e senza lui de' vostri pregi intieri
157.3sareste senza dubbio alcun private.
158.1Gitene, colli, assai per questo alteri,
158.2ch'avete grazia di servir a lui,
158.3degno di mille mitre e mille imperi.
159.1Quest'è il buon vostro regnator, per cui
159.2vincon le vostre inusitate forme
159.3tutto 'l diletto de' paesi altrui.
160.1Per farsi incontra a le sue gentili orme
160.2crescon l'erbette e i fior, ch'al suo toccarli
160.3vien che nova beltà gli orni e riforme;
161.1e l'onorate man presta a lavarli
161.2dentro la stanza l'acqua dolce arriva,
161.3e dietro vaga ognor par brame andarli.
162.1Da questa una fontana si deriva,
162.2che d'ogn'intorno puro argento stilla
162.3da vena di cristal corrente e viva.
163.1Dentro 'l terren fecondo il cielo instilla
163.2virtù, che fa produr soavi frutti,
163.3e l'aria salutifera e tranquilla:
164.1il piacer sommo e 'l vero fin di tutti
164.2è che 'l signor gli goda e gli divida,
164.3ch'ad arbitrio di lui furon produtti.
165.1Qualunque in verde ramo augel s'annida,
165.2a lui canta, a lui vive, e, s'a lui piace,
165.3lieto sostien ancor ch'altri l'uccida;
166.1qualunque in monte o in piano animal giace,
166.2selvaggio errante, liberale dono
166.3di se stesso a costui contento face;
167.1e le mandre, che quivi in copia sono,
167.2e tutto quel, che la terra produce,
167.3son di lui molto più ch'io non ragiono.
168.1Qui la natura carca si riduce,
168.2per dar del suo tesoro a lui tributo,
168.3che da l'Indo e 'l Sabeo quivi traduce:
169.1non fosse questo ben da lui goduto,
169.2certo è che in tanta copia mai dal cielo
169.3non fôra ad alcun altro pervenuto.
170.1A costui cede il gran signor di Delo,
170.2più del suo chiaro, del valor il lume
170.3cui nube non offusca od altro velo;
171.1e di dolce eloquenzia il puro fiume
171.2a lui dona di Giove il fedel messo,
171.3ch'al cappello ed ai piè porta le piume.
172.1A questo, a cui comandar è concesso
172.2agli elementi, che in quel suo soggiorno
172.3oprano quanto è più gradito ad esso,
173.1andai, dal gran desio tirata, un giorno:
173.2non per error di via, né ch'io passassi
173.3quindi avante d'altronde al mio ritorno;
174.1ma d'Adria mossi a quest'effetto i passi,
174.2né interromper giamai vòlsi il viaggio,
174.3perch'a l'andar via pessima trovassi,
175.1Di questo mio signor cortese e saggio,
175.2nel sentier aspro, mi fu grata scorta
175.3de la virtute il sempiterno raggio:
176.1da così chiaro e dolce lume scorta,
176.2la strada, ch'al desio lunga sembrava,
176.3al disagio parea commoda e corta.
177.1La difficoltà grande superava
177.2d'ogni altra cosa sol con la speranza,
177.3che di veder uom sì gentil portava.
178.1Alfin pur giunsi a la bramata stanza,
178.2né potrei giamai dir sì com'io fossi
178.3raccolta con gratissima sembianza.
179.1A sì dolce spettacolo rimossi
179.2tutti i miei gravi e torbidi pensieri,
179.3che venner meco, allor che d'Adria mossi;
180.1e tra mille gratissimi piaceri
180.2ristoro presi e mi riconfortai,
180.3qual fa ch'il suo ben gode e 'l meglio speri.
181.1Ma poco al mio talento mi fermai
181.2al loco da me dianzi raccontato,
181.3di cui più bello non si vide mai,
182.1né con più vago e splendido apparato
182.2di vasi, e di famiglia bene instrutta,
182.3che pronta al signor serve d'ogni lato,
183.1e intorno a lui con ordine ridutta,
183.2di varia età, di vario pelo mista,
183.3vestita a un modo, corrisponde tutta.
184.1Questa tra l'altre è ancor nobile vista,
184.2veder d'intorno a sé ben divisata
184.3d'onesta gente vaga e doppia lista.
185.1Dunque, de le Fumane unica, amata
185.2terra, ov'albergan le delizie, quante
185.3ogni stanza real pòn far beata,
186.1cedano Baie, e Pozzuol non si vante,
186.2ch'unite in loro han le vaghe Fumane
186.3le grazie di là suso tutte quante.
187.1Cose tutte eccellenti e sopraumane,
187.2dolci a la vista, al gusto, e gli altri sensi,
187.3le piagge han grate agli occhi, al varcar piane.
188.1E, perch'al loco internamente io pensi,
188.2quanto più di lui parlo, e manco il lodo,
188.3e i miei desir di lui si fan più intensi.
189.1Volando col pensier, la lingua annodo.
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