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XXIV

Rime

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1.1Sovente occorre ch'altri il suo parere
1.2dice, stimando fatte alcune cose,
1.3che non successer, né fùr punto vere.
2.1Di queste, che pur son dubbie e nascose,
2.2in noi un certo instinto la natura,
2.3che tende al peggio ed al biasmarle, pose;
3.1benché null'opra è di qua giù sicura,
3.2e di quel, che men par ch'avvenir possa
3.3stiasi con più sospetto e con paura.
4.1Del mondo ingannator quest'è la possa,
4.2che quel, ch'è più contrario al ver, succeda,
4.3per cagion torta, occoltamente mossa.
5.1La ragion vuol ch'ogni ben di voi creda,
5.2ma poi del verisimile l'effetto
5.3fa che quel, ch'io credei prima, discreda.
6.1Comunque sia, egli m'è stato detto:
6.2se falso o ver, non importa ch'io dica
6.3s'io son risolta o se n'ho alcun sospetto:
7.1basta che mi tegniate per amica,
7.2come infatti vi son, sì che in giovarvi
7.3non sarei scarsa d'opra o di fatica.
8.1Ed or ch'io mi conduco a ragionarvi
8.2di quanto intenderete, a quel m'accosto,
8.3che d'é chi fa profession d'amarvi.
9.1Dunque a la mia presenza vi fu opposto
9.2ch'una donna innocente abbiate offesa
9.3con lingua acuta e con cor mal disposto;
10.1e che, moltiplicando ne l'offesa,
10.2quant'è colei più stata paziente,
10.3in voi l'ira si sia tanto più accesa,
11.1sì che, spinto da sdegna, impaziente
11.2le man posto l'avreste adosso ancora,
11.3se nol vietava alcun, ch'era presente;
12.1ma voi la minacciaste forte allora,
12.2e giuraste voler tagliarle il viso,
12.3osservando del farlo il tempo e l'ora.
13.1Strano mi parve udir, d'un uom diviso
13.2dai fecciosi costumi del vil volga,
13.3un cotal nuovo inaspettato aviso;
14.1e, mentre col pensiero a voi mi volgo,
14.2de la virtute amico e de l'onesto,
14.3la fede a quel, che mi fu detto, tolgo.
15.1Da l'altra parte so quanto è molesto
15.2lo spron de l'ira, e come spesso ei mena
15.3a quel ch'è vergognoso ed inonesto:
16.1né sempre la ragion, che i sensi affrena,
16.2a stringer pronto in man si trova il morso,
16.3e 'l gran soverchio rompe ogni catena.
17.1Se per impeto d'ira il fallo è occorso,
17.2non durate nel mal, ma conoscete
17.3quanto fuor del dever siate trascorso.
18.1Gli occhi del vostro senno rivolgete,
18.2e quanto ingiuriar donne vi sia
18.3disdicevole, voi stesso vedete.
19.1Povero sesso, con fortuna ria
19.2sempre prodotto, perch'ognor soggetto
19.3e senza libertà sempre si stia!
20.1Né però di noi fu certo il diffetto,
20.2che, se ben come l'uom non sem forzute,
20.3come l'uom mente avemo ed intelletto.
21.1Né in forza corporal sta la virtute,
21.2ma nel vigor de l'alma e de l'ingegno,
21.3da cui tutte le cose son sapute:
22.1e certa son che in ciò loco men degno
22.2non han le donne, ma d'esser maggiori
22.3degli uomini dato hanno più d'un segno.
23.1Ma, se di voi si reputiam minori,
23.2fors'è perché in modestia ed in sapere
23.3di voi siamo più facili e migliori.
24.1E che sia 'l ver, voletelo vedere?
24.2che 'l più savio ancor sia più paziente
24.3par ch'a la ragion quadri ed al devere:
25.1del pazzo è proprio l'esser insolente,
25.2ma quel sasso del pozzo il savio tragge,
25.3ch'altri a gettarlo fu vano e imprudente.
26.1E così noi, che siam di voi più sagge,
26.2per non contender vi portamo in spalla,
26.3com'anco chi ha buon piè porta chi cagge.
27.1Ma la copia degli uomini in ciò falla;
27.2e la donna, perché non segua il male
27.3s'accomoda e sostien d'esser vassalla.
28.1Ché, se mostrar volesse quanto vale,
28.2in quanto a la ragion, de l'uom saria
28.3di gran lunga maggiore, e non che eguale.
29.1Ma l'umana progenie mancheria,
29.2se la donna, ostinata in sul duello,
29.3foss'a l'uom, com'ei merta, acerba e ria.
30.1Per non guastar il mondo, ch'è sì bello
30.2per la specie di noi, la donna tace,
30.3e si sommette a l'uom tiranno e fello,
31.1che poi del regnar tanto si compiace,
31.2sì come fanno 'l più quei che non sanno
31.3(ché 'l mondan peso a chi più sa più spiace),
32.1che gli uomini perciò grand'onor fanno
32.2a le donne, perché cessero a loro
32.3l'imperio, e sempre a lor serbato l'hanno.
33.1Quinci sete, ricami, argento ed oro,
33.2gemme, porpora, e qual è di più pregio
33.3si pon in adornarne alto tesoro;
34.1e, qual conviensi al nostro senno egregio,
34.2non sol son ricchi i nostri adornamenti
34.3d'ogni pomposo e più prezzato fregio,
35.1ma gli uomini a noi vengon riverenti,
35.2e ne cedono 'l luogo in casa e in strada,
35.3in ciò non punto tardi o negligenti.
36.1Per questo anco è ch'a lor portar accada
36.2berretta in testa, per trarla di noi
36.3a qualunque dinanzi ei se ne vada;
37.1e, s'ancor son tra lor nimici poi,
37.2non lascian d'onorar, sempre ch'occorre,
37.3l'istesse donne de' nemici suoi.
38.1Da questo argumentando si discorre
38.2quanto l'offesa fatta al nostro sesso
38.3la civiltà de l'uom gentile aborre.
39.1Né ch'io parli così crediate adesso
39.2con altro fin, che di mostrarvi quanto
39.3l'offender donne sia peccato espresso.
40.1Informata ancor son da l'altro canto
40.2chi sia colei, di cui mi fu affermato
40.3che ingiuriaste e minacciaste tanto:
41.1certo questo non merita il suo stato,
41.2e l'avervi 'l suo amore a tanti segni
41.3in tante occasioni manifestato.
42.1Cessin l'offese omai cessin gli sdegni,
42.2e tanto più che d'uom nato gentile
42.3questi non sono portamenti degni;
43.1ma è profession d'uom basso e vile
43.2pugnar con chi non ha diffesa o schermo,
43.3se non di ciance e d'ingegno sottile.
44.1Perdonatemi in ciò, ch'io troppo affermo
44.2le colpe vostre; poi ch'io non intendo
44.3comprender voi, più d'alcun altro, al fermo;
45.1ma quel ch'adesso vado discorrendo
45.2è quanto ad onta sua colui s'inganni,
45.3che vada con le donne contendendo;
46.1perch'al sicur di lui son tutti i danni:
46.2s'ei vince, mal; e peggio, se vien vinto:
46.3il rischio è certo e infiniti gli affanni.
47.1Col viso di rossore infuso e tinto,
47.2d'essere stato ogni uom d'onor s'accorge
47.3di far ingiuria a donne unqua in procinto;
48.1e, quanto più 'l valor viril risorge,
48.2tanto più l'armi fuor da l'ira tratte
48.3vergognando al suo loco altri riporge,
49.1e si pentisce de le cose fatte
49.2in via che, se potesse frastornarle,
49.3le ridurria da l'esser primo intatte.
50.1Ma, poi che non può adietro ritornarle,
50.2con dolci modi a l'offese ripara,
50.3e, quanto può, si sforza d'annullarle:
51.1ritorna ancor l'amata al doppio cara
51.2nel rifar de la pace; e, per turbarsi,
51.3più d'ogni parte l'alma si rischiara.
52.1Così nel ben vien a moltiplicarsi,
52.2e così certa son che voi farete,
52.3sì come suol da ogni par vostro farsi:
53.1e colei certo offesa o non avete,
53.2o, se vinto da sdegno trascorreste,
53.3l'error di voi non degno emenderete.
54.1Ed io di ciò vi prego in fin di queste.
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