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XXIII

Rime

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1.1Lungamente in gran dubbio sono stata
1.2di quel che far a me s'appartenea,
1.3da un certo uomo indiscreto provocata.
2.1Nel pensier vane cose rivolgea
2.2del far e del non far la mia vendetta,
2.3né a qual partito accostarmi sapea;
3.1alfin, la propria mia ragion negletta,
3.2che 'l buon camin non sa prender né puote,
3.3da la soverchia passion costretta,
4.1vengo a voi per consiglio, a cui son note
4.2le forme del duello e de l'onore,
4.3per cui s'uccide il mondo e si percuote.
5.1A voi, che guerrier sète di valore,
5.2e, ch'oltre a l'esser de la guerra esperto,
5.3vostra mercede, mi portate amore,
6.1per consiglio ricorro; e ben m'accerto
6.2che mi sareste ancor non men d'aita,
6.3per grazia vostra più che per mio merto.
7.1Ma io non voglio a quel, dove m'invita
7.2de la vendetta il gran desio, voltarmi,
7.3benché la via mi sia piana e spedita:
8.1voglio, prima ch'io venga al trar de l'armi,
8.2il mio parer communicar con voi,
8.3e con voi primamente consigliarmi;
9.1e, se determinato fia tra noi
9.2che con gli effetti io debba risentirmi,
9.3non sarò pigra a pigliar l'armi poi.
10.1Ma saria forse un espresso avvilirmi,
10.2far soggetto capace del mio sdegno
10.3chi non merta in pensier pur mai venirmi:
11.1un uom da nulla, e non sol vile, e indegno
11.2che da seder si mova a lui pensando
11.3qualunque ancor che pigro e rozzo ingegno.
12.1E pur d'ira m'infiammo, rimembrando
12.2la villania da lui fatta a se stesso,
12.3di doverla a me far forse stimando.
13.1Inescusabil fallo vien commesso
13.2da chi dice d'alcun mal in sua assenza,
13.3s'anco ver sia quel che vien detto espresso;
14.1perché in ciò l'uom dimostra gran temenza,
14.2e par che 'n quella vece non ardisca
14.3dir il medesmo ne l'altrui presenza.
15.1Ma poi, se di menzogne si fornisca
15.2e, nel contaminar l'onore altrui,
15.3con frode e infamia contra 'l ver supplisca,
16.1ben certamente merita costui
16.2cancellarsi del libro de' viventi,
16.3sì che 'l suo nome ad un pèra con lui.
17.1Oh, se le rane avesser unghia e denti,
17.2come sarian se drittamente addocchio,
17.3talor più de' leon fiere e mordenti!
18.1Ma poi, per gracidar d'alcun ranocchio,
18.2di gir non lascia a ber l'asino al fosso,
18.3anzi drizza a quel suon l'orecchio e l'occhio.
19.1Se un ser grillo, a dir mal per uso mosso,
19.2de la sua buca standosi al riparo,
19.3m'ha biasmato in mia assenzia, io che ne posso?
20.1E se, tratte a quel suon, quivi n'andáro
20.2molte vespe e tafani, e per tenore
20.3di quel suon roco in compagnia ruzzáro,
21.1non patisce alcun danno in ciò 'l mio onore,
21.2e, quanto aspetta a me, più tosto rido;
21.3ma de l'altrui sciocchezza ho poi dolore.
22.1D'una brutta cornacchia a l'aspro grido
22.2trassero altri uccellacci da carogne,
22.3e di sterco l'empiêr la strozza e 'l nido.
23.1Quest'è proprietà de le menzogne,
23.2che quelli ancor, che son malvagi e tristi,
23.3versan sopra l'autor biasmi e vergogne.
24.1Del mio avversario fùr primieri acquisti
24.2sparger detti, in mia assenza, di me falsi,
24.3da nulla verità coperti o misti.
25.1Ad ira contra lui perciò non salsi;
25.2ma m'allegrai, quando contra 'l suo dire
25.3tacendo col mio ver chiaro prevalsi.
26.1Ben poi via più insolente divenire
26.2nel mio silenzio il vidi; e quasi ch'io
26.3d'averlo fatto tale posso dire.
27.1Ma qual era in quel caso officio mio,
27.2se non quel dirmi mai dopo le spalle
27.3non curar punto, da un uomo vile e rio?
28.1Troppo al giudicio mio vien che s'avvalle
28.2il pensier di chi segue tai diffetti,
28.3c'hanno precipitoso e tetro il calle.
29.1Raffrena, uom valoroso, i ciechi affetti,
29.2e non voler opporti a ciascun'orma
29.3de la malignitate ai falsi detti:
30.1segui de la virtù la dritta norma,
30.2che, di se stessa paga, agli altrui errori
30.3generosa non guarda, e par che dorma.
31.1Così fec'io, che, d'ogni dritto fuori
31.2infamiata e biasmata da un uom vile,
31.3mi confortai co' miei pensier migliori:
32.1e farei più che mai ora il simìle,
32.2se per la mia pazienzia quel villano
32.3non discendesse a via peggiore stile.
33.1Ma con armata e minacciosa mano
33.2m'importuna, e mi sfida, e quasi sforza
33.3il pensier di star queta a render vano.
34.1Con l'acqua alfin ogni foco si smorza:
34.2così la costui rabbia e l'arroganza
34.3a quel ch'io men vorrei mi spinge a forza.
35.1So ch'egli per natura e per usanza
35.2è pessimo e vilissimo a volere
35.3pugnar con una donna, di possanza.
36.1E quasi che non porta anco il devere,
36.2ch'al provocar de l'armi io gli risponda,
36.3non usa il ferro ignudo in man tenere.
37.1Ma tanto più d'audacia ei soprabonda,
37.2quanto l'armi paura più si crede,
37.3e con nuove insolenzie mi circonda.
38.1Non so quel che in tal caso si richiede:
38.2il parer vostro non mi sia negato,
38.3ch'a lui son per prestar assenso e fede.
39.1Io sono stata in procinto, da un lato,
39.2di disfidarlo a singolar battaglia,
39.3comunque più gli piace, in campo armato.
40.1Ma dubitai che di piastra e di maglia
40.2ei proponesse grave vestimento,
40.3e ferro ehe non punge e che non taglia.
41.1So ch'egli è un asinaccio a questo intento
41.2d'assicurarsi contra i colpi crudi,
41.3dove vi sia di sangue spargimento:
42.1del resto sovra 'l dorso se gli studi,
42.2s'altri volesse ben con un martello,
42.3come s'usa di far sopra le incudi.
43.1Questo m'ha messo a partito il cervello,
43.2ch'io non vorrei con sferza o con bastone
43.3prender a castigar un uom sì fello.
44.1Non so se in ciò potessi con ragione
44.2rifiutar armi non micidiali,
44.3ma solamente a bastonarsi buone:
45.1so ch'ei dirìa ch'a lui si denno tali,
45.2e ch'io non debbo ricusarle, quando
45.3d'ogni lato le cose vanno eguali.
46.1Io sono andata a questo assai pensando,
46.2ed ho discorso che, s'io 'l disfidassi,
46.3da l'insultar s'andria forse arretrando:
47.1forse ch'ei volgerebbe altrove i passi,
47.2e meco fuggiria d'entrar in prova,
47.3perch'ancor, col baston non l'amazzassi.
48.1Ma s'ei temprate ha l'ossa a tutta prova
48.2contra ogni copia di gran bastonate,
48.3sì ch'altri a dargli stanco alfin si trova;
49.1senz'aver le devute sue derrate,
49.2rendermi stanca in guisa alfin potrebbe,
49.3che l'armi avessi in mio affanno pigliate.
50.1E poi di me qual cosa si direbbe?
50.2Ch'io non sia buona per un uom codardo,
50.3cui con la verga un fanciul vincerebbe:
51.1un, che fa l'invincibile e 'l gagliardo
51.2contra una donna, che sopporta e tace,
51.3senza pur minacciarlo con lo sguardo.
52.1Dunque 'l debbo lasciar seguir in pace,
52.2e sommettermi in guisa al suo talento,
52.3ch'egli m'offenda come più gli piace?
53.1Quest'è strana maniera di tormento,
53.2e tal, ch'offese a non sopportar usa,
53.3a questa men ch'ad altra atta mi sento.
54.1Dunque sarò da sì vil uom delusa,
54.2senza prender vendetta in parte alcuna
54.3di quanto egli m'offende e sì m'accusa?
55.1In questo punto il mio pensier s'aduna,
55.2e per incaminarmi a buona strada
55.3trovo scarsa e contraria la fortuna.
56.1Ma s'io sto queta, e, come avien ch'accada
56.2un giorno, che passar quindi gli avenga,
56.3incontra armata a ucciderlo gli vada?
57.1Forse la sete fia che 'n tutto io spenga
57.2di quel sangue maligno, e con diletto
57.3senza contrasto alcun vittoria ottenga.
58.1Dunque commetterò sì gran diffetto
58.2di bruttar di quel sangue queste mani,
58.3ch'è di malizia e di viltate infetto?
59.1Cessin da me pensieri così strani.
59.2Ma che farò? S'io taccio, mal; e poi
59.3s'io faccio, peggio. Oh miei discorsi vani!
60.1Datemi, signor mio, consiglio voi.
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