CANTO XXV

Avarchide

PoeTree.it

1.1Delle prove onorate giunto il fine
1.2dietro al famoso re parte ciascuno,
1.3e dell'albergo umil trova il confine,
1.4ove la sete sua sazia e 'l digiuno;
1.5poi ch'attuffando il sol l'aurato crine
1.6nell'onda occidental vien l'aer bruno,
1.7sovr'aspro letticciuol le membra stende,
1.8e del lungo sudar restauro prende.
2.1Ma il pio figlio di Ban la nuda terra
2.2presso al buon Galealto ha per sostegno,
2.3pensa a lui sol nè mai le luci serra,
2.4che di riposo aver si chiama indegno,
2.5e di cure mortali eterna guerra
2.6si sente dentro al sen di doglia pregno,
2.7or su questo rivolto or su quel lato,
2.8or supino ora in piè cangiando stato.
3.1Tornangli tutte in cor l'alte fatiche,
3.2che per terra e per mar seco sofferse,
3.3e dove il ciel con le sue stelle amiche
3.4di vittoria il cammin seco gli aperse;
3.5che 'l trovò sempre tal, che fra l'antiche
3.6coppie fide in amar simil non scerse;
3.7e non vuol più gradir felice sorte
3.8or ch'averla con lui gli ha tolto morte.
4.1Avvolto in tai pensier, come l'aurora
4.2con le rosate mani il giorno adduce,
4.3risveglia e chiama chi dormiva ancora
4.4della gente gradita ond'egli è duce;
4.5poi con ornata pompa trae di fuora,
4.6accesa intorno ampissima la luce
4.7di candide facelle, il gran re morto,
4.8per locarlo nel tempio al sacro porto.
5.1Ove con larghe lagrime portato
5.2sovra il gran limitare in alto il pose,
5.3dentro albergo di piombo fuori aurato,
5.4che 'nfra drappi ricchissimi nascose;
5.5d'attorno tutto il loco è circondato
5.6di palme e 'nsegne sue vittoriose;
5.7sotto a lui poscia stan di Segurano
5.8le spoglie appese di sua stessa mano.
6.1Non perché eternamente ivi dimore,
6.2che per lui non gli par sede assai degna,
6.3ma infin che sia di quella impresa fuore,
6.4e che d'Arturo in mano Avarco vegna;
6.5ch'allora ei proprio con supremo onore
6.6nelle fortunat'Isole ove regna
6.7il buon sangue di lui, per aspro mare
6.8a' suoi liti paterni il vuol portare.
7.1Or mentre ciò facea, dall'altra parte
7.2il misero Clodasso e la pia moglie,
7.3l'afflitta Claudiana han tante sparte
7.4lagrime a terra in angosciose doglie,
7.5ch'avrian mosso a pietà Bellona e Marte,
7.6e del fero Pluton le crude soglie,
7.7non pur la gente languida ch'ascolta,
7.8or non men che di duol di tema involta.
8.1Ché l'infelice popolo omai vede,
8.2ch'ogni saldo sperar s'è fatto vano,
8.3morto il suo valoroso Palamede,
8.4che 'l Britanno furor tenea lontano,
8.5poi quel nella cui mano avea più fede,
8.6che 'n tutte l'altre, il fero Segurano,
8.7e 'l giovinetto re Clodin, nel quale
8.8parea fosse il rimedio d'ogni male.
9.1Pur del suo vecchio re sentendo il pianto,
9.2lagrimando di lui, se stesso oblia;
9.3che 'l vedea dispogliato il real manto
9.4chiamar la morte dispietata e ria,
9.5dicendo: “E perché m'hai lassato tanto
9.6in questo velo, oimé? Che s'io morìa
9.7molti anni sono andati, il più felice
9.8era io del mondo, or sono il più infelice.
10.1Ma pur potessi almeno in tanto duolo
10.2aver questo crudele aspro conforto,
10.3di vedermi ora innanzi il mio figliuolo,
10.4qual'ei si mostre, insanguinato e morto,
10.5e potergli le piaghe afflitto e solo
10.6di lagrime lavar, poi dargli il porto
10.7ch'alle spogliate membra ultimo dassi,
10.8di terra ornata e di marmorei sassi.
11.1Sì ch'io fossi securo che le mani,
11.2le mani al mio buon seme crude e fere,
11.3no 'l facciano esca di bramosi cani,
11.4d'avvoltori, di corvi e d'aspre fere;
11.5e che i nemici miei pressi e lontani
11.6il duro scempio vengano a vedere,
11.7dicendo: 'Tale avegna al suo parente,
11.8e di quanta ave intorno amica gente'“.
12.1Con tai duri lamenti a terra giace
12.2in tra cenere immonda e polve avvolto,
12.3e d'oscuro color macchiati face
12.4i canuti capei, la barba e 'l volto;
12.5né la notte né 'l dì ritrova pace,
12.6senza chiuder le luci o poco o molto;
12.7del cibo prende pur talora a forza,
12.8che alcun servo migliore a ciò lo sforza.
13.1Ma che 'l dì duodecimo passato
13.2sente Vagorre il re che Lancilotto,
13.3doppo il funebre onore a fin recato,
13.4avea con lunga pompa ricondotto
13.5di Galealto il corpo nel sagrato
13.6tempio al sepolcro; fu da speme indotto
13.7a creder che lo sdegno e l'ira omai
13.8nel generoso cor sia meno assai.
14.1Però che a mille prove conoscea
14.2quanto era chiaro, nobile e pietoso
14.3degli altrui danni e d'altrui sorte rea,
14.4e di giovare a' miseri bramoso;
14.5onde giunto a Clodasso gli dicea:
14.6“Date al vostro dolor qualche riposo,
14.7ch'io penso di recarvi oggi vicino
14.8il vostro altero genero e Clodino;
15.1se vorrete, Clodasso, consentire
15.2ch'io mi mostri oratore in vostro nome
15.3al figliuol del re Ban, ch'omai dell'ire
15.4già deposte dal cor le gravi some
15.5voglia lassar da' nostri seppellire
15.6i due regi illustrissimi, sì come
15.7convien di loro all'alta nobiltade,
15.8e d'un tal vincitore alla pietade;
16.1e ch'oltra il grande onor gli faccia offerta
16.2di preziosi doni in sua mercede,
16.3per l'una e l'altra via mostrare aperta,
16.4ove il supremo onore e 'l premio sede;
16.5che ben d'aspra durezza ha l'alma inserta,
16.6chi dubbioso dell'una al fin non cede,
16.7poi che più volte s'ha rivolto in seno,
16.8ch'elle vengan congiunte, ad ambe almeno”.
17.1Il doglioso Clodasso poi ch'alquanto
17.2s'ha il cor compresso e che 'l rugoso volto
17.3bagnato ha intorno di più largo pianto,
17.4e di più trista cenere ravvolto,
17.5risponde sospirando: “Ben che tanto
17.6non mi dorria dal mondo essere sciolto,
17.7quanto il pregar quel crudo, onde rimase
17.8son senza tai figliuoi le nostre case;
18.1pure il paterno uficio e la pietade,
18.2senza speranza aver, fa ch'io consenta,
18.3che voi prendiate in van per noi le strade
18.4a far dolce venir chi ne tormenta;
18.5con fargli offerta di sì grandi e rade
18.6ricchezze che porriano assai contenta
18.7render di Mida ancor l'avara voglia,
18.8che di vita per lor se stessa spoglia”.
19.1E chiamato Astrabor comanda e dice:
19.2“Gite dove il mio ben giace più caro
19.3e la corona regia, onde felice
19.4mi tenni un tempo e sì pregiato e chiaro,
19.5prendete in prima e sia dono infelice
19.6a chi n'ha qui ripien di pianto amaro;
19.7la qual di sì gran gemme e tali è piena,
19.8ch'altre tante ne son nel mondo a pena.
20.1Poi la vesta real, là dove l'oro
20.2tra smeraldi e rubin rimane ascoso,
20.3la qual soletta avanza ogni tesoro,
20.4che quell'empio sperar già mai fuss'oso;
20.5lo scettro ancor, che qualunque altri foro
20.6tra' Persi o gl'Indi al tempo più famoso
20.7d'assai pregio trapassa e di lui sia
20.8ogni ornamento della regia mia.
21.1Che poi che piace al ciel ch'ei m'aggia privo
21.2de' più cari ch'avea del regno eredi,
21.3d'essi e d'ogn'altro ben restando schivo,
21.4ogni cosa mortale ho sotto i piedi;
21.5or gite adunque tosto, acciò ch'io vivo
21.6possa compor dentro a marmoree sedi
21.7i due terrestri vel di quei, che soli
21.8fur di vera virtù lucenti soli”.
22.1Non molto a ritornar tarda Astraborre,
22.2e i domandati arnesi ivi entro adduce;
22.3dagli in potere appresso di Vagorre,
22.4che dell'aspro viaggio fosse duce;
22.5ei sovra ornato carro gli fa porre,
22.6che d'oro intorno riccamente luce,
22.7da quattro gran destrier tirato, a i quali
22.8non vede altro paese molti eguali.
23.1Muove esso innanzi e solo in compagnia
23.2Ideo ch'è il primo araldo seco mena,
23.3che ben sapeva omai del gir la via,
23.4ché più volte calcò l'istessa arena;
23.5sovra un picciol caval monta, che sia
23.6di conducerlo a fin possente a pena,
23.7di brun vestito, ma l'araldo intorno
23.8degli usati color si fece adorno.
24.1Così quei due, con Filigante insieme
24.2giovin d'alto valore e di gran fede,
24.3che in abito assai vile il carro preme,
24.4e i tiranti corsier gastiga e fiede,
24.5vanno oltra pur, come chi spera e teme
24.6di ciò che a lui vicino incontra o vede,
24.7in fin che già del fosso che circonda
24.8il nemico oste lor sono alla sponda.
25.1Ivi trovan, ch'a caso su 'l mattino
25.2va il campo visitando il pio Tristano,
25.3come la mandra suol fido mastino,
25.4a cui il lupo non sia molto lontano;
25.5riguardagli esso e poi ch'è più vicino,
25.6vede il buon vecchio re ch'alza la mano
25.7d'amicizia per segno e sceso in terra
25.8domanda pace alla perduta guerra.
26.1Dicendo: “O invitto, altero e chiaro germe
26.2del più onorato tronco che mai fusse,
26.3umil ti prego per le ornate e ferme
26.4virtù del sacro tuo Meliadusse,
26.5che non voglia oggi alle fortune inferme,
26.6ch'al lor più basso fine il ciel condusse,
26.7giunger più peso e vi sovvegna ancora
26.8del re Vagorre che fu vostro ognora”.
27.1Quand'ode il buon Tristan che questo sia
27.2Vagorre, ch'onorò mai sempre quale
27.3padre e signor, che in bassa compagnia
27.4lì si mostrava a prigioniero eguale,
27.5l'abbraccia e dice: “E quale avversa e ria
27.6sorte al vostro valor tarpate ha l'ale?
27.7Che di sì altero grado oggi vi veggio
27.8d'ogni servo più umil venuto al peggio?”
28.1Gli risponde Vagorre: “Non mie colpe,
28.2né mio grave tentar soverchie imprese,
28.3ma il troppo amor ch'io porto altrui m'incolpe,
28.4e la pia carità pura e cortese
28.5verso il miser Clodasso e me ne scolpe
28.6la fé sincera e 'l gran desio ch'accese
28.7gli spirti in me di non lassarlo mai,
28.8ma seco aver comune il bene e i guai.
29.1E pregato da lui vengo in suo nome
29.2a pregar Lancilotto che gli renda
29.3morti il genero e 'l figlio e gravi some
29.4d'oro e di gemme per mercé si prenda,
29.5s'a voi piace il lassarme e dirmi come
29.6in ver lui più securo il passo stenda,
29.7e supplicarlo ancor, s'ad uopo vegna,
29.8che svegli la pietà che in esso regna”.
30.1Non poté senza lagrime a lui dire
30.2il famoso Tristan: “Padre onorato
30.3non sol potrete voi securo gire,
30.4ove per chiaro amor sete inviato,
30.5ma voglio insieme anch'io con voi venire,
30.6in fin ch'al padiglion v'aggia recato
30.7del nobil Lancilotto, dov'io spero,
30.8che 'l vostro bel desio si compia intero”.
31.1Così detto comanda che da' suoi
31.2gli sia libero, aperto e largo il varco,
31.3ove esso il primo e gli vien dietro poi
31.4Ideo col carro prezioso carco;
31.5giungon senza trovar chi 'l passo annoi,
31.6ove il gran destruttor di quei d'Avarco
31.7sotto l'abergo suo soletto stasse,
31.8con le pie luci ancor languide e basse.
32.1Il qual tosto che scorge il suo Tristano,
32.2con dolce salutar vicin gli accorre,
32.3abbraccia il collo e stringeli la mano,
32.4e 'l face in ricco seggio appo sé porre,
32.5quand'ei gli mostra in abito sì strano,
32.6e 'n lugubre dolore il re Vagorre,
32.7dicendo: “Ecco cui manda altrui pietade
32.8a trovar voi per sì dubbiose strade.
33.1Quando affisa la vista il cavaliero,
33.2e l'onorato re ben raffigura,
33.3surge in piè riverente e poi qual fero
33.4destino avverso o quale aspra ventura
33.5qui conduce or, dicea, l'unico e vero
33.6mio padre antico, in cui posi ogni cura
33.7di servir sempre, avvegna che la sorte
33.8n'ha date al guerreggiar contrarie scorte?
34.1Indi in più degno seggio collocato,
34.2segue oltra: “Or che comanda il mio signore?
34.3Al qual nulla da me sarà negato,
34.4e sia la vita ancor fuor che l'onore,
34.5che d'alcun dritto amico domandato
34.6non fu già mai che no 'l consente il core,
34.7ch'esser non può, che di virtù ripieno,
34.8poi che candido amor riceve in seno”.
35.1Allora il vecchio re, poi che l'ha stretto
35.2al collo intorno, come pio figliuolo,
35.3comincia: “O cavalier per gloria eletto
35.4del nostro mondo da chi regge il polo,
35.5non desir di mio ben, né proprio affetto
35.6d'alcun congiunto, disarmato e solo
35.7in tra l'arme nemiche m'ha condotto
35.8al cospetto venir di Lancilotto;
36.1ma la vera pietà ch'aver si deve
36.2degli avversari ancor, non pur de' suoi;
36.3quando oppressi veggiam da peso greve,
36.4e 'l potergli alleggiar sia posto in noi;
36.5e tanto più s'all'affannarsi breve
36.6lunga e ferma speranza segua poi,
36.7come a me avvien, che 'n pochi passi vegno
36.8a chi di cortesia sostiene il regno:
37.1e che non ave a schivo l'ascoltare,
37.2chi da' nemici suoi preghiere porti;
37.3né che i duri nemici soglia odiare
37.4poi che gli ha in suo poter battuti o morti,
37.5ma le fortune afflitte consolare,
37.6posti tutti in oblio gli oltraggi e i torti,
37.7stimando che 'l perdono al vincitore
37.8più d'ogn'altra vendetta apporti onore.
38.1Per tai cagioni adunque e 'n questa speme
38.2negar non volli al misero Clodasso,
38.3peggio or che morto tal dolore il preme,
38.4d'ogni ben nudo e di speranza casso,
38.5di voi pregar per le virtù supreme,
38.6per l'alto cor che già mai sazio o lasso
38.7non fu di bene oprar che 'n voi dimora
38.8più che in altro mortal fiorisse ancora;
39.1che vi piaccia or ch'avete a pien compito
39.2quanto il dever chiedea del chiaro amico,
39.3che del figlio e del genero finito
39.4sia con la morte loro ogni odio antico;
39.5e non rimangano esca al nudo lito
39.6d'empi cani e di corvi e del nemico
39.7stuol privato quaggiù del lume interno
39.8per così degna mano indegno scherno.
40.1Ma consentir vogliate che in Avarco,
40.2lodando sovra il cielo il vostro nome,
40.3io torni al miserel, ch'attende, carco
40.4delle due care e sventurate some;
40.5e che invece prendiate il ricco incarco,
40.6che premer gli solea le bianche chiome,
40.7la corona, lo scettro e l'aurea veste,
40.8sì che segno real più non gli reste.
41.1E non vi sembre un gioco, altero figlio,
41.2ch'un sì famoso re sia fatto umile
41.3a chi del sangue suo veggia vermiglio,
41.4all'orgoglioso odiar cangiando stile;
41.5e chi l'arme d'Arturo e 'l Franco giglio
41.6d'aver seco altra volta tenne a vile,
41.7ora a voi mande in semplici parole
41.8con tai doni a comprar la morta prole”.
42.1Qui si tacque egli e Lancilotto allora
42.2quanto può reverente a lui risponde:
42.3“La persona degnissima ch'onora
42.4quanto abbraccia ocean con le largh'onde,
42.5di Vagorre il mio re possente fora
42.6con l'aspetto divin che 'l ciel le 'nfonde,
42.7d'aspra tigre acquetar lo sdegno e l'ira,
42.8quando i morti figliuoi presso rimira.
43.1E ciò tacendo pur, che adunque puote
43.2in me sempre di lui figliuolo e servo,
43.3co' gran ricordi e con le dolci note,
43.4che fisse e sculte nella mente servo?
43.5E che mercé delle superne rote
43.6non son tanto però crudo e protervo
43.7ch'io ricerchi in altrui più dura sorte
43.8poi che l'ha il fato suo condotto a morte.
44.1E s'or contro a Clodino e Segurano
44.2e molti altri gran duci mi mostrai
44.3spietato forse, poi che qui lontano
44.4così morti dal campo gli portai;
44.5scusimi quello amor, che fu sovrano
44.6a tutti altri veduti o scritti mai,
44.7verso il mio Galealto, che m'indusse
44.8a far ch'esso di loro ornato fusse.
45.1Ma il fei con quello onor, come si vede,
45.2ch'a sì gran duci e regi convenia,
45.3tutti coperti d'or la fronte e 'l piede,
45.4qual potrebbe adoprar madre più pia;
45.5né del nudo terreno avean la sede,
45.6ma di serici drappi e gli fei pria
45.7purgar le piaghe fuor con l'onde chiare,
45.8e liquor preziosi entro versare.
46.1Et or ch'ogni dever sento appagato,
46.2in quanto è il mio poter, col caro amico,
46.3lieto mi fò da tale esser pregato
46.4di render quelli al suo signore antico;
46.5e sarà l'uno e l'altro accompagnato
46.6da dieci ancor, che 'l suo destin nemico
46.7non ebber men di lor, quando al ciel piacque
46.8lassarmi insanguinar dell'Euro l'acque.
47.1Lo scettro e la corona e l'aurea vesta,
47.2che per prezzo di lor portate avete,
47.3sian di Clodasso e sappia che in me resta
47.4di vero onor, non guadagno, sete;
47.5e se la patria mia nuda e funesta
47.6fece a gran torto, ditegli ch'or miete
47.7della sememta ria l'amaro frutto,
47.8che nullo è ancor presso al futuro lutto”.
48.1Come ha così parlato, Eleno appella,
48.2e gli dice: “Ordinate ch'a noi vegna
48.3de' più vaghi destrier che portin sella,
48.4tra quanti son de' miei schiera più degna;
48.5ornata sì, ma non si scorga in ella
48.6altra che di dolor funebre insegna;
48.7dodici carri poi vengan con essa,
48.8che mostrin nel color la doglia istessa.
49.1E ciscun di quei duci, onde la palma
49.2mi donò il ciel, la sacra sua mercede,
49.3sia d'essi ad uno ad un famosa salma,
49.4coperto, come sta, la fronte e 'l piede;
49.5a i quai, anco potessi render l'alma
49.6col voler di chi a lor la tolse e diede,
49.7e ritornare in dolci i giorni rei,
49.8con questa istessa man certo il farei”.
50.1Non si ritenne Eleno, ma in un punto
50.2a quanto comandò l'ordine ha dato;
50.3ch'ad ogni duo corsieri un carro aggiunto
50.4ha innanzi a Lancilotto appresentato;
50.5il qual di pietà e di dolor compunto
50.6in sé piangendo del mortale stato,
50.7secondo il disegnar gli fa disporre,
50.8poi gli loca in poter del re Vagorre.
51.1Dicendo: “Prima a voi, padre famoso,
51.2oltra 'l divino onor che a ciò ne sprona,
51.3il presente crudele e doloroso,
51.4per aprir quant'io v'ami, oggi si dona;
51.5e per mostrarmi poi largo e pietoso
51.6verso l'avara e perfida corona
51.7del rio Clodasso e che 'n vecchiezza impare
51.8come si den l'offese vendicare.
52.1E 'n fin che 'l dì duodecimo a venire,
52.2ch'ora incomincierà, non sia compito,
52.3prometto non lassar di fuore uscire
52.4arme contra di voi dal nostro lito,
52.5perché in secura pace seppellire
52.6possa i duci onorati e sia fornito
52.7l'ultimo uficio in lor quaggiù richiesto
52.8verso i morti figliuoi dal padre mesto”.
53.1Così detto l'abbraccia ed esso allegro
53.2del ricevuto dono a lui risponde:
53.3“Figliuolo io prego il ciel che vivo e 'ntegro
53.4versi ogni bene in voi che 'n lui s'asconde,
53.5né l'ingombre pensier noioso ed egro,
53.6ma qual platan felice lungo l'onde
53.7allarghi e innalzi i chiari onor di voi,
53.8ch'avanzin quanti fur maggiori eroi”.
54.1Indi baciato a lui l'invitta mano,
54.2con le some bramate si diparte;
54.3e via volando, ancora era lontano,
54.4quando quei, che rimiran d'alta parte,
54.5tosto il conoscon, che calcava il piano,
54.6ove l'Euro con l'onde i liti parte;
54.7e ben ponno stimar che seco avea
54.8il domandato don che s'attendea.
55.1Onde il popol minor più pronto e leve
55.2varca l'onda d'Oron fuor della porta,
55.3e con voci di duol noioso e greve
55.4al funesto venir s'è fatto scorta;
55.5e tanto va crescendo in tempo breve,
55.6ch'all'andar de i destrier tardanza porta;
55.7pur Vagorre, spronando quanto puote
55.8fa largo il gire alle infiammate ruote.
56.1Or poi che dentro al fin l'alma cittade
56.2entrati son, da' suoi vicin ristretti,
56.3di donne e vecchierei trovan le strade
56.4colme e l'ampie fenestre e gli alti tetti;
56.5che in triste note invocan la pietade
56.6degli dei lor per aiutargli eletti;
56.7e chi condanna in ciò de' suoi la colpa,
56.8chi 'l re medesmo e chi fortuna incolpa.
57.1Giunti poscia alla regia, il gran romore
57.2in più doppi s'innalza e vola al cielo;
57.3ché 'l vecchio re piangendo esce di fuore
57.4coperto in sen di ceneroso velo;
57.5e del più ricco carro, ove il colore
57.6cangia l'aurato pin, tratto dal zelo,
57.7poi che l'esser tropp'alto il figlio impaccia,
57.8le ruote e i legni il miserello abbraccia.
58.1Né per dolce pregare indi si svolge
58.2di chi 'l volesse in alto riportare;
58.3che con men forza polipo s'avvolge
58.4in saldo scoglio quando frange il mare;
58.5e 'n verso il ciel le crude note volge,
58.6dicendo: “O stelle rie, perché furare
58.7mi voleste anco quel ch'al duro fato
58.8de' pegni miei più caro era avanzato?
59.1E se 'l voleste pur, perché lassarme
59.2in tale età canuta e sbigottita?
59.3Perché non consentir, crude, privarme
59.4innanzi al suo partir di questa vita?
59.5Perché di Lancilotto le fere arme
59.6non mi potean per via corta e spedita,
59.7troppo lor nota omai del nostro sangue,
59.8nel dì stesso che lui, rendere esangue?”
60.1Così dicea; ma poi che 'n questi e molti
60.2tristi altri detti fu sfogato in parte,
60.3diè loco al fin che da quei seggi tolti
60.4fur riportati i morti in larga parte,
60.5e sovra letti splendidi raccolti,
60.6ov'eran rose e violette sparte,
60.7e 'n tra mille odorati e sacri fumi
60.8rilucea l'aria d'infiniti lumi.
61.1Ivi all'uso di lor locati intorno
61.2fur molti instrutti del funereo canto,
61.3i quai con modo di tristezza adorno
61.4diero il principio al doloroso pianto;
61.5gli altri restando in tacito soggiorno
61.6sol co i sospir gli accompagnaro alquanto;
61.7ma doppo un breve star, carca di pene
61.8l'afflitta Claudiana innanzi viene;
62.1discinta e scalza in rozzo abito oscuro,
62.2di lagrime bagnata e l'auree chiome
62.3su 'l collo sparse dell'avorio puro
62.4eran fatte neglette e 'nculte some;
62.5e con alto gridar doglioso e duro
62.6Segurano abbracciando dice: “Or come
62.7ti soffrì il cor già mai, dolce mio sposo,
62.8d'esser ne' danni miei tanto animoso?
63.1Non vi sovvenne, oimé, quando partiste,
63.2partiste, oimé, per non tornar più vivo
63.3ché queste luci lagrimose e triste
63.4vedeste e questo vel d'anima privo,
63.5che con mille impromesse consentiste
63.6d'esser per amor mio quel tempo schivo
63.7di gloria marzial, per non turbare
63.8chi più che 'l vostro cor diceste amare?
64.1Non vi sovvenne, oimé, ch'io resterei
64.2col buon frutto di voi, ch'ascoso porto,
64.3trofeo de' Franchi e de' Britanni rei,
64.4senza soccorso, oimé, senza conforto?
64.5Ch'a pena senza voi porrian gli dei
64.6condurmi, ahi lassa, in sì securo porto,
64.7che di mille atrocissime tempeste
64.8col futuro figliuol preda non reste.
65.1Or non pensaste voi con qual periglio
65.2rimanga ogni smarrita vedovella,
65.3di sostegno nudata e di consiglio,
65.4ov'è più ad uopo, nell'età novella?
65.5Poi già sposa di tal, ch'aggia vermiglio
65.6il terren fatto in questa parte e 'n quella
65.7di sì gran cavalier, di tanti eroi,
65.8i cui figli e congiunti odiano or noi?
66.1Ma il maggior danno mio fosse pur questo,
66.2che di tosto morir sarei contenta;
66.3ma il viver'oltra voi grave e funesto
66.4assai più d'altra morte mi tormenta;
66.5ben giace in questa man seguirvi presto,
66.6ché da lei posso aver la vita spenta;
66.7ma del vostro figliuol pietà l'affrena,
66.8che dell'altrui fallir non porti pena.
67.1Rimarrò dunque viva, in fin ch'io mostre
67.2al buon frutto di voi l'umana luce,
67.3sì ch'al mondo per me le glorie vostre
67.4non restin senza erede e senza duce;
67.5poi scorgendo il cammin le Parche nostre,
67.6verrò nel quinto cielo, ove riluce
67.7vostra alma invitta in onorata parte,
67.8nel grembo assisa del superno Marte.
68.1Ma perché m'ha negato il duro cielo
68.2l'esser con voi nel trapassare insieme?
68.3Ch'al men v'avessi in amoroso zelo
68.4gli occhi composti, ch'atra notte preme;
68.5e 'l da sezzo spirar tratto dal gielo
68.6in sen raccolto con le labbra estreme;
68.7e i detti ultimi vostri uditi avessi
68.8da rimanerme in cor poi sempre impressi”.
69.1Così dicendo in lagrime e sospiri
69.2in singulti amarissimi si versa,
69.3e con l'unghie spietate in larghi giri
69.4la bella fronte avea di sangue aspersa;
69.5indi per raddoppiar gli aspri martiri,
69.6al misero Clodin ratta conversa,
69.7gli cinge al collo le nudate braccia,
69.8come troncone o muro edera allaccia.
70.1Dicendo: “O mio dolcissimo germano,
70.2che di tanti il miglior rimaso m'era,
70.3perché col mio famoso Segurano
70.4ricercaste la notte innanzi sera?
70.5Perché ascoltaste, o miserello, in vano
70.6de' due parenti, oimé, la voce vera,
70.7che troppo era il valor giovine e 'ndotto
70.8per opporse con l'arme a Lancilotto?
71.1Or come il rimembrar, che sì gran regno,
71.2e sì possente e bel del nostro Avarco
71.3non avea, morto voi, guida o sostegno,
71.4non vi fé della vita esser più parco?
71.5Pur vedevate omai vicino al segno
71.6il vecchio padre dell'estremo varco,
71.7doppo il qual, doppo voi, doppo il mio sposo
71.8tolto n'è lo sperar non che 'l riposo.
72.1Ma non l'aspra fortuna contro a voi,
72.2che vi godete in ciel la pace vera,
72.3sfogò tutto il velen; ma contro a noi,
72.4di cui cruda lassò la vita intera;
72.5per farne preda e scherno esser da poi
72.6dell'empia gente scelerata e fera,
72.7e render queste mura eterno gioco
72.8degli avversari suoi tra sangue e foco”.
73.1Avria seguito ancor, ma d'indi tolta
73.2fu di vecchie matrone e di donzelle,
73.3ch'erano intono a lei, da schiera folta,
73.4con dolce forza e placide favelle;
73.5ma non men triste della gente accolta
73.6empion l'orecchie già voci novelle;
73.7ché la pia madre, l'infelice Albina,
73.8con dure note al figlio s'avvicina.
74.1Che co i canuti crin sovra le spalle
74.2sciolti ella ancora in dolorosi giri,
74.3alle voci, alle strida aperto il calle,
74.4a i singulti, alle lagrime, a i sospiri,
74.5Menada appar, che nella Frigia valle
74.6di Berecintia sua la rabbia spiri;
74.7e cinta l'alma d'importabil duolo,
74.8stringe affannosa il misero figliuolo.
75.1Dicendo: “O mio dolcissimo Clodino,
75.2di tanti altri già figli a me più caro,
75.3ch'assai di qua dal natural confino
75.4m'ha tolti, ahi lassa, il crudo fato avaro;
75.5per man di quel crudel, che 'l rio destino
75.6creato ha solo al nostro sangue amaro;
75.7chi sovra la Tamigia e chi su l'Era,
75.8chi dove il volse la sua sorte fera.
76.1Ma voi che già il primier di tutti foste,
76.2che per mio sol tormento generai,
76.3medicaste vivendo ognor l'imposte
76.4piaghe di loro e gl'infiniti guai;
76.5perché mai sempre in voi chiuse e riposte
76.6le mie salde speranze collocai;
76.7e col voi sol mirare, in dolce oblio
76.8cadeva ogni pensier doglioso e rio.
77.1Or dove debb'io più volgere, ahi lassa,
77.2gli occhi o la mente ad ingannarmi almeno?
77.3D'ogni conforto e di sostegno cassa
77.4ritrovandomi, oimé, voi tale in seno?
77.5E per mia maggior pena anco mi lassa
77.6la morte al mondo d'ogni tosco pieno,
77.7e fa contra l'usanza che 'l dolore,
77.8ch'ei non possa mancar sostiene il core”.
78.1Qui tacque alquanto e poi novellamente
78.2rabbracciando il figliuol doppia le strida;
78.3indi ch'a Seguran volge la mente,
78.4altra viva pietà ver lui la guida;
78.5lo stringe e dice: “O della nostra gente
78.6sola ferma speranza e scorta fida,
78.7in quell'uopo maggior ch'avem di voi,
78.8quale stella crudel v'ha tolto a noi?
79.1Ov'or ci affiderem senza la mano,
79.2che tenea lunge altrui da queste mura?
79.3E senza il gran valor di Segurano
79.4come giace or fra noi cosa sicura?
79.5Deh perché dal rio seme del re Bano
79.6non v'aveste l'altr'ier più larga cura?
79.7Perché non preponeste all'ardir vostro
79.8della sposa il contento e 'l viver nostro?
80.1Non si spegnea per rifuggir quell'empio
80.2la fiamma antica della vostra gloria,
80.3né si potea per un contrario essempio
80.4scurar d'altri sì chiari la memoria;
80.5ma ben sovra di noi mortale scempio
80.6cade e sovra i nemici alta vittoria
80.7dal cercar troppo onor che mal conviene
80.8a chi l'esser di molti in sé ritiene.
81.1Né senza il vostro ardir forse saria
81.2postosi in questa guisa a tal periglio
81.3quel, che più che le luci e l'alma mia
81.4amerò sempre, il mio famoso figlio;
81.5che seguendo di voi l'altera via,
81.6fece il ferro d'altrui di sé vermiglio;
81.7così doppio apportò danno e dolore
81.8il gran vostro ostinato e 'nvitto core”.
82.1Così diceva ancor, ma la trist'alma
82.2già di vigor mancando, avvinta e frale
82.3cadde l'afflitta vecchia immobil salma
82.4del gener morto e respirar non vale;
82.5l'altre donne d'intorno palma a palma
82.6battendo delle man, grido mortale
82.7spargean per la gran loggia, che durato
82.8fora infino alla notte in tale stato;
83.1ma con molti altri il saggio re vagorre,
83.2ch'a ciò ch'era da far l'ordine impone,
83.3fa la vecchia regina indi ritorre,
83.4e sovra oscuro letto la ripone;
83.5così fa Claudiana, a cui soccorre
83.6con ricordi paterni e con ragione,
83.7dicendo: “Non conviene a nobil core
83.8darsi in preda soverchia del dolore.
84.1E vi dee sovvenir, che fuste sposa
84.2di chi d'ogni valor portò l'insegna,
84.3e cercar di far fede in ogni cosa,
84.4che di tal cavalier nasceste degna;
84.5il dimostrarsi trista e dolorosa,
84.6in fin dove arrivar virtude insegna,
84.7merta lode d'altrui, ma il troppo poi
84.8è da vil femminella e non da voi”.
85.1Così dicendo, a ricercar s'invia
85.2il vecchio afflitto e misero Clodasso,
85.3e 'l trova ascoso in alto, che fuggia
85.4la turba, il mondo e se medesmo lasso,
85.5e gli parla: “Signor, forse saria
85.6il miglior di mandar con ratto passo
85.7dentro al frondoso bosco aguti ferri,
85.8per querce ivi atterrar, frassini e cerri;
86.1e tutto apparechiar, ché nell'aurora,
86.2cominciamo a drizzar le sacre pire
86.3su la piazza real; ché ogn'altra fora
86.4angusta e 'l fiammeggiar porria impedire
86.5oprando sì che non trapasse l'ora
86.6di poter poi le ceneri coprire,
86.7e far quanto convien pria che ritorni
86.8al fine il sol de i nostri dati giorni.
87.1Però che Lancilotto al partir mio,
87.2oltra ogni cortesia che volle usarme,
87.3mi promise la fé, chiamando Dio,
87.4nel duodecimo dì non muover'arme,
87.5per darne spazio al santo uficio pio
87.6dovuto a' morti ed al funereo carme,
87.7et io no 'l refutai; però mi pare,
87.8che si debba al bisogno il tempo usare”.
88.1Risponde il doloroso: “O dolce amico,
88.2fate pur senza me quanto v'aggrada;
88.3che l'angoscia non lassa al senno antico
88.4di partirme da lei trovare strada;
88.5ma il vostro disegnar confermo e dico,
88.6che con passo sollecito si vada
88.7a dispogliar la selva più vicina,
88.8e dar poi loco alla pietà divina”.
89.1Non ritarda Vagorre e tosto chiama
89.2tutto il popol d'Avarco in ogni loco,
89.3dicendo: “Chi 'l suo re, chi 'l dever'ama,
89.4porti l'esca silvestre al sacro foco,
89.5ove i chiari signor d'eterna fama
89.6per difesa di voi curar sì poco
89.7le proprie vite, che abbattute e spente
89.8rimaser lasse alla nemica gente.
90.1Né tema alcun l'insidie de' Britanni,
90.2perché di Lancilotto ebb'io la fede,
90.3che sicuri viviam d'onte e di danni
90.4in fin che 'l sol duodecimo non riede”.
90.5non vi rimase alcun di robusti anni,
90.6ch'al suo dolce pregar subito il piede
90.7non rivolgesse a i boschi men lontani,
90.8de' suoi ferri miglior carche le mani.
91.1Chi possente caval, chi carro adduce,
91.2chi di se stesso ancor grava le spalle;
91.3e 'n fin che 'l nono dì con l'alba luce
91.4si sentìo risonar d'Euro ogni valle,
91.5ché chi torna a pigliar, chi riconduce
91.6gli arbori indietro per l'istesso calle,
91.7chi con la scure sua la selva atterra,
91.8chi l'incarco d'altrui corregge e serra.
92.1Poi che 'l decimo giorno in cielo apparse,
92.2sopra l'instrutte pire si portaro
92.3i dodici guerrieri, ove fur sparse
92.4molte strida più gravi e pianto amaro,
92.5mentre il sole splendeo; ma poi che scarse
92.6fur di lume le piagge e si mostraro
92.7le stelle aperte in cielo, in più d'un loco
92.8fu d'esse acceso il sacro santo foco.
93.1E Claudiana, ov'era Segurano,
93.2le biondissime sue famose chiome
93.3tolte al capo real, di propria mano
93.4esser fé, lassa, preziose some;
93.5poscia in suono alto, che s'udìa lontano,
93.6richiamando tre volte il chiaro nome,
93.7disse: “Del nostro amor vi risovvegna
93.8fin ch'a tornar con voi mi senta degna”.
94.1Ma il feroce Vulcan già verso il cielo
94.2le cornute sue fiamme ravvolgea,
94.3e 'l silenzio, l'umore, il fosco e 'l gielo
94.4dalle notturne tenebre scotea,
94.5né men, che soglia il bel signor di Delo,
94.6Avarco intorno di splendore empiea;
94.7poi compita la notte, in lui s'ammorza
94.8all'arrivar del dì l'esca e la forza.
95.1Co i generosi vin ciascuno allora
95.2ove ha il più caro pegno si raccoglie,
95.3et al picciol calor, che vive ancora,
95.4con largo riversar gli spirti toglie;
95.5la vecchia Albina in quello in cui dimora
95.6il suo caro Clodin l'anfora scioglie;
95.7la sua figlia all'Iberno; a gli altri poi
95.8i più congiunti van di tutti i suoi.
96.1Lì di lagrime pie bagnando i volti,
96.2le nude ossa e le ceneri trovate,
96.3in delicati lin di seta avvolti
96.4hanno in più saldi nodi riserrate;
96.5alle quai poscia in vasi aurati e colti,
96.6ove non spiri l'aria, collocate,
96.7dier di lucenti marmi altero albergo,
96.8sculto di lodi lor la fronte e 'l tergo.
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