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CANTO XXIV

Avarchide

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1.1Morto il gran Segurano e rifuggito
1.2tutto l'oste avversario dentro Avarco,
1.3lassa il Britanno stuol già d'Euro il lito,
1.4e 'n verso i padiglion di gioia carco
1.5volge il piè vincitore e del gradito
1.6Lancilotto lodar nessuno è parco,
1.7dicendo: “Ei tanto più d'ogni altro vale,
1.8che non si dee stimar cosa mortale:
2.1e ben si può biasmar l'aspro consiglio
2.2dello sdegnoso Arturo e di Gaveno,
2.3che n'avea tutti posti a gran periglio,
2.4e la parte miglior di morte in seno”.
2.5In tai parole il popolar bisbiglio
2.6correa d'intorno di licenza pieno;
2.7gli altri duci maggior taciti stanno,
2.8e l'invidia di lui celando vanno:
3.1onde tutti son colmi, fuor che solo
3.2il generoso cor del pio Tristano,
3.3che non teme poter di pari il volo
3.4stender' un dì, che poco avea lontano;
3.5or poi che le sacr'arme e 'n parte il duolo
3.6s'ha dispogliato il figlio del re Bano,
3.7con fresche onde alle mani, al collo, al volto
3.8l'altrui sangue e 'l sudor s'aveva tolto.
4.1E cangiato il vestir, ma bruno ancora,
4.2il qual sempre portar dispose poi,
4.3s'invia tutto soletto, ove dimora
4.4il re, senza volere alcun de' suoi:
4.5come il sente appressar, portarse fuora
4.6fa il grande Arturo da famosi eroi
4.7sovra un'aurato seggio e 'n su le soglie
4.8qual figlio dilettissimo l'accoglie.
5.1Dicendo: “Or chi potrà 'l valore invitto
5.2a pien lodar del chiaro Lancilotto?
5.3Che 'l nostro stato misero ed afflitto
5.4al sommo del suo ben solo ha ridotto?
5.5E di chi fea tremar l'India e l'Egitto
5.6oggi ha di vita il fil troncato e rotto,
5.7con tanti altri famosi duci e regi,
5.8che d'onore immortal merita fregi?
6.1Ma poi ch'altro non posso per mercede
6.2vi dono io 'l nostro scettro e tutto il regno,
6.3e d'esser meco d'ogni cosa erede,
6.4qual'unico figliuol, vi appello degno;
6.5ma il cortese guerrier chinato al piede,
6.6e di somma umiltà mostrando il segno,
6.7doppo il baciar la man, che no 'l volea,
6.8con riverente amor così dicea:
7.1“Invittissimo re, non la virtute,
7.2non l'ardire o 'l valor, che in me si chiuda,
7.3han portato altrui danno, a noi salute,
7.4ma la voglia del ciel semplice e nuda,
7.5alla qual sol le grazie son dovute,
7.6però che indarno s'affatica e suda
7.7l'oprar nostro mortal, che s'alza o cade
7.8secondo il suo parer per dubbie strade.
8.1Ma poi che per mia man questo consente,
8.2e che darmene pregio a voi pur piace,
8.3ne voglio un sol, se la cortese mente
8.4oltra ogni merto mio degno mi face;
8.5che per sua regia man sacra e possente
8.6di vittorie e di fé, che in essa giace,
8.7mi sia sprone allacciato e brando cinto,
8.8in memoria di quei, che a morte ho spinto.
9.1Le corone, i terren, le gemme e l'oro,
9.2l'altre cose maggiori al mondo care
9.3serbate a gran perigli per coloro,
9.4che n'aggian più di noi le voglie avare;
9.5ch'a me sol basta il marzial lavoro
9.6allumar di virtù con l'opre chiare,
9.7e 'mpiegar le mie forze e questa vita
9.8a gli oppressi e i miglior porgendo aita”.
10.1Così parlando ancor, l'invitto Arturo
10.2con le braccia il sollieva e tienlo stretto,
10.3poi lagrimando dice: “Animo puro
10.4per essempio del ciel fra' nostri eletto,
10.5ogni ben chiaro onor verrebbe oscuro
10.6del vostro alto splendor sendo al cospetto;
10.7ma per far la mia man, non voi più degno,
10.8della cavalleria vi darò il segno”.
11.1Poi chiamando Agraven sommo scudiero,
11.2gli comanda portar la spada istessa,
11.3che dal gran padre suo famoso Utero
11.4per la propria cagion gli fu concessa;
11.5ch'ha d'or l'albergo e sì lucente e altero
11.6di gemme tutto appar, che a chi s'appressa
11.7la vista abbaglia intorno, come suole
11.8quando è nel dì seren più chiaro il sole.
12.1Né men di lei la serica cintura
12.2di preziose pietre splende e d'oro;
12.3ché sembra, ove l'april con maggior cura
12.4tesse d'erbe e di fior più bel lavoro,
12.5o 'l ciel quando più appar la notte pura,
12.6ch'aggia di stelle in sen ricco tesoro;
12.7ond'ei fu pria di Vortimero erede,
12.8venuta a lui tra le sassonie prede.
13.1Con quella gli spron, ch'ebbe allor'anco,
13.2ch'alla guisa medesma erano ornati;
13.3le stelle, ch'al destrier pungono il fianco,
13.4son d'aguti adamanti assai pregiati:
13.5ma in questo mezzo il bel drappello stanco
13.6de' duci al lungo giorno affaticati
13.7doppo alquanto riposo, al proprio punto
13.8desiato dal re quivi era giunto.
14.1Al cospetto de' quai lieto rivolto
14.2al chiaro Lancilotto gli ragiona:
14.3“Qualunque duce o re mai fosse accolto
14.4a sì gran degnità ch'a voi si dona,
14.5giurar si face, che 'l pio core avvolto
14.6avria di quel desio, ch'al cielo sprona,
14.7confidando in lui sol, che 'l guado mostra
14.8del torrente mortal dell'età nostra;
15.1né che mai giusta aita negheria
15.2a chi fosse con forza offeso a torto;
15.3e ch'a donne e donzelle onesta e pia
15.4saria difesa e nel dolor conforto;
15.5né che battaglia mai refuteria
15.6fin che sia dal destin battuto e morto;
15.7e più che della vita cura avere
15.8della promessa fede mantenere;
16.1né mentir mai di sé con torta lode,
16.2né del biasimo altrui rendersi adorno;
16.3scoprire al suo signor l'ascosa frode,
16.4che gli potesse far dannaggio e scorno;
16.5esser sol per virtude ardito e prode,
16.6non per turbare il placido soggiorno
16.7della gente miglior, che in dolce pace
16.8con la famiglia sua secura giace;
17.1et altre cose assai, ma perché intendo,
17.2che mai sempre per voi viveste tale,
17.3sol di farvi giurar la cura prendo,
17.4che siate ognora a voi medesmo eguale;
17.5poi vi prego, signor, s'io non v'offendo,
17.6o se de' miei desir punto vi cale,
17.7che vi piaccia abbracciar Gaveno omai
17.8con quel candido amor, ch'aveste mai”.
18.1Risponde Lancilotto: “Il sommo impero,
18.2ch'io voglio aggiate in me quanto avrò vita,
18.3non di spogliarmi sol lo sdegno fero,
18.4che m'avea contro a quel l'alma ferita,
18.5ma forza ha tal, che nullo amico intero,
18.6ond'ogni voglia sua resti compita,
18.7troverrà più di me; così vi giuro
18.8qual guerrier senza biasmo e servo puro.
19.1Tanto poi più ch'ogni discreto core
19.2quella offesa in oblio lassar devria,
19.3ché non premendo adentro il vero onore
19.4fiamma ardente d'amor cagion ne sia,
19.5come in lui fu; che mosso dal dolore
19.6d'esser di cosa privo, ch'ei desia,
19.7volse più tosto irato il guardo avere
19.8al proprio danno suo, ch'al mio devere”.
20.1Così detto l'abbraccia e lui Gaveno,
20.2poi fur sempre fra lor fidati e cari;
20.3or già il divo Germano, ornato il seno
20.4qual ne' più festi giorni a i sacri altari,
20.5il santissimo libro ch'è ripieno
20.6de' precetti divini e detti chiari,
20.7porge al figlio di Ban, ch'umile e piano
20.8rivoltandosi al ciel, vi pon la mano.
21.1Dicendo: “Al sommo Dio giuro e prometto,
21.2se la grazia di lui mi vegna scorta,
21.3di mai non traviar di quanto ha detto
21.4il Britannico re, con voglia torta;
21.5qui l'uno e l'altro arnese all'opra eletto
21.6Agraven nel suo dir correndo porta;
21.7ch'al re Lago gli sproni in guardia ha dato,
21.8come al chiaro Tristano il brando aurato”.
22.1Il qual baciato in atto riverente
22.2dentro alla regia man tosto il ripone;
22.3Arturo in vista placida e ridente
22.4del nobil Lancilotto al fianco il pone;
22.5diegli nel modo istesso umilemente
22.6l'Orcado invitto l'uno e l'altro sprone
22.7et ei pur di sua man non sdegna ancora
22.8di cingergliene i piè, ch'ei tanto onora.
23.1Poi ch'è giunto al suo fin l'onore altero,
23.2che suggetto maggior non ebbe unquanco,
23.3non alcun re, non duce o cavaliero
23.4di lodar sue virtù si vide stanco;
23.5ma il buon re Lago a cui dona l'impero
23.6sovra tutti il color canuto e bianco,
23.7cominciò in chiara voce: “Oggi mi tegno
23.8miglior, ch'io non solea, di questo segno;
24.1poi ch'un sì chiaro duce mi ritrovo
24.2compagno aggiunto per cavalleria,
24.3avvegna io di molti anni ed esso nuovo;
24.4e ch'io d'Utero ed ei d'Arturo sia;
24.5e quantunque a lui pare io non m'approvo,
24.6pur venni anch'io per la medesma via,
24.7il dì, che 'l gran Sadocco a Camelotto
24.8di Pandragon l'esercito avea rotto.
25.1Ch'io duce sol da quattro miei seguito,
25.2Sibilas, Sinadosso ed Arfazaro,
25.3e Randon Persian, sovra quel lito
25.4fui contra al vincitor scudo e riparo,
25.5in fin che 'l popol nostro sbigottito
25.6co' cavalieri a guerra ritornaro,
25.7poi ch'udir, che Sadocco per mia mano
25.8premea senz'alma l'arenoso piano.
26.1Perché nel luogo istesso e tutto armato
26.2sovra il destriero ancor da Pandragone
26.3mi fu il proprio suo brando posto a lato,
26.4e di lui cinto a i piè l'aurato sprone;
26.5e 'l duodecimo lustro è già passato
26.6in questa, ove noi siam, calda stagione;
26.7ma piacesse oggi al ciel ch'io fossi ancora
26.8di forza e di valor qual'era allora”.
27.1Così dicendo, per dolcezza il volto
27.2bagna di larghe lagrime e l'abbraccia;
27.3ma già di servi stuolo insieme accolto
27.4della cena apprestar ratto procaccia;
27.5chi del gran padiglione ha intorno tolto
27.6ciò che 'l fa impuro o che lo spazio impaccia;
27.7chi adorna in giro la rotonda mensa
27.8di delicati lin, chi fior dispensa.
28.1Quel del frutto di Cerere l'ingombra,
28.2quel di Bacco il liquor pone in disparte
28.3in argentati vasi e ne disgombra
28.4il calor che dà il ciel con onda ed arte;
28.5quel loca i ricchi seggi ove fanno ombra
28.6di seta, d'ostro e d'or cortine sparte;
28.7e già la lunga pompa i passi spande,
28.8ch'apporta in lei le splendide vivande.
29.1Già schiera di donzelli in urne aurate
29.2all'alte regie mani umil presenta
29.3le chiare acque freschissime odorate
29.4tal che l'aer vicin se ne risenta;
29.5l'imperiali insegne il dì spogliate
29.6Arturo a quanti sono egual diventa,
29.7e questo e quel per suo compagno chiama
29.8re, duce e cavalier di maggior fama.
30.1Ma il chiaro Lancilotto e 'l buon Tristano
30.2sovra quanti altri sono onora e cole,
30.3l'uno e l'altro di lor tira con mano,
30.4e l'invita in dolcissime parole;
30.5indi il vecchio re Lago in atto umano,
30.6qual suo padre onorato, come suole;
30.7poscia appella Gaven, Florio e Boorte,
30.8che pure infermi ancor vennero a corte.
31.1Assiso al fine ogni uom tra l'esca e 'l vino
31.2al passato sudor restauro dona,
31.3mentre ch'or altamente, or col vicino
31.4delle fatiche sue basso ragiona;
31.5poi tutti insieme con favor divino
31.6dan della intera palma la corona
31.7al gran figlio di Bano a cui pur piace
31.8il lodar tutti gli altri e di sé tace.
32.1Or poi che della sete e del digiuno
32.2il natural desio rimane spento,
32.3scarca la mensa al fin, sedea ciascuno
32.4con le membra più salde e 'l cor contento;
32.5solo il pio Lancilotto orrido e bruno
32.6tiene il pensiero al caro amico intento;
32.7e per altro compir, che in mente avea,
32.8già drizzatosi in piè così dicea:
33.1“Invittissimo re, poi che concesso
33.2m'ha il ciel di vendicar chi tanto amai,
33.3vorrei dar fine a quel che viene appresso,
33.4ch'è di pregio maggior che l'altro assai,
33.5di porger preghi al ciel, che voglia in esso
33.6spiegar la sua bontà, se 'l volse mai
33.7in altro pio guerriero, e le sue colpe
33.8nel sangue del figliuol pietoso scolpe.
34.1E quantunque lassù niente vaglia
34.2pomposo onor, ma le preghiere umili,
34.3per mostrar pur quanto di lui mi caglia,
34.4e che i suoi che qui son non tenga vili,
34.5come il sol co' suoi raggi al mondo saglia
34.6vorrei ch'a voi co' nobili e gentili
34.7vostri duci maggiori in negro manto
34.8piacesse esser presente al nostro pianto:
35.1e dar l'estremo don, che qui si deve
35.2a così altero cor, come il vedeste;
35.3e far poi comandar, che pronto e leve
35.4tutto anco il nostro esercito s'appreste
35.5d'esser' al santo officio e non gli greve
35.6mover le voci pie devote e meste
35.7a Dio per quel guerrier ch'a morte è corso
35.8sendo a' perigli suoi fido soccorso”.
36.1A sì giusti desir l'alto Britanno
36.2risponde: “Per fratel, padre e figliuolo,
36.3che gli fosse cagion d'eterno affanno,
36.4non pianse alcun già mai con tanto duolo,
36.5come al pubblico nostro estremo danno
36.6di quel, che di bontà fu al mondo solo,
36.7ho fatto il primo giorno e 'l farò sempre,
36.8mentre sia integra in me l'umana tempre.
37.1E di fargli ogni onor quasi immortale
37.2non cesserò già mai per ogni sorte,
37.3perché l'amor di noi fu del suo male
37.4cagion, come diceste, e di sua morte;
37.5ma quando ciò non fosse, or son'io tale,
37.6che della cortesia chiugga le porte
37.7a Lancilotto mio, dove conviene
37.8il dever, la pietà, l'onore e 'l bene?”
38.1Così detto, l'araldo Amaso appella,
38.2e gli ragiona: “Voi con gli altri insieme
38.3gite dell'oste in questa parte e 'n quella
38.4comandando a ciascun che m'ama o teme,
38.5tosto che il sol diman caccia ogni stella
38.6vegna in guisa di quel, cui doglia preme,
38.7senz'arme al tempio a far con umil core
38.8a Galealto il re dovuto onore”.
39.1Dopp'esso il re dell'Orcadi e Tristano
39.2con la schiera famosa ch'ivi assiede,
39.3securo il fan, ch'al giorno prossimano
39.4seco faran nella sacrata sede;
39.5così fermo in fra tutti a mano a mano
39.6ogni uom verso l'albergo volge il piede
39.7col congedo del re, desideroso
39.8d'aver nel sonno omai qualche riposo.
40.1Ma il famoso Tristan pria che ritrove,
40.2benché assai travagliato, il padiglione,
40.3verso gli ultimi fossi il passo muove,
40.4e l'usate sue guardie intorno pone;
40.5che ancor che 'ntenda, che l'andate prove
40.6d'esser senza timor gli dian cagione,
40.7e bench'ei sia guerrier d'invitto ardire,
40.8della guerra al dever non vuol fallire.
41.1Già rimbrunito il cielo e la campagna
41.2si ritrova ciascun nel sonno avvolto,
41.3discarco il cor, come chi assai guadagna,
41.4e 'l sospetto e 'l dolor del seno ha tolto;
41.5solo il buon Lancilotto ancor si lagna
41.6di dogliosi pensier l'animo avvolto,
41.7e dispiace a se stesso d'esser vivo,
41.8poi che d'amico tal si sente privo.
42.1Pure stanco alla fin verso l'aurora
42.2come un leve dormir gli occhi gli ingombra;
42.3più che mai fosse lieto scorge allora
42.4di Galealto suo la placid'ombra,
42.5non men lucente e vaga che l'aurora
42.6quando al ciel più seren la notte sgombra,
42.7e gli dice: “Fratel, perché piangete
42.8del divin, ch'era in me, le sorti liete?
43.1Io mi trovo or lassù tra le più chiare
43.2anime, che 'l Fattor seco raccoglia,
43.3di quei che d'opre sol lodate e rare
43.4nella vita mortale ornan la voglia,
43.5e ch'alla sua bontà salda fermare
43.6osar la speme lor, ch'a quella soglia
43.7di salire il cammin gli mostreria
43.8per aperta, secura e dritta via.
44.1Non vi dolete più della mia pace,
44.2e che d'aspra prigion sia fuore omai,
44.3se 'l ben di chi v'onora non vi spiace,
44.4o non piangete i miei, ma i vostri guai;
44.5l'amor ch'ho visto in voi, troppo mi piace,
44.6né vendicato pur mi tengo assai,
44.7ma troppo ancor; perché quassù non spira
44.8il rabbioso furor di sdegno e d'ira.
45.1Le gloriose pompe e gli altri onori,
45.2che 'n memoria di noi di far bramate,
45.3a schivo non avrò, pur che sien fuori
45.4degli altrui danni e d'empia crudeltate;
45.5ma perché il sol montando, i suoi colori
45.6rende al mondo quaggiù, lieto restate,
45.7senza turbar mai più co' pianti vostri
45.8la pace eterna mia ne gli alti chiostri”.
46.1Mentre parlava ancor, di Bano il figlio
46.2l'avide braccia a prenderlo stendea;
46.3lagnasi al fin con lagrimoso ciglio,
46.4ch'aria vana e non lui seco stringea;
46.5poi molto più ch'al candido e vermiglio
46.6ciel rivolgere il vol, lasso, il vedea,
46.7dicendo: “E perché m'è sì presto tolto
46.8il quetar gli occhi miei col vostro volto?”
47.1Ma nel dir questo e porger preghi al cielo,
47.2che 'l lassasse restare alquanto seco,
47.3l'umido sonno già l'oscuro velo
47.4gli scioglie e fugge al suo nascoso speco;
47.5ond'ei surgendo con ardente zelo
47.6gli occhi volge d'intorno e riman cieco,
47.7ché non l'alluma più l'andata luce,
47.8e l'aurora anco acerba poco luce.
48.1Poi donando al gran sogno fede intera,
48.2dell'amico beato assai s'allegra;
48.3pur seguendo il costume, la sua schiera
48.4tutta fece coprir di vesta negra,
48.5e mostrarse a ciascun come a chi pera
48.6caro padre, o figliuol, dogliosa et egra,
48.7non men di quella, ch'al principio venne
48.8con Galealto e seco si mantenne.
49.1Or si stava tra lor pensoso e muto
49.2fin che con gli altri Arturo ivi arrivassi;
49.3né fu lungo l'attender, che venuto
49.4e chi il lassa lontan non molti passi;
49.5drizzasi allora in piè, poi che veduto
49.6l'ha presso al padiglion, né 'ncontra fassi,
49.7ma la fronte inchinando, alle sue soglie
49.8tacito e in atto semplice l'accoglie.
50.1Fecel tosto asseder su 'l manco lato,
50.2ch'ebbe il dì Lancilotto il primo onore;
50.3indi ogni cavaliero e 'l più pregiato
50.4vien primo sempre a dimostrar dolore,
50.5poscia si riponea dove locato
50.6era il seggio per tutti ivi di fuore,
50.7in doppio ordine posto, ove chi siede
50.8di quel che incontra sia la fronte vede:
51.1assegnata in tra' duoi sì larga strada,
51.2che possa il varco dar, che largo sia
51.3a famoso drappel, che in guisa vada,
51.4che i pedestri guerrieri usan per via,
51.5come ripiena fu l'ampia contrada
51.6della reale e nobil compagnia,
51.7e ch'assisa fu alquanto, in alto dire
51.8comanda il regio araldo indi partire.
52.1Drizzansi tutti allora e 'l mezzo tiene
52.2del primier rigo il figlio del re Bano,
52.3seco in su 'l destro lato Arturo viene,
52.4il buon re Lago alla sinistra mano;
52.5preme indi appresso le dogliose arene
52.6sotto avendo Gaven, sopra Tristano,
52.7re Soriban, che Galealto solo
52.8amò come fratel, come figliuolo;
53.1ché d'Andromeda uscito a lui sorella
53.2il seguio fedelmente in ogni sorte;
53.3poscia il giovin Candor, nato anch'ei d'ella,
53.4vien tra il buon Maligante e 'l pio Boorte;
53.5i quai mal fermi, ove pietà gli appella,
53.6volser pure onorar sì chiara morte;
53.7poi seguir tutti quei, che seco furo,
53.8in mezzo a' cavalier del grande Arturo.
54.1Così taciti van con lento passo
54.2dentro al sacrato tempio, ivi construtto
54.3non di pietra porfirea o Pario sasso
54.4dall'Egeo, né dall'Issico condutto,
54.5ma in marzial lavoro inculto e basso
54.6di più d'uno edificio ch'han destrutto;
54.7pure in tal l'ampio spazio si stendea,
54.8che gran parte dell'oste ricevea.
55.1Cinto era tutto quel sopra e d'intorno,
55.2chiuso il lume solar, di drappo oscuro,
55.3ma tante faci ha in sen, che fanno scorno
55.4al dì ch'aggia l'april più vago e puro;
55.5poi tutto è in giro mestamente adorno,
55.6per mostrar del suo re l'effetto duro,
55.7do scudi, ove il leon vermiglio assiede
55.8tra perse stelle in argentata sede.
56.1Giunto il famoso stuol, sì come innanti
56.2trova i seggi ordinati, ove si posa
56.3ascoltando devoto i preghi santi
56.4della sacerdotal turba pietosa;
56.5alle lor note umili, a' tristi canti,
56.6ch'hanno in voce or pienissima, or' ascosa,
56.7chi con tacite labbra e chi col core
56.8va invocando del ciel l'alto favore.
57.1Poi ch'al sacrato uficio il fin s'impone,
57.2tutti al mondo primier ritorno fanno
57.3del mesto Lancilotto al padiglione,
57.4ove poi che rassisi alquanto stanno,
57.5grida l'araldo allor: “Regie corone,
57.6duci alti e cavalier del preso affanno
57.7vi rendon grazie Lancilotto e i suoi,
57.8e 'l partire e 'l restar sia posto in voi”.
58.1Drizzasi il primo Arturo e salutati
58.2tutti quei che restaro, indi si parte;
58.3cotal di grado in grado i più pregiati
58.4il seguon tutti alla medesma parte;
58.5ma Lancilotto e gli altri sconsolati
58.6presso al re morto asseggono in disparte,
58.7l'un dall'altro lontan, bagnando il volto
58.8con l'estremo dolor, ch'è in essi accolto.
59.1E così notte e dì nel nono giorno
59.2questo angoscioso pianto si distese;
59.3come il decimo sol fece ritorno,
59.4fu imposto il fine al lamentar palese;
59.5e 'l buon figlio di Ban per fare adorno,
59.6come l'uso chiedea del suo paese,
59.7il gran funebre onor, subito chiama
59.8Tarquiro araldo suo di maggior fama;
60.1e gli dice: “Or va intorno a tutto l'oste,
60.2e 'n mio nome dirai, che chi desia
60.3gloria e palme acquistar, che fien proposte
60.4a' giuochi militar, qui tosto sia;
60.5ma primiere al gran re vengano esposte
60.6le mie ambasciate, ed egli in cortesia
60.7voglia di sua presenza addurne onore,
60.8per ch'ogni altro al venir disponga il core”.
61.1Non ritarda il Tarquiro e 'l cammin prende,
61.2e come al sommo Arturo il tutto ha detto,
61.3per congedo di questo il passo stende
61.4ove sia duce o cavalier più eletto;
61.5or poi che 'l campo le novelle intende,
61.6ogni miglior guerrier s'infiamma il petto
61.7di tosto all'alte prove ritrovarse,
61.8e mostrar che non ha le forze scarse.
62.1E 'l ciel che favorir l'impresa vuole,
62.2fa che quei che 'mpiagati erano avanti,
62.3il buon Serbin con l'erbe e con parole,
62.4con sacri impiastri e con divini incanti
62.5sanati ha sì, che ciò che aggrava e duole
62.6era fermo e risaldo in tutti quanti,
62.7sì che possan venire in tutte prove,
62.8come facesser mai più forti altrove.
63.1Or già primo il gran re si rappresenta
63.2con vesti aurate al destinato loco;
63.3ogni altra gente al lui seguire intenta
63.4stampa l'orme reali a poco a poco;
63.5ciascun d'esser più ornato s'argomenta,
63.6che 'l piacere a tal'uom non prende in gioco;
63.7il nobil Lancilotto Arturo accoglie,
63.8né d'onorarlo assai sazia le voglie.
64.1Fa il medesmo da poi secondo il merto
64.2a quanti eran con lui regi e signori,
64.3sott'ampio padiglion, ch'era coperto
64.4dentro d'oro e di seta e d'ostro fuori;
64.5ov'era il ciel con le sue stelle inserto
64.6con la luna e col sole in tai lavori,
64.7ch'ogni uom dicea con nuova maraviglia,
64.8che non più il vero al vero s'assimiglia.
65.1Questo fu del re Archindo, che tenea
65.2la dolorosa guardia in suo potere,
65.3il qual già Lancilotto a morte rea
65.4sospinse e vinse l'animose schiere;
65.5e quante altre ricchezze ivi entro avea,
65.6a i compagni e gli amici donò intere;
65.7e sol volle di questo essere adorno,
65.8il qual mai non spiegò fino a quel giorno.
66.1Sotto del quale allor fece locare
66.2l'aurata mensa, ove soletto assise
66.3il gran Britanno e di vivande rare
66.4fu più volte carcata in varie guise;
66.5poi sotto ombre frondose all'aure chiare
66.6non molto a lui lontana di fuor mise
66.7una rotonda tavola, dov'era
66.8de gli altri cavalier l'ornata schiera.
67.1Poi per gli altri guerrier, che tanti furo,
67.2che 'l numero contar poteano a pena,
67.3senz'ombra ricercare all'aer puro
67.4avean per seggio l'infiammata arena,
67.5che di gregge e d'armento orrido e duro
67.6fu tutta intorno riccamente piena,
67.7ma tal ridotto al lungo foco e grave,
67.8ch'al popol marzial venia soave.
68.1Poi di vin preziosi erano sparsi
68.2con misura maggior vasi infiniti,
68.3all'intorno de' quali allegri farsi
68.4s'udian del gran romore i vicin liti;
68.5né di lodar fra loro erano scarsi
68.6di Lancilotto poi gli alti e graditi
68.7atti cortesi e più l'invitta mano,
68.8ch'avea tanti altri uccisi e Segurano.
69.1Ma in altro grave suon tra i duci e i regi
69.2si sentian fuor venir le sagge note
69.3di senno adorne e di bei detti egregi,
69.4d'invidia in tutto e d'altrui biasmi vòte;
69.5e sovra tutti quel ch'ha mille pregi
69.6tra le propinque genti e le remote,
69.7dico il gran re dell'Orcadi, ogni core
69.8riempiea di dolcezza e di valore.
70.1Poi che d'esca e di vin queto è il desio,
70.2guardando va l'esercito britanno
70.3i pregi del certar, che lungo il rio
70.4sovra verdi troncon sospesi stanno,
70.5tutti di gran valor; ché 'l guerrier pio
70.6d'amico sì fedel doppo il gran danno
70.7vorria quante ha ricchezze, oro e terreno
70.8del gran feretro suo versare in seno.
71.1Già di sonore trombe cinto intorno
71.2l'onorato Tarquir si mostra fuori,
71.3di ricco argento e di vemiglio adorno,
71.4che del figlio di Ban sono i colori;
71.5e da poi che tre volte d'ogni intorno
71.6fé risonare il ciel d'alti romori,
71.7grida: “Il gran Lancilotto per memoria
71.8del buon re Galealto e per sua gloria
72.1oggi intende propor l'ottava prova
72.2a' duci illustri e chiari cavalieri;
72.3il primier fia di chi più ratto muova
72.4il corso steso a i nobili destrieri;
72.5l'altro di chi più saldo si ritrova
72.6nella lutta e più integro e più leggieri;
72.7il terzo poi nell'impiombato cesto
72.8chi col pugno al nemico è più molesto.
73.1Indi chi armato in bellicose giostre
73.2meglio addrizzi la lancia e 'l brando stringa;
73.3il quinto, chi più pronto il piè dimostre,
73.4ch'al corso velocissimo s'accinga;
73.5poi chi fia quel, che fra le forze vostre
73.6grave e ferreo baston più innanzi spinga;
73.7il settimo sarà, chi 'l segno tocchi
73.8più vicin con lo stral, che d'arco scocchi.
74.1L'ultimo alfin, chi con più dotta mano
74.2più dritto e più lontano il dardo avventa;
74.3i pregi saran tai, che non in vano
74.4sarà il sudore, ond'altri si ripenta,
74.5sì come allora il figlio del re Bano
74.6a quei, ch'avranno al gir la voglia intenta,
74.7co 'l suo proprio parlar farà palese
74.8in atto benignissimo e cortese”.
75.1Così detto si tacque, e 'n suono altero
75.2mille tube di nuovo si svegliaro;
75.3sfoga in lieto gridare il suo pensiero
75.4il popol lieto e di vedere avaro;
75.5ogn'altro duce illustre e cavaliero
75.6va rivolgendo in core, onde più chiaro
75.7possa ritrarre onore e chi più stime,
75.8che contenda con lui le palme prime.
76.1Ma il chiaro Lancilotto in alta sede,
76.2ove lor più spedite sian le viste,
76.3e scernan dritto, chi del pregio erede
76.4sia veramente e per qual via l'acquiste,
76.5il gran re Lago e 'l buon Lambego assiede;
76.6ben che quel dì tal grado si contriste,
76.7dicendo: “Io che già fui più d'altro buono,
76.8or dall'opre d'altrui giudice sono”.
77.1Con lor Sicambro poi, che d'anni grave
77.2ha l'usato valor volto in consiglio,
77.3e 'l re Rion, ch'amò Benicco e Gave,
77.4e Lancilotto poi qul proprio figlio;
77.5il quinto era Mandrin, che seguito ave
77.6per segno in quella guerra il franco giglio,
77.7il qual per lunga etade e per la prova
77.8d'ogni lite dubbiosa il ver ritrova.
78.1E perché Lancilotto non volea
78.2sendo il dator de' pregi essere in prova,
78.3al grande Arturo e gli altri umil dicea:
78.4“Spogliate i cor di maraviglia nuova,
78.5s'a me, chiari signor, che pur solea
78.6volentier faticare, or l'ozio giova;
78.7ché di quel, ch'amai più, l'acerba morte
78.8ha chiuse a' miei piacer l'antiche porte.
79.1Pregovi dunque in quella riverenza,
79.2che 'l mio stato bassissimo richiede,
79.3non sdegniate mostrar vostra eccellenza
79.4in quella arte miglior, che Dio vi diede,
79.5non per me sol, ma per colui che senza
79.6s'e' m'ha fatto di miseria erede,
79.7e che tanto amò voi, che queste arene
79.8d'altrui sangue e di suo lassate ha piene.
80.1Or chi s'estima aver destrier più leve,
80.2e che quante ne siano al corso passe,
80.3di spronarlo egli stesso non gli aggreve
80.4al presente paraggio, che farasse;
80.5e 'l primo vincitor la fronte greve
80.6avrà d'aurea corona, in cui vedrasse
80.7di beltade e di prezzo gemme assai,
80.8onde il gran re Sassonio dispogliai.
81.1Né senza premio ancor sarà il secondo,
81.2che del forte corsier di Palamede,
81.3nato in tra' monti Betici, ch'al mondo
81.4pochi ha par di bontade, il faccio erede;
81.5né il terzo ancor con l'animo ingiocondo
81.6si lasserà partir di questa sede,
81.7ch'avrà la sopravesta d'oro fino
81.8del figliol di Clodasso Massimino.
82.1Avrà il quarto la sella e 'l ricco arnese
82.2del caval di Vittorio il suo germano,
82.3ove il mastro famoso tutta intese
82.4in farlo unico allor l'arte e la mano;
82.5del quinto fia la coppa, in cui l'Inglese,
82.6ch'uccisi in Catanesia, il re Velano,
82.7bevea ne' festi dì, ch'ha l'auro intorno
82.8di mille varie gemme aspro ed adorno”.
83.1Al dir di Lancilotto in un momento
83.2surge il giovin re Franco, il pio Clotaro,
83.3a cui il vecchio Sicambro fu contento
83.4di donare il destrier pregiato e raro,
83.5leve non men che sovra l'onde il vento,
83.6che dall'Orse ci vi nel verno chiaro,
83.7nato all'orrida Tracia e fu credenza,
83.8che dell'antico Borea era semenza.
84.1Fu il secondo Gaven, che seco estima,
84.2ch'anco il suo buon corsier non aggia pare;
84.3ch'al britanno terren la palma prima
84.4d'ogni altera tenzon solea portare;
84.5il terzo è Perseval, che tien la cima
84.6di saver regger bene e ben guidare
84.7a tempo e con ragione ogni destriero,
84.8e 'l più grave e 'l più vil fa snello e fero.
85.1E se ben non ha quel ch'egli amò tanto,
85.2che dal gran Seguran ne fu privato,
85.3spera con l'arte sua d'avere il vanto
85.4sovra ogni altro caval poco onorato;
85.5vien Nestor poi, che men si pregia alquanto;
85.6non però sì che non gli vada a lato;
85.7ch'ove dell'arte altrui temenza il preme,
85.8la bontà del caval gli aggiunge speme.
86.1Il quinto a presentarse è il forte Eretto,
86.2che di certa fidanza ha cinto il core;
86.3che 'l giovinile ardor gli scalda il petta,
86.4il natural' ardire e 'l gran valore;
86.5ha il paterno destrier che fu perfetto
86.6mentre che 'n lui fiorì l'alto vigore,
86.7or di tre lustri carco era pur tale,
86.8ch'al breve faticar più d'altro vale.
87.1Quando vede il re Lago che 'l figliuolo
87.2alla lodata prova s'accingea,
87.3in parte il chiama ov'egli ascolti solo,
87.4e in amorose note gli dicea:
87.5“Perché chi affisse l'uno e l'altro polo
87.6m'empie di nobil'arte, ond'io solea
87.7nel corso de' destrieri in simil forma
87.8d'ogni altro cavalier trapassar l'orma;
88.1e perch'io veggio voi giovin novello
88.2co' più saggi e miglior mettervi in prova;
88.3vi dirò che lo sprone e che 'l flagello
88.4adoprar con furor niente giova,
88.5e 'l passar nel principio questo e quello
88.6al fin gloria dannosa si ritrova;
88.7che a mezzo il corso poi sì frale e stanco
88.8e 'l misero caval ch'ei ne vien manco.
89.1Non con la forza sola a terra stende
89.2l'arbor, ma più con l'arte, l'architetto;
89.3né spesso traviando il cammin prende
89.4il discreto nocchier, ma dritto e stretto;
89.5più securo il suo gir mai sempre rende
89.6quel che d'ogni periglio aggia sospetto;
89.7tardo sia il cominciar di chi desia
89.8poter salvo compir la lunga via.
90.1Il primiero spronar sia dolce e piano,
90.2che non faccia al destrier timore o sdegno;
90.3sia il corso dritto e miri di lontano
90.4a cui debbe arrivar l'eletto segno;
90.5stringasi sempre alla sinistra mano,
90.6con ragion vera e debito ritegno
90.7di non urtar la meta o gir sì lunge,
90.8ch'entri fra quella e voi chi dietro punge.
91.1Ma poi ch'essa varcando al lato manco
91.2per tornar qui fra noi sete rivolto,
91.3allor potete all'uno e l'altro fianco
91.4porre in opra lo spron, di tema sciolto,
91.5che 'l corrente caval divegna stanco;
91.6che 'l sentier, ch'ei dee far, non è poi molto,
91.7e 'n breve spazio al trapassarvi poi
91.8non basterebbe Achille e i destrier suoi”.
92.1Così detto s'assise e già in brev'ora
92.2i cinque cavalier sono in arcione;
92.3e Lancilotto di ciascuno allora
92.4dentro un elmo serrato i nomi pone,
92.5poi gli trae ben mischiando e 'l primier fuora
92.6venne il giovine Eretto, ch'a ragione
92.7s'empié di gioia, ch'al sinistro lato,
92.8che vien più in ver la meta fu locato.
93.1Il secondo è Gaven, poi Persevallo,
93.2Nestore il quarto e l'ultimo Clotaro,
93.3ch'è di ciò lieto, perché il suo cavallo
93.4tien sovra quanti fur nel mondo chiaro,
93.5dicendo fra suo cor: “Se maggior fallo
93.6non fa, ch'ei soglia, è mio quel pregio caro,
93.7e se ciò avvien, di appenderlo divoto
93.8al tempio parigin fò certo voto.
94.1Lì secondo la sorte in breve riga
94.2il proprio Lancilotto gli dispose,
94.3dicendo: “Or sia ciascuno ottimo auriga,
94.4sì come ottimo è sempre in maggior cose”.
94.5Poi questo e quel del popolo gastiga,
94.6che 'n mezzo al lor viaggio s'interpose;
94.7indi col terzo suon, ch'al ciel rimbomba,
94.8ch'omai sproni chi vuol grida la tromba.
95.1Mosser tutti in un punto, come insieme
95.2fosser legati o fosse un corpo solo;
95.3ogni uom distende il freno e 'l fianco preme
95.4al veloce caval, che fugga a volo;
95.5surge la polve in alto, il terren freme,
95.6e 'ntorno applaude il riguardante stuolo;
95.7van molti passi in un congiunti al paro,
95.8in fin che volse il franco re Clotaro:
96.1il cui Tracio corsier dal vento sembra,
96.2ch'a tutti gli altri innanzi sia portato;
96.3non par che adopre le correnti membra,
96.4ma qual'aquila in ciel si mostre alato;
96.5il valoroso Eretto a cui rimembra
96.6del paterno ammonire, il manco lato
96.7si va intero servando e con le grida
96.8più ch'oprando lo sprone, il caval guida.
97.1Il nobil Persevallo che si vede
97.2vie più che di destrier fornito d'arte,
97.3tanto col fren sollecita e col piede,
97.4che 'l primo vien dalla sinistra parte;
97.5poi mentre alquanto di prestezza cede,
97.6al più stretto cammin la via comparte,
97.7lieto che questo e quel nagando giva
97.8perdendo tempo assai per altra riva.
98.1Ma il giovinetto Franco in cui la speme
98.2già di certa vittoria si nutrìa,
98.3ritrova un fosso in fra le trite arene
98.4sepolto sì che fuor non apparia,
98.5ponvi il Tracio ambe i piedi e gli conviene
98.6batter la fronte su l'ascosa via,
98.7pur senza danno alcun del suo signore
98.8di periglio e d'affanno il trasse fuore.
99.1Ma il buon Nestor di Gave che lui segue,
99.2quanto fu indietro pria d'avanti acquista;
99.3né lo spron né la sferza han paci o tregue,
99.4che l'una e l'altra vien disgiunta e mista;
99.5ma il risurto corsier par si dilegue
99.6qual nebbia al vento, e subito racquista
99.7il perduto vantaggio pria che vegna
99.8ove indietro tornar la meta insegna.
100.1Né più il mosse il valor che la vergogna,
100.2che sentia lamentarse il giovinetto,
100.3e che spargendo lagrime il rampogna,
100.4dicendogli: “Or sei tu quel Tracio detto
100.5al mondo senza par, ch'ogni uomo agogna,
100.6e ch'oggi pur da me sei stato eletto
100.7tra mille ch'io n'avea, come il migliore,
100.8per farmi in cotal loco un tal disnore?”
101.1Passa oltra adunque e nullo omai contende,
101.2mentre a lui ben vicino era Gaveno,
101.3a cui venendo al pari il corso stende
101.4Eretto, ch'ha fermato entro al suo seno
101.5d'altro dì non veder, che quel che splende,
101.6o del pregio secondo ornarse almeno;
101.7e perché è già vicin molto alla meta,
101.8il sollecito andar non gli si vieta.
102.1Così quanto può più spinge il destriero,
102.2né men facea Gaven dall'altra parte,
102.3quando han trovato che stringea 'l sentiero,
102.4un'alto sasso che i confin diparte
102.5tra due vicin, per discoprire il vero
102.6a i possessor che vivono in disparte,
102.7dall'altra era il gran vallo, ond'era poco
102.8al caper tutti due l'angusto loco.
103.1Quando il vede Gaven, con aspro ciglio
103.2grida: “Il vostro corsier fermate alquanto,
103.3né vogliate oggi porne a tal periglio,
103.4ch'a chi ne porta amor ne vegna pianto”.
103.5Allor più sprona del re Lago il figlio,
103.6e di lui non udir si finge in tanto,
103.7e quel seguita ancor: “Voi folle sete
103.8né di voi né d'altrui cura tenete.
104.1Non si convien sì poco reverire
104.2chi di regno e d'età vi sia maggiore”.
104.3Ma il giovine sprezzando ogni suo dire
104.4al corrente destrier cresce il furore;
104.5onde Gaven temendo ivi perire,
104.6prepon la vita al guadagnato onore,
104.7e 'l lassa avanti gir, né il poté poi
104.8racquistar più con gli argomenti suoi.
105.1Ma in questo contrastar già Persevalle,
105.2che lor dietro era ancora, innanzi è gito,
105.3e già del mezzo per più accorto calle
105.4il corso primo a tutti avea compito,
105.5ma nel voltar su l'arenosa valle
105.6venne al girar la meta il piè fallito
105.7al suo destriero e l'uno e l'altro in essa
105.8ebbe la manca spalla insieme oppressa.
106.1Surge tosto il meschin, benché si senta
106.2della percossa asprissima impedito;
106.3ma il suo caval, che a muover s'argomenta,
106.4vie più che non è lui trova impedito;
106.5e doppo lungo aver la forza intenta,
106.6a pena il può drizzar sopra quel lito;
106.7onde accusando il ciel doglioso e lasso
106.8il tira per lo freno a lento passo.
107.1Or già di Clodoveo l'altero figlio
107.2primo a quanti altri sono al segno arriva,
107.3e 'l popol tutto lieto l'aureo giglio
107.4va innalzando alle stelle in voce viva;
107.5e Lancilotto a lui con lieto ciglio
107.6dice: “Chiaro signor, non vegna schiva
107.7questa corona omai di questa chioma,
107.8che d'altre assai maggiori attende soma”.
108.1Così di propria man d'essa gli cinge
108.2la nobil fronte e 'l giovinetto adorno
108.3d'onorato rossore il viso pinge,
108.4e 'n fra' suoi tutto lieto fa ritorno;
108.5né il buon vecchio Sicambro anco s'infinge
108.6d'appellar felicissimo quel giorno,
108.7in cui quel ch'ei nodrisce e 'l suo destriero
108.8di così chiaro pregio ir vede altero.
109.1Vien doppo il franco re l'Orcado Eretto,
109.2che si trova Gaven che sprona a lato,
109.3e correa sì vicin, ch'avea col petto
109.4quasi l'arcion di dietro trapassato,
109.5e se 'l spazio del corso ivi perfetto
109.6si fosse, pochi passi prolungato
109.7era forse il secondo, ma in quell'ora
109.8con grave ira e dolor terzo dimora.
110.1Fu il quarto all'arrivar Nestor di Gave,
110.2che 'l tirar d'un buon arco indietro viene,
110.3per ch'aveva caval possente e grave,
110.4cui più del corso il guerreggiar conviene;
110.5e 'l suo signor, ch'altissimo cor' ave,
110.6di così basso onor cura non tiene,
110.7ma per far cosa grata a Lancilotto
110.8fu con poca speranza a ciò condotto.
111.1L'ultimo è Perseval che frale e stanco,
111.2biasmando il suo destin contrario troppo,
111.3conduce il me' che può traendo il fianco,
111.4per la briglia il destrier debile e zoppo,
111.5come bifolco il bue, che venne manco
111.6arando al mezzo dì, che 'l fero intoppo
111.7d'aguto legno entro alla siepe ascoso
111.8al rivolger l'aratro ebbe noioso.
112.1Del quale a Lancilotto che lontano
112.2già il vedeva apparir, prende pietade,
112.3e dice sorridendo: “Or chi sovrano
112.4vive in quest'arte della nostra etade,
112.5se la sorte ebbe avversa, fia che 'n vano
112.6senza premio calcar debba le strade?”
112.7E 'n tal dire il destrier di Palamede
112.8prende e far ne lo vuol famoso erede.
113.1Ma l'infiammato Eretto che ciò mira,
113.2tosto al figlio di Ban di mano il toglie;
113.3e con note tremanti e colme d'ira,
113.4e ch'a gran pena dalle labbra scioglie,
113.5gli dice: “Alto signore al torto aspira
113.6chi cortese si fa dell'altrui spoglie;
113.7non più vostro è il caval, ma fatto è mio,
113.8poi ch'io fussi il secondo piacque a Dio.
114.1E se di sua virtù vi astringe amore,
114.2non vi mancan corsieri, oro ed argento
114.3da dargli anco del mio pregio maggiore,
114.4ond'ei resti più lieto ed io contento”.
114.5Rise del giovinil semplice ardore
114.6il nobil Lancilotto a gloria intento,
114.7et abbracciandol dice: “Io veggio scorto,
114.8caro più che figliuol, ch'oprava il torto.
115.1Riprendete il caval vostro a ragione,
115.2et io d'altro miglior sarò cortese”.
115.3Poi Tarquir manda tosto al padiglione,
115.4che quel di Seguran, ch'era ivi, prese,
115.5il qual tutto dorato avea l'arcione,
115.6e di prezzo infinito il ricco arnese,
115.7e 'l presenta dicendo: “A Persevalle
115.8questo fia più securo in ogni calle”.
116.1Or mentre in altra parte il chiaro Eretto
116.2ne mena il pregio suo di gloria pieno,
116.3d'alto sdegno infiammato e di dispetto
116.4all'incontro di lui surge Gaveno,
116.5e dice: “Di tai principi al cospetto
116.6vo' che 'l ver qual'ei sia si senta almeno;
116.7e giudichin da poi, se ragion fia,
116.8che 'l caval più che nostro di voi sia.
117.1Non consentite voi che per inganno
117.2fuste, non per valor, vittorioso?
117.3Che mentre io mi temea portarvi danno,
117.4ritenni il mio corsier di voi pietose;
117.5e voi spronando mi rendeste affanno
117.6in vece del ben fare; ond'io doglioso
117.7mi trovo il terzo, ove il secondo o 'l primo
117.8potea forse venir, s'io dritto estimo”.
118.1Quando il re giovinetto il vide irato,
118.2e del padre e d'altrui biasmo temea,
118.3gli dice: “Per tornar nel primo stato
118.4del vostro buono amor, com'io solea,
118.5non sol questo caval, ch'ho guadagnato,
118.6ma quanti mai n'avrò, quanti n'avea,
118.7che sien vostri, signor, contento sono,
118.8e d'ogni mio fallir chieggio perdono”.
119.1E così ragionando, in man gli pone
119.2la briglia del corsier che seco adduce.
119.3Non alle spighe all'arida stagione
119.4la pioggia estiva più dolcezza induce,
119.5che fé del giovinetto il pio sermone
119.6nel petto irato dell'Orcanio duce;
119.7l'abbraccia e stringe e gli risponde appresso:
119.8“A voi dono il cavallo e poi me stesso.
120.1E riconosco or ben, ch'è tutta in voi
120.2la paterna virtù che non ha pare;
120.3e prego il ciel, che voglia gli anni suoi,
120.4e l'alta sua fortuna in voi versare”.
120.5Volgesi a Lancilotto e 'l prega poi,
120.6che voglia il terzo pregio a lui donare;
120.7et ei di Massimino in atto umano
120.8la sopravesta allor gli reca in mano.
121.1Ebbe il suo quarto don Nestor di Gave,
121.2che di Vittorio fu la regia sella;
121.3riman l'altera coppa d'oro grave
121.4e di gemme e di perle ricca e bella,
121.5ch'è il quinto pregio che cursor non ave,
121.6che più possa sperare ornarsi d'ella;
121.7onde il pio Lancilotto in man la prende,
121.8e con essa al re Lago il braccio stende.
122.1Dicendogli: “Io vi prego tutto umile,
122.2o chiaro re dell'Orcadi famoso,
122.3che non vi sia da noi prendere a vile
122.4il basso don ch'a presentar sono oso;
122.5perché poscia possiate in Bura o in Tile
122.6dentro al bel regno vostro in gran riposo
122.7bevendo tra' miglior del valor'alto
122.8ricordarvi talor di Galealto.
123.1Né si conviene a voi farne rifiuto,
123.2poi che di guadagnar pregio altramente
123.3vi contendono or gli anni e 'l pel canuto,
123.4che le membra guastando ornan la mente”.
123.5Lieto l'antico re del ricevuto
123.6onor fra tanta e sì fiorita gente
123.7risponde: “Troppo è ver, figlio onorato,
123.8che 'l tempo ogni vigor m'aggia spogliato.
124.1Deh mi trovass'io tal quale allor'era,
124.2che 'l gran re Catanesio fu sepolto;
124.3ché non fu alcuno in quella festa altera,
124.4che contro al mio poter valesse molto;
124.5feci io del cesto alla battaglia fera
124.6restar quasi Roncon di vita sciolto;
124.7vinsi Ombrone alla lutta e 'l leve Anceo
124.8nel corso a me la palma concedeo,
125.1nell'avventar del dardo Aficle ed Ati,
125.2ch'avanzavano ogn'uom, privai d'onore;
125.3sol de' destrieri in prova più pregiati
125.4fur di me alquanto Arantico e Fanore;
125.5non dirò più nell'arte ammaestrati,
125.6ma perché il mio corsier nel gran furore
125.7fece al proprio tornar l'istesso fallo,
125.8ch'ora il suo far vedeste a Persevallo.
126.1Or di natura all'ordine m'arrendo,
126.2pascendo il cor della passata gloria;
126.3e 'l vostro amico don gioioso prendo,
126.4per la vostra e d'altrui chiara memoria;
126.5né di farmene adorno meno intendo,
126.6ch'io facessi unque mai d'altra vittoria;
126.7ch'esser del vostro amor tenuto degno
126.8e d'intera virtù non dubbio segno”.
127.1Rise il figlio di Ban; rivolto poi
127.2verso i duci più forti e cavalieri,
127.3dice in atto cortese: “Or chi di voi,
127.4che tanti ce ne son di nomi alteri,
127.5fia che luttando gli avversari suoi
127.6stender ad uno ad un su l'erba speri,
127.7surga per onorar morto, chi solo
127.8fu vivo il primo onor di questo stuolo.
128.1E gli avem destinato il primo pregio
128.2nobil vaso d'argento e cinto d'oro,
128.3in cui scolpio la terra il mastro egregio
128.4fra l'onde accolta con sottil lavoro,
128.5e verso i labbri in alto il ricco fregio
128.6ha Febo in seno e delle Muse il coro;
128.7e grande è sì, che in esso il vincitore
128.8potrà lavar giacendo il suo sudore,
129.1né il vinto anco sarà senza mercede;
129.2che d'irsuto leone avrà la spoglia,
129.3con la testa d'argento e ciascun piede,
129.4qual'Ercole e Teseo portar si soglia;
129.5e l'uno e l'altra fu tra le mie prede,
129.6ch'acquistai già dentro alla regia soglia
129.7del Cimbrico Pireo, che volea, lasso,
129.8soccorso contra noi dare a Clodasso”.
130.1Così paralava ancor, quando Malchino,
130.2Malchino il grosso, che gigante appare,
130.3del popol di Moravia, a cui vicino
130.4il porto di Salute affrena il mare;
130.5ivi avanza ciascun, sì come il pino
130.6suol gli altri arbori intorno sormontare;
130.7getta ogni vesta all'arenosa valle,
130.8e mostra nude fuor l'orride spalle.
131.1E quanti in giro son tanti ne sfida,
131.2dicendo: “Or venga a noi di sì gran gente,
131.3chi più di tutti al suo valor s'affida,
131.4e che si pensi meco esser possente”.
131.5Nessun risponde all'orgogliose grida
131.6per lungo spazio ed ei più fieramente
131.7le voci addoppia e le sue forze pregia,
131.8come quelle d'altrui biasma e dispregia.
132.1Non sa più il buon Tristano omai soffrire
132.2il superbo parlar, ma poi che vede,
132.3che pure altr'uom non vuole incontra uscire,
132.4verso lui tutto queto addrizza il piede;
132.5quando il mira Malchin, comincia a dire:
132.6“O di Meliadusse invitto erede,
132.7usare il vostro ardir sovra il cavallo,
132.8ch'a piedi e meco poi sarete in fallo”.
133.1Tace il saggio guerriero e spoglia intanto
133.2ciò che 'l copriva e nudo si presenta;
133.3il gran Malchin poi ch'ha tardato alquanto,
133.4tutto pien di furore a lui s'avventa,
133.5qual' il geloso tauro ch'aggia a canto
133.6la sua cara giovenca e guerra tenta
133.7contra il leone e d'atterrarlo spere,
133.8per aver più di lui le membra altere.
134.1Cingel sotto le braccia e cerca in vano
134.2d'alzarlo e sentel fermo su l'arena
134.3più ch'aspra quercia il vento Sussolano,
134.4nata in fra dure pietre e d'anni piena;
134.5lo scuote appresso or su la destra mano,
134.6or su l'altra più volte e 'n giro il mena;
134.7né 'l ritrova men saldo in ogni sponda,
134.8ch'alto scoglio marin di Teti all'onda.
135.1Ma il sagace Tristan, ch'è sempre inteso
135.2di fare un colpo solo e 'l tempo aspetta;
135.3come il vede sforzando esser sospeso,
135.4e non tener co i piè la terra stretta;
135.5alzandolo più ancor, con tutto il peso,
135.6ch'ha di petto e di braccia, ivi si getta,
135.7ove il sente più in aria e tal s'accampa,
135.8che delle spalle fa che il lito stampa;
136.1con quello alto romor ch'argine o ponte
136.2combattuto dall'onde caggia in esse;
136.3parve un colle minor sovra un gran monte
136.4Tristan, quando Malchin col petto oppresse;
136.5le genti attorno con allegra fronte,
136.6cui nuova maraviglia i cori impresse,
136.7alzan le grida al ciel miste di riso,
136.8di vedere il maggior da lui conquiso.
137.1Drizzansi entrambi e 'l misero perdente
137.2forbendo in alto l'omero arenoso
137.3di vegogna ripieno è sì dolente,
137.4che 'l cortese Tristan ne vien pietoso,
137.5e dice in alta voce: “Assai sovente
137.6fa la fortuna l'uom vittorioso,
137.7che di minor virtù fornito sia,
137.8come forse oggi a me fatto ha la mia.
138.1Però, s'a voi paresse, io non rifiuto
138.2d'esser con voi nella seconda prova”.
138.3Risponde quel: “Pria ch'ora ho conosciuto
138.4il magnanimo cor che 'n voi si trova,
138.5siami assai d'una volta esser caduto,
138.6senza cercar da voi percossa nuova;
138.7e basti ch'io vi cedo con lo scudo,
138.8con la lancia, co 'l brando, armato e nudo”.
139.1Il chiaro figlio allor del gran re Bano
139.2si fa tosto portare il vaso aurato,
139.3e dice: “Or sia condotto al mio Tristano,
139.4che questo ed ogni pregio ha guadagnato,
139.5ove vorrà spigar l'arte e la mano,
139.6e 'l valor suo che per vittorie è nato”.
139.7Risponde a lui Tristano: “E chi porria
139.8Lancilotto agguagliar di cortesia?
140.1E ben si prova in voi che la virtude,
140.2che si conosce in sé non aver pare,
140.3dell'altrui gloria nulla invidia chiude,
140.4certa di quella e tutte sormontare;
140.5non convien più che s'affatiche o sude
140.6per acquistare omai palme più chiare
140.7la vostra altezza, ch'all'estrema punta,
140.8ove arriva il mortal, d'onore è giunta”.
141.1Ride il pio Lancilotto e dice: “Assai
141.2mi fia premer di voi l'orma vicina”.
141.3Col vello del leon poi gli aspri guai
141.4di Malchin sana e l'alta sua ruina;
141.5indi si volge a gli altri e dice: “Omai
141.6poi che già il sol dall'alto punto inchina,
141.7venga qualcun con l'impiombato cesto
141.8ad onorar se stesso e 'l giorno festo.
142.1E pregio simigliante avrà il vittore
142.2all'arme onde acquistò gradita palma,
142.3ch'un nobil cesto fia cinto di fuore
142.4con piastre d'oro fin di grave salma,
142.5di seta ordito d'ostrico colore
142.6dentro, ove della man cuopre la palma;
142.7e se 'l ver di sì lunge si conduce,
142.8fu il più onorato arnese di Polluce.
143.1L'altro un'anfora d'or di giusta altezza
143.2di preziosi unguenti fido albergo,
143.3per dar conforto alla dogliosa asprezza
143.4di braccio intorto o d'impiagato tergo”.
143.5L'orgoglioso guerrier, ch'ogn'altro sprezza,
143.6tosto ch'ode il parlar si mostra a tergo,
143.7Taulasso è costui della Montagna,
143.8nato dove il Solveo nel mare stagna.
144.1Quante avea vesti intorno avventa a terra,
144.2e d'impiombati cesti arma le mani,
144.3poi snodando le braccia invita a guerra
144.4quanti ha buon cavalier pressi e lontani,
144.5e dando colpi al cielo or apre or serra
144.6le pugna in giro e dice: “Come vani
144.7saran tutti color che penseranno
144.8altro ritrar da me che morte o danno?
145.1E piacesse oggi al ciel, ch'a ciò venire
145.2volesse un de' miglior che chiude Avarco,
145.3ch'io 'l potessi percuotere e ferire
145.4d'ogni clemenza e penitenza scarco;
145.5ch'assai mi fia pur duol veder morire,
145.6chi per nostra salute è d'arme carco,
145.7e questa man contra Clodasso accinta
145.8del pio sangue civile aver dipinta”.
146.1E per ch'al chiamar primo alcun non viene,
146.2ché quel ritien vergogna e quel timore,
146.3prende il gran pregio aurato e si conviene,
146.4dic'egli, a me questo primiero onore;
146.5e l'altro ancor poi che nessun si tiene
146.6possente a contrastar co 'l mio valore;
146.7Risponde Lancilotto: “Io vel consento,
146.8se nullo or di mostrarse aggia ardimento”.
147.1Quando Florio il Toscan, che vicin'era,
147.2vede tacere ogni uom, pietade il prende
147.3della negletta e vilipesa schiera,
147.4e 'n ver l'inviatore il passo stende,
147.5alto parlando: “Or questa vita pera,
147.6ch'a passo a passo nel suo fine scende,
147.7solo in un punto; prima che soffrire
147.8di tanto e tale stuolo il biasmo udire”.
148.1Grida il popol d'intorno e lieto fasse,
148.2ch'un sì nobil guerrier si metta in prova;
148.3e 'l famoso Tristano ivi si trasse,
148.4e ciò che fea mestier, per lui ritrova;
148.5non volle ch'altra mano il dispogliasse,
148.6né che 'n porgergli aita altri si muova;
148.7ei sol gli apporta i cesti, ei sol gli cinge,
148.8e la vittoria aperta gli dipinge.
149.1Or già s'è in guerra posto Taulasso,
149.2e del fato di Florio assai gl'incresce;
149.3ch'al suo colpo primiero ei caggia in basso
149.4sì tosto spera, che con lui si mesce;
149.5drizzasi l'un ver l'altro a largo passo,
149.6e quanto può su 'l piede alto s'accresce;
149.7poi più vicin con sollevate braccia
149.8esamina ciascun ciò ch'altri faccia:
150.1e con finte percosse va tentando
150.2come trove il nemico acconcio all'opra;
150.3or ferendo leggiero, ora schivando,
150.4più l'occhio e l'arte che 'l valore adopra;
150.5e vanno in giro attorno; ma poi quando
150.6vide il Toscano il suo vantaggio sopra,
150.7che 'l nemico scoperta avea la gola,
150.8di ferirlo aspramente il tempo invola.
151.1Ma perch'era pur grande, ivi no 'l coglie,
151.2che gli venne a cadere in mezzo al petto,
151.3e 'l ferì tal, che d'ogni carne scioglie
151.4l'osso più in alto in tra le coste astretto;
151.5all'ira il fer Britanno il fren discioglie,
151.6e col folto cader ch'arbore o tetro
151.7batte grandine al maggio, i colpi versa
151.8con l'una e l'altra man dritta e riversa.
152.1L'ammaestrato Florio che s'accorge,
152.2che conviene al furor conceder loco,
152.3ora il cesto, ora il braccio innanzi porge,
152.4e dell'ira mortal tien lunge il foco;
152.5l'altro mentre s'abbassa e mentre insorge,
152.6va le forze scemando a poco a poco,
152.7e col molto ferir già frale e 'ncerto
152.8or questo loco or quel lassa scoperto.
153.1Et ei, che qual l'accorto cacciatore,
153.2che nascoso il leon tra frondi aspetta,
153.3che quando gli è più al dritto, in mezzo il core
153.4gli scocca inevitabile saetta;
153.5come vede al Britanno il capo fuore
153.6della dovuta guardia, a lui si getta,
153.7e nella manca tempia in modo il fere,
153.8che co' sensi smarriti il feo cadere.
154.1Va con la fronte in basso, sì che appare
154.2combattuto dalfino al lito spinto,
154.3quando è più irato e tempestoso il mare,
154.4dal fero austro vernal di nubi cinto;
154.5come il vede in tal guisa a terra andare
154.6il cortese Toscan, da pietà vinto
154.7ratto il sollieva in alto e 'n seno il porse
154.8della schiera de' suoi, che al caso corse.
155.1E 'l portaro all'albergo, dove sembra,
155.2quantunque vivo pur, peggio che morto;
155.3nullo appar moto all'indormite membra,
155.4e 'l capo inchino e 'n su la spalla intorno;
155.5tutto il popol miglior tosto s'assembra
155.6intorno al vincitor, pien di conforto;
155.7che temea ch'un guerrier sì chiaro e forte
155.8non venisse al suo fin per simil morte.
156.1Ma sovr'ogn'altro lieto era Tristano,
156.2che più caro il tenea che proprio frate;
156.3né men di quello il figlio del re Bano,
156.4ch'era a lui simil d'anni e di bontate,
156.5e 'l meritato don gli pone in mano
156.6dicendo: “Questo integro riservate
156.7per segno eterno dell'avuta gloria,
156.8e questo altro da poi per mia memoria”.
157.1E gli fé don di tutta l'armadura,
157.2ch'al superbo Clodino aveva tolta,
157.3con la spada incantata e la cintura
157.4di finissime gemme e d'oro avvolta;
157.5poi che fosse portata prese cura
157.6a chi la guadagnò con pena molta
157.7l'anfora preziosa; indi si muove
157.8per seguitar l'incominciate prove.
158.1E dice: “Alti signori, in cortesia
158.2e per l'alta virtù di chi s'onora,
158.3quella coppia miglior che di voi sia
158.4più in arme esercitata, si mostri ora
158.5sovra il destriero a giostra e poi che fia
158.6rotta la forte lancia, tragga fuora
158.7la spada micidiale e del primiero
158.8sien l'arme di Brunoro e 'l suo corsiero.
159.1Del fratel Dinadan le spoglie opime,
159.2che ricchissime son, saran di quello,
159.3che del brando ferir più forte estime
159.4de' gran giudicatori il pio drappello”.
159.5Non finì a pena le parole prime,
159.6che sovra alto caval possente e snello
159.7arrivar Maligante vede armato,
159.8e 'l cavalier Norgallo d'altro lato.
160.1Ride il gran Lancilotto e dice: “Omai
160.2non fia senza favor la lite nuova,
160.3poi che i miglior guerrier che fosser mai,
160.4per tal giorno onorar vengono in prova;
160.5or di voi l'uno e l'altro, come assai
160.6aggia spazio acquistato, il corso muova”.
160.7Poi di trombe svegliar quel grido face,
160.8per cui Marte s'accende e spegne pace.
161.1Sprona l'un verso l'altro in tal furore,
161.2che la vista mortal gli segue a pena,
161.3qual austro e borea ch'alle torbid'ore
161.4si vengano a 'ncontrar sovra l'arena;
161.5truovansi a mezzo il corso e del romore
161.6tutta la chiusa valle e l'aria è piena;
161.7troncansi ambe le lancie e l'un destriero
161.8trapassò via volando al suo sentiero;
162.1ma quel di Maligante al crudo intoppo
162.2di volersi arrestar si mise in forse,
162.3pur' oltra andò con debile galoppo,
162.4non come infino allor, volando corse;
162.5ché l'asta, che per lui fu dura troppo,
162.6dritto al suo buon signore il colpo porse
162.7nel volante frontal sovra la vista,
162.8onde il buon cavalier più lode acquista.
163.1Il percosso guerrier si piega alquanto
163.2con l'elmo indietro che la testa aggreva;
163.3ma il gran core e 'l vigor gli giova tanto,
163.4che in breve spazio in alto la rileva;
163.5ma più dolor gli apporta, ch'altro tanto
163.6danno il prode avversario non riceva;
163.7ché no 'l ferisce in fronte, ma in quel loco,
163.8che vien sotto la gola basso un poco.
164.1Volge il caval ciascuno e con la spada
164.2tosto al secondo onor bramoso riede;
164.3l'accorto Maligante opra che vada
164.4ben grave il colpo e sol la fronte fiede;
164.5l'altro ferisce lui per ogni strada,
164.6ove ha più il modo e più scoperto il vede;
164.7mena più spessi i colpi e non gli cale
164.8se quel più che quell'altro in guerra vale.
165.1Trovagli pure al fin la destra spalla
165.2con forza tale e così viene a pieno,
165.3che 'ndormita la man di poco falla,
165.4che non lass'ire il brando su 'l terreno,
165.5dicendo: “Or prove la virtù Norgalla,
165.6se di quella di Gorre possa meno”.
165.7Ma si rinforza il fero Maligante,
165.8e più saldo e leggier che fosse innante;
166.1con mille colpi e tutti nella testa,
166.2il cavalier Norgallo ripercuote;
166.3non rivolge tant'onde atra tempesta,
166.4quando più soffia il vento di Boote;
166.5ned ei per tutto ciò queto s'arresta,
166.6né le speranze sue rimangon vòte,
166.7ma col cor'alto e con la spada stretta
166.8fa del duol che gli vien chiara vendetta.
167.1Ma il nobil Lancilotto, ch'ha timore,
167.2che ne possa avvenir più grave danno,
167.3entra in fra loro e frena quel furore,
167.4che dolce sembra e poi n'apporta affanno;
167.5e 'l re Lago e i compagni il primo onore
167.6al cavalier Norgallo uniti danno;
167.7perch'al correr dell'asta fu sovrano,
167.8come l'altro alla spada oprar la mano.
168.1Così quel di Brunoro ebbe le spoglie,
168.2l'altro di Dinadan senza contesa;
168.3indi il buon Lancilotto si raccoglie
168.4con l'altra schiera a muover liti intesa,
168.5dicendo: “Qual di voi spronin le voglie
168.6d'esercitare i piedi all'alta impresa
168.7del leggier corso, innanzi si dimostri,
168.8e nessun vòto andrà de' pregi nostri;
169.1che due famosi cani avrà il primiero,
169.2ch'avanzan di grandezza ogni molosso;
169.3e ciascuno è di lor sì forte e fero,
169.4ch'ave e l'orso e 'l leon di vita scosso;
169.5e d'oro ornate con lavoro altero
169.6tutto armato ha di piastre il petto e 'l dosso;
169.7del medesmo ave al collo aspro monile,
169.8ch'ogni aguto ferir si tiene a vile.
170.1Avrà il secondo un animoso pardo,
170.2che di spoglia ricchissima è coperto;
170.3al cui correr veloce è il vento tardo,
170.4snello e vago ha il saltare e 'l morder certo;
170.5sarà premio del terzo un leve dardo,
170.6di cui d'ebano è l'asta e 'l ferro ha inserto
170.7di sì incantata e sì mirabil tempre,
170.8che ciò ch'ei può ferir l'uccide sempre.
171.1Né fien vòti di pregio gli altri ancora,
171.2e sia quanto potrà lunga la schiera;
171.3ch'assai tesor di spoglie mi dimora,
171.4ond'io possa gradir la gloria vera”.
171.5A sì dolce invitar già mostra fuora
171.6la persona ch'avea sciolta e leggiera,
171.7di veste scarca il suo cugin Boorte,
171.8appellando i vicini a quella sorte.
172.1Surge Landone il destro, che 'n su 'l passo,
172.2che più guarda all'Ibernia, avea la sede,
172.3poscia Alibel di Logres e Finasso
172.4nodrito in Catanesia sol di prede;
172.5vien doppo il bel Nortvallo Meliasso,
172.6alla cui gran beltade ogni altro cede;
172.7poi s'aggiunge Mandoro e Bandegamo
172.8vaghi di riportar di pino il ramo.
173.1Mettegli Lancilotto insieme eguali,
173.2poi dà il segno la tromba e quei repente,
173.3qual la rigida corda i levi strali,
173.4lassano il seggio lor velocemente;
173.5Boorte va il primiero e s'avess'ali
173.6d'aquila, non porria gire altramente;
173.7seguelo assai vicin Landone il destro,
173.8che tra i primi cursori era maestro.
174.1Poi venia Bandegamo e presso a quello
174.2il vago Meliasso, che vincea
174.3de' giovinetti il nobile drappello,
174.4che della pari età nell'oste avea;
174.5poco lontan Mandoro ed Alibello;
174.6ma indietro a tutti gli altri rimanea
174.7con suo troppo dolor Finasso il Bianco,
174.8che pur quanto potea veniva al fianco.
175.1Già nel mezzo del corso avea Landone
175.2racquistato Boorte e innanzi giva;
175.3ch'al cominciare, il fren più che lo sprone,
175.4in sé medesmo usato, or rifioriva
175.5il servato vigor, ma il ciel s'oppone
175.6alla speranza sua già ferma e viva;
175.7ch'ove i destrier giacean di Lancilotto
175.8la notte a rinfrescarse, era condotto.
176.1E 'n fra l'umida paglia e 'l lordo fimo,
176.2non riguardando ben col passo scorse,
176.3tal che si trova in basso e 'l volto il primo
176.4nel bagnato terren cadendo porse;
176.5ogni uom che rovinar dal sommo all'imo
176.6il quasi vincitor sì presso scorse,
176.7grida per la pietà, poi seco ride
176.8quando il viso asciugarse irato il vide.
177.1Non s'arresta Boorte e con gran gioia
177.2di ciascun riguardante ha il sommo loco;
177.3ratto spedito dell'avuta noia
177.4arrivato è Landon dopp'esso poco;
177.5vien Bandegamo il terzo e se n'annoia
177.6tale il franco Mandor, che par di foco;
177.7che poi ch'esser non può fra' primi dui,
177.8ferma speranza avea di vincer lui.
178.1Alibel doppo lor venne e Finasso
178.2così giunti fra lor, che mal porria
178.3alcun ben giudicar chi s'abbia il passo
178.4posto più innanzi o chi 'l perdente sia;
178.5l'ultimo a tutti gli altri è Meliasso,
178.6la cui tenera età la lunga via
178.7mal poté sostenere e 'l volto ha pieno
178.8d'amaro lagrimar di doglia il seno.
179.1E la vergogna e l'ira in lui raccresce
179.2lo splendor giovinil che 'l face adorno;
179.3volgesi a Lancilotto e lasso mesce
179.4le note tra i sospir con greve scorno,
179.5e dice: “Io veggio ben ch'al ciel rincresce
179.6di chi visse quaggiù più lungo giorno,
179.7se di tutto lo stuol di me più antico
179.8solo abbassando noi si mostra amico”.
180.1Ride il pio Lancilotto e gli risponde:
180.2maggior d'essi mercede avrete certa,
180.3ch'alto desio che 'n giovin core abbonde,
180.4quanto l'altrui vittorie il pregio merta”;
180.5indi una aurea ghirlanda, che le fronde
180.6agguagglia dell'allor, di gemme inserta,
180.7sovra i biondi capei gli pone e dice:
180.8“Al buon vostro voler portarla lice”.
181.1I due famosi can Boorte prende,
181.2Landon quasi sdegnoso il leve pardo,
181.3dicendo: “Tale onor, signor, vi rende
181.4più il mio fero destin, che l'esser tardo”;
181.5e l'altro a lui ridendo: “Se v'offende
181.6il cielo e del mio bene ha tal riguardo,
181.7assai mi pregio io più, perché più vale
181.8favor divin ch'ogni virtù mortale”.
182.1Il prezioso dardo ha Bandegamo,
182.2Lancilotto a Mandoro una cintura
182.3dona arricchita di sottil ricamo,
182.4con la spada ch'è forte oltra misura;
182.5e per mai non aver giusto richiamo,
182.6d'adeguar bene il pregio assai procura
182.7in tra Finasso il Bianco ed Alibello,
182.8senza offender la mente a questo o a quello.
183.1Et uno aureo monile, il qual gli avea
183.2il gran re Clodoveo l'altr'ier mandato;
183.3che nove volte il collo gli cingea;
183.4per richiesta di lui gli fu portato;
183.5e due d'esso eguai parti ne facea,
183.6poi di par n'ha ciascun cortese ornato;
183.7indi prega la schiera, ch'è più degna,
183.8ch'a nuova altra tenzone innanzi vegna.
184.1Così fa in mezzo addur di grave peso
184.2grossa sbarra di ferro e dice poi:
184.3“Chi di questa in più spazio avrà disteso
184.4il corso per sua man di tutti voi,
184.5avrà il famoso brando che Galeso
184.6oprò, quantunque indarno, sovra noi,
184.7quando al fin cadde a terra; ed è cotale,
184.8che no 'l può bene alzar forza mortale.
185.1Dell'altro fia il suo scudo, ch'è sì grande,
185.2che tre simili a noi porria covrire;
185.3qual convenne a gigante, onde si spande
185.4l'aspra fierezza, che facea morire
185.5i guerrier vinti e in orride vivande
185.6sovra la mensa poi gli fea venire;
185.7il terzo avrà di lui l'elmo e 'l cimiero,
185.8ov'ha Marte legato e prigioniero”.
186.1Non contò gli altri don, che Maligante
186.2era già ratto accorso e Gargantino,
186.3poscia il re Pelinoro poco innante,
186.4all'incontro Agraven che gli è vicino;
186.5più d'un re duce e cavaliero errante
186.6già per esser con lor prende il cammino,
186.7ma vedendo Tristan già surto in piede,
186.8privo d'ogni speranza indietro riede.
187.1Fu il primo Gargantin, che in man si prende
187.2la salda sbarra e 'ntorno la rimira;
187.3le forze e 'l peso esamina e comprende,
187.4e tutto intento alla vittoria aspira;
187.5alza quanto sa il braccio, indi lo stende,
187.6e col poter quanto ha spingendo tira
187.7la ferrea salma, che volando freme,
187.8e ben lunge da lui l'arena preme.
188.1Doppo il primo avventar viene Agraveno,
188.2a cui il loco secondo in sorte è dato;
188.3che di manco poter non parve pieno,
188.4che fere al par di lui l'istesso lato,
188.5ma ben d'arte maggior; che nel terreno
188.6meglio è confitta e in modo più lodato;
188.7Pelinoro, ch'è 'l terzo, innanzi passa,
188.8e i colpi d'ambe due più indietro lassa.
189.1Vien Maligante appresso e certo stima
189.2di potere avanzar quei tre di molto;
189.3ma perché vuole aver la palma prima,
189.4usa tutto il saver ch'ha in sé raccolto;
189.5ch'or la prende al più basso, ora alla cima,
189.6or l'ha nel proprio mezzo il pugno avolto,
189.7e va intorno librando il come e 'l d'onde
189.8al securo avventar meglio risponde.
190.1Poi chinandosi a terra, dell'arena
190.2rende aspro il ferro e la sudante mano,
190.3stringel ben poscia e la nervosa schiena
190.4forma in arco incurvato, indi pian piano
190.5ritorna in alto e poi con tanta lena
190.6il gettò da' suoi piè così lontano,
190.7ch'al segno de i tre primi innanzi vada
190.8quanto lunga due volte avea la spada.
191.1L'ultimo fu Tristan ch'a lento passo
191.2alla prova ordinata si presenta;
191.3recasi il ferro in man, che giace in basso,
191.4così leggiero a lui ch'a pena il senta;
191.5poi d'ogni cura il cor mostrando casso,
191.6qual'asta il cacciator, sì forte avventa,
191.7che il nobil Maligante ha superato
191.8quanto tira il baston pastore irato.
192.1Grida il popol d'intorno e 'l chiaro nome
192.2del vincitor Tristan porta alle stelle;
192.3e Lancilotto a lui: “Le vostre chiome
192.4già di mille corone ornate e belle
192.5non devranno sdegnar, che di vil some
192.6il loro antico onor si rinnovelle”;
192.7e gli porge d'oliva una ghirlanda,
192.8ch'ei guadagnò nella famosa Irlanda.
193.1Dicendo: “In cotal prova guadagnai
193.2questa nel suo terren dal buon re Claro;
193.3e perch'altro miglior non vidi mai
193.4infino a questo dì, né vissi avaro;
193.5or perché cedo a voi, s'io meritai,
193.6che dono alcun de' miei vi fosse caro,
193.7prendetela, vi prego, e non vi sia
193.8a sdegno il suo valor, poi ch'ella è mia”.
194.1L'accetta il buon Tristano allegramente,
194.2dicendo: “E come vostra oggi la prendo,
194.3non perch'a voi non ceda interamente,
194.4che 'l vostro al mio valor supremo intendo;
194.5la spada ben'avrò come vincente,
194.6poi che più di quei quattro il ferro stendo”.
194.7Maligante lo scudo e Pelinoro
194.8ha il grand'elmo lucente ornato d'oro.
195.1Una possente scura ad Agraveno
195.2diede pur Lancilotto, ch'ebbe insieme
195.3del medesmo Galeso e fa sereno
195.4il cor di Gargantin, che d'ira freme,
195.5con la mazza d'acciar ch'avea Drumeno,
195.6che dell'Ircania nelle parti estreme
195.7fu fabbricata in sì mirabil tempre,
195.8che ciò che percotea squarciava sempre.
196.1Al dritto saettar propone i pregi,
196.2dato a quel fine, il gran figliuol di Bano;
196.3una faretra pria d'aurati fregi
196.4piena di strali e l'arco Soriano;
196.5serba al secondo degli arcieri egregi
196.6un forte anel, che per tirar lontano
196.7la corda incocche, ove un rubin riluce,
196.8che del foco e del sol vincea la luce.
197.1Una fromba è del terzo ornata e bella,
197.2di serico lavor contesta e d'oro:
197.3già s'appresenta il primo e gli altri appella
197.4il Nortfolco onorato Ganesmoro,
197.5dicendo: “Quei che spinge amica stella
197.6a commetter'a i venti i colpi loro,
197.7vengan senz'aspettar nuova richiesta
197.8a sì onorata impresa come questa”.
198.1Surge Baveno allora il pio cugino
198.2del chiaro Lancilotto, indi il fratello
198.3del fer Boorte, ch'era a lui vicino,
198.4muove seco anco il Franco Lionello;
198.5son già i tre insieme e ch'al voler divino
198.6chi sia in prova il primiero o questo o quello
198.7consenton si rimetta e i nomi d'essi
198.8al profondo d'un elmo son commessi.
199.1Fu tratto innanzi il Gallico Baveno,
199.2poi Ganesmoro e Lionello appresso;
199.3ivi congiungon legni alti non meno,
199.4che nell'Ida Cretea pino o cipresso;
199.5pongon poi d'essi nell'estremo seno
199.6una colomba candida, ch'oppresso
199.7ha l'uno e l'altro piè da laccio breve,
199.8ch'esser de' loro strali il segno deve.
200.1Alza il re Ganesmoro il suo forte arco
200.2con lo stral, ch'alla corda avea la cocca;
200.3poi disegnato assai con l'occhio il varco,
200.4che più dritto il conduce, il nervo scocca;
200.5va la saetta ben, ma il colpo è parco,
200.6che del segno più in basso alquanto tocca;
200.7suona il verde sostegno e per la tema
200.8l'ali il pavido uccel scotendo trema.
201.1Vien Baveno il secondo e dritto coglie
201.2il laccio che la tien, col forte strale,
201.3tal che senza suo danno la discioglie,
201.4et ella indi fuggendo spiega l'ale;
201.5ma Lionel che scorge le sue spoglie
201.6portarne il vento e l'aspettar non vale,
201.7lo stral che sovra l'arco avea già posto,
201.8ove la vide gire addrizza tosto:
202.1e quasi in fra le nubi in alto ascosa
202.2il colpo micidial l'ha ritrovata;
202.3percuotela ove all'omero si posa
202.4la sinistra ala, onde riman privata;
202.5tal che poi moribunda e disdegnosa
202.6rivolgendo per l'aria e 'nsanguinata
202.7a i piè del percussor venne a cadere,
202.8e 'l popol riempie il ciel di grida altere.
203.1Poi molto doppo lei quell'ala ancisa
203.2raggirata dal vento in basso scende;
203.3l'una e l'altra raccoglie in lieta guisa
203.4il nobil Lionello e 'l pregio prende;
203.5così fan gli altri e Lancilotto avvisa,
203.6che 'l dì, che in occidente il corso stende,
203.7non l'ammonisce in van, che l'ottav'opra
203.8prima si rechi a fin, ch'e 'l sol si copra.
204.1E dice: “Chi vorrà venire in prova
204.2della lancia avventar dritta e lontana,
204.3avrà, sendo il miglior, non d'opra nuova,
204.4ma di mano antichissima e sovrana
204.5lo scudo che donò, se 'l creder giova,
204.6Teti al figliuolo alla città Troiana,
204.7da Vulcan fabbricato ed a me il diede
204.8Viviana e che sia tal mi facea fede.
205.1L'altro un'asta bellissima ch'ancora
205.2si pensa esser d'Achille in Pelio colta”.
205.3Creuso il Senescial si drizza allora,
205.4e doppo forse poi schiera più folta;
205.5ma il magnanimo Arturo, che vien fuora,
205.6e con la maiestà ch'era in lui molta,
205.7dice: “Io sarò con voi”; fu la cagione,
205.8che non vennero in prova altre persone.
206.1E Lancilotto stesso, che s'accorge
206.2della troppa umiltà, va riverente,
206.3e lo scudo fatato in man gli porge,
206.4dicendo: “A voi convien veracemente,
206.5perché in voi tal valore o più si scorge,
206.6che già nel suo signor primieramente;
206.7e poi senza provar, tutti intendemo,
206.8che in ogni parte a noi sete supremo.
207.1Però vi piaccia il prenderlo e volere,
207.2che del vostro Creuso l'asta sia”.
207.3Ride il famoso Arturo e “Dispiacere”,
207.4dice, “Non voglio a tanta cortesia,
207.5e 'n memoria di voi m'aggrada avere
207.6il prezioso dono e per tal via
207.7prenda l'asta Creuso”; e 'l pregio porge,
207.8che gliel serbi Agraven, che presso scorge.
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