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CANTO XXIII

Avarchide

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1.1Il subito cader di sì gran duce,
1.2ch'era d'ogni suo ben la prima speme,
1.3ne i germanici cor tal tema induce,
1.4che per tosto fuggir l'un l'altro preme;
1.5ciascun con ratto piè si riconduce,
1.6ove vedea de' suoi più gente insieme;
1.7e ch'apparia la strada più secura,
1.8per gir d'Avarco alle bramate mura.
2.1Ma in questa arriva il fero Brunadasso,
2.2ch'avea seco i guerrieri, ove Eno e Lico
2.3s'accompagna con l'Istro e scende in basso,
2.4ove il Retio terren più viene aprico;
2.5e con gran cura il fuggitivo passo
2.6di quel popol vicino e dolce amico
2.7d'arrestar cerca; e tutto andava in vano,
2.8ch'ei senz'altro ascoltar giva lontano.
3.1Né potendo altro far, rivolge il piede,
3.2ove non lunge a lui dal destro lato
3.3contra il re Lago il nobil Palamede
3.4in intricata guerra avea lassato;
3.5quinci e quindi spronò tanto, che 'l vede,
3.6e 'n parlar basso a tutti altri celato
3.7disse: “O gran re dell'Ebridi, noi semo
3.8senza il vostro soccorso al punto estremo.
4.1Morto è Farano, Estero e 'l suo Drumeno,
4.2e 'l peggio è Dinadan poscia e Brunoro
4.3dal crudo Lancilotto, che 'l terreno
4.4ha bagnato pur or del sangue loro,
4.5e già sopra i German trionfa a pieno,
4.6qual sovra le giovenche, ch'han del toro
4.7già smarita la guardia e del pastore,
4.8sfoga il lupo famelico il furore.
5.1E però se di noi punto vi cale,
5.2del vostro Segurano e di Clodino,
5.3venite a dar riparo all'aspro male,
5.4ch'al mortal nostro danno è già vicino”.
5.5Grave e noioso duol l'Ebrido assale,
5.6l'altrui biasmando e 'l proprio suo destino,
5.7e riman dubbio alquanto, s'egli sproni
5.8ver Lancilotto e i suoi quivi abbandoni;
6.1o se pur segua l'opra, ove ha speranza
6.2danneggiare il re Lago e 'l figlio Eretto;
6.3ma il pensier, che d'onor quel primo avanza,
6.4scaldò più il cor nell'animoso petto,
6.5e di poter gli reca alta baldanza
6.6riportar la vittoria al fin perfetto,
6.7se Lancilotto spegne; che sol'era
6.8degli avversari lor la luce intera.
7.1Così fremo in tra sé, Safaro il frate,
7.2che non lunge era a lui, chiama in disparte,
7.3e gli dice: “Or' il tutto riguardate,
7.4che sia ben provveduto in ogni parte,
7.5mentre ch'io vò dove ha rotte e fugate
7.6le nostre genti ed ha per terra sparte
7.7le germaniche insegne Lancilotto,
7.8e con molti Brunoro a morte indotto”.
8.1Tremò tutto nel core il pio Germano,
8.2quando udio del guerrier la dura impresa,
8.3e risponde: “A me par, ch'adopre in vano,
8.4chi sé abbandona per l'altrui difesa;
8.5e chi più, che 'l suo stesso, ama lo strano,
8.6caritade ha di torta fiamma accesa;
8.7volete voi lassar per altrui scorno
8.8senza il suo proprio duce il vostro corno?
9.1Et or, che quasi in man certa vittoria
9.2già degli Orcadi avete e di Gaveno,
9.3per dubbiosa, dannosa e vana gloria
9.4la volete lassar nell'altrui seno?
9.5quando fia lunga e chiara la memoria
9.6nel patrio nostro e nobile terreno,
9.7quando saran degli Ebridi le soglie
9.8degli Orcadi vicin carche di spoglie?
10.1Come fia più gran suon del nostro nome,
10.2che d'aver vinto sol di Bano il figlio?
10.3e d'infiniti aver le forze dome,
10.4che del sangue d'un solo esser vermiglio?
10.5per qualli ornati avrem l'Ebridi chiome
10.6dal britannico fior, dal Franco giglio,
10.7abbattendo color, che 'n su la cima
10.8tien di valore il mondo e invitti estima;
11.1non per aver' ucciso un guerrier solo
11.2di furor più ripien, che di virtude,
11.3giovine e traportato d'alto duolo,
11.4che del morto compagno in lui si chiude;
11.5prenda il vostro desio più altero volo;
11.6cerchi il vostro affannar più degna incude;
11.7e la spada famosa in ogni terra
11.8sia posta in opra a più lodata guerra”.
12.1Il fero Ebrido allor, che 'ntende e vede,
12.2che 'l timor, ch'ha di lui, muove il suo dire,
12.3risponde irato: “Or dunque a Palamede,
12.4che di portar due spade ha solo ardire,
12.5fallirà l'alto cor, la mano e 'l piede
12.6dell'una e l'altra impresa oggi fornire,
12.7d'uccider quello e d'esser presto poi
12.8a distrugger qui Lago e tutti i suoi?
13.1Rimanete pur voi, prendendo cura
13.2a' bisogni più gravi, in fin ch'io rieda
13.3da trarre il nostro popol di paura,
13.4che d'un sol cavaliero è fatto preda;
13.5mostrando altrui, come a virtù matura
13.6il giovinil furor piegando ceda,
13.7e gran fiamma, che vien da picciol foco,
13.8al tempestoso ciel contraste poco”.
14.1Così detto si parte e 'l fratel lassa
14.2pien di dubbio dolor di tale impresa;
14.3e col suo Brunadasso oltra trapassa,
14.4ove il figlio di Ban fa grave offesa
14.5alla gente d'Avarco in guisa lassa,
14.6che posta ha nel fuggire ogni difesa,
14.7mentr'ei volgendo a questa e a quella amno
14.8l'odiato Seguran ricerca in vano.
15.1E mirando, vicin vede a lui farse
15.2l'altera coppia, che spronando viene;
15.3ch'al primo riguardar degna gli parse,
15.4che d'esser l'un de' duoi gli accenda spene;
15.5e di sì gran desir nell'animo arse,
15.6che d'alquanto aspettargli non sostiene,
15.7ma incontra spinge il candido corsiero,
15.8lassando a lui del fren l'arbitrio intero.
16.1Ma poi che più s'appressa e bianco e bruno
16.2in quadri minutissimi distinto
16.3scorge lo scudo in alto, sa che l'uno
16.4sia Palamede, che ne viene accinto;
16.5e di due spade, onde mai fu nessuno,
16.6sopra il sinistro fianco il vede cinto;
16.7dell'altro il cancro aurato in negra sede,
16.8che Brunadasso sia gli ha fatto fede.
17.1In guisa di levrier resta smarrito,
17.2che da lunge venir damma o cervetta
17.3seco stimando, per l'erboso lito
17.4or si fa incontra ed or nascoso aspetta;
17.5ché sdegna in sé, del suo pensier fallito,
17.6poi che vide, ch'ei fu correndo in fretta
17.7un cornuto monton, che a quella strada
17.8d'alcun lupo vicin dubbioso vada.
18.1Tale avviene al guerrier, da poi chè certo,
18.2che 'l ricercato Iberno ivi non sia,
18.3e ragiona in suo core: “Or veggio aperto
18.4quanto ho ne' miei desir la sorte ria;
18.5che mi face il sentier sassoso ed erto,
18.6ch'ad altrui piano e dolce diverria,
18.7di ritrovar colui, che in ogni loco
18.8suol non meno apparir, ch'all'ombra il foco”.
19.1E 'n tai duri pensier la coppia trova,
19.2a cui parla: “Signor, le vostre insegne
19.3conosco io ben, che mille volte in prova
19.4quant'altre mai d'onor le vidi degne;
19.5né con lor cercherei battaglia nuova;
19.6ma se le voci mie non sono indegne,
19.7di mostrarmi il cammin vi pregherrei
19.8da 'ncontrar Seguran, ch'io sol vorrei”.
20.1Ma il ferocissimo Ebrido, che vuole
20.2di Lancilotto il dì la palma avere,
20.3risponde alle cortesi sue parole:
20.4“Lunge è molto di qui con le sue schiere,
20.5e troppo in basso omai cadrebbe il sole
20.6pria che 'l poteste in ozio rivedere;
20.7ma per non trapassar quest'ora in vano,
20.8armate in vece sua ver me la mano”.
21.1E così detto; il brando ch'alto avea,
21.2sopra la testa scarca a Lancilotto
21.3sì ch'ogn'altro guerriero a morte rea
21.4con l'infinita forza avria condotto;
21.5ma l'intrepido cor, che 'n sen tenea
21.6l'offeso cavalier, non resta sotto
21.7il grave peso estinto, ma s'accende
21.8qual fiamma al vento, ove il vigor riprende.
22.1E dice tutto irato: “Io non pensai
22.2da sì chiaro guerrier ricever questo;
22.3né che 'l cortese affetto, ch'io mostrai,
22.4a sì gran cavalier fosse molesto;
22.5ma il ciel chiude la vista a cui dar guai
22.6dispone e gli apparecchia aspro e funesto
22.7fine al viver mortal; come a voi face,
22.8poi che 'l torto adoprar meco vi piace”.
23.1E 'n questa alto la fronte gli percuote,
23.2ove prima esso lui nel proprio loco,
23.3e gli fece tremare ambe le gote,
23.4e gli occhi empieo di sfavillante foco;
23.5fur le parti miglior di forza vòte,
23.6e che i sensi smarrisser mancò poco;
23.7pur dell'elmo il valore, e 'l core invitto
23.8il piegante vigor sostenne dritto.
24.1E più saldo che mai, di punta il fiede,
24.2dove scudo non ha, dal destro lato,
24.3dicendo: “Discortese Palamede
24.4in alcuno atto suo non fu trovato,
24.5né ascosamente a voi percossa diede,
24.6poi che vi ritrovò su 'l campo armato,
24.7ove adoprar convien la mano e 'l brando,
24.8non andare altre fole raccontando”.
25.1Tacesi Lancilotto e l'ira asconde,
25.2che 'l parlare e 'l ferir gli ha doppia acceso;
25.3che quanto fosse unquanco stato altronde,
25.4si sentì il destro lato essere offeso;
25.5ma qual leva Nettuno in alto l'onde,
25.6che nell'aperto Egeo rabbioso peso
25.7del soffiar d'aquilon nel verno sente,
25.8tal di sdegno al guerrier bollia la mente.
26.1E presta al vendicar cala la spada,
26.2che gli venne a ferir sopra lo scudo;
26.3di cui convien, che alcuna parte vada
26.4volando a terra e di sé il lasse ignudo;
26.5e passando per quel si face strada
26.6nell'omer ch'ei copriva e 'l ferro crudo
26.7squarcia l'altre arme appresso e tanto scende,
26.8che i nervi ch'ivi son non poco offende.
27.1Né smarrito è però l'Ebrido altero,
27.2che con più grande ardir ritorna a guerra;
27.3ma il possente Nifonte al suo corsiero
27.4la destra orecchia con la bocca afferra,
27.5e crollando la fronte iniquo e fero,
27.6come rabbioso can, l'affligge e serra,
27.7e gli dà tal dolor e 'l tien sì basso,
27.8ch'ei non s'arrischia sol muovere il passo.
28.1Disposto pure in sé da lui disciorse
28.2in qual guisa men rea discerner puote,
28.3cotale adopra al fin che si dismorse,
28.4ma senza orecchia avere indi si scuote,
28.5e levatosi in alto, tanto scorse
28.6tirato dal furor, che poi percuote
28.7riversandosi indietro su l'arena,
28.8con grave del signor periglio e pena.
29.1S'aggiunge or nuovo alla primiera piaga
29.2colpo da non sprezzar sopra la testa;
29.3né per questo anco il suo valor si smaga,
29.4né pensa al dolor doppio che il molesta;
29.5ma più che fosse mai tutto s'indraga,
29.6e si rivolge in quella parte e 'n questa
29.7tal, che come il buon animo e 'l ciel volse,
29.8dal caduto caval tosto si sciolse.
30.1Or già del suo destrier disceso è in terra
30.2il chiaro Lancilotto e 'n pace attende,
30.3mentre che dal gran fascio, che l'atterra,
30.4si discarca il nemico e 'n dubbio pende;
30.5ma intanto Brunadasso della guerra
30.6dal compagno intermessa il carco prende;
30.7e ben ch'a piede il Franco si ritrove,
30.8il corsiero spronando in esso muove.
31.1No 'l teme il gran guerrier, ma fermo aspetta,
31.2in fin che sopra lui se 'l vede accorso;
31.3nel destro lato poi leve si getta,
31.4e con la manca man gli prende il morso;
31.5né gli giova il volar, come saetta,
31.6che mal grado di lui finisce il corso;
31.7e volto è in tal furor, poi ch'e' s'arresta,
31.8ch'ove le groppe avea torna la testa.
32.1Indi con l'altra mano il buon guerriero,
32.2riposto il brando pria, di Brunadasso
32.3stringe il braccio sinistro e del destriero
32.4senza rimedio avere il tira in basso;
32.5e sopra l'arenoso aspro sentiero
32.6là, dove ei giacque abbandonato e lasso,
32.7ritratta fuor la spada al collo il fere,
32.8a cui lontano il capo feo cadere.
33.1Già il fero Palamede in piè risorto
33.2parte del breve assalto avea veduto,
33.3ma come cavalier cortese e accorto
33.4non sostenne al bisogno dargli aiuto;
33.5ché più tosto il compagno così morto
33.6volse, che l'onor suo veder perduto,
33.7sendo due contro ad uno, oltra ch'egli ave
33.8di tal guerra con lui disdegno grave.
34.1E con detti umilissimi si scusa,
34.2dicendo: “L'altrui colpa in me non vegna,
34.3nel cui buon cor nulla viltade è chiusa,
34.4e la cui man non fé mai cosa indegna;
34.5se nel suo stran paese questo s'usa,
34.6sia del fallir la penitenza degna;
34.7ché chi assale il nemico in simil sorte
34.8non merta punizion minor che morte”.
35.1Lancilotto cortese gli rispose:
35.2“Non può il fallir di lui macchiare in parte
35.3del vostro alto valor l'opre famose,
35.4al quale in tal favore aspira Marte”.
35.5Qui finito il parlar, ciascun ripose
35.6all'assalto novel la forza e l'arte;
35.7ciscun dal collo già lo scudo ha tolto,
35.8e 'l suo braccio sinistro in esso accolto;
36.1e s'acconcia al ferire; e fu il primiero
36.2l'Ebrido, che di punta in mezzo il petto
36.3drizza all'alto avversario un colpo fero,
36.4che se 'l ferro finissimo e perfetto
36.5cui di tempra immortal gli spirti fero,
36.6era men saldo allora; alto sospetto
36.7aver potea ciascun di Lancilotto,
36.8ch'all'estremo suo dì fosse condotto.
37.1Ma qual crudo leon, quando si senta
37.2dal rozzo orso impiagar più che non soglia,
37.3che sdegnoso e rabbioso ne diventa,
37.4e d'ira micidiale arma la voglia;
37.5poi doppiato il furor, ratto s'avventa
37.6di morir fermo o di portarne spoglia,
37.7e ruggendo e fremendo fa temere
37.8quanti il ponno ivi udire uomini e fere.
38.1Tale il figlio onorato del re Bano
38.2tutta d'ira infiammato a lui si getta,
38.3gridando: “Tronchi il ciel la pigra mano,
38.4se del nostro dolor non fa vendetta”;
38.5e percuote il guerriero, e non in vano,
38.6nel braccio, onde tenea la spada stretta;
38.7che fé piega profonda, ma non tale,
38.8che 'l danno che ne vien gli sia mortale.
39.1Opra ben sì, che 'l brando, che non era,
39.2come solea, di valida catena
39.3congiunto al braccio, la percossa fera
39.4scorra da lui lontan sopra l'arena;
39.5ma quella alma onorata, invitta, altera,
39.6che non cura periglio o sente pena,
39.7impedito qual è, l'altro riprende,
39.8che d'un'altra cintura al collo pende;
40.1e gli viene a cader su 'l lato manco,
40.2più alto alquanto, ove impedir non puote
40.3quella, che vien più bassa sotto il fianco;
40.4e dell'albergo suo ratto lo scuote;
40.5indi senza mostrarse afflitto o stanco,
40.6più che mai l'avversario suo percuote;
40.7ma 'l colpo, che scendea dritto alla testa,
40.8dallo scudo interrotto in alto resta.
41.1E fu tale il furore, ond'egli scese,
41.2che non ebbe a' suoi dì simile assalto;
41.3e quanto il taglio fulminando prese,
41.4che fu il terzo di lui né cadde d'alto;
41.5e Lancilotto a più spietate offese
41.6armato ha il nobil cor di crudo smalto;
41.7e per dar fine alla dubbiosa guerra,
41.8vie più stretto che mai con lui si serra.
42.1E senza altra di sé cura tenere
42.2raddoppia i colpi e non s'arresta mai;
42.3or sopra l'elmo, or nella spalla il fere,
42.4or fa al braccio sentir nuovi altri guai;
42.5non s'abbandona quel, quantunque intere
42.6non aggia il miserel le forze omai,
42.7perché 'l braccio ha pur frale e 'n più d'un loco
42.8sente il sangue versarse a poco a poco.
43.1E Lancilotto al fin di cruda punta
43.2gli ha drizzata la spada nella gola;
43.3ch'ove gli spirti van, vibrando spunta,
43.4per formar tra le labbra la parola.
43.5All'estremo confin l'anima giunta
43.6trista e rabbiosa in altra parte vola,
43.7libera in tutto del corporeo nodo,
43.8che a terra scorse in miserabil modo.
44.1Tosto che 'l vide steso Lancilotto,
44.2del suo fero destin mosso a pietade
44.3seco si duol d'avere a tale indotto
44.4un de' miglior guerrier di quella etade;
44.5e per chiaro saver, se 'l fil gli ha rotto
44.6la Parca ria, dall'arenose strade
44.7aiutato da' suoi l'innalza e scioglie
44.8l'elmo d'intorno e dalla fronte il toglie.
45.1Indi, che scorge pur pallido il volto,
45.2le labbra essere esangui e gli occhi attorti,
45.3dice quasi piangendo: “O mondo stolto,
45.4che 'nganni ancor quei, che più sieno accorti,
45.5oggi è di vita parimente sciolto
45.6il fior de i cavalieri arditi e forti,
45.7come il più vil suo servo, né gli valse
45.8l'alta virtù, di cui sola gli calse”.
46.1E così ragionando Elen richiama,
46.2e gli dice: “Or si porti al padiglione
46.3fra molti anco costui che d'alta fama
46.4di preporsi ad ogni altro è ben ragione,
46.5con Brunadasso”; e quel, come chi brama
46.6d'obbedire al signor, tosto ripone
46.7sopra gli omer di molti il doppio incarco,
46.8che 'l portar tosto al comandato varco.
47.1Il chiaro Lancilotto su 'l destriero,
47.2che gli presenta appresso, rimontato,
47.3più che fosse ancor mai gravoso e fero
47.4a ricercar l'Iberno torna irato;
47.5e seco si dolea dentro al pensiero
47.6delle palme, onde allor giva onorato,
47.7dicendo: “Or fia però questa mia mano
47.8in ogni altro crudel, che 'n Segurano?
48.1E ch'uccisi aggia omai cotanti amici,
48.2e sì gran cavalier di sommo onore,
48.3ch'io bramava vedere alti e felici,
48.4e che cari mi fur quanto il mio core?
48.5E questo sol per tutte le pendici,
48.6ov'or m'avvolga il mio fallace errore,
48.7non possa ritrovare in alcun loco,
48.8tal prende i miei desir fortuna in gioco?”
49.1E 'n tale immaginare il cammin prende,
49.2ove fuggia ciascun verso le mura;
49.3or già Clodin da Bustarino intende
49.4dell'Ebrido rettor la morte dura,
49.5il qual gli dice: “Or sovra noi distende,
49.6se 'l ciel non ha di ciò più larga cura,
49.7fortuna in tutto l'ultima ruina,
49.8che minacciosa omai ratta s'inchina.
50.1Morto è il gran Brunadasso e morto ancora,
50.2ch'a gli stessi occhi miei do fede a pena,
50.3quel che del vecchio Atlante e della aurora
50.4ciascuna riva del suo nome ha piena;
50.5l'altero Palamede, che 'n brev'ora
50.6vid'io, lasso, disteso su l'arena
50.7dal crudo Lancilotto in guisa tale,
50.8ch'è dal fero leone aspro cinghiale.
51.1Né molto pria Brunoro e Dinadano
51.2con molti altri famosi cavalieri,
51.3che contro al suo poter corsero in vano,
51.4bagnar di sangue gli aridi sentieri;
51.5tal che sol resta il nobil Segurano,
51.6ch'omai non so quel che si faccia o speri,
51.7e voi sommo signor, dal quale aspetta
51.8salute il vivo e chi morì vendetta.
52.1Né vi convien tardar; ché lo spietato
52.2della fugace turba tanti atterra,
52.3che n'è colma la valle in ogni lato
52.4sì che 'l volto è nascoso della terra;
52.5e chi puote scampare, infin ch'entrato
52.6non sia nel cerchio, che la villa serra,
52.7securo non si tiene; onde là entro
52.8pianto è maggior, che nel tartareo centro”.
53.1Ascoltandolo attento il giovinetto,
53.2ch'oltra il poter' umano ode novelle,
53.3timor, duolo e pietà gli ingombra il petto,
53.4e si lagna nel cor dell'aspre stelle;
53.5pur per non dare a' suoi certo sospetto,
53.6che le voglie d'ardire aggia rubelle,
53.7con voce alta risponde: “Non si puote
53.8contrario andare alle celesti ròte.
54.1A cui poi che ciò piace, a noi conviene
54.2del lor volere a sofferenza armarse,
54.3e nel presente aver l'alme ripiene
54.4d'alto e chiaro desio di vendicarse,
54.5e rivestire il sen di certa spene,
54.6ch'oggi non sien le nostre forze scarse
54.7più che fossero ier né che d'un solo
54.8men vaglia un tanto e sì onorato stuolo.
55.1Or moviam lieti adunque a ritrovare
55.2quel, cui più che virtù, fortuna aita”.
55.3E così detto; subito chiamare
55.4fa, ch'a lui vegna, dal famoso Ortrita
55.5Agrogero crudel; quel, che dal mare
55.6di Nerbona ha la gente intorno unita;
55.7al qual giunto gli dice: “Or di voi sia,
55.8mentre io sarò lontan, la vece mia.
56.1Ch'a me forza è di gire, ove gran danno
56.2il crudo Lancilotto a i nostri face,
56.3con securo sperar, che il breve affanno
56.4tosto rivolgeremo in lunga pace”.
56.5L'altro, ch'è de' primier, che molti fanno
56.6per pruova e per etade, allor non tace,
56.7e gli dice: “Signor, lodo ogni impresa,
56.8pur ch'al pubblico ben vegna in difesa;
57.1ma come al mio gran re sommo e sovrano
57.2vi dirò ancor, ch'egual l'esperienza
57.3non avete al gran figlio del re Bano,
57.4né di forza alla sua pare eccellenza;
57.5ché quel, che nulla cosa adopra in vano,
57.6giusto comparte alla mortal semenza
57.7le virtù rare e mai per nulla etate
57.8furo in un petto sol tutte adunate.
58.1A voi dieder le stelle oro e terreno,
58.2e 'n dorati capei canuto senno,
58.3e gran forza e valor, ma certo meno,
58.4ch'a Lancilotto e Seguran non denno;
58.5or ciascun con la grazia, ond'egli è pieno,
58.6segua il cammin, che gli mostrò col cenno
58.7il cielo al suo venir; non quel ch'altrui
58.8apertissimo è dato e chiuso a lui.
59.1Pria ch'ora esporvi alla dubbiosa impresa,
59.2se vi cal del fidato mio consiglio,
59.3devreste presso aver salda difesa
59.4di Segurano in sì mortal periglio,,
59.5che sia possente scudo all'aspra offesa,
59.6che far vi possa del re Bano il figlio;
59.7che 'l valor di due tali aggiunto insieme
59.8può il furore affrenar, che tutti preme”.
60.1Gli risponde Clodin: “Grazie vi rendo
60.2de i buon saggi ricordi e dell'amore,
60.3ch'esser di me per lunga prova intendo
60.4ora e molti anni pria nel vostro core,
60.5e tutto in grado dolcemente prendo
60.6il vostro ragionar, quantunque fore
60.7del dritto sia, poi che 'n sì larga sorte
60.8Lancilotto di me stima più forte.
61.1E vi prometto qui, che tutto solo
61.2lui, dovunque io 'l ritrovi, assalir voglio,
61.3in mezzo ancor del suo Francesco stuolo,
61.4e qual nave, che carca orrido scoglio
61.5trove, dall'aquilon sospinta a volo,
61.6tosto il farò tornare; e pur mi doglio
61.7che 'l cugin suo Boorte e Lionello
61.8non saran seco e tutto il loro ostello.
62.1Or prendete pur qui la cura intera
62.2di tener salda e stretta questa gente”.
62.3Così parlando, irato e 'n vista altera
62.4rivolge e sprona il suo corsier possente;
62.5ma Terrigano il grande e lunga schiera
62.6de' maggiori e miglior che all'alma sente
62.7del suo gir contro a tal temenza grave,
62.8pur malgrado di lui seguito l'ave.
63.1Vanno oltra ratti e Bustarin gli scorge
63.2lungo il cammin d'Avarco, ove l'Orone
63.3su la man destra il lento corso porge
63.4di destrier morti colmo e di persone;
63.5né molto van, che già vicin si scorge,
63.6chi del lor' ivi andare era cagione,
63.7il chiaro Lancilotto, in mezzo entrato
63.8del popolo infelice e sconsolato.
64.1Quando il mira Clodin, che proprio appare
64.2l'accorto mietitor, che 'l verde fieno
64.3fa nell'april disteso riversare
64.4con la falce mortal de' prati in seno;
64.5quel vedea morto e quel ferito andare
64.6dal brando micidial sovra 'l terreno,
64.7né i miser contrastare a morte acerba
64.8più che faccia al villan la spiga o l'erba;
65.1si fa nel volto pallido e smarrito,
65.2ch'oltra ogni creder suo le prove vede;
65.3e già dentro al pensier resta pentito
65.4del vendicare il morto Palamede;
65.5ma l'onore e 'l devere il rende ardito
65.6sì, che pur verso lui muove anco il piede,
65.7ma in sì cangiata forma, ch'appario
65.8più freddo in parte il caldo suo desio.
66.1Quale il giovine alan, che 'l rabido orso
66.2scorge dagli alti colli entro la valle,
66.3che 'n ver lui quanto può si sprona al corso
66.4per più dritto, spedito e breve calle;
66.5che poi che vede oprar l'artiglio e 'l morso
66.6or nel capo, or nel petto, or nelle spalle
66.7degli altri suoi compagni, volentieri
66.8prenderebbe al tornar nuovi sentieri;
67.1ma lo stormo de' molti e l'alte grida,
67.2e 'l voler giovinil gli porge ardire
67.3tal, che più d'altro semplice s'affida
67.4senza riguardo alcun quello assalire;
67.5il qual lunge trovandol d'ogni guida,
67.6onde possa a buon porto riuscire,
67.7con le gravi unghie nella tempia il fere,
67.8e latrando lontano il fa cadere.
68.1Tale al miser Clodino allora avvenne,
68.2poi ch'al certo periglio era condotto;
68.3ma pur dritto il cammin correndo tenne,
68.4ove i molti abbatteva Lancilotto;
68.5e d'Avarco vicin tanto pervenne,
68.6ch'alla porta e la torre era già sotto,
68.7ove con molti il misero Clodasso
68.8tutto scernea, che si faceva in basso.
69.1E con amare lagrime piangea
69.2con quanti ivi ha con lui, per la pietade
69.3di quei ch'a morte gir, lassi, vedea
69.4di sangue empiendo l'arenose strade;
69.5e quasi a sé medesmo non credea,
69.6ch'una sola apparia tra tante spade
69.7voltarse in larghi giri e l'altre tutte
69.8di forza e di valor morte e distrutte.
70.1Ma infino a questo punto di lontano
70.2non aveva ogni parte conosciuta,
70.3se non la fuga e 'l contrastare in vano
70.4della turba maggior, ch'era perduta;
70.5or più vicino il figlio del re Bano
70.6all'insegna famosa, che veduta
70.7più volte altrove avea, discerne e trema
70.8per l'antica memoria e nuova tema.
71.1Or tosto ch'apparir vede non lunge
71.2il pino aurato e persa la bandiera,
71.3ch'aveva il suo figliuol, che ratto giunge
71.4sotto alle mura omai con larga schiera,
71.5tale acerbo dolor l'alma gli punge
71.6immaginando il ver, sì come egli era,
71.7che la barba svegliendosi dal mento
71.8quasi muor di dolore e di spavento.
72.1Or si vuole avventar dall'alte mura
72.2per difender laggiù l'amato figlio,
72.3or ratto andar per via larga e sicura
72.4senz'arme a lui salvar col suo periglio,
72.5or da molti impedito a' suoi si fura,
72.6e vuol render di sé 'l ferro vermiglio;
72.7ma poi che questo e quel d'altrui gli è tolto,
72.8chiama il figliuol con lagrimoso volto.
73.1E spingendosi avanti, quanto lice
73.2a chi ben ritenuto e stretto sia,
73.3gridava: “Or dove vai nato infelice?
73.4Quale spietata stella, oimé, l'invia
73.5verso quel micidial che la felice
73.6già bella e numerosa prole mia
73.7ha sì bassa condotta, che tu solo
73.8con quattro altri minor mi sei figliuolo?
74.1E con quei pochi ancor rendevi queta
74.2questa canuta e debile vecchiezza;
74.3e tutto il regno mio, che 'n te s'acqueta,
74.4pur attendeva un dì pace e dolcezza;
74.5or non tentar, che morte acerba mieta
74.6l'ultima nostra speme e la ricchezza;
74.7non voler porre in rischio il nostro bene,
74.8che sol di tutti in vita ne mantiene”.
75.1Ma perché ha fral la voce e pur s'avvede,
75.2ch'udire il suo parlar non può Clodino;
75.3che tal grido e romor l'orecchie fiede,
75.4che 'n van l'ascolteria, chi gli è vicino;
75.5questo e quel chiama intorno, in cui più fede
75.6aggia per lunga prova; e basso e 'nchino
75.7umile il prega e non con regie note;
75.8ch'ogni spirto orgoglioso il duolo scuote.
76.1E dice: “Or gite insieme, amici rari,
76.2là dove il mio figliuol co' suoi s'aduna,
76.3e gli narrate i miei dolori amari,
76.4a cui simil non vide sole o luna;
76.5e se i paterni preghi ebbe mai cari,
76.6che non tenti oggi l'invida fortuna
76.7contra il figlio di Ban, ma dentro vegna
76.8a salvar la città con quella insegna”.
77.1Van tutti quelli ed è di loro il duce
77.2il suo pimo scudier, detto Amillano;
77.3che con gli altri volando si conduce,
77.4ove trova Clodin, ma giunse in vano,
77.5ché già corso era alla dorata luce
77.6dell'arme illustri, che splendea lontano,
77.7l'ardito Lancilotto, ch'avea speme
77.8di trovar Seguran con questi insieme.
78.1E conosciuto al fin, ch'egli era solo
78.2il grande erede del famoso Avarco,
78.3qual'aquila affamata mosse il volo
78.4d'ira in un punto e d'allegrezza carco;
78.5ché 'l figliuol riveder gli apporta duolo
78.6di chi 'l padre gli avea di vita scarco;
78.7fassi lieto al trovarlo in parte, dove
78.8possa di trarlo a fin porsi alle prove.
79.1E come giunse a lui, senz'altro dire
79.2in mezzo a quanti avea dona alla testa
79.3di colpo tal, che allor potea finire
79.4la vita in tutto, ch'a passar gli resta;
79.5ma Bustarino il grande, ch'al ferire
79.6di lui ben guarda e che la spada ha presta,
79.7con quella il gran furor, che 'n basso scende,
79.8raffrenando Clodin sicuro rende.
80.1Non però tanto fa, ch'ei non si senta
80.2della percossa sì che ne rimane
80.3stordito alquanto, ma non giacque spenta
80.4la virtù regia o le sue forze vane;
80.5ch'ardito più che mai ver lui s'avventa,
80.6come contro al cinghial ferito cane,
80.7che ne' compagni suoi ponendo speme
80.8il crudo offenditor di nuovo preme.
81.1E con quanto ha vigor presso al cimiero
81.2non aspettata allor gli pòn la spada;
81.3Bustarin, Terrigano e 'l forte Nero
81.4fan seco a pruova, chi più innanzi vada;
81.5quel nell'omero destro un colpo fero
81.6gli diè da lato, mentre ad altro bada,
81.7il secondo nel collo e 'l Ner Perduto
81.8d'una punta nel petto l'ha feruto.
82.1Lungo altro stuol di cavalieri è mosso,
82.2che del suo giovin re la guardia avea,
82.3e con ogni poter va tutto addosso
82.4al prode Lancilotto; e tal facea,
82.5ch'ogni altro ne saria di lena scosso,
82.6e preda fatto omai di morte rea;
82.7ma quella anima invitta la virtude
82.8fa in più doppi maggior, che dentro chiude.
83.1E quale avvien se ad espugnar le mura
83.2al nemico castel, di orribil polve
83.3di nitro e zolfo un'ampia fossa oscura
83.4ben chiusa intorno il saggio duce involve,
83.5poi dà in preda a Vulcan, ch'oltra misura
83.6sforzando ogni ritegno, apre e dissolve
83.7il monte altero e 'n paventoso tuono
83.8getta i sassi lontan, che in esso sono.
84.1Tale il fero guerrier, ch'oppresso e stretto
84.2da tanti e tai nemici si ritrova,
84.3d'ira infiammando l'animoso petto,
84.4con l'istesso furor par che si muova;
84.5gira il forte corsiero e 'n sé ristretto
84.6spiega le braccia alla incredibil pruova,
84.7e del sinistro l'empio Terrigano
84.8con un roverso sol distese al piano.
85.1Col collo di Nifonte Bustarino
85.2insieme col caval posto ha per terra;
85.3indi il Nero Perduto, che vicino
85.4più l'impedisce ancor, con molti atterra;
85.5poi con più rabbia al misero Clodino,
85.6che soletto riman, si muove a guerra;
85.7né mai restò con lupo a tal flagello
85.8da cani e da pastor lassato agnello.
86.1Ma pure il giovin re, ch'altro non vede,
86.2fuor che 'l fuggire a quel periglio scampo,
86.3e più tosto che 'ndietro accorre il piede,
86.4vuol fine aver su 'l destinato campo;
86.5si fa innanzi spronando e nulla cede,
86.6e fa qual lume, che più ardente lampo
86.7mostra che non solea, quando più scemo
86.8ha il nutrimento suo giunto all'estremo.
87.1Così fece egli e molti colpì in vano
87.2su lo scudo, su l'omer, su la fronte
87.3dona al figlio onorato del re Bano,
87.4ma nuoce meno assai, ch'al Pelio monte
87.5non fan l'arme temprate da Vulcano,
87.6quando ha Giove al ferir l'ire men pronte;
87.7ché gli pòn ben crollar gli arbori e i sassi,
87.8ma il suo rigido dorso immoto stassi.
88.1Rompe alquanto lo scudo, alquanto scorza
88.2delle men dura maglia e del cimiero,
88.3gravagli il capo e lentamente sforza
88.4il braccio in basso, che più giva altero;
88.5ma Lancilotto al fin, con quella forza,
88.6ch'avea più intensa e più spietato e fero
88.7che fusse forse ancor, verso esso sprona,
88.8e 'n cotale aspro dir seco ragiona:
89.1“Non può spietato re da me scamparte,
89.2se non l'alto Fattor che tutto puote;
89.3chiama invan pure il bellicoso Marte,
89.4ch'hai tanto in pregio e le sue quinte ròte;
89.5ché ti convien volare in quella parte,
89.6ove udirai le dolorose note
89.7di più d'un tuo fratel, cui la mia spada
89.8sospinse acerbo alla tartarea strada”.
90.1Così parlando ancor, vibra una punta
90.2con tutto il suo valor contra lo scudo,
90.3la qual con quel furor per esso spunta,
90.4come un'altra faria, chi fosse nudo;
90.5squarcia anco l'arme e tra le coste giunta
90.6corre in mezzo del core e 'l colpo crudo
90.7ivi non resta, ma dall'altro lato
90.8per lo spinoso dorso ha trapassato.
91.1Fuggesi l'alma afflitta e disdegnosa
91.2di partir' indi alla stagione acerba;
91.3cade il gran busto e duramente posa
91.4riversato tra' suoi sovra arida erba:
91.5né lungo tempo al vecchio padre ascosa
91.6del figliuol l'aspra fin, lassa, si serba;
91.7ch'ei con l'occhio medesmo scerse il tutto,
91.8nunzio non mentitor del proprio lutto.
92.1Ma in quello istesso punto, che 'l destriero
92.2lasciò, morendo, il misero figliuolo,
92.3esso i sensi smarriti, su 'l sentiero,
92.4no 'l sostenendo alcun, cadde di duolo;
92.5ma il chiaro vincitore ardito e fero
92.6contra quei, ch'ivi son, addrizza il volo;
92.7e 'l primier fu il superbo Bustarino,
92.8che risurto il cavallo è il più vicino.
93.1E dove pria donar pensava aita,
93.2or del suo giovin re s'arma a vendetta,
93.3e baldanzoso sprona e gli altri invita,
93.4né però alcun di lor tardando aspetta;
93.5arriva, ove la man forte et ardita
93.6tenea contro al suo gir la spada stretta;
93.7ma per esser colui più grande assai,
93.8no 'l può sopra la spalla aggiunger mai.
94.1E quello alteramente sovra lui
94.2il può sempre ferir dritto alla testa,
94.3nella qual raddoppiando i colpi sui
94.4or quinci or quindi di ferir non resta;
94.5ma il Franco invitto, ch'ha virtude, in cui
94.6nulla forza mortal verria molesta,
94.7basso e ristretto in sé tutto sostiene
94.8tanto ch'al suo disegno al fin perviene.
95.1Che allor, che 'l grave brando in basso scende
95.2per impiagarlo ancora alza lo scudo,
95.3e dall'aspra percossa si difende;
95.4poi gli addrizza di punta un colpo crudo,
95.5e sotto il destro braccio proprio il prende,
95.6ove il loco di piastra è sempre ignudo,
95.7solo armato di maglia, che men resse,
95.8che tela al grandinar, ch'aragne tesse.
96.1Che trapassa entro al cavo di quell'osso,
96.2ove all'omero il braccio si congiunge,
96.3e seguendo il cammin ch'ha in alto mosso,
96.4in fin nel collo per la spalla aggiunge;
96.5ma no 'l vedendo ancor di vita scosso,
96.6tragge indi il brando e nuovamente punge
96.7nelle coste più basse al lato manco,
96.8che fan l'arco minor vicino al fianco:
97.1e squarciò l'intestin, che primo accoglie
97.2quel ch'avanza a nodrir la vita umana;
97.3così dal suo gran vel l'anima scioglie,
97.4che di crudele orgoglio era sovrana;
97.5ma già vien Terrigan, che delle spoglie
97.6di Lancilotto ha in sé speranza vana,
97.7pensando: “Così stanco è questo omai,
97.8che sarà il mio valor più saldo assai”.
98.1Cotal dicendo in sé, ver lui s'avventa
98.2quasi intricato ancor con Bustarino,
98.3e con la spada d'improviso il tenta,
98.4ove il collo alla testa è più vicino;
98.5ma d'impiagarlo indarno s'argomenta,
98.6ché 'l ferro al suo poter fu troppo fino;
98.7allor di sdegno pien l'alto guerriero
98.8verso ove il colpo vien, torna il destriero.
99.1E gridando altamente: “O disleale,
99.2non ti fieno anco d'utile i tuoi inganni,
99.3né schivar ti porran l'ora fatale,
99.4che 'n su 'l lor bel fiorir ti tronchi gli anni”;
99.5e 'n questa viene il colpo micidiale,
99.6ch'alla perpetua notte gli condanni
99.7l'umana luce, che traverso il prende,
99.8ove il collo più basso al petto scende:
100.1e 'l troncò tutto; e la feroce testa
100.2assai d'ivi lontana andò per terra,
100.3di papavero in guisa a cui molesta
100.4la verga fosse, che per gioco serra
100.5la fanciullesca man; che sciolto resta
100.6dal suo sostegno e pallido s'atterra
100.7intra l'erba più vil, ma ch'al suo piede
100.8avea presa di lui più ferma sede.
101.1Cadde appresso il gran busto e fé la valle
101.2risonare e tremar d'alto romore,
101.3quando l'arena dell'armate spalle
101.4oppressa fu dal subito furore;
101.5or gli altri cavalier cercano il calle
101.6per trarsi omai di tal periglio fuore,
101.7né si trova di tutti alma secura,
101.8fin che non sia d'Avarco entro alle mura.
102.1Ma il Ner Perduto, che sovra il destriero
102.2rimontato più tardo si ritrova,
102.3l'ultimo fu di lor, che 'l braccio fero
102.4del crudo Lancilotto miser prova;
102.5drizzagli irato un colpo su 'l cimiero,
102.6cui finissimo acciar niente giova;
102.7ché col capo in due parti su le spalle
102.8fu orrendo incarco all'arenosa valle.
103.1Fa il chiaro vincitor, che sia portato
103.2il gran regio figliuol, questo e quei dui,
103.3ove morto di lor rimanga ornato
103.4chi più d'ogni altro vivo è caro a lui:
103.5or già di duci tali il duro stato,
103.6e di molti altri amici e cugin sui
103.7pervenuto alle orecchie era lontano
103.8per più d'un nunzio certo a Segurano.
104.1E fu in fra molti il giovin Polibone
104.2mandato ultimo a lui dal re Vagorre,
104.3poi che Clodasso alla real magione
104.4condotto avea dalla famosa torre;
104.5il qual pungendo con più aguto sprone,
104.6che possa, il suo caval, cercando corre
104.7del grande Iberno e l'ha trovato in breve,
104.8ch'avea col re Tristan battaglia greve.
105.1La quale a punto allor condotta a tale
105.2per l'una e l'altra parte si vedea,
105.3che poco potea gir, ch'era mortale
105.4per chi più avversa la fortuna avea;
105.5però che la virtù fu tanto eguale,
105.6ch'assai poco il vantaggio si scernea;
105.7pur di Meliadusse il franco erede
105.8vie più pronto e leggier talor si vede.
106.1Rompe allor Polibon l'aspra battaglia,
106.2gridando: “O re d'Ibernia, e' vi conviene
106.3altrove arme squarciare e romper maglia,
106.4ove morti i miglior son gli altri in pene;
106.5e se del nostro onor punto vi caglia,
106.6e di chi scettro in man d'Avarco tiene,
106.7venite a dar soccorso a quelle mura,
106.8in cui pur Claudiana è mal sicura.
107.1Morto è 'l buon Dinadano, morto è Brunoro,
107.2Palamede il gran duce e Bustarino;
107.3ma quel ch'aggrava più, morto è fra loro
107.4il vostro caro e misero Clodino;
107.5e 'l gran suocero vostro il suo tesoro
107.6vide condotto all'ultimo confino,
107.7ché sopra all'alta torre scerse il tutto,
107.8chiamando sempre voi con pianto e lutto.
108.1Gridando: 'Ov'or si trova ogni mia speme,
108.2il gran genero mio? Perché non viene
108.3a soccorrer quel resto del mio seme,
108.4che la fortuna ancor vivo ritiene?'
108.5E 'n questa, chi l'assalta e preme,
108.6poi che gli ha tratto il sangue di più vene,
108.7ferirlo in mezzo il cor con l'empia spada,
108.8e riversar senz'alma su la strada.
109.1Al cui crudo cader cadde egli ancora
109.2sopra le nostre braccia afflitto e smorto;
109.3e 'l re Vagorre mi comanda allora,
109.4ch'io vi cercassi per cammin più corto,
109.5e narrassi il gran danno, ove dimora
109.6la misera città, senza conforto,
109.7senza sostegno omai d'alcun de' suoi,
109.8senza speranza aver se non di voi;
110.1chè 'l crudo Lancilotto in tale orgoglio,
110.2in tal rabbia e furore oggi è salito,
110.3che di romper di Scilla il duro scoglio
110.4col brando, ch'ei sostien, sarebbe ardito;
110.5pien di spavento insomma e di cordoglio
110.6tutto il campo in Avarco è rifuggito;
110.7sol questa parte di timor si sgombra,
110.8che del vostro valor combatte all'ombra”.
111.1Mentre il feroce Iberno le parole
111.2del tristo messaggier tacendo ascolta,
111.3non fu di sì grand'ira al caldo sole
111.4offesa dal villan mai serpe avvolta,
111.5com'egli allora ed or nel cor si duole
111.6del suo Clodino, or della gloria tolta,
111.7ché mal può ricovrar, poi che lui vivo
111.8sia d'un tanto figliuol Clodasso privo.
112.1Né sa con quai conforti possa omai
112.2raffrenare il dolor della consorte,
112.3né con la vecchia Albina scusar mai
112.4la lontananza sua da quella morte;
112.5vergogna il punge e gli raccresce guai
112.6pungente invidia in più gravosa sorte;
112.7che 'l giovin Lancilotto ornato vede
112.8di tante illustri e sì famose prede.
113.1E da' tristi pensier distratto il core,
113.2ove il pensa trovar ratto s'invia,
113.3e 'n un momento uscio di vista fuore
113.4del buon Tristan, che presto il brameria;
113.5pur lui perdendo, sfoga il suo furore
113.6sovr'altra gente e spinge a morte ria
113.7tanti quel dì, che si porrian contare
113.8non più che l'onde dell'Icario mare.
114.1Ma l'infiammato Iberno al fin condotto
114.2alle sponde vicin della riviera,
114.3come scorge da lunge Lancilotto,
114.4gli dice in voce minacciosa e fera:
114.5“Pria che 'l giorno ch'or luce asconda sotto
114.6l'occaso il volto e si converta in sera,
114.7tremante il petto e lagrimoso il viso
114.8ti pentirai d'aver Clodino ucciso.
115.1Né ti varrà l'avere arme incantate,
115.2vano e folle guerrier della nutrice;
115.3né mille più di lei sagaci fate
115.4ti porriano scampar l'ora infelice;
115.5e triste oggi per te saranno state
115.6l'alte vittorie, onde ti fai felice;
115.7ché i tuoi chiari trofei, le ricche spoglie
115.8spiegherai di Pluton nell'atre soglie”.
116.1All'aspro minacciar subito volto
116.2il gran figlio di Ban; tosto che scerne,
116.3ch'egli è pur Seguran, che 'ntorno accolto
116.4più d'uno avea delle sue schiere iberne;
116.5col cor ben lieto e con allegro volto
116.6rende alte grazie alle virtù superne;
116.7tra gli arcion si conferma e sovra il petto
116.8lo scudo addrizza e meglio il brando ha stretto.
117.1Indi come leon, che dal digiuno
117.2lungamente già oppresso, ha il dì cercato
117.3per boschi e valli, né d'armento alcuno,
117.4né di cerva o di damma orma ha trovato;
117.5che quando ha meno speme, all'aer bruno
117.6se gli mostra un gran tauro al verde prato;
117.7ch'a lui s'avventa, qual saetta soglia,
117.8sbramando ingordo l'affamata voglia.
118.1Così verso il corrente Segurano
118.2il bramoso guerrier muove il destriero;
118.3l'uno e l'altro di lor l'acerba mano
118.4alza all'istesso punto ardito e fero;
118.5ma l'onorato figlio del re Bano
118.6a ferir l'avversario fu il primiero;
118.7e l'oscuro dragon, che in oro assiede,
118.8sovra il possente scudo altero fiede
119.1e quantunque d'acciar la sesta scorza,
119.2e finissima e grossa il ricingesse,
119.3del sacro brando all'infinita forza
119.4non come contra gli altri integro resse;
119.5ché 'l partì fino al mezzo e tanto sforza,
119.6che la sinistra spalla ancora oppresse,
119.7e fé in basso piegarse il grande Iberno,
119.8qual l'abeto aquilone al maggir verno.
120.1Ma non senza vendetta; ch'esso irato
120.2con la spada, ch'ei tolse a Galealto,
120.3tosto percosse lui nel prioprio lato
120.4cotal ch'ebbe acerbissimo l'assalto;
120.5l'argentato suo scudo, fabbricato
120.6d'immortal tempra di porfireo smalto,
120.7pur con tutto il valore al duro peso
120.8col suo nuovo signor fu molto offeso.
121.1Qui dell'uno e dell'altro in guisa accresce
121.2lo spietato desio di vendicarse,
121.3ché con manco favor s'avvolge e mesce
121.4la fiamma in Mongibel, quando più arse;
121.5ma poi che 'l ferir primo in van riesce,
121.6per tosto vincitore a' suoi mostrarse,
121.7l'uno e l'altro di lor lassa da parte
121.8del marzial lavor la norma e l'arte
122.1e senza aver riguardo al suo vantaggio,
122.2come l'ira amministra i colpi vanno,
122.3più spessi assai ch'al tempestoso maggio
122.4grandine ch'alle spighe apporti danno;
122.5né così ratto in giro il solar raggio
122.6muove specchio, ch'è mosso; come fanno
122.7le spade lor, che sembrano al sereno
122.8notturno estivo ciel lampo e baleno.
123.1Il popol ch'a vedere è intorno accolto
123.2dall'una e l'altra parte e stassi in pace,
123.3col cor tremante e con dubbioso volto
123.4or spera or teme quel che più gli spiace,
123.5in sen parlando: “Or n'è concesso o tolto
123.6il fin bramato e la tranquilla pace;
123.7perché in man di costoro è posto solo
123.8il ben perpetuo o 'l nostro eterno duolo”.
124.1E levando le ciglia in preghi e 'n voti
124.2ciascun quel che desia domada alcielo;
124.3questi con umil cor chiaman devoti
124.4chi del ver prima ascoso squarciò il velo,
124.5quelli i fallaci dei più bassi e noti,
124.6Giove, Marte e 'l pastor che nacque in Delo,
124.7ché al suo donin vittoria per mercede
124.8dell'avuta di lor credenza e fede.
125.1In questo tempo i nobili guerrieri
125.2sono offesi fra lor di danno eguale;
125.3van di pari al ferirse arditi e feri,
125.4e di pari han partito il bene e 'l male;
125.5son caduti per terra ambe i cimieri,
125.6e l'incantato ferro a pena vale
125.7degli elmi a mentener salva la testa
125.8dalla forza crudel, che gli molesta.
126.1E senza piaga aver riman sovente
126.2l'uno e l'altro di lor quasi stordito,
126.3ma il core invitto e l'animo possente
126.4mantiene al corpo il suo vigor sì unito,
126.5che qual gravato più talor si sente,
126.6per vergogna, ch'ei n'ha, più torna ardito,
126.7e tal la mano sprona al vendicarse,
126.8che non gli tornan mai le forze scarse.
127.1Qual nell'ampio ocean, quando l'offende
127.2il nevoso aquilon con grave assalto;
127.3ch'ove più l'onda spinta in basso scende,
127.4più in minaccioso suon risurge in alto,
127.5e 'l turbato suo corso innanzi stende,
127.6variando il cammin di salto in salto,
127.7sì ch'ora eccelso monte ora umil valle
127.8si lassa indietro alle spumose spalle.
128.1Tale avvien di costor; ch'or quello appare
128.2quasi esser vincitore e poi si vede
128.3questo con tal valor sopra tornare,
128.4che di lui sol la palma esser si crede;
128.5ma l'orgoglioso Iberno, ch'aver pare
128.6si sdegna al mondo e che si tiene erede
128.7di quanta gloria mai gli antichi suoi
128.8ebbero al mondo e tutti gli altri eroi;
129.1e ch'omai trarre a fin vuol questa guerra,
129.2e ch'ha vergogna in sé, che tanto dura;
129.3irato ad ambe man la spada serra
129.4per isforzar se stesso e la natura;
129.5drizzala in fronte, ma vaneggia ed erra;
129.6ché 'l saggio Lancilotto, ch'ha pur cura
129.7di quanto avvenir puote, alza lo scudo,
129.8ché non vegna su l'elmo il colpo crudo.
130.1E bene ad uopo fu; che in cotal guisa
130.2rovinò in basso l'orrida tempesta,
130.3ch'ogni pietra durissima divisa,
130.4non pur di Lancilotto avria la testa;
130.5ma l'incantata guardia non incisa,
130.6né pur segnata di quel colpo resta;
130.7fu ben cotal, che in un la mano e 'l braccio
130.8ne sentir lungamente amaro impaccio.
131.1Or non fu visto mai salvatico orso
131.2sovra l'Alpi avventarse con tant'ira
131.3verso il fero mastin che l'avea morso,
131.4e di lui paventando il piè ritira;
131.5ché ruggendo e gemendo il tardo corso
131.6muove infiammato e tutto rabbia spira,
131.7in fin che ritornato a nuova guerra
131.8con l'artiglio mortal lo stese a terra;
132.1come in quel punto fece Lancilotto,
132.2spingendo il suo destrier nel percussore;
132.3e di punta il ferio, che scorse sotto
132.4lo scudo al petto che si mostra fuore;
132.5trapassò il brando adentro, ma condotto
132.6non s'è tant'oltra che trovasse il core;
132.7ché nella quarta costa in basso il prese,
132.8né dritto giìo, ma in alto si distese.
133.1S'empion l'arme di sangue e non ne cale
133.2all'animoso Iberno, che già il sente,
133.3e con più ardore il gran nemico assale;
133.4ma intanto il negro Eton, che men possente
133.5fu di Nifonte, a contrastar non vale
133.6al furioso urtar, che alteramente
133.7d'improviso gli vien dal destro lato,
133.8sì che sopra il sinistro è riversato.
134.1E sopra il suo signor tutto si trova,
134.2il qual più presto assai, che leve augello
134.3da lui si scioglie ed a novella prova
134.4si rappresenta minaccioso e fello;
134.5ma il nobil Lancilotto a cui non giova
134.6vantaggio alcuno aver, veloce e snello
134.7salta giù dal destriero e 'n larghi passi,
134.8onde vien l'avversario, innanzi fassi.
135.1Dicendo: “Or non pensate, altero duce,
135.2che l'amor ch'ho portato al chiaro amico,
135.3e 'l desio di vendetta, che m'induce
135.4a chiamar Segurano aspro nemico,
135.5mi faccia oggi oscurar la pura luce
135.6di virtù vera e del valore antico,
135.7o ricercar di voi bramata morte
135.8per altre che d'onor lodate scorte”.
136.1Risponde Seguran: “Nulla mi curo
136.2di qual per danno mio prendiate strada;
136.3ché del mondo e di voi vivo securo
136.4mentre in man sostener potrò la spada;
136.5or si dia fine all'opra, anzi che oscuro
136.6lassando il nostro mondo altrove vada
136.7il sol cadente; che m'avanzi ancora
136.8d'espugnare il vostr'oste larga l'ora”.
137.1E 'n cotal ragionare un colpo dona,
137.2che gli venne a trovar la destra spalla,
137.3e quella inguisa e tutto l'altro intuona,
137.4che in basso rovinar di poco falla;
137.5pur reggendo alta e 'ntegra la persona,
137.6con un ginocchio sol piegando avvalla
137.7il dritto piè, ma tosto ne risorge,
137.8e 'l brando alla vendetta altero porge.
138.1E sopra al destro braccio per traverso,
138.2che più scoperto aveva, irato il fere;
138.3taglia oltra tanto, che di sangue asperso
138.4quant'ivi ha fino acciar fece cadere;
138.5non si sgomenta il fero o cangia verso,
138.6poi che sente fra sé, che sostenere
138.7può il grave brando ancor, che nervo od osso
138.8impiagato non era o d'indi scosso.
139.1Ma qual crudo leon, che 'l cacciatore,
139.2o di strale o di dardo aggia ferito;
139.3che scernendo il vermiglio atro colore,
139.4vie più che non solea, diviene ardito,
139.5drizza l'irsuto vello e mostra fuore
139.6l'artiglio e 'l dente e con la coda il lito
139.7battendo intorno a sé, di salto in salto
139.8s'addrizza irato al micidiale assalto.
140.1Tale il gran Seguran ratto s'avventa
140.2verso il nemico suo pien di dispetto,
140.3e con mille percosse in giro tenta,
140.4e la fronte e le braccia e 'l ventre e 'l petto,
140.5tal che 'l popol Britanno si spaventa,
140.6ché di vederlo ucciso avea sospetto;
140.7ma l'accorto guerrier senza paura
140.8di difendersi sol prendeva cura.
141.1E col divino scudo or alto or basso
141.2ogni colpo che vien tenea lontano;
141.3né cangiando orma o ritirando il passo
141.4solo in guardia ponea l'arme e la mano,
141.5fin che 'l feroce Iberno frale e lasso
141.6omai conosce il faticar suo vano;
141.7allor più verso lui movendo il piede
141.8con quanto avea potere in fronte il fiede.
142.1E 'l potea ben finir, ma torta viene
142.2la spada e sovra l'omero discende,
142.3e 'mpiagal sì che a pena più sostiene
142.4lo scudo omai, che da quel lato pende;
142.5perch'avea i nervi incisi e l'altre vene,
142.6onde il braccio sinistro il vigor prende,
142.7spinge una punta poi, che dritta giunge,
142.8ove più il collo al petto si congiunge.
143.1Ma non venne tal'alta che ritrove
143.2il cavo, in cui mortale il colpo fora;
143.3or dalle prime piaghe e queste nuove
143.4tai sanguinose stille uscivan fuora,
143.5ch'a pena il piede a pena il braccio muove
143.6l'afflitto Iberno e pur si vede ancora
143.7lo spirto invitto ardito dimostrarse,
143.8e quanto oppresso è più, più altero farse.
144.1E qual veggiam la vincitrice palma,
144.2che 'n famoso edificio posta in opra
144.3quanto sente aggravar maggior la salma
144.4più d'in alto montar le forze adopra;
144.5cotal di Seguran la nobil'alma
144.6in qualunque fortuna a tutte sopra
144.7mai nessun si mantien; né prende cura
144.8della vita mortal, che poco dura.
145.1Ma il buon figlio di Ban, che vede omai
145.2giacer nelle sue man di lui la morte,
145.3spoglia l'ira crudel degli altrui guai,
145.4e pietoso divien della sua sorte,
145.5e dice: “Alto mio re, se foste mai
145.6per tempo alcun da più cortesi scorte
145.7guidato a far mercede a giusti preghi,
145.8quel, ch'io domanderò, non mi si nieghi.
146.1Piacciavi oggi trovar l'albergo mio,
146.2del quale e poi di me vi fò signore,
146.3ivi al re Galealto umile e pio
146.4domandar sol la pace e fargli onore;
146.5e vi prometto qui, se son degn'io
146.6d'esser da voi creduto, che 'n brevi ore
146.7vi renderò in Avarco e non vogliate,
146.8ch'io spenga sì gran lume a questa etate.
147.1Ché potete veder, ch'omai m'è dato
147.2sovra voi questo dì certa vittoria,
147.3la qual non mia virtù, ma vostro fato
147.4stimerò sempre e di noi par la gloria;
147.5ma lassar senza onore in tale stato
147.6non potrei fuor di biasmo la memoria
147.7d'un re sì grande e sì leale amico,
147.8ch'ogni essempio avanzò moderno e antico”.
148.1Risponde il cavalier tutto sdegnato,
148.2e più che altrove mai, con alto core:
148.3“Tu dunque ardisti, folle e scelerato,
148.4di Seguran tentar l'invitto onore?
148.5Usa la sorte tua; ch'al duro stato
148.6vogl'io più presto d'infernal dolore
148.7per mille morti e mille esser condotto,
148.8che questa vita aver da Lancilotto”.
149.1Così parlando, col vigor che resta,
149.2che pur poco era omai, torna a battaglia;
149.3e quinci e quindi quanto può molesta
149.4del franco cavaliero or piastra or maglia;
149.5drizzagli al fine il brando su la testa
149.6tal che la vista quasi gli abbarbaglia;
149.7onde il figlio di Ban mosso a giust'ira
149.8per dar fine alla guerra un colpo tira:
150.1e drittamente il colse, ove la gola
150.2a gli spirti e 'l cibo ha doppia strada;
150.3l'una e l'altra squarciando, innanzi vola
150.4tinta d'altro color l'aguta spada:
150.5col sangue mista rapida s'invola
150.6l'alma, cui vero onor non altro aggrada;
150.7cadde il gran busto e l'arenosa valle
150.8empion d'alto romor l'armate spalle.
151.1Il chiaro vincitor tosto l'accoglie,
151.2punto il cor di dolcissima pietate;
151.3e con sembiante uman dall'elmo scioglie
151.4le luci già di tenebre adombrate;
151.5lo scudo e 'l chiaro brando indi gli toglie
151.6aprendogli le man, che ancor serrate
151.7così morto tenea, come anco schivo
151.8di sì onorate spoglie ivi esser privo.
152.1Tutto il popolo Iberno e l'altro insieme,
152.2che quivi era vicin fugge in Avarco,
152.3qual gregge a cui leon col morso preme
152.4il pio pastore e 'l can di morte al varco;
152.5ma il Britannico stuol di certa speme,
152.6e di estrema dolcezza il petto carco,
152.7corre a veder; né che sia crede ancora
152.8dello spietato cor l'anima fuora;
153.1né s'ardisce appressar, ma di lontano
153.2il fero volto suo, che Marte spira,
153.3il forte petto e la possente mano,
153.4ch'ei teme ancor, con maraviglia mira;
153.5ma doppo alquanto il figlio del re Bano
153.6dal sovrastante vulgo indietro il tira,
153.7e ricoperto poi d'aurati fregi
153.8il fa seco portar fra gli altri regi.
154.1E condotto all'albergo il fa purgare
154.2d'ogni macchia, ch'avea di sangue o polve,
154.3con tepide acque e dentro dispogliare
154.4di che più tosto in putrido si solve;
154.5poi sotto Galealto il fa locare,
154.6ma pria di tela serica l'involve;
154.7fa il medesmo degli altri e di Clodino,
154.8ch'al forte Seguran fu il più vicino.
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