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CANTO XXII

Avarchide

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1.1D'argentato color l'alba splendea,
1.2a' mortali e gli dei menendo il giorno,
1.3quando, accusando ancor la sorte rea,
1.4al morto Galealto era d'intorno
1.5l'invitto Lancilotto e s'assedea
1.6sovra lo scudo de' suoi beni adorno;
1.7ma come lei spuntar di fuora vede,
1.8lassa ogni lamentare e quella sede.
2.1E con alto chiamar risveglia i suoi,
2.2che non molto lontano a lui si stanno,
2.3dicendo a tutti: “O più famosi eroi,
2.4ch'ebbe ancor mai l'esercito Britanno;
2.5men ch'a quanti altri son conviene a noi,
2.6ché deviam vendicar lo scorno e 'l danno
2.7di sì altera corona e sì famosa,
2.8che 'l dì quasi vicin ne trove in posa.
3.1Or raccogliete in un le vostre schiere,
3.2ch'ogni duce de' suoi la cura prenda,
3.3mentr'io vò il grande Arturo a rivedere;
3.4acciò che il mio voler più certo intenda;
3.5ch'io non vo' più lo sdegno ritenere,
3.6poi che l'irato ciel per se n'offenda;
3.7e seguane che può, che di lui solo
3.8sarò sempre guerrier, servo e figliuolo”.
4.1Così dicendo, solo e disarmato
4.2al padiglion reale a piè s'invia;
4.3truova il buon re dal sonno già svegliato,
4.4ché 'l romor, benché lunge, udito avia;
4.5entra l'araldo Amaso e ch'arrivato
4.6era ivi Lancilotto gli dicia:
4.7fecel subito entrare e sovra il letto,
4.8onde non move ancor, l'abbraccia stretto.
5.1E pien di dolci lagrime l'accoglie,
5.2dicendo: “Or non morrò se non contento;
5.3or la speme ch'avea dell'altrui spoglie,
5.4non temo più, che se ne porte il vento”:
5.5in questo mezzo omai lì si raccoglie
5.6l'altro drappel de' duci in un momento,
5.7ché del venir di lui senton la fama,
5.8e 'l compagno e 'l vicin l'un l'altro chiama.
6.1Venner tra' primi i folgori di guerra
6.2Maligante e Boorte a lento piede,
6.3sopra l'aste appoggiandosi alla terra,
6.4ché 'l dolor delle piaghe ancor gli fiede;
6.5e Lionello entrambe si riserra,
6.6perché degli omer suoi si faccian sede,
6.7questo a sinistra e quello a destra mano;
6.8poi seguiva il re Lago e 'l pio Tristano.
7.1Doppo i quai Gargantino e Pelinoro,
7.2Abondano, Uriano ed Agraveno,
7.3Landone, il Brun, Mandrino e Talamoro,
7.4e 'n tra i primi onorati iva Gaveno,
7.5che del sommo piacer, che scerne in loro,
7.6un non picciol dolor s'asconde in seno;
7.7sol restò Florio e 'l cavalier Norgallo
7.8di soverchio impediti e Persevallo.
8.1Or nel cospetto lor l'alto guerriero,
8.2poi che baciato avea la regia mano,
8.3così dicea: “Gran re, di cui l'impero
8.4ha di gloria ripien presso e lontano,
8.5il terren gallo, il betico e l'ibero,
8.6il nobil seno italico e 'l germano;
8.7eccovi il traviato Lancilotto,
8.8ch'al suo dritto cammino è ricondotto:
9.1onde i passi torcea, non per orgoglio,
9.2ma menato, credea, da giusto sdegno;
9.3né per tama maggior di quel ch'io soglio,
9.4al gran seggio reale umile vegno,
9.5ma perché tardo omai troppo mi doglio,
9.6ché del pio core uman passato ho il segno,
9.7di lassar tanto stuol lasso perire,
9.8e sì onorati duci a morte gire.
10.1Deh quanto era il miglior per ambeduoi,
10.2che non fosse mai nata Claudiana:
10.3o ch'ella fosse morta e 'nsieme i suoi
10.4frati, usciti quaggiù di stirpe strana?
10.5Quel dì che prigionier gli fé di noi
10.6fortuna, de' miei ben sempre lontana;
10.7ché mi diè gran vittoria e ricche spoglie,
10.8perché mi fosser poi tristezza e doglie;
11.1perch'io vedessi poi di morte avvolto,
11.2degli avversari suoi trionfo e scherno,
11.3del mio buon Galealto il regio volto
11.4per la funesta man del crudo Iberno;
11.5nudo, di polve e d'atro sangue avvolto
11.6di tutti i miei pensier tormento eterno;
11.7ch'ovunque io volga mai gli occhi e la mente,
11.8qual'io 'l rividi ier mi sta presente.
12.1Ma poi ch'altro non puosse, a noi conviene
12.2por con necessità l'animo in pace
12.3in quel ch'è già seguito; perché avviene
12.4dal voler di colui che tutto face,
12.5e dentro alle cui braccia il male e 'l bene
12.6de' miseri mortali accolto giace;
12.7e 'l soverchio dolerse a donna aggrada,
12.8ch'altro a sfogare il cor non ave strada.
13.1Ma il forte cavalier col vendicarse
13.2debbe aprire il sentiero al suo dolore;
13.3e se trova in ciò far le stelle scarse,
13.4sappia il mondo lassar con dritto onore:
13.5or se in altra stagion questa fiamm'arse
13.6d'altro offeso guerriero un nobil core,
13.7arde ora il mio, che d'Etna il monte sembra,
13.8se del suo Galealto gli rimembra.
14.1E però tutto umile a voi ritorno,
14.2ogni sdegno primier posto in oblio,
14.3pregando, ch'a voi piaccia in tal soggiorno
14.4prender tra i peggior vostri il brando mio,
14.5ch'io possa ristorar l'avuto scorno
14.6dall'empio Segurano e 'l fato rio
14.7del dolce amico, che vedrà dal cielo,
14.8che di lui mi riman l'istesso zelo”.
15.1Qui finio Lancilotto; e quei che stanno
15.2d'intorno ad ascoltar, ferma fidanza
15.3han già di ricovrar l'antico danno,
15.4tal della sua virtude è la speranza;
15.5e 'l lieto bisbigliar, che 'ntorno fanno,
15.6empiea d'alto romor la regia stanza,
15.7fin ch'amico silenzio Amaso impose,
15.8et allora il gran re così rispose:
16.1“Valoroso figliuol del gran re Bano,
16.2io non posso negar, che di ragione
16.3non fosse il mio parlar tanto lontano,
16.4che di farvi sdegnar mi diè cagione;
16.5ma sappia il mondo pur, ch'alfin sia vano
16.6de' più saggi mortali ogni sermone;
16.7ché spesso in questo o in quel la colpa stende
16.8di ciò che 'l ciel fra noi dispone e intende.
17.1Vero è ch'e' non adempie il suo volere
17.2sciolto d'ogni altro mezzo assai sovente,
17.3ma dal bene o del mal dona il potere
17.4in cui gli aggrada dell'umana gente;
17.5l'altr'ier gli piacque delle nostre schiere
17.6una parte, qual feo, render dolente,
17.7e consentì fra noi l'ira e lo sdegno,
17.8per conducer' al fin l'aspro disegno.
18.1Com'or forse bramando, a quel ch'io spero,
18.2d'abbassar di Clodasso il duro orgloglio,
18.3il fin per Segurano acerbo e fero
18.4condusse in Galealto, in voi cordoglio,
18.5onde spento riman lo sdegno altero,
18.6ch'al nostro navigar si facea scoglio;
18.7ma in tal guisa adoprando, scorta fida
18.8è più sempre di quel, che 'n lui s'affida.
19.1Però, caro figliuol, grazie rendemo
19.2al suo santo volere, onore e lode;
19.3ché pria che 'l danno suo giunga all'estremo,
19.4del britannico stuol le preghiere ode;
19.5il qual del nuovo amore, in che noi semo,
19.6racconsolato in cor s'allegra e gode,
19.7e per la vostra man bramoso aspetta
19.8gloria, trionfo, onor, pace e vendetta.
20.1E quanto oggi e poi sempre amica e cara,
20.2e gioconda mi sia la pace vostra,
20.3ve 'l mostrerà la man, che non fia avara
20.4di quanto v'offeriro in vece nostra
20.5Maligante e i compagni, poi che chiara
20.6farem tornata alle paterne chiostra;
20.7in cui voi tutto solo avrò più in pregio,
20.8che quanti altri mai fur di nome egregio”.
21.1Così parlava; e 'l chiaro Lancilotto
21.2rispondea: “Assai mi fia quel puro maore,
21.3ch'or mi mostrate; il qual m'ha solo indotto,
21.4non desio di tesor, né d'altro onore;
21.5or pria che 'l sole in alto ricondotto
21.6sovra il nostro terren riscaldi l'ore,
21.7chiamin l'altere trombe la battaglia,
21.8e riprenda ciascun l'antica maglia.
22.1Et io 'ntanto fra' miei farò ritorno,
22.2e vestirò volando l'armadura,
22.3e di spinger'avanti il nostro corno
22.4sì che vada il primier, prenderò cura,
22.5vago di sciorre omai l'empio soggiorno
22.6delle genti aspre e delle acerbe mura,
22.7ove alberga colui, che tolto m'ave
22.8chi solo il viver mio rendea soave.
23.1E mostrerò, sper'io, se la virtude
23.2di Lancilotto è morta o se indormita
23.3fu dallo sdegno ardente, che si chiude
23.4in lei, s'al suo signor poco è gradita;
23.5e si potran veder tant'alme nude
23.6prender nuovo sentier da questa vita,
23.7ché maledetta ancor di Segurano
23.8da mille madri fia la cruda mano.
24.1Or non si lasse indarno il tempo gire,
24.2moviam pur tosto ove il voler mi sprona”.
24.3Ma il famoso re Lago a questo dire
24.4si volge e parla: “Altissima corona,
24.5poi ch'al vostro giustissimo desire
24.6soccorre il ciel, che i buon non abbandona,
24.7in farvi ritornar congiunto e fido,
24.8chi d'ogn'altro gran duce avanza il grido;
25.1mi par che omai si debba, quale ha detto,
25.2tosto a battaglia uscir, ma in mente avere,
25.3che non fia mai guerrier così perfetto,
25.4che vaglia il lungo affanno a sostenere
25.5assetato e con fame, a cui disdetto
25.6dalla natura al fin non sia il potere;
25.7e però il faticar, che molto fia,
25.8prenda d'esca e di vin sostegno pria.
26.1Vadan dunque gli araldi e 'n vostro nome
26.2comandin che ciascun l'albergo trove,
26.3solva il digiun; poi di lucenti some
26.4d'arme esca carco alle battaglie nuove;
26.5e questi regi e duci, ch'han le chiome
26.6di lauri ornate in mille altere prove,
26.7faran ghirlanda alla rotonda mensa,
26.8ch'agguagliati gli onor per voi dispensa”.
27.1Così disse il re Lago; e 'l grande Arturo
27.2con lietissimo volto l'acconsente,
27.3seguendo: “Poi che 'l fato acerbo e duro
27.4impiagato mi tien, lasso, e dolente,
27.5che ne assereni almen l'animo scuro
27.6in veder qui di sì famosa gente
27.7lo sconsolato e vedovo soggiorno,
27.8e del suo Lancilotto essere adorno”.
28.1Qui finito il parlar, già in mezzo appare
28.2chi la mensa e chi l'esca conducea,
28.3quando il figlio di Ban: “Certo mi pare
28.4ottimo ogni consiglio”, rispondea;
28.5“Che pochi pòn fra gli uomini durare
28.6lunga stagion contra la fame rea,
28.7ch'ogni vigor, ch'ogni valore ammorza,
28.8e ch'al tartareo seno andar ne sforza;
29.1pur vi supplico umil, ch'e' non vi spiaccia,
29.2glorioso mio re, che 'ndietro rieda,
29.3a ciò che al voto mio non contraffaccia;
29.4il quale è ch'al digiun già mai non ceda,
29.5in fin che questa man vendetta faccia
29.6di quel re miserel di morte preda;
29.7e doppo lei, se 'n vita sarò ancora,
29.8poco andrò poi di vostra vista fuora”.
30.1Ma il saggio re dell'Orcadi, che 'ntese
30.2il dannoso consiglio, gli risponde:
30.3“La natura mortal mai sempre intese,
30.4che la giovine età di forza abbonde;
30.5la qual degli anni poi sentendo offese,
30.6al più canuto viver si nasconde;
30.7e però in questa parte non vorrei
30.8indarno contrastarvi e cedo a lei.
31.1Non è il senno così, ch'ei vien da gli anni,
31.2e nel cor giovinil mal può trovarse,
31.3ma da i passati sol travagli e danni,
31.4e di se stesso e d'altri può impararse;
31.5né sia chi indarno mai pensi o s'affanni
31.6per grave studio in breve saggio farse,
31.7che non meno è ingannato, ché chi spera
31.8saper l'arte in un dì del fabbro intera.
32.1E però s'io dicessi esser di voi
32.2in questo per l'etade assai sovrano,
32.3non vi sia sdegno il consentirlo a noi,
32.4perché dal vostro onor non fia lontano;
32.5e mi crediate quetamente poi,
32.6ch'a voler bene adoprar l'arme e la mano
32.7convien con l'esca fermo mantenere
32.8il vigor, che di lei privato pere.
33.1D'amarissime lagrime un sol giorno
33.2render si deve onore a chi sia morto,
33.3d'esse indi sendo e di sepolcro adorno,
33.4prender'al faticar dolce conforto;
33.5che per l'altrui doler non fa ritorno,
33.6chi di morte al cammin dal fato è scorto;
33.7e s'arme in chi l'uccise la vendetta,
33.8non sopra il ventre suo, che 'l cibo aspetta.
34.1Non cercate voi stesso in grado porre,
34.2che non possiate poi seguir la voglia
34.3così onorata in voi, di luce torre
34.4a chi vi diè cagion di tanta doglia;
34.5ma per ogni cammin tutta raccorre
34.6la forza invitta, che i nemici addoglia,
34.7donando or qui fra noi gioconda salma
34.8d'esca alle membra e di dolcezza all'alma”.
35.1Il gran figlio di Ban cortese in vista
35.2al buon rettor dell'Orcadi rispose:
35.3“Il vostro saggio dir tal fede acquista,
35.4che riveder mi fa le strade ascose;
35.5ma del mio fido ben la morte trista
35.6ogni ragione al cor per modo rose,
35.7che la salute sua gli sembra amara,
35.8e la dannosa via soave e cara.
36.1Né gli poss'io disdir, né voglio ancora;
36.2però vi prego umil, che mi sia dato
36.3girne all'albergo mio, dove dimora
36.4tutto lo stuol, che già m'attende armato;
36.5et io spero con lui, che 'n ciel s'adora,
36.6pria che sia nell'occaso il dì corcato,
36.7vendicar Galealto e scarco poi
36.8alla mensa reale esser con voi”.
37.1E dicendo così fece ritorno,
37.2ove in ordin ritruova le sue schiere,
37.3ch'han le squadre a cavallo fuor del corno,
37.4e nel mezzo spiegate le bandiere:
37.5va il tutto ratto visitando intorno,
37.6e dicendo a ciascuno: “Ogni uomo spere
37.7di fare oggi tal pruova, che sia ditto,
37.8che 'l vostro alto valor fu sempre invitto:
38.1e non senza cagione al mondo sembri,
38.2ch'a voi servata sia la prova estrema,
38.3e del buon Galealto vi rimembri,
38.4l'alma chiara di cui di spoglia è scema;
38.5ché de' suoi sanguinosi e 'ncisi membri
38.6sol la speranza in voi loca suprema,
38.7che la vendetta sia così per tempo,
38.8che non ne rida Avarco lungo tempo”.
39.1Così detto, ritorna al suo soggiorno,
39.2ove giacea disteso Galealto;
39.3il qual discopre e pon le braccia intorno,
39.4poi doppo un gran sospir focoso ed alto
39.5gli dice: “Anima eletta, in questo giorno,
39.6o ch'io sarò dal doloroso assalto
39.7teco congiunto in cielo o che vedrai
39.8in altrui più che in noi terrestri guai”.
40.1Indi appella Santippo il suo scudiero,
40.2che le sue celesti arme gli appresenta,
40.3ond'ei ratto si cuopre e 'n su 'l destriero
40.4tutto snello e leggier poscia s'avventa:
40.5al qual ragiona: “O mio Nifonte altero,
40.6non sia in te la virtù per oggi spenta,
40.7ch'alzò già il nome tuo per ogni loco,
40.8ove del guerreggiar più ardesse il foco.
41.1E 'n questo ultimo dì ti risovvegna,
41.2quanto al mio, lasso, anzi al tuo stesso onore
41.3fallisti ier; ché chi nel mio cor regna,
41.4lassati in preda all'altrui rio furore;
41.5sì ch'or più bello oprar convien, che spegna,
41.6la tua larga vergogna e 'l mio dolore;
41.7riportando di lui la spoglia opima,
41.8ché posti n'ha d'ogni miseria in cima.
42.1O t'appresta animoso ad esser privo
42.2oggi insieme, quand'io, di questa luce;
42.3ch'e' non s'intenda mai che resti vivo
42.4doppo il primo signor sott'altro duce”.
42.5Così parlando e d'ogni indugio schivo,
42.6dell'arme squadra la splendente luce,
42.7onde sovra 'l mortal lieto si goda,
42.8poi le braccia e le spalle accoglie e snoda.
43.1E prova ad uno ad un se stringa o grave,
43.2o se 'l moto da lor vegna impedito;
43.3ma il tutto gli è più acconcio e più soave,
43.4che di serico filo il drappo ordito;
43.5prende poi l'asta in man sì grossa e grave,
43.6che non fu mai guerriero in alcun lito,
43.7che crollar la potesse, se non solo
43.8ei, che par non avea sott'altro polo.
44.1Indi fra' suoi si spinge a' quali apparse
44.2Marte, quando più irato a terra scende;
44.3nulla cometa in ciel sì lucida arse
44.4qual'essa il dì, ch'al suo cimiero splende;
44.5presso all'aurato scudo erano scarse
44.6le chiome vaghe, che l'aurora stende;
44.7parean l'elmo e l'altr'arme fiamme vere
44.8scese a lui intorno dalle stelle altere.
45.1Ma Gaveno, il re Lago e 'l pio Tristano
45.2con gli altri duci poi le genti accoglie;
45.3che parean da gli alberghi uscendo al piano
45.4api, ch'al gran mattin le regie soglie
45.5lassan, quando l'april resta sovrano
45.6del tempo rio; che fior novelli e foglie
45.7van depredando avare, ovunque intorno
45.8l'almo prato o 'l giardin si mostre adorno.
46.1Poi da' destrier percossa alta fremea
46.2la bassa valle e la sua nuda arena
46.3d'argentato colore esser parea,
46.4e d'ardenti faville intorno piena;
46.5che si come la torma il piè movea,
46.6sembrava tutta il ciel, quando balena
46.7più sovente la notte, onde si vede
46.8ora il chiaro ora il brun che l'aria fiede.
47.1Né le schiere d'Avarco d'altro lato
47.2stanno al muover di quei nel sonno avvolte,
47.3ma per l'onor primiero guadagnato
47.4han più larghe speranze in core accolte;
47.5e 'l trionfante Iberno s'era ornato
47.6delle chiare armi al gran nemico tolte;
47.7e riducendo a' suoi la forma antica
47.8salutava ciascun con voce amica.
48.1Dicendo: “Oggi è quel dì, ch'aperto spero,
48.2che l'intera vittoria in noi pervegna,
48.3se 'l giovin Lancilotto irato e fero
48.4del miser Galealto a guerra vegna;
48.5ch'or più non ave, ond'egli andava altero,
48.6l'arme incantata, che securo il tegna,
48.7sì come già gli avvenne altra fiata
48.8con l'aiuto immortal della sua fata”.
49.1E così ragionando, innanzi sprona
49.2con Clodino e Brunoro e Palamede,
49.3Gallinante e Rossano e tutta dona
49.4la cura a Terrigan degli altri a piede:
49.5or già da tutti i lati s'abbandona,
49.6per l'altrui guadagnar, la propria sede;
49.7solo il gran Lancilotto il piè ritarda,
49.8e dove aggia a ferir d'intorno guarda.
50.1Quale ardito leon, ch'al prato scorge
50.2di cervette e di damme e vili armenti,
50.3che non degna seguirli e innanzi porge
50.4gli occhi, ch'a maggior preda erano intenti;
50.5poi ch'aspro orso o cinghial vede, che insorge,
50.6arma sol contr'a quei gli artigli e i denti,
50.7e i fianchi percotendosi e la terra
50.8con la setosa coda muove a guerra.
51.1Tale il gran Lancilotto acceso d'ira;
51.2e d'ardente desio d'alta vendetta,
51.3s'ei vedesse l'Iberno gli occhi gira,
51.4perché contr'a lui sol trovarse aspetta;
51.5poi conoscendo in sé, che 'ndarno mira,
51.6né 'l porria riveder, tanto era stretta
51.7la turba che veniva e tal la polve,
51.8che 'l sabbioso sentier di nube involve;
52.1Or chi potrà narrar, senza l'aita,
52.2che vien sola da voi, di Giove figlie,
52.3il valor sommo e la virtù gradita
52.4di Lancilotto e l'alte meraviglie,
52.5che tanti chiari cor privò di vita,
52.6e fé l'onde dell'Euro adre e vermiglie?
52.7Siate dunque al mio dir sostegno fido,
52.8ch'ei se ne senta almen dappresso il grido.
53.1Muove il piè innanzi a' suoi con quel furore,
53.2che Giove irato il folgore n'avventa;
53.3percuote entr'a i nemici col romore,
53.4ch'Etna le piagge sicule spaventa;
53.5trova Antifate, Alcanore ed Antore,
53.6Catillo, Erminio, Remulo e Tarpenta
53.7l'un doppo l'altro a sorte e tutti e sette
53.8nel suo primo arrivar per terra mette.
54.1Morti i quattro; impiagato poscia il resto
54.2con l'urto del caval rotto e fiaccato,
54.3dell'asta intera ancor venne molesto
54.4a Polidoro, Oronte, Erdo ed Asato,
54.5gli altri tre riversati e sopra questo
54.6della forte asta sua riman privato;
54.7solo il troncon gli resta in man, col quale
54.8l'altro stuol che gl'incontra, intorno assale;
55.1ch'ei si sdegna di trar l'altera spada
55.2sovra il popol vicin, che vil gli sembra,
55.3e si facea lassar larga la strada,
55.4or le fronti rompendo or l'altre membra;
55.5passa oltra sempre innanzi e nulla bada
55.6a quel che faccia altrove; e gli rimembra,
55.7che sol contra il nemico Segurano,
55.8non contra altro, che sia, s'armi la mano.
56.1Ma fa quale il villan, che gire intende
56.2nella selva a tagliar la querce annosa,
56.3che quella spiana e questa a basso stende,
56.4ch'al passare in cammin gli vien noiosa;
56.5tal Lancilotto face a chi contende
56.6il ritrovar quel loco, ove si posa
56.7quel ch'ei sol cerca e che vorrebbe solo,
56.8perdonando ogni colpa all'altro stuolo.
57.1Ma no 'l può rivedere, ovunqu'ei muova
57.2con ratto corso il candido destriero;
57.3or quinci or quindi con desio rinuova
57.4dalla speme fallita il suo sentiero;
57.5or mentre ancide e fiacca si ritruova
57.6con Gallinante, il giovinetto altero
57.7di Giron nato e della bianca Arana,
57.8ch'era de' suoi pensier donna e sovrana.
58.1Quando il vede vicin, ch'ardito viene
58.2col grande scudo d'oro traversato
58.3sol di porporea riga, risovviene
58.4al chiaro Lancilotto in altro lato
58.5d'averlo visto e 'l suo troncon ritiene,
58.6per non far'onta a cavaliero ornato
58.7d'una insegna sì nobil, ch'apparisse,
58.8che dal franco Girone in lui venisse.
59.1Il quale ebbe in onor sovra ciascuno,
59.2e morto più che mai l'apprezza e cole;
59.3né gli cangia pensier l'esser del Bruno,
59.4sì come Segurano, onde si duole;
59.5e pria che fare al giovin danno alcuno,
59.6con cortesi preghiere intender vuole
59.7chi sia, dicendo: “Non vi spiaccia, ch'io
59.8sappia il nome di voi, come desio,
60.1valoroso signor, da poi che degno
60.2di portar tale scudo vi stimate
60.3del famoso guerrier, che ne fé degno
60.4il secol nostro e qualunque altra etate;
60.5e per qual sia cagion, che 'l picciol segno
60.6del color porporino vi mischiate;
60.7perch'io intenda primier da cui riporte
60.8onorata vittoria o trista morte”.
61.1Risponde il giovinetto: “Volentieri;
61.2glorioso figliuol del gran re Bano;
61.3Gallinante son'io, tra i liti feri
61.4nato d'Ibernia, al padre mio lontano,
61.5che fu Girone e per istran sentieri
61.6ho seguito il cugin mio Segurano,
61.7sperando esser con voi, non con Clodasso,
61.8ma di quanto bramai son nudo e casso;
62.1ch'avendo egli sposata la figliuola,
62.2in Avarco e tra' suoi mi tiene a forza,
62.3ma l'alma ho con voi sempre e riman sola
62.4di me con lor la rilegata scorza;
62.5la quale aver sotto la vostra scuola
62.6così tosto sper'io, come s'ammorza
62.7alquanto il guerreggiar; ch'e' non si dica,
62.8che mi scacce il periglio e la fatica,
63.1che se ben mi fé il ciel di madre Iberna,
63.2vien la parte miglior dal terren gallo,
63.3ch'avrà sempre di noi memoria eterna,
63.4e fora il lui lassar soverchio fallo;
63.5or perché in nulla guisa non si scerna
63.6macchiato il mio dever, sendo a cavallo
63.7in favor di Clodasso, alla battaglia
63.8di dimostrarvi bramo quant'io vaglia”.
64.1Così parlando, a guerra s'apparecchia;
64.2ma il nobil Lancilotto sorridendo
64.3dice: “Il perfetto amor, quanto più invecchia,
64.4più si deve affinar, s'io ben comprendo;
64.5onde all'ultimo dir chiuder l'orecchia,
64.6e d'oprar con voi spada non intendo;
64.7vi prego io ben, quando l'onore il porta,
64.8che deggiate d'Arturo essere scorta:
65.1e che vi piaccia or qui per nostro amore
65.2di portar sempre in guerra questa spada,
65.3che m'ha fatto talor sì largo onore,
65.4che i nemici maggior m'han fatto strada;
65.5e si face ivi addur d'alto valore
65.6da Santippo fedel, che intento bada,
65.7un fortissimo brando e la cintura
65.8piena di gemme vaghe oltra misura.
66.1La qual sempre portava s'avvenisse
66.2della miglior ch'avea, fortuna ria,
66.3che tra quante più fine erano affisse
66.4alla dogliosa guardia presa avia;
66.5il giovinetto a lui non contradisse,
66.6ma se la cinse allor con voglia pia,
66.7e quell'altra, ch'avea, cerca con preghi,
66.8che di prenderla in vece non gli nieghi:
67.1dicendo: “Ella fu già del mio Girone,
67.2della qual don mi fé quando morio,
67.3e per narrare il vero, altra stagione
67.4più matura convienle al poter mio;
67.5ch'oggi ha il terz'anno pur, che 'n su l'arcione
67.6montai, partendo dal terren natio,
67.7e di tre lustri soli era il natale,
67.8sì che meglio è per voi brando cotale”.
68.1Prendela Lancilotto e ponla in mano,
68.2poi che grazie rendeo, dello scudiero;
68.3poscia il domanda: “E 'l vostro Segurano,
68.4che del nostro dolor va così altero,
68.5ov'or si sta, che presso né lontano
68.6non si vede apparir sovra il sentiero?
68.7Dite per cortesia, dove il lassaste,
68.8tra cavalieri armati o pedestri aste?”
69.1Risponde Gallinante: “Ei non è lunge
69.2con Clodin, con Brunoro e Palamede,
69.3e verso il buon Tristano il destrier punge,
69.4vicino ove l'Euro ha l'umida sede;
69.5ch'or questi spinge innanzi, or ricongiunge
69.6quei ch'e' vede ire sparsi e ben provvede
69.7ove il bisogno vien, da poi ch'ha inteso,
69.8che sete in guerra voi di sdegno acceso”.
70.1Il ringrazia egli allor; poi ratto sprona
70.2verso la destra mano, ove ha sentito,
70.3ch'è l'avversario suo; né spinge e tuona
70.4più il cruccioso aquilon nel tracio sito,
70.5quand'Eolo al più gran verno lo sprigiona
70.6a percuoter crudel questo e quel lito,
70.7e nell'aria e nel cielo movendo guerra
70.8abbata i legni in mar, le mura in terra.
71.1Incontra al cominciar la gente stretta
71.2sì, che non può trovar sì tosto strada;
71.3che da quei, che son doppo, in guisa eretta,
71.4ché non si vede alcun, che 'ndietro vada;
71.5ma Lancilotto allora il troncon getta,
71.6e pon la mano alla divina spada,
71.7di cui l'ardente e 'nsolito splendore
71.8empiea ciascun d'orribile terrore.
72.1Sì come al peregrin talora avviene,
72.2che si ritrove sol la notte fosca,
72.3che sovra l'orizzonte accesa viene
72.4con la fiamma crudel, che 'l mondo attosca,
72.5l'empia cometa; che 'ngombrata tiene
72.6del ciel gran parte ed ei non la conosca,
72.7ma tema il miserel, che da quel loco
72.8tutto il mondo di poi si volga in foco;
73.1tale avvien tra costoro e ciascun fugge
73.2col core almen, poi che col piè gli è tolto;
73.3ma qual fero leone, intorno rugge,
73.4che da cani e pastor si trove avvolto,
73.5e tutto il miser popolo distrugge,
73.6percotendogli il cor, le spalle, il volto,
73.7come prima s'avvien, sì che i sentieri
73.8empie d'uomini, d'arme e di destrieri.
74.1Sembra alla calda estate, quando cade
74.2grandine spessa e subita tempesta,
74.3che tronca e fiacca le mature biade,
74.4che né spiga né paglia intera resta,
74.5ma si vede calcar l'afflitte strade
74.6quella in polve conversa e trita questa;
74.7che la pia villanella grida e piange,
74.8e si squarcia i capelli e 'l volto frange.
75.1E dal fero Nifonte, in core acceso
75.2di far vendetta anch'ei di Galelalto,
75.3era l'afflitto stuol non meno offeso,
75.4ch'or de' piedi, or de' denti innuova assalto;
75.5quel sopra il volto e quel supin disteso
75.6fa nella trista valle orrido smalto;
75.7et ei dove più d'essi scorge insieme,
75.8con più caldo furor la terra preme.
76.1Quasi come il cultor che adeguar vuole,
76.2per le biade mondar, l'eletta parte,
76.3che le sue rozze genti al caldo sole
76.4a calcarle il terreno ha in cerchio sparte;
76.5poi con rotondi marmi spiegar suole
76.6in grave rivoltar la forza e l'arte,
76.7tal che più nullo in lei, ch'offenda il piede,
76.8sasso, gleba, né sterpo esser si vede.
77.1Così facea il destrier; che s'alcun vivo
77.2degli abbattuti ancor rimane in terra,
77.3si ritrovava poi di spirto privo
77.4dal secondo aspro peso, che l'afferra;
77.5e benché Lancilotto appaia schivo
77.6d'uccider gente tal; poi che gli serra
77.7il cammin di trovar l'Iberno altero,
77.8vien contra l'uso suo spietato e fero.
78.1Era il brando già lucido ricinto
78.2di cervella atre e di sanguigno orrore;
78.3di lordissime macchie era dipinto
78.4dell'altro arnese il candido splendore;
78.5l'argentato suo scudo parea tinto
78.6nell'onde stigie d'infernal colore;
78.7gli occhi già dolci e 'l grazioso volto
78.8in quel d'aspe mortal parea rivolto.
79.1E per nuovo timor la gente molta,
79.2ch'all'invitto furor forza non ave,
79.3qual'era in schiera numerosa e folta
79.4dentro all'onda si pone armata e grave,
79.5e di doppio periglio insieme avvolta
79.6più Lancilotto assai, che morte pave;
79.7e tanti in un si gettan dall'arena,
79.8che la riviera omai n'è intorno piena.
80.1Sembran come talor che 'l cielo ingombra
80.2d'affamate locuste i lieti campi,
80.3che 'l villanel da' frutti suoi le sgombra
80.4con alta fiamma, che 'l terreno avvampi;
80.5ch'elle tra 'l foco e 'l fumo, che l'adombra,
80.6non trovando altra guisa, che le scampi,
80.7del fiume più vicin, ch'ivi si mostri,
80.8empion saltando in lui gli umidi chiostri.
81.1Né per empier del rio le placide onde
81.2quella squadra nemica, ch'è infinita,
81.3può il famoso guerrier lungo le sponde
81.4trovare al suo desir la via spedita;
81.5tal che l'ira maggior, che Marte infonde,
81.6a mischiarse con lei ratto l'invita;
81.7e con sì gran romor s'avventa ivi entro,
81.8ch'ei fé, credo, tremar Pluton nel centro.
82.1Fersi l'acque spumose e in aria alzarse
82.2al profondo saltar del gran destriero,
82.3e la chiarezza lor vider cangiarse
82.4in aspetto per lui sanguigno e fero;
82.5sta sotto alquanto e poi di sopra apparse,
82.6come mostro marin pronto e leggiero;
82.7e dove scorga più le calche strette,
82.8col sanguinoso brando ivi si mette.
83.1Né per leve fuggir, che 'l popol faccia,
83.2al disegnato fin secur riesce,
83.3ch'ei senza abbandonar l'umida traccia,
83.4or con questi or con quei ratto si mesce,
83.5qual rapace dalfin, che segua in caccia
83.6doppo il lungo digiuno il minor pesce,
83.7ch'or rifugge nel porto, or sotto il sasso
83.8dello scoglio vicin più stretto e basso.
84.1Tal rifuggendo quei, su l'altra riva
84.2cercan levi posar l'afflitto piede;
84.3ma il feroce guerrier prima gli arriva,
84.4ch'e' sien montati alla più asciutta sede;
84.5e numero cotal di vita priva,
84.6che con grave dolor, lasso, si vede
84.7già l'Euro miserello avere il seno
84.8vie più di sangue assai, che d'onde pieno:
85.1e di tant'arme colmo e di tant'aste,
85.2di tanti elmi, di scudi e di destrieri,
85.3che la forza impedita omai non baste
85.4per distender più il corso a' suoi sentieri;
85.5le vaghe ninfe sue nitide e caste
85.6lamentando fuggir gli assalti feri;
85.7et ei per non veder, l'erbosa fronte
85.8ascosa avea sotto al Cemenio monte.
86.1Poi ch'ha sfogato alquanto Lancilotto
86.2contra il popol laggiù l'avuto sdegno,
86.3sopra l'asciutta terra ricondotto
86.4in ritrovar l'Iberno opra l'ingegno;
86.5e dove è men lo stuol fugato e rotto,
86.6scorge un gran cavalier, che mostra segno
86.7di nobiltade insieme e d'alte prove,
86.8e che 'nverso di lui correndo muove.
87.1Fecesi lieto in core e seco spera,
87.2ch'esser potesse il chiesto Segurano;
87.3poi che gli vide in man l'insegna altera
87.4del leon brun, conosce Dinadano,
87.5e gli dice: “Signor, per quella vera
87.6virtù dovuta a gran guerriero umano,
87.7non mi negate il dire, ove or dimora
87.8il vostro Seguran, ch'ogni uomo onora”.
88.1Risponde il cavaliero in vista acerba:
88.2“Io non son qui, signor, per cura avere
88.3qual loco Seguran ne rende o serba,
88.4ma per alte spiegar le mie bandiere,
88.5e per largo punirte, alma superba,
88.6d'aver percosse le germane schiere,
88.7qual lupo al bosco le smarrite gregge
88.8senza il cane o 'l pastor, che le corregge.
89.1Ché mentre in altra parte io stava inteso
89.2a drizzar di Clodino il destro corno,
89.3udì lontano il nostro stuolo offeso
89.4da stran nuovo guerrier di bianco adorno;
89.5e 'l cammin verso lui volando ho preso,
89.6per vendicar de' miei l'avuto scorno;
89.7e questo è il Seguran, ch'ite cercando,
89.8il qual vi mostrerrò con questo brando”.
90.1Risponde Lancilotto: “Io non rifiuto
90.2a chi mi invita mai nuova battaglia;
90.3ma ben di Segurano avrei voluto
90.4più tosto che di voi, tentar la maglia;
90.5ché da voi nullo oltraggio ho ricevuto,
90.6ma da lui tal, che nullo gli s'agguaglia;
90.7or s'ei vi piace pur, facciasi presto,
90.8ché 'l soverchio indugiar saria molesto”.
91.1Così detto alza il brando e dallo scudo
91.2l'oscuro suo leon per terra getta,
91.3e 'l forte Dinadan di quello ignudo
91.4pensa di tosto far larga vendetta,
91.5e di colpo qual può più acerbo e crudo
91.6nel lucid'elmo il fere, che saetta
91.7faville tante, che d'ardente foco
91.8fece intorno avvampare il vicin loco.
92.1Ma bisogna altro colpo, che mortale,
92.2o che di Dinadan la forza passe,
92.3per fare a Lancilotto sì gran male,
92.4che pur la fronte alquanto se n'abbasse;
92.5la spada indietro rimontando sale,
92.6quasi che 'l duro porfiro toccasse;
92.7ma il figliuol del re Bano il ripercuote,
92.8ove di scudo avea le spalle vòte.
93.1E 'l trova a punto in quel medesmo nodo,
93.2ove il braccio era all'omero commesso;
93.3e 'l getta in terra in quello istesso modo,
93.4che suol ramo di faggio o di cipresso
93.5il pastor, che vuol far selvaggio chiodo
93.6per la mandra dubbiosa, che sia presso
93.7del bosco folto o delle alpestri rupi,
93.8ove insidie maggior tendano i lupi.
94.1Tale il sinistro braccio si disciolse
94.2dal famoso guerriero e 'n basso cade,
94.3e tra le arene misero s'avvolse,
94.4e del sangue che versa empieo le strade;
94.5raddoppia il colpo Lancilotto e 'l colse
94.6in loco onde convien che a morte vade,
94.7ove appunto la testa al collo assiede,
94.8e del suo gran destrier la pose al piede:
95.1e fé dentro al terren profonda stampa,
95.2qual faro suol, che 'l popol pio ripose
95.3sovr'alta torre, a far notturna lampa
95.4al nocchier dubbio alle stagioni ombrose;
95.5che 'l folgore crudel, che 'l cielo avvampa,
95.6col possente furore in basso pose
95.7dalla parte contraria alle sals'onde,
95.8che nel lito arenoso il mezzo asconde.
96.1Come il vede cader, chiamando i suoi
96.2Lancilotto dicea: “Diletti amici,
96.3di riportar pongh'io la cura in voi
96.4costui, con quanti avrò duci nemici
96.5condotti a morte, al padiglion di noi
96.6con tutte l'arme, a ciò che l'infelici
96.7essequie sian di tai guerrieri ornate,
96.8e di chiare vendette a i morti grate”.
97.1Risponde un suo scudier, chiamato Eleno:
97.2“Non fia 'l vostro desir vòto d'effetto”;
97.3e di quattro de' suoi l'ha posto in seno,
97.4che assai tosto il portaro, ove gli ha detto;
97.5ma il cavaliero Ercinio, il pio Drumeno,
97.6vedendo allor con doloroso affetto
97.7morire il buon vicino, il caso rio
97.8di vendicar, potendo, avea desio;
98.1ma perché non ha speme essendo solo
98.2di poter contrastare a forza tale,
98.3Estero e 'l suo Faran con largo stuolo
98.4del suo corno german, che in arme vale,
98.5chiamando dice: “Ora sproniamo a volo
98.6sovr'a questo crudel, che i nostri assale
98.7in così stran furor, che par ch'e' voglia
98.8sol di noi riportar trionfo e spoglia.
99.1Or leviamlo di terra e si dimostre,
99.2ch'anco nudre virtù l'Albi e Visera,
99.3che lunge inondan le campagne nostre
99.4non men ch'or faccian qui la Sena e l'Era;
99.5e se la lancia mia con l'altre vostre
99.6andando verso un sol non avrà intera
99.7la gloria, assai ne fia l'avere spento
99.8chi sembra oggi di noi morte e spavento”.
100.1In cotal ragionar, son giunti insieme
100.2venti chiari guerrier, ch'uniti vanno
100.3contra il gran Lancilotto e ciascun preme,
100.4o di lancia o di brando a mortal danno;
100.5ma non crollan le membra o l'alma teme
100.6del fero Gallo a i colpi che gli danno;
100.7ché di valor fornito e d'alta spene
100.8con magnanimo ardir tutto sostiene.
101.1Sì come orso talor nell'alpe suole;
101.2se di rozzi mastini ha schiera intorno;
101.3ché mentre questo e quel ferir lo vuole,
101.4fa più a sé, ch'al nemico, oltraggio e scorno,
101.5e di offendere in van si lagna e duole
101.6l'ispido vel d'ogni fortezza adorno;
101.7ned ei si muove pria, che veggia tutto
101.8ristretto il cerchio in un con poco frutto:
102.1poi surge in piede e le nodose braccia
102.2ambe in giro menando, quanti arriva,
102.3o latrando feriti a terra caccia,
102.4o morti stende alla nevosa riva;
102.5salvo è sol chi lo scampo si procaccia
102.6col ratto corso e l'altra gregge priva
102.7riman di spirto; ed ei rabbioso in vista
102.8contro a chi si fuggia rugge e s'attrista.
103.1Così il figlio di Ban, poi ch'ha lassato
103.2l'arme sfogar de' miseri Germani,
103.3il suo estremo potere ha riversato
103.4in essi ad uno ad un, ch'ha men lontani;
103.5Farano il primo fu ch'egli ha trovato,
103.6che già, rotta la lancia, ad ambe mani
103.7alza 'l brando a ferir, ma pria ch'abbasse,
103.8feo le voglie ch'avea di forza casse;
104.1ch'una punta gli pose, ove le coste
104.2dan curvate su 'l petto al ventre loco;
104.3l'eterne nubi alle sue luci imposte
104.4furo, e spento nel cor lo spirto e 'l foco;
104.5Estero poi, che di Clodasso l'oste
104.6con quei di Sclesia rallumò non poco,
104.7trova il secondo, e 'l parte dal cimiero
104.8in fin dov'egli inforca il suo destriero.
105.1Drumeno è il terzo, che degli altri duce
105.2fu in questo assalto e con più ardir si muove;
105.3ma nell'istessa forma esso conduce,
105.4né gli giovar con lui l'antiche prove;
105.5ché Lancilotto alla sinistra luce
105.6gli mise il brando e passa, ove ritrove
105.7della memoria il seggio; onde partio
105.8tinto avanti al morir d'eterno oblio.
106.1Sovra gli altri da poi stende la mano
106.2l'ardito Lancilotto, infin ch'egli ave
106.3tutto il drappello omai versato al piano,
106.4fuor solo alcun, che rifuggendo pave;
106.5e 'l suo fidato Eleno a mano a mano
106.6fa la schiera che 'l segue intorno grave
106.7del peso di ciascun, ch'ivi era duce,
106.8ch'al padiglion con gli altri gli conduce.
107.1Ma il fello Arvin, che quelli in guerra avea
107.2nati, ove alla Pomeria è il mare aggiunto,
107.3dell'aspra sorte de' compagni e rea
107.4di dovuto dolor l'alma compunto,
107.5ove il nobil Brunoro combattea
107.6col possente Tristan, volando è giunto,
107.7e gli dice: “Il protervo Lancilotto
107.8ha il corno ove noi semo a fin condotto.
108.1Egli ha, chiaro signore, il fratel vostro,
108.2l'altero Dinadan sospinto a morte,
108.3il quale in van contra l'orrendo mostro
108.4si vide più ch'altrove ardito e forte;
108.5ma né 'l suo gran valor, né l'altro nostro
108.6più riverito stuol, ch'ivi era a sorte,
108.7poteo ben rintuzzar di lui la rabbia,
108.8ch'ha di spirto infernal le fosche labbia.
109.1Ch'oltra molti ha Drumen della Fontana,
109.2con Estero e Faran dal mondo tolto;
109.3or tra la gente misera germana
109.4è qual fero leon nel sangue avvolto;
109.5ch'ha la strada a' suoi danni aperta e piana
109.6sendo ogni duce suo di vita sciolto,
109.7tal che 'n brevissima ora il popol tutto,
109.8senza aiuto novel, sarà distrutto”.
110.1Quando il fero Brunor l'aspre novelle
110.2dell'amato fratel misero intende,
110.3alzando gli occhi al ciel, contra le stelle
110.4lo spietato parlar cruccioso stende:
110.5“Crude faci” - dicendo - “inique e felle,
110.6dalle quali ogni mal fra noi discende,
110.7e nel cui duro sen, d'ogni virtude
110.8somma invidia e velen lassù si chiude.
111.1Voi non potete far danno maggiore
111.2al germanico lito e al mondo tutto,
111.3or che per vostro oprar, l'alto valore
111.4nel mio buon Dinadan giace distrutto;
111.5ma seguane che può, che brevi l'ore
111.6saran della mia vita o del mio lutto;
111.7ché questo istesso dì lui vendicato,
111.8o me seco vedrà cangiando stato”.
112.1Poi rivolto ad Arvin, dice: “Or vi piaccia
112.2di menarmi ov'è il figlio del re Bano,
112.3ch'al volere e 'l dever si satisfaccia
112.4per sì famoso duce e pio germano”.
112.5Così parlando, alla famosa traccia
112.6si mettono ambedue; né 'l fanno in vano,
112.7che poco andar, ch'apparve Lancilotto,
112.8che 'l popolo uccidea fugato e rotto.
113.1Come il vide Brunoro, in vista fasse,
113.2qual lupa irata, che 'l leon scorge,
113.3che dal nido a lei lunge i figli trasse,
113.4e che cibo ne fa tardi s'accorge;
113.5che quantunque a tal fera umili e lasse
113.6sue forze estimi, tale ardir le porge
113.7la materna pietade, e 'l duol che stringe,
113.8ch'a disperata guerra il dente accinge.
114.1Tal l'irato German, ch'aperto vede
114.2troppo alto al suo potere il guerrier Gallo,
114.3pur pensando al fratello, al dolor cede,
114.4e quanto può ver lui muove il cavallo,
114.5gridando: “Il seguitar sì basse perde
114.6in cavalier d'onore è troppo fallo;
114.7torni a me il volto Lancilotto e prove
114.8se chi l'agguaglie o 'l vinca si ritrove”.
115.1Volgesi al suo chiamare il gran guerriero,
115.2e che ciò sia Brunor gli è tolto avviso
115.3al bianco scudo, in cui tra rosso e nero
115.4ha il surgente leone il pel diviso;
115.5tutto umil poscia al suo parlare altero
115.6“Signor” - risponde - “se 'l mio brando ucciso
115.7ha del popol più vile, anco sentiti
115.8han talor de' suoi colpi i più graditi.
116.1E se di lui tentar desio v'assale,
116.2mi parria rifiutando oltraggio farme;
116.3pur con altro guerrier, che non men vale,
116.4molto più che con voi, vorrei provarme;
116.5perch'al nobile spirto mai non cale
116.6contr'a chi non l'offese muover l'arme,
116.7com'or farò con voi, che mai nemico
116.8non tenni in questo o in altro tempo antico”.
117.1Ma il superbo Brunoro allora irato
117.2più ch'ancor fosse mai crudo favella:
117.3“Se voi non sète a noi nemico stato,
117.4a voi son'io per la cagion novella,
117.5ché del caro fratel resto privato;
117.6il qual l'aspra fortuna empia e rubella,
117.7non la vostra virtù, condusse a morte,
117.8ché più d'altro e di voi fu ardito e forte.
118.1E con fermo voler di vendicarlo
118.2vengh'io, se foste ben tutto adamante;
118.3e se 'l mio reo destin negherà il farlo,
118.4morrò qual duce e cavaliero errante;
118.5e che mi roda il cor, qual legno tarlo,
118.6non mi fia mai sempre il gran germano avante
118.7la notte e 'l giorno e mi rammente ch'io
118.8debba per lui compir l'uficio pio”.
119.1Al parlar disperato di Brunoro
119.2Lancilotto alla fin così risponde:
119.3“Se 'l cipresso cercate o ver l'alloro,
119.4né vi cal qual si sia delle sue fronde,
119.5agevol vi sarà l'una di loro
119.6meco trovar; che in questa man s'asconde
119.7di quei la morte, ch'ostinati vanno
119.8bramosi contra lei del proprio danno”.
120.1Tacque il fero German d'ira e di doglia
120.2premendo il chiuso core e 'l brando scarca
120.3in Lancilotto, il qual più che mai soglia
120.4sente la destra spalla esserne carca,
120.5ma il sacro acciaro e l'incantata spoglia
120.6al securo difender non fu parca,
120.7et oprò sì, ch'alla percossa stanca
120.8nel suo primo arrivar la forza manca.
121.1Ma raddoppia il crudel presso al cimiero
121.2del lucid'elmo in su 'l medesmo lato,
121.3sì che d'esser sì forte ebbe mestiero,
121.4ch'ogn'altro ne saria rotto e fiaccato,
121.5e quel rimase pur sì saldo e 'ntero,
121.6che non più ch'adamante, cangiò stato;
121.7ripone il terzo colpo al proprio loco,
121.8e sol d'ampie faville accese il foco.
122.1In così gran prestezza e 'n tal furore
122.2i colpi van, che Lancilotto a pena
122.3puote armar verso lui la mano e 'l core,
122.4e ripigliar la traviata lena;
122.5pur rivestendo alfin l'usato ardore,
122.6onde gli ha il quinto ciel l'alma ripiena,
122.7mena il brando ver lui con quella forza,
122.8ch'ogni possa mortale abbatte e scorza:
123.1e gli vien sovra l'elmo, che non dura
123.2più ch'a grave martel vetro ben frale:
123.3partegli il capo e 'nfino alla cintura
123.4scese squarciando il ferro aspro e mortale:
123.5di sangue aspersa e d'atra nube oscura
123.6l'anima diperata aperse l'ale,
123.7e del regno tartareo volò in seno,
123.8lassando aperto il carcere terreno.
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