CANTO XXI

Avarchide

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1.1Or mentre questi e quelli in tale stato
1.2han l'uno stuolo e l'altro ricondotto,
1.3già il re Rion securo era arrivato
1.4col miser Galealto a Lancilotto;
1.5a cui nessun narrar l'acerbo fato
1.6non s'avea per timor l'animo indotto;
1.7però, qual nuovo inaspettato danno,
1.8più doglioso gli apporta e crudo affanno.
2.1Il qual sempre restato era, dapoi
2.2che 'l suo diletto amico era partito,
2.3lungo l'albergo che chiudeva i suoi,
2.4fuor d'ogni fosso in solitario lito;
2.5or quando scorge il re, con gli altri duoi,
2.6ch'han gli occhi molli e 'l volto sbigottito,
2.7e 'n fra lor l'aspra soma hanno divisa,
2.8che sia quel, ch'era in ver, subito avvisa;
3.1e gridò di lontano: “O signor miei,
3.2è quel che scorgo qui, l'eletto amico,
3.3che mi renda infelici e giorni e rei,
3.4e 'l viver, lasso, al mio voler nemico?
3.5Deh come volentier tosto morrei
3.6pria che risposta aver di quel ch'io dico;
3.7ch'io so, che 'l rio destin mi pose al mondo
3.8per non lassarmi mai tempo giocondo”.
4.1Risponde il re Rion: “Chiaro signore,
4.2a quanto piace al cielo a noi conviene
4.3quetamente adattar l'animo e 'l core,
4.4e tutto in grado aver che da lui viene;
4.5il gran re Galealto in sommo onore
4.6ha del mondo schivate omai le pene,
4.7e dell'alto Motor, Fattore e duce
4.8gode lieto or lassù l'eterna luce.
5.1E del possente e fero Segurano,
5.2doppo aver lui mostrata alta virtude,
5.3ucciso fu dalla spietata mano,
5.4che troppo gran valor per esso chiude;
5.5e 'l lassò al fin su l'arenoso piano,
5.6con le membra reali scarche e nude
5.7dell'armi vostre infino ad ora invitte
5.8in mille parti già chiamate e scritte.
6.1E se non era ancor la chiara aita
6.2del famoso Tristan, che non fu parco
6.3già mai di sangue suo, d'altrui rapita
6.4questa spoglia mortal fora in Avarco;
6.5ma mentre in altro affar tenne impedita
6.6la schiera Iberna e noi pietoso incarco
6.7di lui prendemmo, e con veloce piede
6.8qui il conduciamo all'infelice sede”.
7.1Poi ch'ha detto così, del peso scosso
7.2ha sé medesmo e gli altri e posa in terra
7.3il grave scudo allor di Sinadosso,
7.4che 'l miser Galealto ascoso serra;
7.5mentre ch'al discoprirlo era già mosso
7.6l'afflitto Lancilotto, in cui fan guerra
7.7tra loro ira, pietà, sdegno e furore,
7.8e di pari ciascun gli ingombra il core.
8.1E poi ch'egli ha la candida bandiera,
8.2onde celato gìa, di sopra tolta,
8.3e l'ha squarciata in vista orrida e fera,
8.4le braccia intorno al caro collo avvolta;
8.5indi con voce oltra l'usato altera
8.6in tal duro parlare al ciel si volta:
8.7“Deh perché mi serbasti, invida sorte,
8.8vivo a cosa veder peggior che morte?
9.1E' questo il ben, che alcun predetto m'ave,
9.2che da voi mi verria, crudeli stelle?
9.3Ch'oggi danno sì amaro, acerbo e grave
9.4mostrate a gli occhi miei spietate e felle,
9.5che l'incarco terren più nulla pave,
9.6ch'a i suoi brevi desir siate rubelle;
9.7che tanto in un sol dì gli avete tolto,
9.8che non vi resta omai da torgli molto.
10.1Ma se de' miei dolor fuste sì vaghe,
10.2perché almen non volgeste in queste membra
10.3l'armi nemiche e le medesme piaghe,
10.4e 'l fin ch'ogni mortale in uno assembra?
10.5Deh come del suo mal talor presaghe
10.6son nostre menti, ohimé? Che mi rimembra,
10.7che all'apparir dell'alba mi destai
10.8tutto tremante di futuri guai.
11.1E tu spirto real, ch'or sei nel cielo,
11.2e che del mio dolor forse hai pietade,
11.3non ti sovvien con che fraterno zelo
11.4del guardarti d'altrui mostrai le strade?
11.5Dicendo, ahi lasso, e sotto ascoso velo,
11.6per non offender tue virtù sì rade,
11.7che devessi schivar la cruda mano
11.8del fatale avversario Segurano?
12.1Ma il troppo tuo valor, la troppa altezza
12.2del magnanimo cor t'indusse a questo,
12.3per furarmi dal mondo ogni dolcezza,
12.4e per lassarmi a me gravoso e mesto;
12.5ma con quel cor, che sol piacerti apprezza,
12.6ti promett'io, s'al ciel non fia molesto,
12.7che tu potrai veder con chiara sorte
12.8larga di te vendetta o di me morte.
13.1Che nessun possa dir, che Lancilotto,
13.2doppo il crudo partir di Galealto,
13.3non aggia o il percussore o sé condotto
13.4sotto aspro incarco di marmoreo smalto;
13.5che 'l fil saldar, che dalla Parca è rotto,
13.6sol si conviene a chi ne scorge d'alto;
13.7che nel perder gli amici a noi promette
13.8solo i pianti, le lodi e le vendette.
14.1Il pianto avrai ma non da gli occhi miei,
14.2ch'al generoso spirto si disdice;
14.3ma da chi scorgerà gli acerbi e rei
14.4casi del popol suo morto e 'nfelice;
14.5le lodi altri ned io donar potrei
14.6simili a quelle ognor che canta e dice
14.7delle bell'opre tue l'alta memoria,
14.8ch'ovunque cinge il mare empie di gloria”.
15.1Poi ch'alquanto è sfogato, intorno chiama
15.2Sinadosso, Galnese e 'l re Rione,
15.3dicendo: “A cavalier di tanta fama,
15.4cui soggiacea sì larga regione,
15.5per chi perfettamente il cole ed ama,
15.6e del tutto adempir sua cura pone,
15.7non si dee di ministro adoprar mano,
15.8che di sangue e virtù non sia sovrano.
16.1Però vi prego umil, per quello amore
16.2che sì chiaro di lui vi scalda il seno,
16.3che noi non disdegnam rendere onore,
16.4qual più si puote, al carcer suo terreno;
16.5che sia ridotto al pristino candore
16.6dalla polve e dal sangue ond'egli è pieno,
16.7da noi medesmi e nessun altro sia
16.8in tale uficio indegna compagnia”.
17.1Poi ch'ha finito, il nobil Sinadosso
17.2per preghiera degli altri a lui risponde:
17.3“Quanto pon questi duci e quanto io posso
17.4al dever vostro e nostro corrisponde”.
17.5Così dicendo il bel drappello è mosso
17.6con ricche urne dorate, ove con l'onde
17.7bagna d'Euro il ruscel l'erbose rive,
17.8del lungo guerreggiar già fatte schive.
18.1E dove più profonda e chiara appare,
18.2e men rotta da' carri e da' destrieri,
18.3cerca intento ciascun la sua colmare
18.4di quelli illustri e rari cavalieri;
18.5indi a vedergli carchi ritornare
18.6ingombravan le vie gli altri guerrieri,
18.7che ripien di lugubre meraviglia
18.8alzano inverso il ciel l'umide ciglia.
19.1Poi giunti al padiglion fra terra e sassi,
19.2pur di lor propria man fan ricco il foco
19.3di tronchi e frondi, che in veloci passi
19.4hanno accolti vicin d'intorno al loco;
19.5pendente in mezzo ov'ampio vaso stassi,
19.6in cui givan versando a poco a poco
19.7tra mille erbe odorifere e sacrate
19.8l'acque dal picciol fiume ivi portate.
20.1Al qual d'alto romor fremendo in giri
20.2fan le montanti fiamme orrida guerra,
20.3mentre s'ode lontano alti sospiri
20.4muover l'onda crollante ch'ei riserra,
20.5in fin che 'n freddo loco si ritiri
20.6vuol Lancilotto e si ripose in terra
20.7tanto, che 'l suo calor termine prenda,
20.8che la man di chi 'l tocca poco offenda.
21.1Poi sopra mensa aurata collocate
21.2le membra quasi incognite a chi vede,
21.3fur le spietate piaghe pria lavate,
21.4indi il corpo real dal sommo al piede;
21.5sì ch'all'esser di prima omai tornate
21.6le fattezze divine, ch'eran sede
21.7d'ogni virtù immortal, si dimostraro
21.8come fosser giamai nel viver chiaro.
22.1Non poté fare allor l'invitto amico,
22.2che con grave sospir non gli parlasse:
22.3“Ov'era, alto mio re, l'amore antico,
22.4ch'al me sempre seguir fra noi vi trasse?
22.5Che dal nostro comune aspro nemico
22.6almeno a mia cagion non vi ritrasse,
22.7dicendo: 'Or sieno in me scolpite e fisse
22.8quelle estreme parole, ch'ei ne disse'.
23.1Ma dove me tenea l'aspra mia sorte,
23.2che, qual sempre solea, non v'era a lato?
23.3Ch'a mille Seguran dava io la morte
23.4pria che lasso vedervi in tale stato,
23.5o che le mie giornate eran sì corte,
23.6come a voi l'ordinò l'acerbo fato,
23.7sì che l'uficio estremo, ch'or fo a voi,
23.8il faceva altra mano ad ambe duoi”.
24.1Così lasso dicendo intorno intorno
24.2l'abbraccia e stringe a sé la chiara fronte;
24.3indi con vel di bei trapunti adorno
24.4per onorate man nobili e conte,
24.5che gli fu dato in quel felice giorno,
24.6ch'egli abbatté le forze al nuocer pronte
24.7del fero Ancaldo, che la bionda Isotta
24.8sotto il suo crudo impero avea condotta;
25.1che fra mill'altri don, gli fu cortese
25.2di questo, ch'ei vorrebbe a più lieta opra
25.3aver servato, in cui tutto il paese
25.4dell'armorico regno pinse sopra;
25.5come ha nell'ocean le braccia stese,
25.6le quali or lassi nude, or tutte cuopra,
25.7secondo il vario corso ch'ave in cielo
25.8la sorella di quel che nacque in Delo.
26.1Con quel dunque l'asciuga e puro e netto
26.2d'ogni sangue e di polve tutto il rende;
26.3poi tra le piume stese in aureo letto
26.4sovra fino ostro e seta, esso distende;
26.5l'asconde appresso dal mortale aspetto
26.6da tappeto ricchissimo, che pende
26.7da ciascun lato, in cui varia riluce
26.8e di gemme e di perle altera luce:
27.1là dove il ciel pareva e le sue stelle
27.2ben distinte fra loro ad una ad una,
27.3poco men che le vere ardenti e belle,
27.4quando più scarca sia la notte bruna;
27.5ma qual regina poi tra tutte quelle,
27.6di candidi adamanti era la luna
27.7cinta il volto divin, che 'ntero mostra
27.8al pio Germano ed alla vista nostra.
28.1Questa una fu dell'onorate prede
28.2di Lancilotto già infinite allora,
28.3ch'a forza vincitor l'ardito piede
28.4pose in Benicco e ne ritrasse fuora
28.5la vaga donna d'ogni grazia erede,
28.6di cui chiara beltà larga dimora;
28.7la vaga Claudiana, che poi volse
28.8rendere al padre e premio non ne tolse:
29.1la qual diè poi Clodasso per isposa
29.2al fero Segurano, onde alfin nacque
29.3dell'invido Gaven la lite odiosa,
29.4che in altrui man vederla gli dispiacque;
29.5or poi che dalla veste preziosa
29.6il miser Galealto occulto giacque,
29.7dal dolore incredibile condotto
29.8gìo da gli altri in disparte Lancilotto
30.1e lungo il rio dell'arenoso lito
30.2duro seggio si feo pensoso e solo;
30.3et or prigion s'immagina, or ferito
30.4per le sue man tra 'l suo gradito stuolo
30.5il forte Seguran; né sbigottito,
30.6benché gli doni al cor travaglio e duolo,
30.7l'ha il ritrovarse allor quell'arme tolte,
30.8che trionfare il fecer mille volte;
31.1che s'ei fosse mestier l'andare ignudo,
31.2per vendetta cotale anco il faria;
31.3che 'l suo più fino acciaro e 'l forte scudo
31.4era l'invitto ardir che 'n seno avia;
31.5ma rampognando il sol, l'appella crudo,
31.6che si tosto ent'a 'l mar tuffato sia;
31.7e gli par che l'indugio di una notte
31.8tutte le sue speranze aggia interrotte.
32.1E mentre d'uno in altro aspro pensiero
32.2il dolore e 'l furor la mente guida,
32.3scorge vicino il piè sopra il sentiero
32.4della nutrice sua famosa e fida;
32.5questa è la sua Viviana, a cui leggiero
32.6fu 'l vedere il cordoglio, che s'annida
32.7nell'alma invitta e che d'altrui sien prede
32.8l'arme incantate pria, ch'ella gli diede;
33.1che in sollecito core avea provvisto
33.2di quanto uopo facea nel gran bisogno:
33.3così dove sedea pensoso e tristo,
33.4quasi imagine appar che venga in sogno;
33.5e 'n volto amaro e di dolcezza misto
33.6comincia: “O figliuol mio, cui solo agogno
33.7veder sovra il mortal lieto e contento,
33.8qual ti affligge di nuovo aspro tormento?”
34.1A cui rivolto il figlio del re Bano
34.2risponde: “Or non sapete, alma nutrice,
34.3come il brando crudel di Segurano
34.4fosse al mio Galealto agro e 'nfelice?
34.5Et a me molto più; ch'ogni altro invano
34.6accidente mortal chiaro e felice
34.7per mio restauro può venirmi omai,
34.8ch'io non spero altro più, che tragger guai.
35.1Ma ben bramo dal ciel per somma grazia,
35.2che innanzi al mio morir, ch'è lunge poco,
35.3mi faccia don ch'io renda l'alma sazia
35.4di sua larga vendetta in questo loco,
35.5a fin ch'or chi ne strugge e chi ne strazia
35.6non molto il nostro mal si prenda in gioco,
35.7e che 'l mio dolce amico intenda scorto,
35.8che qual vivo l'amai, l'amo anco morto.
36.1Dogliomi io ben, che delle fatai arme,
36.2che mi venner da voi, diletta madre,
36.3non potrò, lasso, nell'aurora armarme,
36.4e sorta averle all'opere leggiadre;
36.5ma sia che può; ché non potrà vietarme,
36.6se non solo il voler del Sommo Padre,
36.7contra il qual nulla puosse, ch'io non vada
36.8nudo e di vetro ancor porti la spada;
37.1ch'assai mi basta il cor, ch'io porto in seno,
37.2e l'onore e l'amor di Galealto,
37.3che tanto pon, ch'io non gli apprezzo meno,
37.4ch'arme incantate, al periglioso assalto;
37.5e se pur ne morrò; sovra 'l sereno
37.6accolta fia dal suo Fattore in alto
37.7quest'alma afflitta con perpetua lode,
37.8tra 'l chiaro stuol, ch'eternamente gode”.
38.1Tal dice Lancilotto, a cui rispose
38.2la nobil donna del famoso Lago:
38.3“Il grave duol delle avvenute cose
38.4vi fa di lamentar soverchio vago;
38.5né ben conviene a menti gloriose
38.6d'alcun futuro mal l'esser presago,
38.7ma il passato soffrir costante e forte,
38.8sperando all'avvenir più amica sorte.
39.1Né temer già devreste, ov'io mi trove,
39.2che vi mancasser mai l'armi pregiate,
39.3né per vostra salute aite nuove,
39.4onde al sommo d'onor salir possiate;
39.5che com'io intesi l'infelici prove
39.6di Galealto e come restavate
39.7del ferro privo, ond'io vi feci adorno
39.8quando varcaste il mar nel primo giorno;
40.1tosto all'oscura tomba, dov'io tegno
40.2l'incantator Merlino a me suggetto,
40.3n'andai pregando, che voi fesse degno
40.4d'altro acciar rivestire e più perfetto;
40.5et ei, ch'ancor per me soggiace al regno
40.6cieco d'amor, col più benigno aspetto,
40.7che faceste ancor mai, mi disse: 'Donna,
40.8che sete a' miei pensier ferma colonna;
41.1egli è gran tempo omai, che le mie carte,
41.2e gli spirti miglior, che meco stanno,
41.3mi mostraro e narraro a parte a parte
41.4il presente di voi caduto danno,
41.5perch'io fei fabbricar con divina arte
41.6arme celesti, che virtude avranno
41.7sopra quante mai furo e di beltade
41.8non vide a loro eguali alcuna etade.
42.1E nel nobile scudo fei scolpire
42.2di Lancilotto poi la larga prole,
42.3che dee di tempo in tempo riuscire
42.4alta e famosa ovunque allume il sole,
42.5perch'ei possa per lor gli sdegni e l'ire
42.6temprar mirando e ciò che pesa e duole
42.7far leve e lieto e 'l mal presente oscuro
42.8rischiarar con l'onor ne' suoi futuro.
43.1Or le prendete adunque e dite a lui
43.2che non gli può mancar chiara vendetta;
43.3ché fia cotal, ch'ogni alta gloria altrui
43.4s'udirà al par di lei, bassa e negletta;
43.5e si conforti in contemplar de' sui
43.6la regia stirpe, dalle stelle eletta
43.7per alzar con la spada e col consiglio
43.8al quinto e sesto ciel l'aurato giglio'.
44.1Così dicendo allora il gran profeta
44.2il desiato don mi pose in mano;
44.3et io quanto esser puosse di ciò lieta
44.4grazie gli rendo con sembiante umano;
44.5e volando ove l'aria è più quieta,
44.6e 'l seren dalle nubi più lontano,
44.7quale il fulgure ardente in basso cade,
44.8ho segnato al venir l'altere strade.
45.1E per quant'io v'apprezzo e per suo nome
45.2con tutto il mio desir grazia vi chieggio,
45.3che del passato omai le dure some
45.4scarcar vi piaccia e non temer di peggio;
45.5ché se ben pria che 'mbianchin queste chiome,
45.6il vostro ultimo fin venuto veggio,
45.7sarà con tale onor quel breve tempo,
45.8ch'assai dolce vi fia partir per tempo.
46.1Ma se voleste voi restando in pace,
46.2dentro al patrio terren menar la vita,
46.3trapassar si porria quel che vi face
46.4di questi anni la via corta e spedita;
46.5ma cercando d'onor l'accesa face,
46.6come il vostro volere ognor v'invita,
46.7me lasserete e i vostri in larga doglia,
46.8richiamando di voi la sciolta spoglia”.
47.1Così diceva e 'l fero Lancilotto
47.2risponde: “Assai mi fia, madre pietosa,
47.3che 'l cielo infino a qui m'aggia condotto,
47.4s'io posso vendicar la morte odiosa
47.5del caro amico e poi mi spinga sotto
47.6là, dove ogni mortal perpetuo posa;
47.7e di vita aggia un'ora questa salma,
47.8pur che viva in onor poi sempre l'alma”.
48.1Qui si tacque egli ed ella oltra seguendo
48.2gli dice: “Poi ch'a voi questo non piace,
48.3col voler di lassuso in grado il prendo
48.4presta al tutto soffrir col core in pace;
48.5e 'l ferro invitto in poter vostro rendo,
48.6ché sia al chiaro desir guida verace;
48.7e così ragionando stende a terra
48.8l'arme, cui simil mai non scese in guerra.
49.1Quando venne al buon duce lo splendore
49.2a percuoter la vista, che l'abbaglia,
49.3sentì tanta dolcezza il tristo core,
49.4che in estrema allegrezza se ne saglia;
49.5e più raccresce in lui l'ardente amore
49.6di tosto ritrovarse alla battaglia;
49.7e tutte ad una ad una in man si prese
49.8le parti altere del celeste arnese.
50.1Guarda l'elmo onorato, ove il cimiero
50.2d'una crinita stella ardea d'intorno
50.3di bel piropo, ch'avanzava il vero
50.4quando il ciel più seren si mostre adorno;
50.5allor che minacciar provincia o impero
50.6di danno intende o di novello scorno,
50.7ché 'l popol tra temenza e meraviglia
50.8alza divoto al ciel l'umide ciglia.
51.1La pesante corazza appresso prende,
51.2che di finissim'oro ha largo fregio,
51.3in cui davanti un sol lucido splende
51.4di fiamme avvolto di colore egregio,
51.5e i raggi ardenti d'ogn'intorno stende
51.6tra carbonchi e topazi d'alto pregio,
51.7e sì vaghi al mirar, che mostran bene,
51.8che da divin martel tal'opra viene.
52.1Tutte l'altre arme poi, che son difesa
52.2delle braccia e del resto infino al piede,
52.3con mente allegra e di dolcezza accesa,
52.4qual desiato don, meneggia e vede;
52.5e l'apprezza cotal, che non gli pesa,
52.6ch'or sia dell'altre Segurano erede;
52.7ché tanto a queste son le prime eguali,
52.8quanto son le terrene alle immortali.
53.1Poscia il brando celeste in mano ha preso,
53.2e del foder gemmato ha tratto fuore;
53.3troval di tempra tal, che mal difeso
53.4ogni incanto saria dal suo furore;
53.5né di lui si spaventa al grave peso,
53.6cui non men convenia, che 'l suo valore;
53.7e già vorria vicin, com'ha lontano,
53.8il crudele avversario Segurano.
54.1Il duro scudo alfin possente e greve
54.2con ardente desio leva da terra,
54.3com'un altro faria la scorza leve
54.4d'arido salcio, ch'Aquilone atterra;
54.5in cui di fino acciar cerchio non breve
54.6cinque scorze durissime riserra,
54.7le quai regger porrien contra le prove
54.8delle folgori asprissime di Giove.
55.1Dentro d'argento e d'or tutte coverte
55.2eran le ornate pelli, onde s'appende
55.3al collo o al braccio, dove a guerre incerte
55.4di lancia o spada il cavaliero intende,
55.5con fermissimi chiodi in esso inserte,
55.6e di ciascun de' quai la fronte splende
55.7di rubin, di diamanti e di zaffiri
55.8da abbagliare il veder di chi gli miri.
56.1Di fuor sovra l'acciar commessa d'oro
56.2guarda la stirpe sua l'altero duce,
56.3distesa intorno in sì sottil lavoro,
56.4che bisogna al mirar del sol la luce;
56.5ivi son quei miglior, che primi foro,
56.6i quai virtude invitta riconduce
56.7alla insegna real del giglio aurato,
56.8per difetto d'altrui già in basso stato.
57.1Ivi scorgea ne' suoi gli eterni onori,
57.2e le chiare opre loro al mondo sole;
57.3né pure in Gallia i guadagnati allori,
57.4ma i Germani anco, ove men scalda il sole,
57.5congiunta co' più illustri imperadori
57.6di tempo in tempo la felice prole;
57.7ma poi ch'al regno Sassone discese,
57.8ritornò in Gallia al suo natìo paese.
58.1Alto apparia 'l magnanimo Ruberto,
58.2che del famoso Angiero scettro avea,
58.3in arme, in senno ed in valore esperto
58.4sì, che i crudi vicini a fren tenea,
58.5e 'l popol lasso e de' suoi beni incerto
58.6col medesmo suo sangue difendea;
58.7che liberando quel d'acerba sorte,
58.8trionfò de' Normanni con sua morte.
59.1Indi il minor Ruberto d'esso usciva,
59.2che regnò tra 'l Pirene e la Garona,
59.3e 'l saggio Odon, che per bontade schiva
59.4dell'onorata Gallia la corona;
59.5ma non già quel, che la quieta Uliva,
59.6per acquistar cipresso n'abbandona;
59.7ché mantenendo il pria gustato onore,
59.8lungo il fertil Sesson tra l'arme muore.
60.1Di cui giovin rimaso il grande Ugone
60.2contra i nemici suoi fu ardente foco;
60.3ch'ora al gallico re temenza pone
60.4dispogliandol talor di più d'un loco,
60.5or gastigando il rio cognato Otone,
60.6ché 'l legame del sangue stimò poco,
60.7quando al Neustrio terren la chiara Sena
60.8feo del sangue German vermiglia e piena.
61.1Di costui nato poscia Ugo il secondo
61.2che 'l popol per onor Capeto appella,
61.3ch'ebbe il destin più amico e più giocondo,
61.4e più cortese in ciel ciascuna stella,
61.5lì si vedea; ch'all'affannato mondo
61.6riportava l'età fiorita e bella,
61.7levando i gigli d'or negletti e bassi,
61.8colpa de' suoi rettor di virtù cassi,
62.1degenerato essendo il divin seme
62.2del glorioso erede di Pipino
62.3doppo il volger duo secoli e che preme
62.4con loro il terzo al mezzo suo cammino.
62.5E quale al freddo ciel nell'ore estreme
62.6porta dolce restauro nel mattino
62.7il risurgente sol, non punto meno
62.8venn'ei bramato al gallico terreno:
63.1ma perché rare volte o mai non viene,
63.2che sia in ciascun mortale il veder sano,
63.3ivi era sculto come a lui conviene
63.4muover contra i più rei l'arme e la mano;
63.5abbatte il Lotteringo e 'n vita il tiene
63.6con la sposa e i figliuoi cortese e piano,
63.7poi tra 'l popol miglior di lui contento
63.8prende il reale scettro e 'l sacro unguento.
64.1Poi nell'anno secondo fa il figliuolo
64.2Ruberto coronar, lui vivo ancora,
64.3per far lieto di quel l'amico stuolo,
64.4che 'n gelosa temenza ne dimora;
64.5questi il sommo Fattor dell'alto polo
64.6con sì devoto cor mai sempre adora,
64.7ch'al buon popol fedel fu vero essempio
64.8di coltivar di Dio l'eletto tempio.
65.1Doppo costui venia chi 'l chiaro nome
65.2tra 'l legnaggio real primiero porta,
65.3ch'oggi sostien d'onor famose some
65.4et a chi spira al ciel si mostra scorta;
65.5fu questi Enrico, che le forze ha dome
65.6al Normanno drappel, ch'alla via torta
65.7trasse la spada indarno e cinse l'elmo
65.8contra il duce illustrissimo Guglielmo.
66.1del medesmo seguir gli alti vestigi,
66.2giunta alla sorte lor la virtù vera,
66.3gli onorati Filippi e i gran Luigi
66.4potean vederse in gloriosa schiera,
66.5l'un doppo l'altro; in cui gli oscuri stigi
66.6non potero adombrar la fama altera,
66.7come roder del tempo i crudi tarli
66.8non potero il valor de i quattro Carli.
67.1Lì si scerne in Valese e in Orliense
67.2il sacro arbor real con sommo onore
67.3i rami avere e le sue frondi estense,
67.4poi riducerle in sé con chiaro amore;
67.5quelle in Filippo il settimo, che spense
67.6più d'una volta l'anglico furore,
67.7queste in Luigi l'ultimo, ch'a freno
67.8tenne primier l'Insubrico terreno;
68.1de i buon duci del qual mostrava uscire
68.2la famosa ava sua, qual certa erede;
68.3e chi a gran torto gliel volea disdire
68.4menar prigion tra le famose prede,
68.5e più volte calcar con molto ardire
68.6l'alpi nevose altissime si vede,
68.7or contra il chiaro Veneto, or per torre
68.8le discordie a Liguria e 'n pace accorre.
69.1Di sacra maestà la fronte cinta
69.2si vedea doppo lui giungere al regno
69.3il gran genero suo; quel che l'estinta
69.4bontà ridusse al pria lassato segno;
69.5quel ch'ogni alta virtù già in terra accinta
69.6per fuggirse da noi per giusto sdegno,
69.7con le bell'opre sue quaggiù ritenne,
69.8e lieta e felicissima mantenne.
70.1Il celeste Francesco era costui,
70.2che del nome onorato fu il primiero,
70.3come il primiero ancora appar de' sui
70.4di valor, di bontà, d'animo altero;
70.5ivi il saggio Merlino avea di lui
70.6più che d'ogni altro bel pinto l'impero;
70.7e di più dotta man più bei colori
70.8adombravano iv'entro i rari onori.
71.1Vivo ancor l'alto suocero, apparia
71.2scacciar sovente le nemiche squadre;
71.3e mentre la sua vece sostenia,
71.4fare in consiglio e in arme opre leggiadre;
71.5né pur la gioventù, ch'allor fioria,
71.6ma l'età ferma ed ogni antico padre
71.7nel senno e nel valor di sì bell'alma
71.8del suo verde sperar locò la salma.
72.1Giunta poi la stagione, ove il ciel volse,
72.2poi ch'al quarto suo lustro era il natale,
72.3porlo al gallico impero e 'n man gli accolse
72.4degli indorati fior l'asta reale;
72.5il magnanimo re l'arme s'avvolse,
72.6e del chiaro desio spiegando l'ale,
72.7per non lassar de' suoi l'antica forma,
72.8nell'italico seno stampò l'orma.
73.1Lì si scorgea per lui l'Elvezio, invitto
73.2giudicato dal mondo infino allora,
73.3con le dure falange essere afflitto
73.4e di vita e d'onor privo in un'ora;
73.5ché difendendo il mal negato dritto
73.6di chi Eridan, Tesino ed Adda irrora,
73.7l'altrui gran torto e 'l suo voler superbo
73.8ebber qual convenia lor fine acerbo.
74.1E 'l famoso Francesco in arme fero,
74.2come in pace a' miglior soave e piano,
74.3di Marte esercitando il sommo impero
74.4ben mostrava d'ogni altro esser sovrano;
74.5ch'or questo suo stancando, or quel destriero,
74.6or' ch'avea 'l piè da lunge, or prossimano
74.7or d'una schiera, or d'altra, or prima , or dopo,
74.8come al bel guerreggiar veniva da uopo.
75.1Né appresso il faticar di quanto è 'l giorno,
75.2si rivedea la notte essere in posa;
75.3ma col ferro real tra' suoi d'intorno
75.4non meno oprar nella stagione ombrosa,
75.5fin ch'al secondo sol di raggi adorno
75.6colse l'intera palma gloriosa,
75.7quando apparia la terra a maraviglia
75.8dell'avversario sangue esser vermiglia.
76.1Doppo il qual largo onor; cortese epio,
76.2come verso i figliuoi l'annoso padre,
76.3ogni offesa maggior posta in oblio
76.4si mostrò amico alle nemiche squadre;
76.5le quali in porto al suo terren natio
76.6dalle fere tempeste oscure ed adre
76.7feo secure menar, senz'altro affanno
76.8fuor ch'al primo di Marte avuto danno.
77.1Cinger si scorge poi la forte sede
77.2di fossi inghirlandata e d'alte mura,
77.3ch'avea d'inespugnabile tal fede,
77.4ch'alla forza mortal vivea sicura:
77.5ma quando il re magnanimo ivi assiede,
77.6non conosciuta pria sente paura,
77.7s' che se stessa e l'insubre suo duce
77.8sotto al gallico impero riconduce.
78.1A lui quanti han gl'italici terreni
78.2principi illustri e chiare libertati,
78.3venir qui si vedean d'amor ripieni,
78.4come al vero signore i servi grati,
78.5queste mandar degli adeguati seni
78.6di virtude e di senno i più pregiati,
78.7come al pio difensor dell'alme vaghe,
78.8ché del viver disciolto altri s'appaghe.
79.1Et ei con quello amor tutti gli accoglie,
79.2che 'l buon voler d'altrui fa il sommo Giove;
79.3e raffrenando in sé le avare voglie,
79.4ché spesso al vincitor vittoria muove,
79.5contento sol delle sue antiche spoglie
79.6non vuol l'armato stuol drizzare altrove,
79.7poi ch'al sommo pastor di Pietro erede
79.8con dovuta umiltà s'inchina al piede.
80.1Poi nel belgico sen poco oltra appare
80.2con le schiere a bataglia e con l'insegne
80.3indarno il suo avversario richiamare,
80.4di marziale ardor le voglie pregne;
80.5e quello il passo indietro ritornare
80.6qual lupo ove il leon vestigio segne,
80.7che per più angusta via spinosa e fosca
80.8spesso intorno ascoltando si rimbosca.
81.1Poco oltra anco apparia, dove il Tesino
81.2va il terreno irrigando erboso e molle,
81.3quando il fato maligno e 'l rio destino
81.4della intera virtù la palma volle;
81.5da l'un lato apparia 'l valor divino,
81.6che 'l famoso Francesco in alto estolle,
81.7dall'altro l'empia ed invida fortuna,
81.8ch'ogni forza ch'avea contr'esso aduna.
82.1Sopra l'alto corsier di ferro adorno
82.2con la lancia arrestata sembra un Marte,
82.3e facendo a' nemici oltraggio e scorno
82.4si vedea questa urtare e quella parte;
82.5poi 'l fugace de' suoi sinistro corno
82.6ratto insieme ripon con bellica arte,
82.7e con l'istessa man vie più d'un duce
82.8delle nemiche squadre a morte induce.
83.1Ma non potendo al fin l'estrema possa
83.2sostener lasso e solo, ond'egli è cinto,
83.3dell'alma invitta ogni viltade scossa,
83.4si vedea 'n altrui forza, ma non vinto;
83.5ché di contraria sorte alta percossa
83.6il naturale ardire non ha più estinto,
83.7che faccia unto liquor l'ardente fiamma,
83.8ch'al suo primo arrivar vie più s'infiamma.
84.1Indi aggiunto alto senno alla fortezza,
84.2e l'onesto soffrir con degnitade,
84.3nel crudo vincitor l'empia durezza
84.4rompe e truova il cammin di libertade;
84.5in cui di vendicar l'usata asprezza
84.6onorate ritrova e belle strade,
84.7consentendo pietoso il giogo torre
84.8a gl'italici campi e i lacci sciorre.
85.1E 'l vicario di Cristo e quella soglia,
85.2in cui primo sedeo l'antico Piero,
85.3poi ch'esser vede vergognosa spoglia
85.4del Germano infedel, del crudo Ibero,
85.5il medesmo re, di chiara voglia
85.6ripieno il giusto core e d'amor vero,
85.7le pie galliche insegne a Roma stende,
85.8e dell'iniquo stuol libera rende.
86.1Ivi sculto era ancor più d'una volta
86.2l'empio avversario suo del terren gallo
86.3esser fugato e con la gente folta
86.4a gran danno e disnor pagarne il fallo,
86.5e 'ndarno sempre aver con pena molta
86.6sforzato muro in esso, argine o vallo;
86.7e tenerse felice, chi potea
86.8rifuggendo schivar la morte rea.
87.1Nè di Pallade in lui mostrava ascosa
87.2l'arte onorata e la sua verde Oliva,
87.3ma sì vaga, sì bella e speciosa,
87.4che nel colle più aprico o 'n caida riva;
87.5ogni Musa, ogni Grazia, qual la rosa
87.6in seno al dolce april seco fioriva;
87.7e dolcemente si vedeano intorno
87.8spirargli amor d'ogni virtude adorno.
88.1La nobil Gallia si vedea per lui
88.2di toga ornata e del solare alloro
88.3avanzar di savere i vicin sui
88.4nel greco e nel latino ampio tesoro;
88.5e contra i colpi e 'l vaneggiar d'altrui,
88.6come l'annoso pino all'Austro e 'l Coro,
88.7tener ben ferme le radici prime
88.8dell'alte leggi del Fattor sublime.
89.1Al collo gli avvolgea le braccia caste,
89.2e 'l bianco manto suo la pura fede,
89.3quasi dicendo:”Alcun non mi contraste
89.4di lui fermar d'ogni mio regno erede”;
89.5e per ciò ben chiarir, l'essempio baste
89.6di quel ch'ivi vicin sculto si vede;
89.7in cui vien l'avversario, il quinto Carlo,
89.8disarmato e soletto a visitarlo.
90.1E lui poste in oblio l'aspre contese,
90.2i ricevuti oltraggi e l'odio antico,
90.3essergli d'ogni ben largo e cortese,
90.4com'unico germano e caro amico;
90.5e qual trionfator del suo paese,
90.6che più volte calcò fero nemico,
90.7il menò sicurissimo in quel loco,
90.8ove ogni bene oprar conobbe poco.
91.1Assedea doppo lui l'altero figlio
91.2Enrico invitto, al nome suo secondo,
91.3ch'a i tre lustri compiti, l'aureo giglio
91.4di famosa vittoria fea fecondo;
91.5e dell'aquila cruda il fero artiglio
91.6che parea minacciar l'afflitto mondo,
91.7sol mostrandosi al Rodano feo tale,
91.8che più tosto che quello adopra l'ale.
92.1Non molto andata ancor la verde etade,
92.2l'Alpi oltra varca al più nevoso verno,
92.3e del serrato passo apre le strade
92.4con suo sommo valore ed altrui scherno;
92.5scaccia il nemico e rende le contrade
92.6furate allora al gallico governo,
92.7e sgombrando le nubi oscure et adre
92.8chiaro e quieto il ciel dimostra al padre.
93.1Squarciata poi la mal tessuta pace,
93.2duce rimena ancor l'armate schiere,
93.3ove in tra i Pirenei la terra giace,
93.4che 'l Nerbonese mar porria vedere;
93.5torna indi poi contra l'ardente face,
93.6che parea sormontar l'ultime spere,
93.7della guerra mortal, ch'aduna insieme
93.8il belgico, il germano e l'anglo seme.
94.1E così giovinetto, ove Matrona
94.2le piagge erbose dolcemente bagna,
94.3ove il fren saggio accoglie, or'oltra sprona,
94.4ove più aperto il sen dia la campagna;
94.5e ch'a tema o furor non s'abbandona,
94.6il vecchio imperadore in cor si lagna,
94.7e ch'egli aggia alla fin s'accorge in vano
94.8di Fabio l'occhio e di Marcel la mano.
95.1Onde all'estremo andar forzato appare
95.2d'altra novella pace a consentire,
95.3con promesse a lui dure ad altrui care,
95.4ma con mente fermata di fallire:
95.5poscia ivi al ciel tra l'anime più chiare
95.6l'alto parente suo vedea salire
95.7il grande Enrico, con la pietà stessa,
95.8che debbe in nobil core essere impressa.
96.1Doppo il cui lagrimar, l'invitto core
96.2i danni andati a vendicar s'appresta,
96.3e dell'anglico stuol contra il furore
96.4la già indormita spada altero desta,
96.5e l'adopra cotal che 'n sì poche ore
96.6ogni salda muraglia afflitta resta,
96.7che dir puote: “In tal fato l'arme cinsi,
96.8che in un momento venni, vidi e vinsi”.
97.1Poi che ridotto al pristino suo impero
97.2ivi apparia il gran lito de' Morini,
97.3non men pietoso mostra il suo pensiero
97.4a chi fuor sia de' gallici confini:
97.5sentendo in preda dell'ogoglio fero
97.6di chi indotti gli avea gli aspri vicini
97.7il buon duce Romano afflitto e solo,
97.8qual germano il soccorre o qual figliuolo.
98.1E 'l difende e mantien da quello istesso,
98.2che gli devria donar contr'altri aita;
98.3ahi crudo cor, dal suocero, ch'oppresso
98.4il tenea, lasso, e' suoi nemici invita;
98.5e poi che al miser padre avea permesso,
98.6che tolta fosse l'insidiata vita,
98.7la medesma pia figlia e i suoi nepoti
98.8d'ogni paterno ben fea cassi e vòti.
99.1Ma il magnanimo Enrico del suo sangue,
99.2e de' suoi gran tesori è sì cortese,
99.3ch'ei riduce a salute il quasi esangue
99.4chiaro corpo illustrissimo Farnese;
99.5poi l'alma libertà, che morta langue
99.6pur dal ferr'empio delle Ispane offese,
99.7ritornar viva fa, integra e serena
99.8tra l'alme mura della etrusca Siena.
100.1Tal che quanti hanno dei le tirrene onde,
100.2quante ninfe e driade ha il terren Tosco,
100.3ornando quei le sue salate sponde,
100.4queste il chiaro cristallo e 'l verde bosco,
100.5ciascun divotamente a Giove infonde
100.6preghi, che mai non sia più ch'allor fosco
100.7del buon re Gallo all'onorata voglia,
100.8sì che tutto il terren da i lacci scioglia.
101.1Non molto lunge a questo sculto appare
101.2il medesimo Enrico sovra il Reno
101.3l'invittissimo esercito menare,
101.4e dell'alma Germania il largo seno
101.5d'ogni furor tirannico sgombrare,
101.6e dell'empio signor, romperle il freno;
101.7e dall'infide braccia riconduce
101.8l'uno e l'altro di lei famoso duce.
102.1E lassando i suoi campi e 'l patrio nido,
102.2si vede in fuga aver l'infermo volo
102.3del magnanimo Gallo al primo grido
102.4di Giove il fero uccello afflitto e solo,
102.5mentre quel trionfante sovra il lido
102.6di Mosella e di Mosa il franco stuolo
102.7rimena; al cui valor non fu securo
102.8ferro, foco, montagna, argine o muro.
103.1Scolpito ha intorno l'uno e l'altro frate,
103.2il secondo Francesco e 'l chiaro Carlo,
103.3quel furaron le Parche, congiurate
103.4di coronare Enrico e 'n cielo alzarlo,
103.5quest'altro giunto a più perfetta etate
103.6tosto il tolse colui che potea farlo,
103.7con soverchio dolor del padre pio,
103.8del gran germano e del terren natio.
104.1i quai tutti vivean con ferma speme
104.2di veder sormontare il suo valore,
104.3e di render più illustre il divin seme,
104.4e più splendido far l'aurato fiore,
104.5come seppe il terren che Mosa preme,
104.6che mal contrasta al giovine furore,
104.7qual ben descritto lì potea vederse,
104.8che ratto al suo venir le strade aperse.
105.1Né il gran vate divino ivi entro ascose
105.2del frutto femminil le piante chiare;
105.3del gran Francesco la sorella pose
105.4sovra quante fur' alme altere e rare;
105.5e quale i minor fior le vaghe rose,
105.6le vincea tal, che in tutte l'altre avare
105.7parean le stelle; che versaro in lei
105.8quanto bene al mortal donan gli dei.
106.1Scritto avea nella fronte a lettre d'oro,
106.2l'alma Regina, che i Navarri affrena;
106.3cingela Apollo del suo sagro alloro
106.4in vista più che mai lieta e serena;
106.5non lontan poscia a così bel tesoro
106.6si leggea 'l nome pio di Maddalena,
106.7di Francesco primier progenie degna,
106.8che nel scoto terren non molto regna.
107.1Da tutte l'altre poi solo in disparte
107.2il nome alto surgea di Margherita,
107.3ove il saggio scultor ripose ogn'arte
107.4in mostrarla a ciascun vaga e gradita;
107.5né lasserien le stelle alcuna parte
107.6in farla oltra 'l mortal rara e compita
107.7di virtù, di valor, di cortesia,
107.8saggia, casta, gentile, onesta e pia;
108.1e che merti con l'opre drittamente
108.2d'esser chiamata poi figliuola e suora
108.3di Francesco e d'Enrico, onde sovente
108.4l'uno e l'altro di lei se stesso onora;
108.5mostrava in vista dalla bassa gente,
108.6che sol false ricchezze e 'mperi adora,
108.7andar sì lunge con la nobil'alma,
108.8che quel tutto era a lei negletta salma.
109.1E quanto al ciel poteva assimigliarse
109.2col giovare a' mortai de' ben ch'avea,
109.3tanto in vista parea beata farse
109.4questa del secol suo terrena dea;
109.5e perché nel mirare, a gli occhi apparse
109.6di Lancilotto allor, ch'ella devea
109.7regger d'Avarco il suo nativo regno,
109.8dimostrò di dolcezza aperto segno.
110.1Poi si vede lasciar dov'Arno bagna,
110.2dell'alma Etruria il più fiorito nido
110.3la real Caterina e s'accompagna
110.4col grande Enrico al gallico suo lido;
110.5dal cui sommo valor non si scompagna
110.6virtù, senno, onestade ed amor fido,
110.7che la fanno al gran re pregiata e cara,
110.8a tutto il mondo poi lodata e chiara.
111.1E su 'l mar provenzale accor si vede
111.2dal gran suocero suo, dal pio consorte,
111.3come d'alta bontà suprema erede,
111.4e degna al tutto di celeste sorte;
111.5l'altera nobiltà, che 'ntorno assiede,
111.6par che 'n suo cor mirando si conforte
111.7di speranza immortal, che da lei scenda
111.8chi 'l gallico terren beato renda.
112.1Et ella in vista alteramente umile
112.2secondo i merti lor ciascuno appaga;
112.3poi de' verdi anni suoi passato aprile
112.4larga prole produce ornata e vaga,
112.5che del paterno onor l'antico stile,
112.6come intagliato avea la man presaga,
112.7immiteria cotal, che 'l grido fora
112.8dal vecchio Atlante al nido dell'Aurora.
113.1Lì si vedea, mentre ch'Enrico al Reno
113.2con l'armato suo stuol gran cose adopra,
113.3ella regger per lui di Gallia il freno,
113.4né temere il furor, che a lei vien sopra;
113.5ma il Belgico crudel d'orgoglio pieno
113.6rispinge indietro dalla spietata opra,
113.7e le pria per insidia avute spoglie
113.8per magnanima forza a lui ritoglie.
114.1Poi con la gran bontà, che sia commista
114.2con la dolcezza pia, che lega i cori,
114.3de' maggiori e minor gli animi acquista,
114.4sì che i privati e pubblici tesori
114.5di riversarle in sen nessun s'attrista,
114.6più che fa il buon de i trionfali allori;
114.7et ella adorna di benigno aspetto
114.8quanto può mostra loro il regio affetto.
115.1Di tali onor de' suoi rimira ornato
115.2il divin Lancilotto il forte scudo,
115.3con l'alma lieta e rende grazie al fato,
115.4ché di lunga memoria no 'l feo nudo;
115.5e certo in core omai, che vendicato
115.6saria del chiaro amico il caso crudo,
115.7poi che si corca il sol nell'occidente,
115.8ov'è il suo Galealto andò dolente.
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