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CANTO XX

Avarchide

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1.1Non avea ancor la sposa di Titone
1.2imbiancato il sentiero al nuovo sole;
1.3ma il fido Galealto a cui lo sprone
1.4d'onor l'alma pungea, già surger vuole;
1.5e con ardenti voci in opra pone
1.6i ministri miglior, che in guerra cole;
1.7che sveglia il buon vicin, chi grida intorno,
1.8ch'all'orizzonte omai s'appressa il giorno.
2.1Ma i propri suoi guerrier, né quei che vanno
2.2sotto l'insegna pia del chiaro amico,
2.3di stimolo all'andar mestier non hanno,
2.4ché sempre ebbero il cor d'ozio nemico;
2.5or di caldo desio compunti vanno
2.6di mostrar fuor, che 'l gran valore antico
2.7non sia spento anco in essi e ch'e' son tali,
2.8che posson ristorar gli avuti mali.
3.1Già in piede è Lancilotto e poste ha insieme
3.2dello stuol suo le candide bandiere,
3.3che dieci furo; e 'ntorno a l'ali estreme
3.4locate ha de' cavai le squadre altere;
3.5poco lontano a lor l'arena preme
3.6l'ordin medesmo delle folte schiere,
3.7che 'l buon re Galealto seco avia,
3.8che l'insegna ventesima compia.
4.1Va intorno Lancilotto e 'l nome chiama
4.2de' suoi duci maggiori e dice a tutti:
4.3“Chi di voi, dolci amici e fratei, brama
4.4del nostro lungo amor rendere i frutti,
4.5non faccia oggi fallir la chiara fama,
4.6che 'l mondo empie di voi; gli amari lutti
4.7vendicando degli altri e l'empia sorte
4.8di sì gran cavalieri e di Boorte.
5.1E sopra il tutto poi prendete cura
5.2di ben seguire il nostro Galealto;
5.3né da lui vi disgiunga orrida e dura
5.4forza d'altrui, né di fortuna assalto;
5.5rimembrando, che d'onta aver paura
5.6dee, non di morte acerba, il guerrier'alto;
5.7e che sete appellati a ritrar fuora
5.8d'aspra miseria Arturo all'ultim'ora”.
6.1Così detto e tornato al padiglione,
6.2con le sue stesse man dal capo al piede
6.3l'arme sua tutta integra a torno pone
6.4al dolce amico e ne l'ha fatto erede:
6.5il suol di ferro e l'argentato sprone,
6.6lo schinier sopra e 'l coscial doppio assiede,
6.7indi il saldo braccial, poi che locato
6.8alla gola ha l'acciaro e ben serrato.
7.1La corazza incantata, dura e grave
7.2troppo alle forze sue gli chioda intorno;
7.3pongli poscia il piastron, come chi pave,
7.4che alcuno aspro colpir gli faccia scorno;
7.5al destro lato poi con salda chiave
7.6ripon la buffa, dove assiede adorno
7.7lo spallaccio sì duro, che no 'l possa
7.8piegar, non che squarciare, umana possa.
8.1Cingeli poi la spada che Viviana
8.2la donzella del Lago e sua nutrice,
8.3cinse a lui già, di tempera sovrana,
8.4con l'altre arme ch'avea nel dì felice,
8.5ch'al Britanno terren non mostrò vana
8.6la sua virtù d'ogn'altra vincitrice;
8.7leve al suo braccio solo a gli altri appare
8.8di soverchio pesante e senza pare.
9.1La cotta marzial poi, dove splende
9.2il rosato color col bianco accolto,
9.3dall'omer manco per traverso stende,
9.4sì che 'l braccio miglior si truove sciolto;
9.5il cui solo apparir da lunge rende
9.6ogni avversario suo di ghiaccio avvolto;
9.7che del sangue nemico è aspersa tale,
9.8che l'argento alla porpora era eguale.
10.1Vien poi 'l nobil destrier, che candido era
10.2qual pulito ermellin, che in don gli diede
10.3d'Artur la realissima mogliera
10.4d'onor, di grazia e di bellezza erede,
10.5allor che de i nemici prigioniera
10.6la trasse fuor delle famose prede;
10.7per memoria di cui, sempre da poi
10.8l'ebbe in pregio maggior di tutti i suoi.
11.1E non senza cagion, ch'oltra la mano,
11.2che potea molto men far caro assai;
11.3più possente e leggier presso o lontano
11.4quanto riscalda il sol non vide mai;
11.5placido al suo signore, umile e piano,
11.6fero al nemico; e dolorosi guai
11.7a gli avversi corsieri e l'altra gente,
11.8e col morso e col piè porgea sovente.
12.1Questo a lui volse dar, per non lassarse
12.2cosa, che molto amasse, senza lui;
12.3e perché ancor potesse me' mostrarse,
12.4ch'ei fosse Lancilotto a gli occhi altrui,
12.5e perché ove le forze erano scarse,
12.6ei potesse supplir per ambedui
12.7col ferire i vicin, col grave intoppo,
12.8con lo snello adoprar salto o galoppo.
13.1Splendea tutto argentato il ricco arnese,
13.2qual la notturna e frigida stagione
13.3la luna suol, ch'a mezzo il corso stese
13.4il suo leve girar con ratto sprone:
13.5or poi che Galealto il seggio prese
13.6fermo e ben dritto su 'l ferrato arcione,
13.7il bianco scudo suo gli appende al collo
13.8sì pesante per lui, che mosse il crollo;
14.1Qual talor suol la piccioletta nave,
14.2in cui rozzo nocchier di prezzo avaro
14.3ripose al suo poter fascio sì grave,
14.4che 'l fondo incurva e l'umor tristo amaro
14.5penetra adentro; onde si attrista e pave
14.6l'afflitto peregrin, ch'al nido caro
14.7teme non giunger mai, facendo voti
14.8a Castore e Polluce alti e devoti.
15.1Il lucid'elmo poi, che fabbricato
15.2nell'immortal fucina di Merlino,
15.3contr'ogni ferro umano era incantato
15.4col favor delle stelle alto e divino,
15.5che di purpuree piume e bianche ornato
15.6avea del bel cimier l'argento fino,
15.7con tristo agurio suo gli loca in fronte,
15.8che gli parve al sentirlo il Pelio monte.
16.1Indi gli arma le man, poi gli dà l'asta,
16.2ma non quella però, che 'n guerra adopra
16.3al più grand'uopo; ch'oltra lui non basta
16.4altra forza mortale a porla in opra;
16.5poi con pietà gli dice: “Chi contrasta
16.6superbo in sé contra il voler di sopra,
16.7non invitto guerrier tra i buon s'appella,
16.8ma di mente spietata, iniqua e fella.
17.1Questo vi dich'io sol, perché se 'l cielo
17.2volto all'alto desio contrario mostra,
17.3non vi faccia , signor, soverchio zelo
17.4porre in rischio mortal la vita vostra;
17.5ch'io per voi resto in tema, e non vel celo,
17.6qualor pensando la memoria nostra
17.7l'empio furore e la gran forza vede,
17.8ch'è nel gran Segurano e 'n Palamede.
18.1Non perch'io non estimi e tenga certa
18.2l'alta vostra virtù di loro eguale;
18.3ma l'amor vero tien l'anima incerta,
18.4e sempre più ch'al ben l'inchina al male;
18.5però vi prego umil per quel che merta
18.6il voler buon che sopra a i regni sale,
18.7che lassando quei due, volgiate il passo
18.8contra gli altri guerrier del re Clodasso.
19.1Né sarà manco lode e più sicuro
19.2fia per l'oste Britanno e più giocondo
19.3lo spegner quei che solo odiano Arturo,
19.4e 'l vorrebber veder del centro al fondo;
19.5ma il paro, ond'io parlai, con desio puro
19.6do fare il nome lor perpetuo al mondo
19.7contra lui portan l'arme, ché sovente
19.8già spiegate han per noi sovr'altra gente”.
20.1Tal dicea Lancilotto, ascose strade
20.2cercando per oprar, che Galealto
20.3di sì chiari guerrier fugga le spade,
20.4né con lor vegna a singulare assalto;
20.5ma il buon re gli rispose: “Quel che aggrade
20.6a chi quanto veggiam ministra d'alto,
20.7segua di me, signor, che speme tengo,
20.8che almen del vostro amor non morrò indegno”.
21.1Nè più volle altro dire e spinge innanti
21.2il feroce corsier, dove attendea
21.3l'alto drappel di cavalieri erranti,
21.4ché di desio di guerra in core ardea:
21.5or già l'aurora in placidi sembianti
21.6nell'oriente candida splendea,
21.7sì che più apertamente scuopre intorno
21.8chi sia più d'arme e di destriero adorno.
22.1Nè l'altro oste Arturo e 'l gran Tristano
22.2restan più di costor nel sonno avvolti;
22.3ma nel medesmo tempo arman la mano,
22.4e nell'ordin primier si son raccolti;
22.5già di trombe e di suon rimbomba il piano,
22.6e con nuove speranze e lieti volti
22.7ogni onorato principe, ogni duce
22.8oltra il vallato fosso i suoi conduce.
23.1E per render quel di più largo onore
23.2a i buon nuovi guerrieri e Galealto,
23.3voglion, ch'essi i primier si mostrin fuore,
23.4le chiare insegne ventilando in alto,
23.5e stien nel mezzo, ove il maggior furore
23.6par che Marte amministri al fero assalto;
23.7Tristan da man sinistra aggia la schiera,
23.8Gaven dall'altra presso alla riviera.
24.1Quando il gran Segurano e quei d'Avarco,
24.2che si pensan la palma avere omai,
24.3e 'l nemico veder di doglia carco,
24.4e 'n tema avvolto di futuri guai,
24.5odon che lassa già l'antico varco,
24.6e più mostra d'ardir, ch'avesse mai;
24.7restan tutti dubbiosi e 'n meraviglia,
24.8e 'nverso ove scendea, volgon le ciglia.
25.1E quando veggion poi le bianche insegne,
25.2ch'han le tre verghe oscure attraversate,
25.3par che ciascuno in cor timido vegne,
25.4che l'ha più volte già viste e provate;
25.5e l'ardente desio tosto si spegne
25.6d'assalir, come ier, le squadre armate;
25.7e l'un l'altro, tacendo, in volto guarda,
25.8e quanto puote ancora il piè ritarda.
26.1Sì come il cacciator ch'al vespro cinse
26.2di tele intorno la spinosa valle,
26.3ch'al mattin ritrovare il cor si finse
26.4cervette o damme nel serrato calle,
26.5e con securo andar leve s'accinse;
26.6quando in vece di lor doppo le spalle
26.7sente il fero leon ruggire o l'orso,
26.8che gli fan ricangiar volere e corso.
27.1Ma il chiaro Seguran contrario pare,
27.2qual si vede talora aspro molosso,
27.3che per volpe o lepretta seguitare
27.4in gioco è dal pastor di laccio scosso,
27.5che 'n ver lupo o cinghial, ch'a caso appare,
27.6lassando l'altre girne, il piede ha mosso
27.7con più lieto desio; ch'a sdegno avea
27.8quando fere vilissime offendea.
28.1Spingesi alquanto innanzi e 'l guardo affisa
28.2sì, che 'l bianco destrier, ch'al mondo è noto,
28.3che sia quel, che parea, per fermo avvisa,
28.4e che del suo signor non venga vòto;
28.5cangia il volto, e 'l color nell'improvisa
28.6vista, come al soffiar d'aquoso Noto
28.7suol cangiare il seren l'umido aprile,
28.8che raro usa tener l'istesso stile.
29.1Tremagli in seno il cor, trema la mano,
29.2né discerne fra sé, che faccia o dica,
29.3non perch'ei tema il figlio del re Bano,
29.4e non gli sia con lui la guerra amica,
29.5ma in sì gran novitade adopra invano,
29.6ché l'invitto valor se stesso intrica,
29.7in quel primo arrivar, ma a poco a poco
29.8il giel, che dentro avea, divenne foco.
30.1E rivoltato a' suoi dicea: “Signori,
30.2or poss'io ringraziar del tutto Marte,
30.3ch'ai miei promessi e da me chiesti onori
30.4non vuole oggi furarne alcuna parte,
30.5poi ch'oltra 'l mio spsrar conduce fuori
30.6quell'unico guerrier, di cui son sparte
30.7già tante glorie e di cui il mondo estima,
30.8che 'l supremo valor tenga la cima.
31.1Ch'io conosco nel ver, ché ben che in basso
31.2fosse tutto il poter del gran Britanno,
31.3fora il trionfo ancor di gloria casso,
31.4né compito di lui l'estremo danno,
31.5fin che non era ancor battuto e lasso
31.6Lancilotto, con quei, che con lui stanno;
31.7or sendo esso già fuor, l'istesso punto
31.8fa il nostro faticar nel sommo aggiunto.
32.1Moviam pure animosi alla battaglia,
32.2cangiando ordine tosto, arme e disegni;
32.3e con più grave acciaro e salda maglia
32.4di possenti corsier prendiam sostegni;
32.5che fia miglior per noi, ch'alta muraglia
32.6assalir di terren, di rami e legni,
32.7ove un sol val per mille, ove la sorte
32.8i buon per man de' rei conduce a morte”.
33.1Così detto, ogni duce e cavaliero
33.2spoglia l'arme più levi e l'altre piglia;
33.3et ei fece il medesmo e 'n su 'l destriero
33.4monta, ch'era alto e grosso a meraviglia,
33.5e senza alcun candor del tutto nero,
33.6che gli diè Radagazo, che 'n Siviglia
33.7tenea l'impero, il Vandalo onorato,
33.8che 'n giovinetta età l'aveva amato.
34.1E 'l tenea Seguran cotanto caro,
34.2che solo a guerre altere e perigliose,
34.3e 'ncontro a cavalier più d'altro chiaro,
34.4qual tenea Lancilotto, in opra pose;
34.5sovra il qual già condusse a fine amaro
34.6Ginglante il forte e fé mirabil cose
34.7in quel tempo primier, che in Gallia venne,
34.8e d'Avarco il cadere in piè sostenne.
35.1Già col nobil caval per ogni parte
35.2va intorno visitando i suoi guerrieri,
35.3e gli riscalda al gran furor di Marte,
35.4dicendo: “Or valorosi, arditi e feri
35.5esser convienne e por tutto in disparte
35.6il neghittoso andar, che facest'ieri,
35.7e seguirme ov'io vada; ché la luce
35.8sarò del vostro onor, compagno e duce”.
36.1Poi gli rimette in quadro aggiunti insieme,
36.2qual nel fermo edificio l'architetto
36.3in tra lor l'un con l'altro i sassi preme,
36.4per sostener più saldo il regio tetto;
36.5indi con gli altri suoi, mostrando speme
36.6più che fesse ancor mai nell'alto aspetto,
36.7sprona il destriero innanzi, a Palamede
36.8ogni schiera lassando, ch'era a piede.
37.1Fan l'istesso Tristano e Galealto,
37.2che l'esercito a piè resta a Gaveno;
37.3et ei co' lor cavai muovon l'assalto
37.4sì che la polve oscura empieva il seno
37.5non della valle pur, ma l'aria in alto
37.6d'ogni luce ch'avea veniva meno;
37.7che 'l sol, che i raggi aurati spunta fuore,
37.8non la può penetrar col suo splendore.
38.1Sembrava a riguardar, qual'esser suole
38.2il ciel poi che 'l villan le biade accoglie,
38.3ch'a i solchi affaticati e i campi vuole
38.4scarcar pietoso le rimase spoglie;
38.5che 'l foco sveglia intorno, onde si duole
38.6fuggendo il serpe nell'ascose soglie,
38.7e 'l fumo adombra tal, ch'ivi ha condotte
38.8quante tenebre ha in sen l'oscura notte.
39.1Scontransi insieme e 'l gran romor ne suona
39.2non men che quando Astrea cangia l'estate,
39.3che Giove irato allor fulmina e tuona,
39.4spaventando le menti scellerate;
39.5e sì grave è 'l colpir, ch'al mezzo dona
39.6l'una in ver l'altra delle squadre armate,
39.7che ben fu cavalier d'alto potere,
39.8chi vivo o 'n su 'l destrier si può tenere.
40.1Trovò il re Galealto Licaone,
40.2che german fu del fero Bustarino,
40.3nel Norico terren nato d'Alcone,
40.4che l'impero reggea di quel confino;
40.5la lancia in mezzo il cor dritta gli pone,
40.6e 'l fa, lasso, cader sovra il cammino,
40.7fra la gente sì stretta, che calcato
40.8fu nel medesmo punto d'ogni lato.
41.1Né sol batte costui; che 'l colpo istesso
41.2in fin sopra del quinto si distende;
41.3Altao, Biante, Tarco e Trasio appresso,
41.4tutti nati ove l'Istro il corso prende;
41.5morti quei primi tre, l'ultimo oppresso
41.6nel petto sì che sovra l'erbe scende;
41.7e gran ventura fu, ch'ei trovò loco,
41.8ove 'l popol. che vien, gli nocque poco.
42.1Il famoso Tristan trova Acasmeno,
42.2ch'all'aspra selva Ircinia era molesto,
42.3della qual con Drumen reggeva il freno,
42.4e 'l boemico stuol fea nudo e mesto;
42.5gettalo in basso e seco in su 'l terreno
42.6cade, chi vien compagno infino al sesto;
42.7Mestor, Troilo, Amfio, Ciniro, Ormede,
42.8ch'ove l'Albi esce fuori avean la sede.
43.1Nè il chiaro Seguran con men furore
43.2della schiera Britanna ha posti a morte
43.3molti buon cavalier, che largo onore
43.4avean della virtude e della sorte;
43.5Alio, Pritano, Entichio ed Ipenore,
43.6Pandaro e Lacoonte il fero e forte
43.7Armorico guerrier, che di Tristano
43.8era per real sangue prossimano:
44.1gli altri di Blomberisse e di Blanoro
44.2nati nel lito Neustrio eran parenti;
44.3e l'un sopra dell'altro ivi fra loro
44.4miseramente van di vita spenti:
44.5né il crudo Terrigano e Palamoro
44.6nell'opra marzial son pigri e lenti;
44.7ché quegli il franco Androgeo e Politide,
44.8questi Tissandro e 'l suo Timano uccide.
45.1Così al primo incontrar delle battaglie
45.2restan tanti impiagati e tanti morti,
45.3a cui poco giovar piastre né maglie,
45.4né l'esser valorosi, arditi e forti,
45.5che pareano all'agosto aride paglie,
45.6tal sono insieme stranamente attorti,
45.7ché 'l villan negligente sparse a terra,
45.8poi che 'l frutto ch'avean, nell'arca serra.
46.1Ponsi la mano al brando d'ogni lato
46.2per quei che servò in piè sorte o valore:
46.3il buon re Galealto è ratto entrato,
46.4ove il più stretto stuol vede e maggiore,
46.5che fu quel di Clodin, ch'era restato
46.6più inverso il fiumicello, ove il furore
46.7dell'assalto mortal non fu sì grave,
46.8sì che 'l danno minor per ancor'ave.
47.1Ma s'allor la fortuna gli fu amica,
47.2or d'un altro color gli mostra il volto;
47.3ché di sangue, di duol, di morte intrica
47.4il possente guerriero ovunque è volto;
47.5non sa il miser Clodin, che faccia o dica,
47.6tal di nuovo timor si trova avvolto;
47.7ché quella esser credea l'invitta mano
47.8del figliuol valoroso del re Bano.
48.1E se fornito è ben di sommo ardire,
48.2e di somma virtude ha cinta l'alma,
48.3gli fa il vederlo allor risovvenire
48.4dell'avuta ne' suoi più d'una palma;
48.5e che male a tal uom può contra gire,
48.6ch'è per gli omeri suoi soverchia salma;
48.7il medesmo fra sé ciascun dicea,
48.8ché 'l provato valor riconoscea.
49.1E con questo pensiero, ovunque giva
49.2il sovran re dell'Isole lontane,
49.3la stretta schiera al suo spronar s'apriva,
49.4e nessun contro a lui saldo rimane;
49.5et egli or questo or quel seguendo arriva,
49.6come leprette vili ardito cane;
49.7e quanti vuole atterra; onde sovente
49.8gran vergogna e pietade in cor ne sente.
50.1Uccise il nobil Glauco e 'l fer Dimone
50.2d'un fratel di Clodasso nati insieme,
50.3diviso il primo infin dove l'arcione
50.4dell'arnese ch'avea la falda preme,
50.5dell'altro il capo in su l'arene pone,
50.6che dal busto troncato spira e geme;
50.7abbatte doppo questi Agrio e Molanto
50.8nel militare onor d'egregio vanto;
51.1quel de i monti Cemeni avea l'impero
51.2già del sangue illustrissimo d'Albino;
51.3questo, di men ricchezze, ma più fero,
51.4ch'al terren comandava Limosino;
51.5doppo loro Acamante e 'l saggio Osero,
51.6che del fato ch'avvenne era indivino,
51.7e fuggendol lontan sotto altrui soglie,
51.8fu ingannato da Alfea la cruda moglie:
52.1che quale Amfiarao fece Erifile,
52.2al giovin re Clodino il discovrio;
52.3né in ciò la spinse aurato e bel monile,
52.4ma d'illecito amor caldo desio;
52.5e così il giunse al suo più vago aprile,
52.6come il miser temeva, il verno rio;
52.7e quando al cor ferito a morte venne,
52.8della sposa infedel gli risovvenne,
53.1va seguendo il gran re, né il corso arresta,
53.2che quanti aggiugner può di spirto priva,
53.3qual lupa ch'ha i figliuoi nella foresta,
53.4contr'a gregge d'agnei, ch'errando giva
53.5senza cane o pastore in quella e 'n questa
53.6verde campagna erbosa o fresca riva;
53.7ch'a numero sì grande il viver toglie,
53.8che de' figli e di sé sazia le voglie.
54.1Scorge appresso Nabon, nomato il Fello,
54.2che 'n tra 'l fiume Sigmeno e la Garona
54.3reggeva il fren del popolo rubello
54.4alla sua antica Gallica corona,
54.5va incontra a lui, come rapace augello,
54.6cui sofferto digiuno al vespro sprona
54.7sopra colomba candida, che vede,
54.8che da i campi solcati al nido riede.
55.1Non fuggì l'altro; che 'l poter gli è tolto,
55.2tanto a lui già vicin venire il sente,
55.3ma quanto può il più tosto s'è rivolto,
55.4e s'acconcia a battaglia arditamente;
55.5Galealto gli dona in mezzo il volto
55.6d'una punta mortal così possente,
55.7che gli passa oltra, dove al naso scende
55.8l'umor soverchio, che la testa offende.
56.1Così morio Nabon senza vendetta,
56.2che non poté il meschino il brando oprare;
56.3al cui duro cader, la gente stretta
56.4tosto comincia il varco a rallargare;
56.5et ei per entro, qual leon, si getta,
56.6ove aperta talor la mandra appare
56.7per follia del pastor, cui giovinetto
56.8cura ardente d'amore ingombre il petto.
57.1E 'n fra lor poi facea sì larga strada,
57.2ch'a molti, che 'l seguian, donava loco;
57.3in guisa del villan, che intento bada
57.4a riportar dal bosco il cibo al foco,
57.5spinge il conio al troncon, che 'nnanzi vada
57.6con la punta sottil, che a poco a poco
57.7vien rallargando il resto e in ugual parte
57.8il disegnato legno apre e diparte.
58.1Cotale avvenne allor di quelle schiere;
58.2che penetrò il primier per esse solo,
58.3in fin che 'l suo drappel si può vedere
58.4doppo lui misto tra 'l nemico stuolo;
58.5il quale spaventato dal cadere
58.6di tanti e tai guerrier già fugge a volo;
58.7né il puon saldo tener conforti o preghi,
58.8ch'al cominciato andare omai non pieghi.
59.1Fassi avanti Galindo il Tolosano,
59.2e per frenar' i suoi si mette in opra,
59.3poi contr'a Galealto arma la mano,
59.4e quanto ha più valore in esso adopra,
59.5che infinito era pur, ma viene in vano,
59.6ché concesso non fu da chi sta sopra
59.7sì largo onore a lui di tanta palma;
59.8ma spogliar ben di sé la misera alma.
60.1Perch'al candido scudo il colpo muove,
60.2dicendo: “Or senta il fero Lancilotto
60.3di Galindo il potere e l'alte pruove,
60.4e come del ferir nell'arte è dotto;
60.5ché se l'erba e l'incanto non gli giove
60.6della fata del lago, oggi condotto
60.7sarà dal suo destino a quella morte,
60.8ch'ha riservata in me l'amica sorte”.
61.1E 'n tai parole il fere e la percossa,
61.2qual martel dall'incude indietro riede;
61.3né il magnanimo re la spalla ha mossa
61.4più che saldo troncon, cui Borea fiede;
61.5ma riversata in lui tutta sua possa,
61.6sopra l'alto cimier tal colpo diede,
61.7che la fronte s'aperse in quella guisa,
61.8che pianta alpestre dalla scure incisa.
62.1Cadde il fero guerrier, col volto pieno
62.2d'atro sangue mischiato e di cervella,
62.3e con grave romor batte il terreno,
62.4abbandonando al fin l'aurata sella;
62.5e di sé dispogliato il crudo seno
62.6sen gìo ratta a colui l'alma rubella,
62.7a cui del nostro oprar ragion si rende,
62.8e dovuta mercé da lui si prende.
63.1Fugge nel suo cader la gente intorno,
63.2ch'avea sperando in lui fermato il passo;
63.3come quando il falcon fere uno storno,
63.4che poi tutto il drappel si getta in basso,
63.5e si nasconde, ove sia il bosco adorno
63.6di folte spine, al più serrato passo,
63.7poi senza oprare il volo addrizza il piede
63.8alla più oscura, occulta e chiusa sede.
64.1Così quella, al perir del sommo duce,
64.2si scernea dileguar per corta strada;
64.3e tutta inverso Avarco si conduce,
64.4né la può fosso o rio tenere a bada:
64.5ma il possente Clodin la fama induce,
64.6ove questi fuggiano, in cui la spada
64.7opra poi che non val prego o minaccia,
64.8a rivolger le spalle ov'han la faccia.
65.1Né molto sta fra lor che sopra giunge
65.2il chiaro Galealto in quella parte,
65.3che 'nverso la vittoria il destrier punge,
65.4in seno ardendo del furor di Marte;
65.5come il vide Clodin poco a lui lunge,
65.6desio d'onore e 'l dever proprio in parte
65.7di girlo a rincontrar ratto lo spinge,
65.8pur d'antico timor la fronte pinge.
66.1E dice al ciel guardando: “O sommo Giove,
66.2se mai di larghi don ti fu cortese,
66.3se il sacro nome tuo quinci ed altrove
66.4il mio cor d'onorar mai sempre intese,
66.5dammi quella virtù che da te piove
66.6in chi ferma di te fidanza prese,
66.7che in un colpo, in un'ora mi permetta
66.8di tali e tanti miei chiara vendetta”.
67.1Così detto, il destrier bramoso sprona,
67.2e la lancia, ch'avea, si reca a resta;
67.3ma nel candido scudo in basso dona
67.4il colpo, che drizzava alto alla testa;
67.5il colle intorno e la campagna suona,
67.6e veniva al nemico anco molesta,
67.7se il legno era più duro; ma fu tale,
67.8che 'n mille brevi tronchi in aria sale.
68.1Così non gli giovò l'aver vantaggio,
68.2che contra il brando sol mosse la lancia;
68.3né al chiaro Galealto oscurò raggio
68.4dell'ardito valor, ma il prende in ciancia,
68.5dicendo: “A voi medesmo fate oltraggio,
68.6e ne devreste aver rossa la guancia,
68.7non a me, cui mill'aste insieme accolte
68.8di mille pari a voi non sarien molte”.
69.1E 'n tai detti ritruova, che ritorna
69.2già indietro col destriero a nuova guerra;
69.3ivi l'ira e 'l furore alza le corna,
69.4e 'l desio dell'onor gli stringe e serra;
69.5fu il primo Galealto, che l'adorna
69.6chioma del pino aurato abbatte in terra,
69.7che sovra il bel cimier Clodino avea,
69.8perch'al regno paterno succedea.
70.1né rimase ivi il colpo; che discende,
70.2e con più grave suon l'elmo percuote,
70.3no 'l rompe già, ma sì il nemico offende,
70.4che gli sembra veder fulgenti ruote;
70.5non s'arresta perciò, ma il brando stende
70.6inverso Galealto e quanto puote
70.7gli spinge alla visiera una tal punta,
70.8che con morte di lui veniva aggiunta;
71.1se non fora incantato il fino acciaro,
71.2e che doppio venia dove ella colse;
71.3pur' il sentirne in sé dolore amaro
71.4per la fera percossa non gli tolse;
71.5ma qual torbo Aquilon, che di gennaro
71.6tutto il superbo fiato in sen raccolse,
71.7per affondar quel legno, che varcare
71.8vuol, mal grado di lui, d'Icaro il mare;
72.1stringe ogni forza insieme Galealto,
72.2e 'nverso il cavalier ratto s'avventa;
72.3e senza mai posar, mortale assalto
72.4gli dà col brando e quinci e quindi il tenta,
72.5tanto ch'al quarto colpo, che vien d'alto,
72.6pur su la fronte, ov'ha la voglia intenta,
72.7in tal modo il percuote, che conviene,
72.8ch'e' caggia al fin sovra le trite arene;
73.1non già morto o ferito; ch'assai duro
73.2fu l'elmo a sostener la cruda forza;
73.3ma la vista ha ravvolta un velo oscuro,
73.4che gli spirti vitali alquanto ammorza;
73.5rovina appar d'un mal fondato muro
73.6lungo il fiume talor, che l'onda sforza
73.7sormontando all'autunno e della valle
73.8rimbomba al suo cader l'erboso calle:
74.1giunse tardo al soccorso il pio Margondo,
74.2che menò quei del lito Provenzale,
74.3ove al Rodan più largo e più profondo
74.4mischia Nettunno in sen lamaro sale;
74.5e pensando in fra sé, che ad altro mondo
74.6sia passato Clodin, pietà l'assale,
74.7e come fido amico a Galealto
74.8muove intorno co' suoi novello assalto.
74.9ma 'l magnanimo re tra lor si stringe,
74.10come il fero leon tra i vili armenti;
74.11e con nuovo rossor la valle pinge
74.12del largo sangue delle uccise genti;
74.13poscia al fero Margondo, che s'accinge
74.14in guerra contro a lui, non altrimenti
74.15gli cacciò per le tempie il brando fero;
74.16ch'al cervo che giacea, saetta arciero.
75.1cadde egli ancor e quel della Vallea,
75.2che Gracedono il forte nominaro,
75.3che nel medesmo loco impero avea,
75.4ove in ver l'oriente irriga il Varo
75.5cercando vendicar la sorte rea
75.6de' compagni e signori, il fine amaro
75.7di se stesso trovò; ch'al primo intoppo
75.8frale al disegno si conobbe e zoppo.
76.1Perché mentre al ferirlo s'apparecchia,
76.2il magnanimo re già in capo il fere,
76.3e 'l colpo rio fra l'una e l'altra orecchia
76.4fino a i denti partito il fa cadere;
76.5l'altro stuol più che mai l'usanza vecchia
76.6riprende del fuggir; né sostenere
76.7il può fren di guerriero o d'altro duce,
76.8infin che sotto Avarco si conduce:
77.1E l'un l'altro impedisce e serra il passo,
77.2come quando all'agosto il ciel riversa
77.3sì larghe piogge, che correndo in basso
77.4l'un torrente con l'altro s'attraversa;
77.5ch'ogni campagna, ogni arbore, ogni sasso,
77.6ogni opera mortal giace sommersa;
77.7e di sì gravi arene hanno il mar carco,
77.8che non pon ritrovar l'usato varco:
78.1e 'l forte Galealto ancora il segue,
78.2e già tocca con lor le regie mura,
78.3alle quai non vuol dar paci, né tregue,
78.4ma d'espugnarle il dì prenderia cura;
78.5ch'a lui non par, ch'al suo valor s'adegue
78.6cosa mortal, né si ritruove dura
78.7impresa contr'a lui; né 'l crede invano,
78.8se 'l nemico fatal gli era lontano.
79.1Ma il crudo Seguran tosto che intende
79.2di tanti e tai guerrier la morte acerba,
79.3e che quasi Clodin l'anima rende
79.4riversato e negletto sovra l'erba;
79.5il corso, ove ciò avvien, veloce stende,
79.6e 'n vista minacciosa, aspra e superba
79.7a quanti incontra dice: “Ogni uom mi mostri
79.8ov'è 'l bianco guerrier ch'uccise i nostri”.
80.1Risponde Marabon della Riviera,
80.2che 'l cercava per tutto: “Egli è vicino
80.3della porta d'Avarco e quella spera
80.4col fuoco aprir, se ciò vorrà il destino;
80.5ma temo senza voi l'estrema sera
80.6veder del vecchio padre di Clodino,
80.7che con la figlia, lasso, e con la sposa
80.8di temenza e di duol non trova posa.
81.1E pur dice piangendo: “Ove or si trova
81.2il nostro Seguran? la nostra speme?
81.3Com'esser può, ch'al qui venir no 'l muova
81.4di noi lassi pietade e del suo seme?
81.5Ma forse il buon voler poco ne giova,
81.6ch'oscura morte o dura piaga il preme”;
81.7e 'n tal timore e 'n tale angoscia oppresso,
81.8ch'io vi debba cercar m'avea commesso”.
82.1Fecesi in vista e 'n cor l'altero Iberno
82.2all'udir le pungenti e pie parole,
82.3quale il fero mastin, ch'al fosco verno
82.4udìo la gregge che si lagna e duole;
82.5ch'ave il lupo vicin, che prende a scherno
82.6la guardia antica, che salvar la suole;
82.7che 'n rabbioso gridar ratto s'avventa,
82.8ove chi spera in lui piange e paventa.
83.1E più veloce assai ch'a Pelio in fronte
83.2il folgore dal ciel l'autunno cade,
83.3il traportan le vogli acerbe e pronte,
83.4ove per lui trovar mostran le strade;
83.5ma poi ch'omai vicin l'egregie e conte
83.6fattezze scerne, in cui l'altere e rade
83.7virtù di Lancilotto esser si crede,
83.8raffrena alquanto in sé l'animo e 'l piede.
84.1Qual scarco viator, che 'n fretta corre
84.2leve il colle varcando e la campagna,
84.3ch'al fin pervegna, ove al traverso scorre
84.4profondo e largo rio che 'nriga e bagna;
84.5che si vede in un punto il passo accorre,
84.6e dal ratto pensier l'alma scompagna;
84.7poi dell'oltra passar l'arte e la guisa
84.8con più tardo consiglio in seno avvisa.
85.1Tale al gran Segurano allora avvenne,
85.2quando il famoso re già presso scorge;
85.3che mentre al suo volar l'ali ritenne,
85.4con più aguto mirare il guardo porge;
85.5e vedendol ferir, per certo tenne,
85.6o che 'l primo valor più lento insorge,
85.7ch'ei non soleva o ch'alcun altro indotto
85.8sotto la forma sia di Lancilotto.
86.1E riveste speranza e 'n sen riprende
86.2l'intermesso furor, l'ira e l'ardire,
86.3e grida in alto suon, ch'ogni uom l'intende:
86.4“Lassate il vile stuol securo gire;
86.5apprendasi a' miglior, cui l'alma incende
86.6della fama immortal caldo desire;
86.7volga pure il suo brando a Segurano
86.8il magnanimo erede del re Bano”.
87.1Quando ciò ascolta il chiaro Galealto,
87.2ben che pien di valor, si cangia alquanto,
87.3ché sculto serba in cor di saldo smalto
87.4quel, di che Lancilotto il pregò tanto;
87.5pur s'apparecchia al suo fatale assalto,
87.6e d'ogni altro desio spogliando il manto,
87.7quanto più leve può torna il destriero
87.8contra il superbo Iberno cavaliero.
88.1E quali aspri leon, che 'ntorno stanno
88.2alla comune lor già vinta preda,
88.3che 'ncontra irati l'uno a l'altro vanno,
88.4perché 'l compagno a lui la parte ceda;
88.5che per l'unghia, o di morso estremo danno,
88.6alcun non è de' duoi, che 'ndietro rieda,
88.7in fin che ucciso l'uno, il vincitore
88.8del combattuto premio è possessore.
89.1Col medesmo furor gli alti guerrieri,
89.2e col medesmo fin dell'altrui morte,
89.3spronan tutti animosi i lor destrieri,
89.4ove gli sospingea valore e sorte;
89.5e furo ambi al colpir sì grave e feri,
89.6che non apparve ben, chi sia più forte;
89.7ché l'uno e l'altro d'essi indietro scorse,
89.8e di a terra cader si mise in forse.
90.1Ma il candido Nifonte in un momento,
90.2quasi ontoso fra sé, vigor riprende,
90.3né quel del negro Eton rimase spento,
90.4che più che fosse mai ratto s'accende;
90.5e quale al minor di rabbioso vento,
90.6il passo questo a quel di nuovo stende;
90.7e 'l buon re di Canaria fu il primiero,
90.8che ferì Seguran d'un colpo fero;
91.1fero assai sopra l'elmo, ma non quale
91.2si credea di sentir l'invitto Iberno;
91.3che già da Lancilotto n'ebbe tale,
91.4che scender si pensò più giù ch'Averno;
91.5ora a quel comparaggio il trova frale
91.6sì, ch'ogni suo ferir quasi ave a scherno;
91.7e nel medesmo loco il batte in guisa,
91.8che la fronte gli avria rotta o divisa;
92.1se non fora il fin'elmo e 'l sacro incanto,
92.2a cui forza mortal non nocque mai;
92.3non poté far che non piegasse alquanto,
92.4e non sentisse allor dogliosi guai;
92.5pur l'onore e 'l valor l'aiutò tanto,
92.6che vie più che da prima ardito assai
92.7alla sinistra spalla il ripercosse
92.8sì, che del loco suo lo scudo mosse:
93.1e non picciola piaga in essa stampa,
93.2non tal però che l'impedisca molto,
93.3ma il crudo cavalier, che d'ira avvampa,
93.4gli risospinge il brando a mezzo il volto;
93.5ma la doppia visiera anco lo scampa;
93.6pur così dritto a pien gli venne colto,
93.7che se ben non l'impiaga, l'aspro peso
93.8gli ha la fronte e 'l veder soverchio offeso.
94.1Onde alla destra parte alquanto inchina;
94.2poi la grossa armadura e l'elmo grave
94.3più ch'a lui non convien, d'aspra ruina
94.4gli fur cagion, che doppiamente aggrave,
94.5e così lentamente s'avvicina
94.6sopra il duro sabbion; qual tronco o trave,
94.7cui mancando il sostegno a poco a poco
94.8va sforzata dal pondo in basso loco.
95.1ma non prima il buon re segnò la terra
95.2con la fronte e con l'omer, che risorse,
95.3e 'mbracciato lo scudo a nuova guerra
95.4contra il nemico suo veloce corse;
95.5il qual del suo caval tosto s'atterra,
95.6e d'Osco il suo scudiro in mano il porse,
95.7dicendo: “Io non ricerco altro vantaggio,
95.8che quel che di valore e d'ardir aggio”.
96.1E quale aspro leon, ch'aggia impiagato
96.2possente tauro di mortal percossa,
96.3che ritirando il piè sia riversato
96.4nel più profondo sen d'ascosa fossa;
96.5che d'un salto leggier l'ha seguitato,
96.6e di condurlo a fin mette ogni possa,
96.7pria che la sua sventura intorno udita,
96.8di pastori o di can gli giunga aita.
97.1Tal l'Iberno crudel leve l'assale,
97.2e l'animoso re non ferma il piede;
97.3ma il percuoter l'un l'altro a nulla vale,
97.4ché 'l ferro onde son cinti in van si fiede;
97.5ma il fero Seguran, ch'omai mortale
97.6la battaglia in tal modo esser non vede,
97.7senza il brando e lo scudo oltra si caccia,
97.8e 'l famoso avvarsario intorno abbraccia.
98.1Fa il medesmo il gran re, ch'anco lui stringe,
98.2e di por sotto altrui ciascuno adopra;
98.3or l'un l'altro solleva, or si sospinge,
98.4or la forza, ch'egli ave, or l'arte è in opra;
98.5ma con fierezza tal l'Iberno il cinge,
98.6che 'l distende per terra e riman sopra;
98.7poi con tutto il poter sotto il mantiene,
98.8e 'l pugnal nella destra stretto tiene.
99.1Col quale in ogni parte il va tentando,
99.2s'ei ritrovasse in esso aperta via,
99.3onde il potesse por di vita in bando,
99.4e vendicar de' suoi la sorte ria;
99.5né Galealto ancor s'arresta, quando,
99.6e la vita e l'onor servar desia;
99.7quanci e quindi movendo con la spada
99.8cerca anch'egli al ferir novella strada.
100.1Ma perch'era assai lunga e che si truova
100.2ben gravato da lui, può nuocer poco;
100.3l'altro che vede pur che nulla giova,
100.4e ch'all'arme squarciar la forza è gioco,
100.5d'impiagarlo alla fin si mette in prova,
100.6ove senza difesa appare il loco,
100.7delle coscie il di dentro a cui l'arcione
100.8stando sopra il destrier la guardia pone.
101.1Lì del forte pugnal che non s'arresta,
101.2con la sua destra man di sotto il punge,
101.3con la sinistra poi l'armata testa,
101.4che non possa levarse al terren giunge;
101.5alla terza ferita agra e funesta
101.6dall'infelice vel l'alma disgiunge;
101.7tagliando i nervi con mortale affanno,
101.8che i moti al nostro andar diversi danno.
102.1Così traendo i piè, torcendo il volto,
102.2il ferreo sonno e sempiterno oppresse
102.3il miser Galealto, lunge molto
102.4dal lito in cui nascendo l'orma impresse;
102.5l'altero vincitor, poi che disciolto
102.6dal mondo il vide, con le man sue stesse
102.7trionfatrici omai dell'altrui doglia,
102.8per ornarne il trofeo, l'arme gli spoglia.
103.1Con desio di veder chi costui fosse,
103.2il lucid'elmo pria gli toe di fronte;
103.3ma il crudo core a gran pietà si mosse,
103.4come il conobbe alle fattezze conte;
103.5ché in molte parti seco ritrovosse
103.6con le voglie al suo bene amiche e pronte,
103.7allor che dal felice suo paese
103.8con mille navi o più Brettagna offese.
104.1Duolsi della sua sorte e ben vorria
104.2il suo fido compagno in vece avere;
104.3pur gli dispoglia il resto e tutto invia,
104.4ove il possa Clodasso e i suoi vedere;
104.5il corpo nudo poi mandar desia
104.6non men che l'altro appresso per potere
104.7dargli sepolcro ornato a gran memoria
104.8d'altrui lorda vergogna e di sua gloria.
105.1Ma in questa ecco venire il pio Tristano,
105.2che avea veduto il candido corsiero,
105.3che senza il cavalier, traverso al piano
105.4dell'albergo cercando iva il sentiero;
105.5e poi ch'a ritenerlo adoprò invano,
105.6il lassa andare al suo signor primiero,
105.7et esso, onde venia, rivolge il corso,
105.8per dargli, se potea, ratto soccorso.
106.1E trova il miserel che tutto nudo
106.2già in man de' suoi guerrier l'Iberno il pone,
106.3che 'l portino, ove l'arme e 'l bianco scudo
106.4han condotto in Avarco altre persone;
106.5et ei cinto di sangue, altero e crudo
106.6era già rimontato su l'arcione,
106.7pensando, come avvenne, ch'altra gente
106.8devesse ivi arrivare immantenente.
107.1Tosto che 'l caso acerbo e dispietato
107.2di Tristano alla vista s'appresenta,
107.3di doglia e di furor tutto infiammato
107.4inverso chi 'l tenea ratto s'avventa;
107.5quel morto, quel ferito ha riversato
107.6dell'aspra turba all'empia cura intenta;
107.7et a cui con la spada non fa guerra
107.8col voltar del caval distende a terra.
108.1Qual tigre irata che ritrove il figlio,
108.2che 'n mezzo a i cacciator legato giace,
108.3che di questo e di quel molle e vermiglio
108.4il campo intorno furiando face;
108.5né con l'aguto morso e con l'artiglio
108.6lassa i crudi avversari in tregua o 'n pace,
108.7fin che quanti vi son veggia cadere,
108.8e 'l desiato pegno aggia in potere.
109.1Tal l'armorico re sembrava allora,
109.2e sopra Seguran già il corso stende,
109.3e 'l trova su 'l caval mal fermo ancora,
109.4e da traverso e d'improviso il prende,
109.5sì che 'l possente Eton non ben dimora
109.6saldo al grand'urto e 'n terra si distende;
109.7e pria che torne in piè, Tristan richiama
109.8i guerrier, ch'ivi avea di maggior fama.
110.1Che fu il re Galganese di Norgallo,
110.2e 'l gran re Sinadosso d'Estrangorre,
110.3e 'l re Rion, che nel paese Gallo
110.4fu di sommo valor fondata torre;
110.5e ciascun già lassato il suo cavallo
110.6al più fido scudier, veloce corre,
110.7e 'l miser Galealto accoglie in seno
110.8d'atro sangue e di polve intorno pieno.
111.1E d'ogni guerra intanto gli assicura
111.2l'alto guerriero, e 'n voce gli conforta:
111.3“Non aggia in sì bell'opera paura,
111.4chi questo acuto brando ha per iscorta;
111.5che pria mi spegnerà la morte oscura,
111.6che del mio padiglion trovi la porta
111.7senza il buon Galealto; se non vivo,
111.8poi ch'ha voluto il ciel, di spirto privo.
112.1Che dir non possa il figlio del re Bano,
112.2ch'abbandonato sia pegno sì chiaro;
112.3ove sia stato il fido suo Tristano
112.4vie più di larghi onor, che d'anni avaro”.
112.5Così dicendo, al fero Segurano
112.6dà sopra l'elmo ancor colpo sì amaro,
112.7ch'ove surger credea di nuovo in piede,
112.8col sinistro ginocchio in terra fiede.
113.1Ma in questo tempo già son molto avanti
113.2col doloroso peso i tre gran regi,
113.3ch'han già più duci e cavalieri erranti
113.4ritrovati in cammin di nomi egregi;
113.5e gli fan compagnia con larghi pianti,
113.6e ricoperto l'han d'oscuri fregi;
113.7e 'l conducono al fin con sommo onore,
113.8ove al campo svegliaro alto dolore.
114.1E 'l famoso Tristan, poi che s'accorge,
114.2come in secura parte è Galealto,
114.3e vede, ch'animoso omai risorge
114.4il fero Segurano a nuovo assalto,
114.5e con lui nuove schiere accolte scorge,
114.6sì che 'n periglio vien gravoso et alto
114.7di rimaner ravvolto stanco e solo
114.8da numeroso, fresco e forte stuolo;
115.1va cedendo alla forza a poco a poco,
115.2senza volger però già mai le spalle;
115.3e ritirando il piè di loco in loco
115.4viene, ove l'Euro più stringea la valle;
115.5ivi securo omai si prende in gioco
115.6il difender da lor l'angusto calle,
115.7ché tra le liquid'onde e tra le schiere,
115.8che conducea Gaven, si può vedere.
116.1Va dietro Seguran con torto sguardo,
116.2qual lupo che 'l montone avea predato,
116.3che mentre schiva il can, dal leve pardo
116.4l'ha sentito furar d'ascoso lato
116.5che 'l vorria racquistar, ma il passo ha tardo
116.6al suo veloce gir; che 'l core irato
116.7sfoga seguendo pur con lento corso,
116.8sopra i roghi e gli spini oprando il morso.
117.1Tal era egli in quel punto, e poi che vede,
117.2come ogni disegnar gli torna vano,
117.3il suo chiaro Brunoro e Palamede
117.4ritrova su 'l sentier poco lontano;
117.5i quai tanto il pregar, ch'ei ferma il piede
117.6sciolto di speme omai d'aver Tristano,
117.7dicendo: “Assai faceste in questo assalto,
117.8poi ch'uccideste il nobil Galealto”.
118.1Poi seguitò Brunoro: “A me parrebbe,
118.2quantunque il sole ancor sia in alta parte,
118.3che 'l miglior richiamare omai sarebbe
118.4le genti intorno al guerreggiare sparte;
118.5ché più là con ragion non si devrebbe
118.6oggi per noi tentar l'ira di Marte,
118.7sendo i nostri già stanchi ed a i nemici
118.8quei, che sdegnati fur, tornati amici.
119.1Voi potete veder ne i nostri danni
119.2del figliol del re Ban l'insegne chiare,
119.3senza le quali ancor non brevi affanni
119.4aveste il vostro campo a conservare;
119.5or sendo morto quel cui già tanti anni
119.6più che 'l cor proprio suo si vide amare,
119.7non debbiam noi pensar, ch'alla vendetta
119.8con genereoso cor tosto si metta?
120.1E quantunque il valor ch'io veggio in voi,
120.2non men punto di quello essere stimi,
120.3ei verrà intero e fresco ed avrà noi
120.4lassi e 'mpiagati negli assalti primi;
120.5i cavalieri erranti e i sommi eroi
120.6di sangue alteri e di virtù sublimi
120.7uscir vedreste allor che sol di lui
120.8riconoscon l'impero e non d'altrui.
121.1E voi sapete ben che questo giorno
121.2per combattere il vallo uscimmo fuore,
121.3né pensammo in campagna avere intorno
121.4delle schiere novelle aspro furore;
121.5e s'e' n'ha dato il ciel, che danno e scorno
121.6venne a' nemici ed a noi largo onore,
121.7sappiamlo mantenere a miglior'uso,
121.8ove il nostro ordinar sia men confuso”.
122.1Tal diceva Brunoro e benché fosse
122.2al fero Segurano aspro consiglio,
122.3il pregar pure e la ragione il mosse
122.4a non tentar de' suoi certo periglio;
122.5così arrestaro il corso e le sue fosse,
122.6poi che l'oste nemico assai vermiglio
122.7ha fatto e che da lui ne va lontano,
122.8passò il Britanno esercito e Tristano.
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