CANTO XI

Avarchide

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1.1Come i suoi biondi crin la bianca aurora
1.2sovra il Gange spiegando annunzia il giorno,
1.3il pio rettor dell'Orcadi vien fuora
1.4dell'albergo vicin con l'arme intorno
1.5e cinto di pensieri ove dimora
1.6del re Britanno il padiglione adorno.
1.7Entrò soletto, e già il ritruova in piede;
1.8ch'al bisogno comune ivi provvede.
2.1Né giunto apena fu, ch'ogni altro duce
2.2ogni altro cavalier di grande onore
2.3ch'era del suo splendor la maggior luce
2.4venne con riverenza e sommo amore
2.5per saper in qual parte si conduce
2.6l'alto voler del sommo imperadore:
2.7i quai posti a seder, gli prega Arturo
2.8che 'l debban consigliar del dì futuro.
3.1Il re Lago il primier, come degno era,
3.2già levatosi in piè così dicea:
3.3“Ier poteste veder la lunga e fera
3.4guerra, per ambedue tanto aspra e rea
3.5che non si porria dir qual parte altera
3.6render grazie ne possa a quella dea
3.7che con l'ali cangianti in alto giace
3.8e vola or quinci or quindi ove la piace.
4.1Perch'io la vidi almen mille fiate
4.2or tra i nostri allegrarsi or tra i nemici,
4.3or tutti coronar di palme aurate
4.4or ripor tra i più miseri e 'nfelici:
4.5tanto che sono al fin sì bene ornate
4.6del sangue di ciascun queste pendici,
4.7che possiam dire egual la nostra gloria
4.8e di duol pareggiata la memoria.
5.1Perch'io direi che la pietà ch'avere
5.2di chi muor con onor fra noi si deve
5.3ne sforzi a ricercar via di potere
5.4covrir quei che perir di tumol leve;
5.5e 'nsieme ristorar le vive schiere
5.6d'alcun dolce riposo, ancor che breve:
5.7e chi percosso sia, ch'alquanto possa
5.8con più pace curar l'impiagat'ossa.
6.1Né può biasmo sentir d'anima vile
6.2il cercar da' nemici alcuna tregua,
6.3ma di spirto pietoso e signorile
6.4il bramar che 'l suo dritto a i morti segua,
6.5io qual chi sprezza, allo spietato stile
6.6delle tre fere selvatiche s'adegua:
6.7e chi per tal richiesta sprezzi noi
6.8guarde pur sé medesmo e guarde i suoi;
7.1si dirà ben che chi sì ardito il core
7.2in guerra e così pronta aggia la mano
7.3non possa esser compreso da timore
7.4ritrovandosi in pace e di lontano.
7.5Ma sia che può, che 'l candido valore
7.6non dee biasmo curar che venga vano:
7.7bastigli che 'l pensier lodato e pio
7.8egli stesso conosca, e 'l veggia Dio.
8.1E se per poca gloria e così frale
8.2si lasseranno i nostri a i corvi preda
8.3non avem da temer che la mortale
8.4crudeltà nostra in noi medesmi rieda?
8.5La vendetta del ciel tarpate l'ale
8.6non ha più che si soglia, a quel ch'io creda;
8.7e 'nchinarse a i nemici in sì degn'opra
8.8è via più bello onor che star di sopra”.
9.1Come ha 'l buon re finito, ogni altro insieme
9.2del consiglio real l'istesso afferma.
9.3Ma la cura medesma il petto preme
9.4in Avarco la gente afflitta e 'nferma,
9.5ch'ivi turba infinita intorno geme
9.6di giovinette donne e d'età ferma
9.7che chi 'l padre, chi 'l figlio ave smarrito,
9.8chi 'l fratel cerca indarno e chi 'l marito:
10.1tal che mosso a pietade il re Clodasso
10.2adunato ogni duce e cavaliero
10.3dicea: “Da poi ch'a sì dubbioso passo
10.4n'ha condotti, signori, il destin fero,
10.5pria che 'l nostro cader vada più basso
10.6e mentre ancora in noi l'arbitrio intero
10.7riman di poter dare all'aspro assedio
10.8con men dannoso fin pace e rimedio;
11.1parmi che noi deviam volger la mente
11.2a metterne in cammin ch'e' sia più piano,
11.3in cui non pèra tal la miglior gente
11.4né sia sempre in periglio Segurano:
11.5del qual se privi semo amaramente
11.6preda vegnam degli inimici in mano;
11.7quantunque somma ho speranza e fede
11.8nel supremo valor di Palamede
12.1e d'altri molti poi, che foran degni
12.2per le rare virtù di sommo impero
12.3e di salvar, non ch'un, mille altri regni
12.4con l'alma invitta e col giudizio intero.
12.5Ma quello e 'l mio Clodin sì chiari pegni
12.6son degli anni miei stanchi, ch'io non spero
12.7ch'altri potesse mai servarme in vita
12.8se mi togliesse il ciel la loro aita.
13.1Or adunque si cerchi, amici e figli,
13.2il sentier più onorato e 'l più sicuro,
13.3che non veggiamo, ohimé, sempre vermigli
13.4dell'Euro i liti e 'l suo cammino impuro,
13.5e ch'io non viva ognor con tai perigli
13.6fra la notte angosciosa e 'l giorno oscuro;
13.7ma senz'altro timor di nuovi affanni
13.8possa al rogo portar questi ultimi anni”.
14.1Posto fine al suo dire, il re Vagorre,
14.2che di grado e d'età quelli altri avanza,
14.3comincia il primo: “Perché in Giove porre
14.4deve il più saggio cor la sua speranza,
14.5per la fede ch'ho in lui ciò che m'occorre
14.6dirò con sicurissima baldanza,
14.7senza riguardo aver di chi poi forse
14.8dica che 'l mio parlare il punse e morse.
15.1Parmi, osacrato re, che si devria,
15.2senza indugio interpor, proprio in quest'ora
15.3mandare al re Britanno, e dir che pria
15.4che si mostri al balcon la nona aurora
15.5gli porrete il paese in sua balìa
15.6di là dal varco dove larga irrora
15.7i lieti campi l'onorata Cera,
15.8in fin dove il suo corso arriva all'Era,
16.1perch'ei possa di quel, che pure è molto,
16.2largamente rifar Benicco e Gave,
16.3e con suo largo onor trovarse sciolto
16.4di sì dannosa guerra e di sì grave:
16.5perché d'ogni trofeo di palme avvolto
16.6la profittevol pace è più soave,
16.7e tanto più che spesso è 'l più lontano
16.8chi la vittoria aver si pensa in mano.
17.1E di tutto poi quel che ritenete
17.2che primiero a gli scettri soggiacea
17.3de' Britanni e de i Franchi, promettete
17.4che sarà sotto a lor qual ei solea,
17.5e 'l suo dritto a ciascun ne renderete
17.6come il re Ban, come Boorte fea;
17.7né ve 'l tenete a vil, che 'l vero saggio
17.8per ragion mantener fugge il vantaggio.
18.1Né vi do per timor l'util consiglio,
18.2che la soverchia età naviga in porto,
18.3ma per levarn'omai l'aspro periglio
18.4ch'io veggio sopra noi cadere scorto.
18.5Or non pensate voi che 'l sacro ciglio
18.6del gran Giove lassù conosca il torto
18.7ch'a voi stesso, ed a lui di ciò seguìo,
18.8dispogliando del suo quel seme pio?
19.1Né vi sovviene ancor che lunge poco
19.2d'esto seggio reale e di quest'ora
19.3voi prometteste in sì famoso loco
19.4a quel Padre maggior che più s'adora,
19.5chiamando testimon del sole il foco
19.6e l'ombra eterna che là giù dimora
19.7che s'ei vincea Gaven, queto e sicuro
19.8lassareste il paese in man d'Arturo;
20.1e che poi fu sturbata la battaglia
20.2e ferito Gaven con vostra fede?
20.3Com'or pensate voi che piastra o maglia
20.4regga contra ragion che in essa fiede
20.5o di guerrier fallace il brando vaglia
20.6che di tanta perfidia è fatto erede?
20.7E la colpa è di voi s'ei fu ferito,
20.8poi che l'ingiusto oprar non è punito.
21.1E si chiedesse ancor consiglierei
21.2tregua per qualche dì perché si possa
21.3de i morti in guerra a gli infernali dei
21.4col foco consacrar le misere ossa,
21.5che d'un secol integro i giorni rei
21.6pria che varcar la sventurata fossa
21.7non trapassin vagando, e noi restati
21.8appellin con ragion crudeli e 'ngrati”.
22.1Qui si tacque Vagorre e 'l fer Clodino,
22.2che d'impedirlo avanti avea talento,
22.3se non che Seguran, ch'era vicino,
22.4di lassarlo finire il féo contento,
22.5risponde: “Or prima avvegna che 'l destino
22.6mi torni in giro come polve al vento
22.7in tra l'Alpi nevose, al tempo crudo,
22.8d'ogni amico e di ben povero e nudo,
23.1ch'io consenta già mai ch'un re famoso
23.2qual or Clodasso, il vecchio mio parente,
23.3il cui giovine oprar sì glorioso
23.4già dall'indico Gange all'occidente
23.5empié d'alto romor, da gli anni roso
23.6si veggia or tributario a quella gente
23.7della qual mille nomi e mille spoglie
23.8cingan de i tempii suoi l'aurate soglie.
24.1Or se qui Lionel fosse e Boorte
24.2e Lancilotto ancor, l'animo fero,
24.3qual ne porrian bramar più dura sorte
24.4o de i disegni lor termin più altero?
24.5Che non cercan di noi l'acerba morte,
24.6la qual tardi o per tempo usa il suo impero,
24.7ma di condurne all'ultimo disnore,
24.8ch'è 'l verace morir d'un nobil core.
25.1S'e' volesse pigliar per grazia e dono,
25.2come avete parlato, alcuna terra
25.3stata de i primi lor, contento sono,
25.4non per tema di quei né d'altra guerra,
25.5ma per non infiammar nell'alto trono
25.6l'ira di chi le nubi apre e riserra,
25.7poi che senza mia colpa un altro impuro
25.8ha fatto il nostro esercito spergiuro”.
26.1Allor ch'ebbe fornito, Gonebaldo,
26.2che de i feri Borgondi il fren reggea,
26.3del miser sangue ancor bagnato e caldo
26.4de i tre propri fratei che morti avea,
26.5con furiosa voce altero e baldo
26.6in favor di Clodin così dicea:
26.7“Scurisi il sol per me prima ch'io taccia
26.8ove a i nostri nemici si soggiaccia.
27.1Non fia detto già mai che dove io sia
27.2si faccia a Clodoveo sì largo onore
27.3che alcun breve tributo si gli dia
27.4come a vero d'altrui sovran signore:
27.5Perché non mi condusse a questa via
27.6timor d'Arturo o d'altro duce amore,
27.7ma l'odio solo, onde non son mai stanco,
27.8che mi divora il cor nel seme Franco.
28.1Non è questo terren sotto il governo
28.2del britannico re, com'altri crede,
28.3ma del rio Clodoveo, nemico eterno
28.4della nostra real borgonda sede,
28.5che per sommo di lei dannaggio e scherno,
28.6e farsi d'essa violento erede,
28.7sposò Clotilda qual leale amico,
28.8del mio german figliuola Chilperico,
29.1ch'io già con gli altri due del mondo tolsi,
29.2l'infedele Odesillo e Gundemaro,
29.3che più tosto di lor la morte volsi
29.4che de' figli e di noi l'esilio amaro:
29.5e doppo lor tutto il veleno accolsi
29.6in costui sol d'ogni mia doglia avaro
29.7e ch'or per espugnar le vostre mura
29.8con quanti ave de' suoi sempre procura;
30.1come si vede ben, se tra i nemici
30.2di lui quattro figliuoi cingon la spada:
30.3non per vera pietà ch'ha degli amici,
30.4ma per voi dispogliar cercando strada.
30.5E come alle native sue pendici
30.6ritorni Arturo, allor come gli aggrada
30.7farà dell'altro poi, che frali e lassi
30.8sarete, e d'ogni forza ignudi e cassi.
31.1E quantunque non sembri, molto apporta
31.2solo il semplice nome di sovrano,
31.3che poi mille cagion si fanno scorta
31.4al tutto trarre alla rapace mano.
31.5D'Arturo in tanto poi scemata o morta
31.6la forza fia, ch'aspetterete in vano;
31.7ed ei, sempre crescendo, a poco a poco
31.8sopra voi, sopra me stenderà il foco.
32.1Ma se pur vi parrà che 'l tempo sforze,
32.2e de i vostri il mancare e del ciel tema,
32.3di sgombrar quindi le nemiche forze
32.4onde 'l popol vicin paventa e trema,
32.5sol del vostro terren l'ultime scorze
32.6si dénno offrir della provincia estrema,
32.7come or disse Clodino e pria Vagorre,
32.8ma quel titol sovran per sé riporre:
33.1perché negando in ver di fare offerta
33.2a i nemici talor di cosa leve,
33.3parrìa forse ingiustizia troppo aperta
33.4e ne cadrebbe in noi la colpa greve;
33.5e la gente ch'ognor di vita incerta
33.6ha per esca la polve e 'l sudor beve
33.7avrìa credenza alfin ch'alcun di voi
33.8si prendesse a diletto i danni suoi.
34.1E se ciò refutar, sì com'io spero,
34.2dalla suparba gente oggi vedrasse,
34.3fia pur noto a ciascun che 'l nostro impero
34.4del dever dritto il termine non passe;
34.5e dal Motor lassù che scerne il vero
34.6perch'innalzi i migliori e i pravi abbasse
34.7potrem con più ragion chiedere aita
34.8per questa afflitta patria sbigottita.
35.1La tregua ricercar per alcun giorno
35.2non meno util sarà che grata e pia,
35.3e più tosto vergogna e crudo scorno
35.4a chi pur la negasse apporterìa”.
35.5Or quanti regi e duci erano intorno
35.6di così altera e nobil compagnia
35.7approvar de i consigli il proprio effetto
35.8che Clodino e 'l Borgondo avevan detto.
36.1Cotal fermo fra loro, il re Clodasso
36.2Ideo fece appellarse ed Anfione,
36.3dicendo lor: “Movete ratto il passo
36.4del britannico Arturo al padiglione,
36.5e gli dite in mio nome ch'io son lasso,
36.6come d'esser anch'egli avrìa cagione,
36.7di veder notte e giorno in cotal sorte
36.8di sì chiari guerrier l'acerba morte;
37.1e per mostrare al cielo e 'l mondo insieme
37.2che da me non starà d'imporne fine,
37.3gli offro il largo terren che Cera preme
37.4ove la rapid'Era ha per confine,
37.5e d'indi innanzi le sue rive estreme
37.6in fin ch'ad essa il suo viaggio inchine:
37.7che sarà molto più di quel ch'io tegno
37.8di Boorte e di Ban del picciol regno;
38.1ma con tal condizion ch'a me si serve
38.2tutto il supremo onor delle contrade,
38.3e le sue innumerabili caterve
38.4delle lor region truovin le starde.
38.5Poi perché l'onor debito s'osserve
38.6di seppellir ogni uom che morto cade
38.7e perché 'l disegnato ordin ne segua
38.8per almen nove dì si faccia tregua”.
39.1Già l'uno e l'altro araldo si ricinge
39.2della vesta real per quello eletta,
39.3che in celeste colore alto dipinge
39.4il pino aurato ch'aquilone alletta;
39.5poscia il gemmato scettro in mano stringe
39.6e pronto al suo devere il passo affretta,
39.7e d'Arturo all'albergo è sopraggiunto
39.8che volea i suoi mandar quasi in quel punto;
40.1ed esposta al gran re tutta altamente
40.2l'ambasciata d'Avarco, in grand'onore
40.3pur ricevuti, e poi cortesemente
40.4per attender risposta messi fuore,
40.5lì domandato il primo quel che sente
40.6di questa offerta il suo discreto core
40.7fu il saggio re dell'Orcadi, che fisse
40.8ambe nel ciel le luci, e così disse:
41.1“Dammi, signor del ciel, grazia ch'io prenda
41.2il verace sentier col mio consiglio,
41.3onde poi con onor per noi s'attenda
41.4il desiato fin d'ogni periglio.
41.5Or con fermo sperar che in me s'accenda
41.6quel sacro spirto che creò il tuo figlio,
41.7dirò senza temer che non mi piace
41.8doppo guerra cotal sì indegna pace,
42.1e che si possa dir che tanti regi,
42.2tanti gran duci illustri e cavalieri
42.3e ch'ornati fur già di tanti fregi
42.4che sovra ogni altra età vadano alteri,
42.5per sì poca mercé ch'ogni uom la spragi
42.6aggiano in tal sudor tanti guerrieri
42.7già indarno affaticati sì lunghi anni
42.8che tutta Europa omai ne senta i danni.
43.1E se 'l ciel ne darà, com'esser puote,
43.2che nessun vede aperto nel futuro,
43.3le speranze ch'aviam d'effetto vòte
43.4e 'l cammino al passar più- acerbo e duro,
43.5la colpa fia delle fallaci ròte
43.6della cieca fortuna, e non d'Arturo,
43.7com'or saria se di vergogna carco
43.8per sì poco terren lassasse Avarco:
44.1il qual, s'è ver che l'intelletto umano
44.2possa a i vati divin credenza dare,
44.3secondo il preveder di Pellicano
44.4debbe alle vostre man tosto tornare.
44.5Poi l'aver nosco il nobile Tristano
44.6non ci fa d'ogni onor sicuri andare
44.7con voler ostinato in ogni sorte
44.8d'esso o di tutti noi veder la morte?”
45.1Non avea fatto fin quando Gaveno
45.2al furor cieco usato che 'l trasporta,
45.3interrompendo il vecchio, allarga il freno
45.4ed all'ira soverchia apre la porta,
45.5dicendo: “E' perché placido e sereno
45.6si mostra il volto a chi ambasciata porta
45.7simile a ciò ch'io sento, Arturo invitto
45.8che macchiail vostro onor, la gloria e 'l dritto?
46.1Dall'empio Seguran nasce il disegno,
46.2che voi con tutti noi sempre ebbe a vile,
46.3né di più largo don vi stima degno
46.4che di breve terreno in nido umile.
46.5Ma contro a gli oratori il giusto sdegno
46.6vorrei versare in sì spietato stile
46.7ch'ei restassero essempio in ogni loco
46.8a chi tal degnità prendesse in gioco”.
47.1Ma il famoso Tristan, ch'udir non vuole
47.2nel consiglio real sì lorde voci,
47.3in dolce ragionar l'aspre parole
47.4chiudea dicendo: “I cavalier feroci
47.5esser devrien sotto l'aperto sole
47.6con l'arme intorno e contro a i falli atroci,
47.7non all'ombra, in consiglio, e 'nverso quelli
47.8disarmati, innocenti e poverelli.
48.1Che colpa è di costor se 'l re comanda
48.2ch'ei vi vengano a far la vile offerta?
48.3E che orgoglio è del re, s'offerta manda
48.4ch'a voi men che 'l dever si mostri aperta?
48.5Che vergogna è d'Arturo ch'e' si spanda
48.6d'ambasciata cotal la fama certa?
48.7Ben superbia sarìa, fallo e disnore
48.8il non far oggi lor richiesto onore.
49.1Direi ben, sacro re, che in alcun modo,
49.2sì come in fino a qui da gli altri è detto,
49.3non si debba accettar, ma sciorre il nodo,
49.4che 'l tessuto lacciuol non abbia effetto;
49.5e che si segua ognor confermo e lodo
49.6tanto, che giunta sia nel fin perfetto
49.7questa pia guerra, in cui di certo spero
49.8veder tutto ridurre al vostro impero.
50.1Ma la tregua accordar, necessitade
50.2e giustissima legge ne constringe:
50.3ché chi de' morti suoi non ha pietade
50.4a selvaggio leon simil si finge;
50.5e convienne onorar l'antiche strade
50.6là dove ogni mortal Natura spinge,
50.7e di quei più che solo in vostro onore
50.8s'hanno al mezzo del dì troncate l'ore”.
51.1Doppo Tristan l'accorto Maligante,
51.2Lionello e Baveno e 'l pio Boorte,
51.3ogni altro duce e cavaliero errante
51.4segue del suo parlar l'istessa sorte.
51.5Arturo allor dal fido Gossemante
51.6fa del suo padiglion l'aurate porte
51.7a gli araldi d'Avarco ratte aprire,
51.8e rende la risposta in dolce dire:
52.1“Questi onorati frati e fidi amici
52.2che più che 'l proprio cor mi tengo cari,
52.3ch'a i perigliosi tempi e gl'infelici
52.4non mi fur mai di lor medesmi avari
52.5e lontan le native sue pendici
52.6i figliuoi, le consorti in pianti amari
52.7han per me abbandonato e per l'impresa
52.8che con tanta ragion da noi fu presa;
53.1m'han tutti consigliato insieme uniti
53.2ch'io non debba affermar pace sì bassa
53.3né per parte sì vil d'angusti liti
53.4un regno abbandonar ch'ogni altro passa:
53.5tal che ne converrà l'antiche liti
53.6con la spada inalzata e l'asta bassa
53.7giudicar in fra noi, sì come fia
53.8il voler di lassù ch'a ciò ne 'nvia.
54.1Ma per render a i morti sepoltura
54.2ben la tregua farem del nono giorno,
54.3perché non sol di noi, ma dritta cura
54.4è di chi tutti i cieli avvolge intorno.
54.5Or secur d'essa nelle patrie mura,
54.6com'è 'l vostro piacer, fate ritorno,
54.7riportando a Clodasso e Segurano
54.8come il prometter mio non fu mai vano”.
55.1Così detto, comanda ch'ambeduoi
55.2aggiano un don di ricca vesta aurata.
55.3Giunti con tale onore a i signor suoi,
55.4poi che finita fu l'alta ambasciata
55.5diceano: “Schiera di famosi eroi
55.6vedemmo che dal ciel parea mandata
55.7per riformar quaggiù la dritta legge,
55.8simile al gran Motor che lassù regge.
56.1Lì coronata di stellanti luci
56.2Cintia opposta al fratel pareva Arturo,
56.3ove 'l chiaro splendor di tanti duci
56.4quasi appresso di quel si mostra oscuro.
56.5Gravi, dolci, ridenti avea le luci,
56.6il parlar riposato, accorto e puro
56.7d'un'alterezza umìl sì ben commisto
56.8che d'ogni duro cor farebbe acquisto”.
57.1Benché il sommo lodar del saggio Idèo
57.2e del compagno suo mostrasse il vero,
57.3pur d'invidiosa doglia riempieo
57.4di Clodasso ch'udìa l'animo fero;
57.5ma con caro sembiante l'ascondeo,
57.6dicendo: “Esser non dee ch'un tanto impero
57.7così antico e sì nobil non insegni
57.8di sì gran Maiestà costumi degni”.
58.1Or già fatta gridar per ogni parte
58.2in solenne romor la nuova tregua,
58.3il timore e 'l furor dell'impio Marte
58.4d'ogni cor posto in bando si dilegua:
58.5ma si ripon nel loco onde si parte
58.6scuro dolor che l'uno e l'altro adegua,
58.7alto lamento, pianto e disconforto
58.8del popol che giacea tra 'l sangue morto.
59.1Escon tosto d'Avarco in lunghe schiere
59.2le femminelle afflitte e i vecchi lassi,
59.3e dove spenti pensan rivedere
59.4gli smarriti figliuoi volgono i passi;
59.5e con più leve andar le pie mogliere
59.6cercan gli sposi lor di vita cassi:
59.7ma la parte maggior nel sangue avvolta
59.8ha l'imagin primiera in altra volta.
60.1Lì con tremante man le miserelle
60.2i corpi ad un ad un van rivolgendo,
60.3ove nemiche fronti a lor rubelle
60.4truovan sovente, e con timore orrendo
60.5rivolgon gli occhi alle più crude stelle
60.6contr'a gli spirti suoi preghi porgendo:
60.7poi le piaghe ch'avean rendon più fresche
60.8perché vengano a i can più gradite esche.
61.1Ma di quei che de i lor per certi segni
61.2posson ben affermar, le gelid'onde
61.3della polve e del sangue a i volti pregni
61.4con mesto essaminar ciascuna infonde:
61.5né ritrovandol poi, gli accesi sdegni
61.6crescon contra il destin che gli nasconde,
61.7e spesso avvien che in dolorose angosce
61.8mentre ricerca il suo l'altrui conosce,
62.1e con note d'amor quell'altra chiama,
62.2e per trarlo di là le porge aita.
62.3Indi torna a cercar quel ch'ella brama
62.4con la dolce compagna insieme unita,
62.5in fin ch'anch'essa miserella e grama
62.6della sua inchiesta pia resti compita;
62.7e 'n sì fatto cercar quanto sia il giorno
62.8triste voci e sospir s'odono intorno.
63.1Né dell'oste d'Arturo i cavalieri,
63.2i duci tutti e i re con men pietade
63.3cercan di riconoscer quei guerrieri
63.4ch'han di sangue o valor più degnitade
63.5che sian morti rimasi su 'l sentieri
63.6cinti d'onor tra l'avversarie spade:
63.7ma senza lagrimar, con quel dolore
63.8che pon virtù nel generoso amore.
64.1Quei di prezzo maggior fanno in disparte
64.2con l'insegne portare e con gli arnesi
64.3e co i trofei ch'avean del fero Marte
64.4acquistati lontano o 'n quei paesi;
64.5poi da' servi o cugini a parte a parte
64.6erano in un condotti e in alto appesi
64.7là dove in sacro loco e 'n somma cura
64.8surgea per loro altera sepoltura,
65.1pur di semplice sasso, che durasse
65.2contr'al tempo vorace qualche giorno
65.3in fin che doppo alquanto ritrovasse
65.4dentro al patrio terren loco più adorno
65.5perché l'alta memoria non restasse
65.6in altrui nido al peregrino scorno,
65.7ma tra i suoi dimorando, un dolce sprone
65.8fosse lor di virtù lunga stagione.
66.1Fecesi poi vicin profonda fossa
66.2che larghissimo spazio in giro avea,
66.3ove condotte fur l'infinite ossa
66.4che di vita spogliò la sorte rea
66.5de i privati guerrier, ch'ardire e possa
66.6più che senno o splendor chiari facea,
66.7che ricoperti al fin di sacra terra
66.8fur memoria immortal dell'aspra guerra:
67.1perché d'un monticel levata in guisa
67.2fu di pietre durissime ricinta,
67.3che non potea dal tempo esser conquisa
67.4né senza alta fatica in basso spinta.
67.5Del maggior colle su la cima assisa
67.6ch'ove cade del sol la luce estinta
67.7guarda all'occaso, e d'oriente al varco
67.8scorge non lunge a lei sedere Avarco,
68.1ivi il divo German con l'altro coro
68.2de' suoi chiari ministri e sacerdoti
68.3per gli onorati spirti di costoro
68.4porgon cotali a Dio preghi devoti:
68.5“Non rivolgere il guardo a i falli loro,
68.6che de i santi precetti andaron vòti
68.7non giustizia opre in te, ma la pietade
68.8che col tuo gran figliuol n'aprìo le strade”.
69.1Al qual canto divin presenti furo,
69.2in sembiante lugubre e 'n vesti nere,
69.3pien di celeste spirto il sommo Arturo
69.4e de' suoi cavalier l'ornate schiere,
69.5che 'n silenzio umilissimo e 'n cor puro
69.6aiutavan di quei l'alte preghiere.
69.7Poi dato tutto al fin, largo s'infonde
69.8il famoso terren di sacrate onde.
70.1Ma in diversa maniera d'altro lato
70.2fan quei d'Avarco il lor funèbre onore,
70.3ché poi che i cavalier d'altero stato
70.4della turba più bassa han tratto fuore,
70.5dentro alle chiuse mura era portato
70.6ciascun da' suoi con lagrimoso onore,
70.7e co i più cari pegni in alto loco
70.8nel sen riposti a prezioso foco:
71.1le cui ceneri appresso in ricchi vasi
71.2di fino or fabbricati o terso argento,
71.3descritti intorno gli animosi casi
71.4onde lo spirto lor giaceva spento.
71.5Molti d'essi in Avarco eran rimasi,
71.6ch'ebber di lui vicino il reggimento,
71.7che sopra alte piramidi locaro,
71.8consumate da poi dal tempo avaro.
72.1Gli altri, ch'ebber lontan la patria sede,
72.2con lunga compagnia di faci accese,
72.3con l'insegne acquistate e con le prede
72.4mandati furo al dolce suo paese
72.5nelle pie man di chi chiamato erede
72.6de' suggetti ch'avea lo scettro prese,
72.7con chiaro ambasciador che ben mostrasse
72.8quanto il loro duro caso al re gravasse.
73.1Indi lo stuol maggior di quei guerrieri
73.2che senza nome aver cuopre il terreno
73.3tutto lontan da' pubblici sentieri
73.4ove più de' due colli allarga il seno
73.5sopra possenti carri alti destrieri
73.6traggon ratti rotando, in fin che pieno
73.7il veggian d'essi, e 'ntorno la campagna
73.8di tanti che n'avea vòta rimagna.
74.1Poi fatto ivi di lor sì altero monte
74.2che troppo a chi 'l vedea pietà commuove,
74.3tutto il popol miglior con voglie pronte
74.4nella vicina selva il passo muove;
74.5e con ferro mortal l'annosa fronte,
74.6senza temere alcun l'ira di Giove,
74.7dell'antica sua quercia a terra getta,
74.8che non solea curar pioggia o saetta.
75.1Chi dell'eccelso frassino alte incide,
75.2ond'ombra si facea, l'aperte braccia,
75.3chi 'l ghiandifero cerro al piè divide
75.4dalle attorte radici, e 'n basso caccia;
75.5quell'olmo abbatte, che co i rami asside
75.6sopra il vicin, che di cader minaccia.
75.7Rimbomba il bosco e le sue piagge oscure
75.8per l'alto suon delle taglianti scure.
76.1Chi co i medesmi carri indietro apporta
76.2ove mostra il cammin più aperto calle;
76.3chi per più angusta strada assai più corta
76.4il depredato bosco ha su le spalle;
76.5chi traendol per terra a gli altri scorta
76.6facendo va per l'intricata valle:
76.7tanto che 'n breve andar fornito il loco
76.8fu nel bisogno pio del sacro foco;
77.1ove poi con dotto ordine locate
77.2fur le frondi e i gran tronchi in doppi giri,
77.3d'assai tristi lamenti accompagnate
77.4in tra pianti durissimi e sospiri
77.5d'anime miserelle sconsolate,
77.6che ricordando indarno i suoi martiri
77.7e bramando di quei l'afflitta sorte
77.8con voci di dolor chiamavan morte.
78.1Ma già i raggi ascondea nell'occidente
78.2allora il sol che la campagna imbruna;
78.3così dentro alle mura amaramente
78.4nel suo nido natal torna ciascuna.
78.5Lì sol riman della più ardita gente
78.6chi al freddo corso dell'algente luna
78.7sia fida guardia alle infelici schiere
78.8da' morsi ingordi di rapaci fere.
79.1Gli altri all'albergo vanno, ove riposo
79.2a gli affannati corpi insieme danno,
79.3poi che fra l'esca e 'l vin rimase ascoso
79.4di tutti altri e di lor l'avuto danno.
79.5Il medesmo facea col re famoso
79.6ogni gallico duce, ogni britanno:
79.7ch'ove manca il rimedio, un nobil core
79.8il lungo lamentar tiene a disnore.
80.1Poi che di nuovo Apollo all'oriente
80.2saettava i bei raggi all'aria intorno,
80.3tosto d'Avarco la dogliosa gente
80.4all'intermesso oprar facea ritorno.
80.5Ma innanzi a tutti in vista riverente,
80.6in oscuro e lugúbre abito adorno,
80.7tutto coperto il capo, a lento piede
80.8giva il gran sacerdote Clitomede.
81.1Nella forma medesma poi seguìa
81.2tra mille cavalieri il re Clodasso
81.3che 'l bel fregio real deposto avìa
81.4e ripreso color doglioso e basso;
81.5né lunge ivi da lui dietro venìa,
81.6pallida il volto e di dolcezza casso
81.7pur con vesti neglette e 'nculto crine,
81.8la coppia illustre delle pie regine.
82.1L'altro popol più vil mischiato insieme
82.2senz'ordine servar correva appresso,
82.3e 'l gran danno de' suoi sospira e geme
82.4con ramuscello in man d'aspro cipresso.
82.5Chi 'l frutto acerbo piange del suo seme,
82.6chi 'l suo caro german, chi 'l padre istesso,
82.7rimanendo privato in teneri anni
82.8di chi lasso il nutria tra mille affanni.
83.1Le femminelle al fin d'oscura sorte
83.2tra gli estremi seguian con più pietade,
83.3biasmando spesso il ciel, non pur la morte,
83.4e 'l crudo oprar di peregrine spade.
83.5Chi del figlio si duol, che troppo forte
83.6il cor portava in non matura etade,
83.7chi lo sposo piangea, ch'a gran perigli
83.8non si doveva oppor pensando a' figli.
84.1L'acerbe verginelle che rimase
84.2son senza madre e del parente prive
84.3piangon ch'al sostener l'afflitte case
84.4nulla verde speranza in esse vive;
84.5quella accusa il vicin che persuase
84.6al fratel che godea l'ombre native
84.7di cercar giovinetto in guerra fama,
84.8e crudo e disleal piangendo il chiama.
85.1Tosto ch'è giunta al destinato luogo
85.2la gran pompa reale e gli altri poi,
85.3si distesero in cerchio all'alto rogo,
85.4osservando i gran re gli ordini suoi
85.5e quei ch'antichi di milizia al giogo
85.6fur per somma virtù co i primi eroi
85.7agguagliati in onor; poi l'umil plebe
85.8più lunge assiede in fra l'erbose glebe.
86.1Le due donne reali in altra parte
86.2dalle matrone nobili ricinte
86.3de i cavalier sedevano in disparte,
86.4di cortina sottil da quei distinte.
86.5Le minor di fortuna in basso sparte
86.6sedean vicine di dolore avvinte.
86.7Come fu il tutto queto, in alta sede
86.8salìo 'l gran sacerdote Clitomede,
87.1e con grave mirar, l'occhio rivolto
87.2ove il rogo surgea, fiso riguarda;
87.3indi a gli ascoltator tornato il volto
87.4ruppe il silenzio al fin con voce tarda:
87.5“Se quel ch'ha il sommo bene in seno accolto
87.6e con l'ordine suo spinge e ritarda
87.7d'ogni cosa il cammin da lui segnato,
87.8il cui certo voler s'appella Fato,
88.1avesse a noi concessa questa vita,
88.2come a gli angeli suoi, d'eterno corso
88.3e talor consentisse che rapita
88.4fosse di morte a alcun dal crudo morso,
88.5quel che men di tutti altri stabilita
88.6la grazia avesse del divin soccorso,
88.7ben che ciò ch'al ciel piace sia ragione,
88.8pur di alquanto dolerse avria cagione.
89.1Ma s'ei qui ne ripon con egual sorte
89.2che doppo un breve andar si torni a lui,
89.3quanto è infelice error pianger la morte
89.4di sé medesmo misero o d'altrui
89.5e l'ore misurar, se lunghe o corte
89.6sian di se stesso o de i nemici sui,
89.7se quai di paglie ardenti le faville
89.8come si fugge un dì ne fuggon mille?
90.1Perché adunque deviam con larghi pianti
90.2di costor richiamar gli andati passi
90.3ch'or fra i giusti Minossi e i Radamanti
90.4tosto tutti saran del mondo lassi:
90.5a cui lieti narrando i pregi e i vanti
90.6de' nemici ch'han qui di vita cassi
90.7e ch'al fin per la patria furo uccisi,
90.8gli faran cittadin de' Campi Elisi?
91.1Non ne debbe doler d'alcuno il fine,
91.2ma il modo e 'l suo sentiero onde si parte,
91.3rendendo grazie alle virtù divine
91.4che gli han locati in sì onorata parte;
91.5e pregar poi che noi medesmi inchine
91.6a lor con loda egual l'invitto Marte,
91.7e nel nostro passar, com'io confido,
91.8lieto e 'n pace rimanga il natio nido:
92.1il qual, come ch'a noi nel tempo avvegna,
92.2ch'io non so ben ridir qual io vorrei,
92.3veggio ch'a farlo ampissimo disegna
92.4il concilio immortal de' nostri dei,
92.5e che patria sarà lodata e degna
92.6di molti antichi e nobil semidei
92.7che di rami verran dell'arbor franco,
92.8poi che quel che veggiam sia secco e manco;
93.1il qual certo illustrissimo poi fia,
93.2in fin che gli ombrerà la tolta sede
93.3nuovo troncon che per l'istessa via
93.4sarà degli aurei fior famoso erede:
93.5alla cui gran semenza e larga e pia
93.6fia ciascuna virtù che in alto siede,
93.7di cui molti bei germini radici
93.8in questa terra avranno alme e felici.
94.1Ma via più di tutte altre, poi che 'l sole
94.2dieci secol rivolti e dieci lustri,
94.3di Francesco primier l'eletta prole
94.4vedrà qui superar gli antichi illustri
94.5più di virtù, che di color non suole
94.6all'apparir del sol rosa i ligustri:
94.7il cui nome real fia detto Enrico,
94.8d'ogni raro valor perfetto amico,
95.1ch'alla sua realissima sorella,
95.2ch'avrà più di virtù che fiori aprile,
95.3di questa alma città gradita e bella
95.4ne farà dono a tale altezza umìle;
95.5perché tanta bontà fia posta in quella
95.6alma più ch'altra mai chiara e gentile,
95.7ch'a pena quanto il ciel vede e ricuopre
95.8degno premio saria di sì bell'opre.
96.1Fia 'l chiarissimo nome Margherita,
96.2ch'a lei si converrà più d'altra mai
96.3candida e pura, e 'n questa bassa vita
96.4spiegherà più che 'l sol lucidi i rai;
96.5del mondo schiva, e 'n sì bel nodo unita
96.6con l'eterno Motor, che gli uman guai
96.7non potran penetrar la divin'alma
96.8né di lor sentirà terrena salma.
97.1Fia mandata quaggiù per vivo essempio
97.2de' suoi santi tesor dal sommo Giove:
97.3sarà il pudico petto altero tempio
97.4delle tre caste Grazie e delle nove
97.5sue dotte figlie, al cui parlare ogni empio
97.6cor perderà le scelerate pruove;
97.7ch'ogni desir villan che i pravi ingombra
97.8si vedrà dileguar di quella all'ombra.
98.1Spiegherà le medesme amiche insegne
98.2della sua famosissima Minerva,
98.3come sola di lei, non d'altra, degne
98.4nella mortale età dura e proterva:
98.5sì che l'aspra Medusa non si sdegne
98.6che la fronte fatale ad essa serva,
98.7e 'l serpe e 'l fosco augel ch'Atene onora
98.8con voler della dea fien seco ognora;
99.1e non senza cagion, però che ad essa
99.2la divina scienza, ond'ella è madre,
99.3come a dolce sua figlia avrà concessa
99.4col cortese approvar del sommo padre:
99.5da cui verran, come da Palla istessa,
99.6pensier celesti et opere leggiadre,
99.7senno, grazia, modestia e caritade
99.8e quante altre virtù sian belle e rade.
100.1Dentro all'altero petto umile il core
100.2e ripien di dolcezza avrà la sede,
100.3che tutte abbraccerà con puro amore
100.4l'anime afflitte che fortuna fiede,
100.5solo al vero valor porgendo onore,
100.6non al carco furor d'ingiuste prede:
100.7e fia dritta de i buon nella sua vita
100.8stella, timon, nocchiero e calamita.
101.1Or qual dunque di noi fortuna avvegna,
101.2non può danno apportar che a questa spoglia,
101.3perché piuma verrà non forse indegna
101.4più d'ogni altra talor che scriver soglia:
101.5ma quando fosse pur, la farà degna
101.6questa terrena dea che 'n carte scioglia
101.7il nostro affaticar di lodi carco,
101.8tal che mai non morrà l'antico Avarco.
102.1E però, cinti il cor di questa speme,
102.2non contrastiamo al ciel co i nostri pianti,
102.3i quai mal si convengono al gran seme,
102.4quale il nostr'è, de i cavalieri erranti;
102.5e chi troppo il morir del mondo teme
102.6di generoso spirto non si vanti,
102.7ma lassando dell'arme il nobil uso
102.8spenda gli anni miglior tra l'ago e 'l fuso.
103.1Voi, miserelle donne, se piangete
103.2de' sostegni miglior trovarvi prive,
103.3gli occhi all'alte regine rivolgete
103.4in cui somma pietà per tutte vive;
103.5se del lor breve corso vi dolete,
103.6ripensate all'onor dell'opre dive
103.7che in lor riluce, e s'al comprar sia caro
103.8per sì poca stagion nome sì chiaro.
104.1Gl'innocenti figliuoi che in teneri anni
104.2i dolcissimi padri hanno perduti
104.3truovan largo il guadagno tra' lor danni,
104.4sendone al partir d'un mille venuti:
104.5ch'Avarco intero e i pubblici suoi scanni
104.6abbondar si vedran ne i dolci aiuti,
104.7né più largo tesoro al figliuol ch'ama
104.8può il buon padre lassar che illustre fama”.
105.1Dato fine al suo dire, in terra scese
105.2il sacro Clitomede, e 'n basse note
105.3mormorando tra sé tre faci prese
105.4dal più vecchio degli altri sacerdote,
105.5e 'n tre parti del rogo il foco accese
105.6delle quai la primiera era a Boote.
105.7In vista poi di riverenza piena
105.8pur tre volte baciò l'arida arena.
106.1Già il tenebroso fumo intorno ingombra
106.2e per torto cammin nell'aria sale,
106.3mentre ancor di piropo i legni adombra
106.4vulcano in basso, ch'avvampar non vale.
106.5Già con fiamma crescente il nero sgombra
106.6e s'addrizza nel ciel con lucide ale,
106.7e di faville ardenti ha larga preda
106.8tra le frondi sonanti ch'ei depreda.
107.1Quel tre volte accerchiò con larghi giri
107.2l'inerme popular con ratto piede,
107.3il cui suon di lamenti e di sospiri
107.4empiea tutta del ciel la prima sede,
107.5ricordando ciascun gli aspri martiri
107.6onde al partir de' suoi rimane erede.
107.7Fanno armati il medesimo i guerrieri
107.8e i duci e i cavalier sopra i corsieri.
108.1Chi getta sovra lor l'elmo o lo scudo
108.2ch'era d'alcun di lor lodata spoglia,
108.3chi la spada o lo stral ch'aguto e crudo
108.4d'aspra morte al vicin portò la doglia,
108.5chi 'l suo più caro arnese, perché nudo
108.6miser non scenda alla tartarea soglia.
108.7In questo mezzo l'infinite trombe
108.8fan che l'aria, la terra e 'l ciel rimbombe.
109.1I mesti sacerdoti d'ogn'intorno
109.2d'aspri porci setosi, tauri et agne,
109.3tutte d'atro colore il manto adorno,
109.4vittime fanno all'infere campagne,
109.5alla pallida dea ch'al tristo giorno
109.6dal suo terrestre vel l'alma scompagne,
109.7all'ingordo Pluton che d'ora in ora
109.8tutto quel ch'è mortal laggiù divora.
110.1Poi che già sono stanchi, e l'alto foco
110.2consumato il gran rogo in basso cade,
110.3ciascun sedendo del medesmo loco
110.4ingombra tutte a cerchio le contrade.
110.5Raffrenata del cor la doglia un poco,
110.6portate intorno fur per varie strade
110.7per l'impero del re vino e vivande,
110.8il cui bramato odor dolcezza spande.
111.1Ivi chi mensa avea l'ignuda terra,
111.2poi che d'ogni altro arnese era privato,
111.3chi 'l forte scudo suo dall'empia guerra
111.4rivolgea tosto in più gradito stato.
111.5Chi le vicine pietre aggiunte serra
111.6e più alto il suo seggio ha fabbricato;
111.7altri larghe stendean co i propri velli
111.8di tori e di monton le nuove pelli.
112.1Ma il famoso Clodasso, pur vicino
112.2sott'aureo padiglione al loco istesso,
112.3ivi spandendo prezioso vino
112.4chiama il gran Giove e gli altri dei con esso.
112.5Al gran rettor dell'infero confino
112.6fece il medesmo riverente appresso;
112.7poi de' gran cavalier la mensa piena
112.8realissima feo funebre cena.
113.1Né l'onorata Albina e Claudiana
113.2le più nobil matrone hanno in dispregio,
113.3ma con voce dolcissima et umana
113.4lor concessero al suo sembiante pregio:
113.5e ciascuna ebbe par, nulla sovrana,
113.6delle pie donne il bel drappello egregio,
113.7che 'n tal guisa mischiata era ogni sede
113.8ch'ivi non apparia la fronte o 'l piede.
114.1Or mentre si pascea di dolci note,
114.2più che d'esca o di vin, l'eletta schiera,
114.3già nascondendo il sol l'aurate rote
114.4con l'ali umide sue venia la sera.
114.5L'ultime voci allor triste e devote
114.6disciogliendo ciascun che 'ntorno iv'era
114.7disse: “O turba onorata, al basso inferno
114.8viva del tuo valore il grido eterno”.
115.1Così d'essi ciascun ritruova Avarco,
115.2e 'l passato dolor nel sonno avvolge.
115.3Il medesmo facea, quantunque carco
115.4d'alto stuol di pensier che 'l core involge,
115.5il grande Arturo, e come truove il varco
115.6del disegnato fin seco rivolge.
115.7Così tutto interrotto si conduce
115.8di sonno in sonno all'apparita luce;
116.1la quale essendo ancor con l'altre impresa
116.2nelle tregue funèbri, intorno spende
116.3a ricercar se intera ogni difesa
116.4sia del suo campo ancora: e l'un riprende,
116.5lo scusa appresso, poi che meglio ha intesa
116.6la sua ragione, e l'altro al cielo stende
116.7con alte lodi e pregii e 'n tai soggiorni
116.8trapassar della tregua i dati giorni.
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