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1.1Il fero Seguran con ratto piede,
1.2poi che col suo Clodino era arrivato
1.3ove 'l famoso Arturo in larghe prede
1.4ha condotto Brunoro in basso stato,
1.5al bisogno ch'avvien tosto provvede;
1.6riconforta e rispinge in ciascun lato
1.7quei ch'ei veda fuggirse, e 'n dolci modi
1.8a chi gli altri sostien dà larghe lodi.
2.1Il medesmo Clodin di far non resta,
2.2rivolgendo il caval per ogni parte:
2.3questi innanzi ricaccia e quelli arresta,
2.4e che si spieghi egual l'ordin comparte.
2.5Già rasserena il cor la gente mesta,
2.6e le riveste il sen desio di Marte;
2.7già il partito valor tornato addoppia
2.8al bramato arrivar di questa coppia:
3.1né più dolce di quella apparir suole
3.2a i già lassi nocchier l'aura soave,
3.3ch'han co i nodosi remi, al caldo sole,
3.4lungamente sospinto il legno grave.
3.5Già della fuga sua si scusa e duole
3.6questo e quel cavalier, che l'onta pave;
3.7ogn'uom purga se stesso e gli altri imbruna,
3.8poi tutti insieme al fin la ria fortuna.
4.1Ma il chiaro Seguran tutto consente,
4.2ogni detto conferma e nullo ascolta:
4.3ché in altra parte l'occupata mente
4.4contra i crudi nemici avea rivolta.
4.5Poi sprona il buon destrier dove la gente
4.6vede più in arme lucida e più folta,
4.7e tosto giunge ov' il suo fato reo
4.8gli fa incontra venire Itimoneo,
5.1che Rifeo sacro della bella Acesta
5.2ebbe di Somma in su l'erbosa riva.
5.3Ferì l'asta al traverso della testa
5.4la destra tempia, e della vita il priva.
5.5Clodin, poi ch'ei partì, saldo non resta,
5.6ma vicin quanto può sempre veniva,
5.7e quasi a un tempo stesso seco uccide,
5.8trapassandogli il cor, l'altero Ifide,
6.1che di Alastore il biondo era figliuolo,
6.2ove il Belgico sen la Schelda bagna.
6.3e Brunor, che da i due va dietro al volo,
6.4di questa vita Andremone scompagna
6.5d'Eficle uscito, e ch'ebbe il natio suolo
6.6ove 'l Neustrio terren vede Brettagna:
6.7e 'l passò con la lancia ove la gola
6.8dona vicin gli spirti alla parola.
7.1Il gran Nero perduto, che non lunge
7.2segue i passi di quei, truova Ippione,
7.3e nella terza costa a destra il punge
7.4e qual ramo abbattuto a terra il pone
7.5ch'accusava 'l destin ch'ivi il disgiunge
7.6dalla sua chiara e nobil regione
7.7della ricca Lutezia, ove la Sena
7.8d'antichi onori e di moderni è piena.
8.1Il Selvaggio Rossan nel lato manco,
8.2ove il loco riman d'ogni osso ignudo,
8.3del possente Aretoo trapassò il fianco,
8.4che no 'l poté salvar l'eletto scudo.
8.5Cadde ivi il miserel languido e bianco,
8.6né si mosse a pietà 'l suo fato crudo
8.7della sposa infelice Artenopea
8.8che 'ntra i Morini indarno l'attendea.
9.1Doppo costui Grifon dell'Alto Passo
9.2incontrò 'l grande Armorico Falcete,
9.3nato non lunge all'Era, dove in basso
9.4al suo padre ocean tragge la sete:
9.5e d'un colpo nel cor di vita casso
9.6nel legno il pose del nocchier di Lete.
9.7Così d'Avarco l'abbattuta schiera
9.8ritorna or più che mai feroce e 'ntera.
10.1Ma non cede però dall'altra parte
10.2d'un passo indietro il glorioso Arturo,
10.3che col medesmo ardir, con l'istessa arte
10.4come al suo incominciar resta sicuro
10.5sostenendo il furor del nuovo Marte
10.6come d'un picciol rio possente muro;
10.7e volge il suo potere in ciascun loco
10.8ove senta il bisogno o molto o poco.
11.1Egli avea gran drappel sempre d'intorno
11.2de i più famosi duci e cavalieri,
11.3e disciolto da gli altri in ogni corno
11.4va calcando di fuor tutti i sentieri;
11.5e d'onde veggia uscir dannaggio o scorno
11.6ivi addrizza spronando i colpi fieri:
11.7e poiché l'ha ridotto al primo stato
11.8torna il corso e la spada in nuovo lato;
12.1sì che 'l sommo valor di Segurano,
12.2quantunque noccia pur, non troppo sforza,
12.3né d'Arturo e de' suoi la pronta mano
12.4può molto contra lui stender la forza.
12.5L'uno e l'altro di lor sospinge in vano,
12.6ch'eguale è d'ambedue la poggia e l'orza:
12.7e ferendo di par ciascuna torma
12.8non si scorge ivi piè che cangi l'orma;
13.1in guisa che talor cruccioso il mare
13.2veder si suol nell'orrida stagione
13.3che di contrarie parti oda soffiare
13.4l'austro piovoso e 'l frigido aquilone
13.5in mezzo a i due furor saldo restare,
13.6che quanto ha tolto l'un l'altro ripone,
13.7ma pien di spuma al tempestoso assalto
13.8con feroce mugir levarse in alto.
14.1Ma poi che Seguran più d'una volta
14.2d'oppressar l'avversario indarno tenta,
14.3di Clodasso al parlar l'animo volta
14.4e del pio Clitomede si rammenta:
14.5e dove ei veggia men la schiera folta
14.6e più largo il cammin, ratto s'avventa,
14.7e 'n voce altera e di chiarezza piena
14.8traversando il destriero i suoi raffrena.
15.1Poi levata la man di pace in segno
15.2ove Arturo vedea torna lo sguardo,
15.3che già, per non si far di biasmo degno,
15.4in fermar i guerrier non fu più tardo;
15.5indi comincia a lui: “Se non sia indegno
15.6il novel mio desire onde tutt'ardo,
15.7poi ch'all'intera guerra oggi la fine
15.8mostran negarne le virtù divine,
16.1invittissimo Arturo, non vi spiaccia
16.2ch'un de' vostri migliori incontro sproni
16.3a quest'arme ch'io porto, e pruova faccia
16.4a cui Marte di noi vittoria doni;
16.5e chi sia che de i due vinto soggiaccia
16.6con morte o con prigion, non si ragioni
16.7d'altro danno maggior che d'esser detto
16.8men del suo vincitor guerrier perfetto.
17.1E chi la palma avrà, l'arme e lo scudo
17.2solo all'albergo suo lieto riporte,
17.3e che 'l resto tra i suoi si torni ignudo
17.4perché possan di lui pianger la morte,
17.5ché non ben si convien l'animo crudo
17.6contr'a chi giunse al fin d'umana sorte:
17.7ma il desio di vendetta che ne preme
17.8aggia il termine suo co i giorni insieme.
18.1Venga dunque chi vuol fra tanti e tali
18.2famosi cavalier d'invitto core
18.3cui di spiegare al ciel candide l'ali
18.4della vera virtude accende amore;
18.5e chi desia con l'opere mortali
18.6d'immortale acquistar fra i degni onore
18.7non sprezze il mio chiamar, che raro è presta
18.8così bella cagion com'oggi è questa”.
19.1Quando ascolta il gran re l'altero invito,
19.2con quei duci maggior che 'ntorno avea,
19.3del cavalier che non più il core ardito
19.4che poi pronta la mano aver sapea,
19.5tacito resta, e sopra il verde lito
19.6senza altrove guardar gli occhi tenea;
19.7né gli preme il pensier nuova paura,
19.8ma di quel che dee far dubbiosa cura.
20.1E mentre è in tale stato, e che ciascuno
20.2de i miglior cavalier sua voglia attende,
20.3surge Gaven dicendo: “Se nessuno
20.4di gir contro a costui l'impresa prende,
20.5io, famoso mio re, sarò quell'uno
20.6che d'intero servar la voglia intende
20.7l'onor de' vostri, e non fia indegna mano
20.8d'ammorzare il furor di Segurano.
21.1E per questa cagion forse la piaga
21.2ond'io fui punto allor d'ascosa parte
21.3m'ha il figliuol di Merlin con arte maga
21.4salda in un punto e con divine carte,
21.5per due volte mostrar che non si smaga
21.6il valor che ministra il fero Marte;
21.7e s'altro nuovo stral non venga ascoso,
21.8farò il nome britanno oggi famoso”.
22.1Poi ch'ha così parlato, altero chiede
22.2che gli apportin la lancia, e già s'invia;
22.3ma 'l saggio accorto re che l'ode e 'l vede
22.4in troppo alto corruccio ne salìa,
22.5e gli dice: “Cugin, dov'oggi siede
22.6quel già lodato senno che solìa
22.7esser sì largo in voi, ch'al vostro oprare
22.8e vie più al vostro dir perduto appare?
23.1Non v'accorgete voi, semplice, come
23.2gite al nostro disnor con vostra morte?
23.3Non è l'omero vostro a sì gran some,
23.4come saria mestier, possente e forte.
23.5Altre armi ha rotte, altre fierezze ha dome
23.6l'invitto Segurano, e d'altra sorte
23.7che le vostre non son, sì come mostra
23.8con mille region la terra nostra.
24.1Forse sperate in van che 'l crudo sdegno
24.2che v'arma contro a lui di Claudiana
24.3vi devesse portar con l'ira al segno
24.4dell'alta sua virtude, a noi sovrana?
24.5Non lascia il basso amor l'animo pregno
24.6d'altro valor che di lascivia umana,
24.7né scalda il suo vapor l'altero loco
24.8in cui del quinto ciel s'accende il foco.
25.1Pur devreste saver che Lancilotto,
25.2che tanto più di voi nell'arme vale,
25.3se mai seco a battaglia è stato indotto
25.4assai gloria stimò l'essergli eguale.
25.5Ricercar ne convien guerrier più dotto
25.6e sostegno miglior d'un peso tale,
25.7perch'impero o tesoro o nobiltade
25.8non abbatte il furor di tali spade”.
26.1Al verace parlar tosto Gaveno
26.2il volere e l'andar tacito acqueta,
26.3colmo di sdegno e di vergogna il seno
26.4che 'l disegnato onor chi può gli vieta.
26.5Ma già intorno al gran re preme il terreno
26.6schiera di cavalier che 'n vista lieta
26.7chiede, e per sé ciascun, d'aver l'incarco
26.8contra 'l duce maggior di quei d'Avarco.
27.1In tra i primi a venir fu Pelinoro,
27.2Boorte appresso e 'l caro suo fratello
27.3ch'avea d'ogni virtù largo tesoro,
27.4io dico l'onorato Lionello;
27.5Baveno, il pio cugin d'ambedue loro,
27.6Florio il Toscan, de i Gotici flagello,
27.7Nestor di Gave e 'l saggio Maligante
27.8e quel del core ardito Gossemante.
28.1Fu l'ultimo a venir pensoso e lento
28.2di Lionese il nobile Tristano,
28.3che quanto porta in cor più d'ardimento
28.4tanto più ne i sembianti appare umano,
28.5dicendo: “A chi vorrà lieto consento
28.6che si vada a provar con Segurano;
28.7ma quando manchi ogni altro, s'al re aggrada,
28.8venga in rischio con lui la nostra spada”.
29.1Quando sente il gran re la degna offerta
29.2di tai nove guerrier che 'ntorno stanno,
29.3de' quai tutti ciascun l'impresa merta
29.4senza molto timor di scorno o danno,
29.5nella mente real dubbiosa e 'ncerta
29.6l'abbondanza de i buoni apporta affanno,
29.7che ben sa che d'un sol sì largo onore
29.8dee di sdegno ingombrar degli altri il core.
30.1E poi che i suoi pensier seco rivolse
30.2senza risposta far tacito alquanto,
30.3con tai dolci parole al fine sciolse
30.4il buon voler sotto cortese manto:
30.5“Famosi cavalieri a cui Dio volse
30.6d'infinite virtù donare il vanto,
30.7ma sì pari in tra voi ch'Ei sol porrìa
30.8per discerner il più trovar la via;
31.1per non fare a nessun di tanti offesa
31.2e perché 'l giudicar sovente è torto,
31.3se la sentenza mia non vien contesa
31.4da chi veggia di me più dritto e scorto,
31.5direi ch'a sì onorata e dubbia impresa
31.6fortuna sia che ne conduca al porto,
31.7e mischiando in chius'urna i nomi vostri
31.8chi deve esser di voi la sorte il mostri.
32.1E 'n cotal guisa oprando, non ha loco
32.2il cordoglio d'alcun che sia schernito,
32.3né può l'alma scaldar d'orgoglio il foco
32.4a chi più il suo valor senta gradito;
32.5né l'intelletto uman, che vede poco,
32.6dalla nebbia mortal viene impedito
32.7come in me può incontrar, quantunque a tutti
32.8mi stringa eguale amor, secondo i frutti”.
33.1Quando ha il suo dir finito, il buon re Lago,
33.2ch'al principio dell'opra era arrivato,
33.3risponde: “Alto mio re, sì come vago
33.4degli onori e del ben del vostro stato,
33.5dirò con umiltà ch'io non m'appago
33.6del moderato stil da voi lodato
33.7di porre in man di dea cieca e fallace
33.8quello in cui tal onor per noi si giace.
34.1Or non direste voi di mente insana
34.2chi fabbricar cercando un regio tetto
34.3rimettesse al voler di sorte vana
34.4quel che dell'opra sua fosse architetto,
34.5né si eleggesse alcun d'arte sovrana
34.6tra i migliori appellato il più perfetto?
34.7Quanto è poi più da dir, chi in lei ripone
34.8il pregio d'infinite e tai corone?
35.1Affermo io sì che i nove cavalieri
35.2tengon d'alto valor sì ben la cima,
35.3che non porrian fallir d'essa i pensieri
35.4e rendesse a qual sia la voce prima:
35.5tutti saggi al consiglio, all'arme feri,
35.6tutti di sommo ardir ciascuno estima;
35.7pur non si truovan mai fra noi mortali,
35.8come mostran di fuor, le cose eguali.
36.1Ma perché a tanto re pesar devria
36.2un sì grave giudizio in mezzo porre,
36.3né gli saria sentenza utile o pia
36.4per donare ad un solo a molti tòrre,
36.5ho pensato in mio cor quest'altra via
36.6ch'ogni ben ne dimostra, e non s'incorre
36.7ove invidia col tempo, ira o disdegno
36.8possa aperto in altrui stendere il regno.
37.1Quest'è che nell'arbitrio si ripose
37.2de i duci e cavalier che quinci semo,
37.3i quai con voci a tutti gli altri ascose
37.4nell'orecchie di voi sacro e supremo
37.5mostriam colui che l'orme valorose
37.6al lodato sentier d'onore estremo
37.7più degno di stampar dette il pensiero,
37.8e secondo il dever parlarne il vero.
38.1E così non potrà l'avversa sorte
38.2con l'ingiusto giudizio farne oltraggio,
38.3né d'invidia o d'amor le luci torte
38.4discovrire o covrir l'altrui vantaggio.
38.5Quel si può veramente appellar forte
38.6e senza dubbio aversi ardito e saggio
38.7ch'al pubblico stimar cotale appare,
38.8il qual rado o non mai si vede errare”.
39.1Così disse il re Lago, e 'l sacro Arturo
39.2in dolcissime note gli risponde:
39.3“Il più fido nocchiero e 'l più sicuro
39.4che si truove al varcar le mortali onde,
39.5solo è il consiglio d'ogni affetto puro
39.6che nell'antico senno il cielo infonde,
39.7e tanto è più, se in nobil alma viene,
39.8come al buon re dell'Orcadi n'avviene.
40.1Or senza più indugiar si metta in opra,
40.2che non gravi al nemico la tardanza
40.3o ch'ei possa pensar che in noi s'adopra
40.4della palma acquistar breve speranza
40.5perché 'l sol già inchinante si ricuopra,
40.6a cui poco cammin per oggi avanza,
40.7pria che 'n guerra mostrarsi, o a pena giunto
40.8il diparta del dì l'ultimo punto”.
41.1Fatto adunque di lor cerchio onorato
41.2che cingeva al suo centro il re sovrano,
41.3si movea riverente d'ogni lato
41.4chi d'onor sta più in grado a mano a mano.
41.5Fu 'l primiero il re Lago, e 'n non celato
41.6suon ma con alto dir chiama Tristano;
41.7né vi fu doppo lui del chiaro stuolo
41.8chi nominasse altrui che questo solo:
42.1che non pure il valor, ch'era infinito
42.2assai più ch'in alcun ch'ivi si truove,
42.3ma il modesto suo cor tanto gradito
42.4ogni buon cavalier d'amarlo muove.
42.5Or già d'alto romore il vicin lito
42.6si sente risonar lodando Giove
42.7che d'eleggersi un tale allumò i cori
42.8che difendesse solo i molti onori;
43.1e fu il grido coltal che in un momento
43.2del fero Seguran venne all'orecchie,
43.3che fuor si dimostrò lieto e contento
43.4che incontra tal guerrier se gli apparecchie:
43.5ma tale in lui la forza e l'ardimento
43.6per mille prove omai novelle e vecchie
43.7esser sapea, che non sicuro in tutto
43.8si tenea della palma in mano il frutto.
44.1Già dell'Orcadi il re con lieta faccia,
44.2ove Arturo attendea, Tristano adduce,
44.3che quasi un pio figliuol dolce l'abbraccia,
44.4dicendo: “Ecco de i nostri il sommo duce.
44.5Quanto ringrazio il ciel ch'oggi gli piaccia
44.6di raccender per voi l'antica luce
44.7del gran nome britanno e gallo insieme,
44.8e di quanti son qui d'ogni altro seme!
45.1Non si porrìa pensar parola degna
45.2d'esser detta a Tristan per nuovo sprone,
45.3se non che d'esser voi vi risovvegna
45.4e del gran vostro Armorico leone,
45.5e che di tai guerrier l'altera insegna
45.6tutto il pregio e l'onore in voi ripone,
45.7come in più di tutti altri ardito e forte,
45.8per propria elezzione, e non per sorte”.
46.1Qui finì 'l suo parlar, quando il re Lago
46.2gli dice: “Oprate pur, caro figliuolo,
46.3ch'ogni uom vi stimi desioso e vago
46.4di seguir con la gloria il patrio volo,
46.5come m'afferma il cor di voi presago
46.6e ch'al voi nominar m'indusse solo.
46.7Né ponete in oblio qual sempre fusse
46.8il vostro genitor Meliadusse,
47.1cui mille volte e mille in pruova ho visto
47.2in battaglia di molti e 'n singulare,
47.3e di ciascuna trar lodato acquisto
47.4di fregiate ghirlande e spoglie rare:
47.5sì come allor ch'ei fé doglioso e tristo
47.6sentir di morte le punture amare
47.7al gigante crudel della Montagna
47.8che 'n perpetuo timor tenea Brettagna,
48.1e quando egli scampò, ch'er'io presente,
48.2i dieci cavalier già prigionieri
48.3ch'eran di Pendragon la miglior gente,
48.4presi contra il dever sopra i sentieri
48.5da Cordipietra, che sì amaramente
48.6ne pianse al fin con tutti i suoi guerrieri,
48.7che fu quaranta: e tutto quello stuolo;
48.8vietandomi il ferire, uccise solo.
49.1Or d'un tanto troncon sì chiaro germe
49.2devrà simile a quel producer frutto:
49.3onde avem di veder speranze ferme
49.4i nostri in gioia e gli avversari in lutto;
49.5e pria ch'io senta queste membra inferme,
49.6come fur, ritornar cenere in tutto,
49.7potrò pur meco dir ch'anco non langue
49.8degli antichi guerrieri il nobil sangue”.
50.1Qui si tace abbracciandolo, e Tristano
50.2in sembianza umilissima risponde:
50.3“Grazie infinite al sommo Dio sovrano
50.4rendo che 'n voi di me tal speme infonde,
50.5invitto Arturo; e 'l prego poi che 'n vano
50.6non la faccia cader qual secca fronde,
50.7ma simile al desir ch'io porto in core
50.8a questa armata man presti valore.
51.1A voi gran re dell'Orcadi, prometto
51.2ch'a tutto 'l mio poter del chiaro padre
51.3seguirò l'orme ognor, con caldo affetto
51.4d'egual mostrarmi all'opre sue leggiadre:
51.5ma non si puote andar contro al disdetto
51.6di Chi ne invia le sorti o illustri od atre,
51.7tal che fia com'a lui più vegna a grado
51.8lo smarrir o 'l trovar di quelle il guado.
52.1Basta, che mentre avrò l'arme e la vita
52.2in ricercare onor non sarò lasso;
52.3e perch'io scorgo alquanto scolorita
52.4già la luce del sol che scende in basso,
52.5ne sforza il tempo ch'ove altero invita
52.6il fero Seguran rivolga il passo,
52.7senza timore aver di tal battaglia,
52.8se 'l cielo al buon voler le forze agguaglia”.
53.1Mentre così diceva, uno scudiero
53.2del magnanim'Arturo, Alcandro detto,
53.3gli presenta un fortissimo corsiero,
53.4tra mille ch'ei ne pasce il più perfetto:
53.5ben membruto a ragione, alto e leggiero,
53.6d'animo invitto e fero nell'aspetto,
53.7di candido colore, e tutto intorno
53.8di vaghissime ruote il manto adorno.
54.1Giunto ov'è il buon Tristano a terra scende,
54.2et a lui reca in man l'aurata briglia:
54.3ridente in vista il cavalier la prende,
54.4tutto ripien di dolce meraviglia,
54.5e grazie al suo gran re larghe ne rende
54.6con voce umile ed inchinate ciglia;
54.7indi al montar non mette staffa in opra,
54.8ma d'un salto leggier gli salta sopra.
55.1Il medesimo Alcandro gli presenta
55.2il suo scudo maggior di sette scorze,
55.3di così saldo acciar ch'ei non paventa
55.4ostinato furor di umane forze:
55.5ove il leone aurato s'argomenta
55.6con l'unghie di mostrar ch'abbatta e sforze
55.7ciascuno altro animal che con lui perde,
55.8posto in seggio real di color verde.
56.1Il fino elmo da poi sì duro e greve
56.2ch'era troppo a ciascun, gli pone in fronte,
56.3per la forza e per l'uso a lui sì leve
56.4che di men non avea le membra pronte.
56.5Sopra l'alto cimier, carco di neve
56.6d'argentato color surgeva un monte,
56.7nella cima del quale in più d'un loco
56.8si vedean fiamme uscir d'ardente foco.
57.1Porgeli i guanti, e l'asta poi sì grossa
57.2che nullo altro dell'oste la sostiene,
57.3fuor che sol Lancilotto, che di possa
57.4de i miglior cavalier la palma tiene.
57.5Prendela il buon Tristano, e poi che scossa
57.6l'ha in giro alquanto per veder se bene
57.7corrisponde a ragion la cima al basso,
57.8rivolse al suo gran re la vista e 'l passo,
58.1dicendo: “Alto signor, col voler vostro
58.2all'impresa onorata addrizzo il piede,
58.3in cui spero adeguar col valor nostro
58.4quella avuta di me sì larga fede;
58.5e s'altro non potrò, l'erboso chiostro
58.6fia del mio sangue sì famoso erede
58.7che non potrà mai dir che indegno fusse
58.8il core almen del buon Meliadusse.
59.1Così detto altamente, al gran nemico
59.2colmo di bel desio la fronte volge.
59.3ciascun ch'è 'ntorno dello stuolo amico
59.4tra speranza e timor l'animo involge:
59.5qual uom sia più tra lor nell'arme antico
59.6e ch'ha veduto più seco rivolge
59.7del fero Seguran, tacito in seno,
59.8il sapere e 'l valore ond'è ripieno.
60.1L'esperienza poi, che 'l tutto insegna,
60.2più che nell'avversario era in lui molta,
60.3e cangiato avea 'l core in cui più regna
60.4il voler giovinil ch'al furor volta;
60.5né tale era però che 'n lei si spegna
60.6de' verdi anni miglior la forza accolta,
60.7ma del cerchio mortal premea quel punto
60.8ove 'l senno e 'l vigor va insieme aggiunto.
61.1Fu d'infinito ardir, come il mostraro
61.2le palme innumerabili e i trofei;
61.3orgoglioso il faceva il sangue chiaro
61.4ch'ei pensava venir da i primi dei:
61.5perché l'unico Febo, non pur raro,
61.6onde il sommo Giron discese e quei
61.7che fer poi lui, pensavan della prole
61.8esser nati quaggiù del proprio sole.
62.1Era il giovin Tristan dall'altra parte,
62.2non pervenuto ancor ne i cinque lustri,
62.3spronato da i desir che 'nfonde Marte,
62.4e dal volere eguar gli antichi illustri.
62.5Ben tutta conoscea la forma e l'arte
62.6qual più deggian seguire i duci industri,
62.7mai d'usarle sdegnava, e la virtude
62.8sol nell'invitta spada esser conchiude.
63.1Ma l'intrepida forza era in lui tale
63.2che d'altrui sormontava ogni altra cura,
63.3tanto ch'a Seguran per quella eguale
63.4il poteva stimar, chi ben misura;
63.5ma come sempre avvien ch'or scende or sale
63.6in chi brama or la speme or la paura,
63.7il britannico stuol, che 'l vede accinto,
63.8or dell'una or dell'altra era dipinto;
64.1e riguardando il ciel dicea: “Signore
64.2ch'addrizzi con ragion sempre ogni torto,
64.3rendici il pio Tristan con lieto onore,
64.4e resti Seguran prigione o morto.
64.5Se pur di lui pietà ti stringa il core,
64.6non sia con onta nostra e disconforto,
64.7e 'l devoto pregar tanto ne vaglia
64.8che sia pari tra lor l'aspra battaglia”.
65.1E non men di costor l'oste d'Avarco
65.2di contrarie preghiere il ciel percuote:
65.3pur d'assai men timor l'animo ha carco,
65.4ché sa quanto l'Iberno in guerra puote.
65.5Ma perché quel dell'arme è dubbio varco
65.6troppo suggetto alle volubil ruote
65.7della cieca fortuna e disleale,
65.8il timor della speme aggrava l'ale;
66.1e tanto più , che la rovina importa
66.2di tutto insieme il perder Segurano,
66.3perché solo è di lor sostegno e scorta
66.4il suo lunge vedere e la sua mano:
66.5senza le quali ogni fidanza è morta,
66.6e lo scampo di poi s'aspetta in vano.
66.7Così 'l soperchio pubblico periglio
66.8no 'l lassa rimirar con lieto ciglio.
67.1Or già in mezzo a lo spazio s'appresenta
67.2Tristan che tra' due campi era lassato,
67.3ch'a Marte sembra ov'ha più l'alma intenta
67.4d'insanguinare il braccio a guerra armato;
67.5indi al nemico suo che no 'l paventa
67.6appellando dicea: “Benché invitato
67.7abbiate oggi il miglior, viene il più rio
67.8che sia fra tutti i nostri, e son quell'io.
68.1Ma pur, qual'io mi sia, più danno assai
68.2che timor, Seguran potrete farmi;
68.3e quantunque mai sempre vi pregiai
68.4sovr'ogni altro guerrier che cinga l'armi,
68.5non però mai formato vi stimai
68.6oltra 'l corso mortal di saldi marmi
68.7o d'altra tempra inusitata e nuova,
68.8e mi fia gran piacer di farne pruova.
69.1Or vi movete adunque, né sdegnate
69.2un giovin cavalier tra i molti eletto:
69.3ch'anco producer può la verde etate,
69.4pur che non spiaccia al ciel, maturo effetto”.
69.5Il forte Seguran, ch'altre fiate
69.6l'avea veduto altrove giovinetto
69.7e del padre sapea l'alta prodezza,
69.8come il merito appar, molto l'apprezza,
70.1e risponde: “Tristan, troppo m'aggrada
70.2contra un tal cavalier di tal valore
70.3e di tal nobiltà muover la spada,
70.4e 'n nuovo rischio por l'antico onore:
70.5però ch'anch'io per la medesma strada,
70.6degli anni giovinetti al primo fiore,
70.7col gran re vostro padre in pruova fui,
70.8e qual proprio figliuol parti' da lui.
71.1Debb'or dunque gradir ch'avvegna sorte
71.2ch'oggi a quella d'allor fra noi s'agguaglie:
71.3ch'io non cerco di voi né d'altrui morte,
71.4ma pregiato lodar delle battaglie.
71.5Or vegniamo a veder chi sia più forte
71.6e più salde le piastre aggia e le maglie;
71.7e se qui dee finir la gloria nostra
71.8o rivestirse ancor la spoglia vostra”.
72.1Così detto, il caval pronto e leggiero
72.2per lo spazio acquistarse indietro volta;
72.3fa 'l medesmo Tristano, e del sentiero
72.4poi che parte dicevole s'han tolta,
72.5si volge l'uno e l'altro cavaliero,
72.6e fermato lontano intento ascolta
72.7in fin che 'ntra le orecchie gli rimbombe
72.8desiato fremir di chiare trombe:
73.1il qual poi che tre volte i colli e 'l cielo
73.2di spaventoso grido avea percosso,
73.3l'uno e l'altro di lor con sommo zelo
73.4di sì chiara vittoria il corso ha mosso;
73.5e féro al sol con polveroso velo
73.6de' bei raggi splendenti il lume scosso,
73.7e la frondosa fronte e l'ampie spalle
73.8mugir d'intorno alla famosa valle.
74.1Al mezzo del cammin l'incontro duro
74.2quanto fosse null'altro si ritruova,
74.3e nessun è che più d'un saldo muro
74.4pur il piede o la staffa cange o muova.
74.5Il possente corsier che donò Arturo
74.6al suo caro Tristan d'ottima pruova
74.7ben parve allor, ch'e' non si abbassa o piega
74.8ma doppo il greve urtar più il corso spiega;
75.1ma quel di Seguran, ch'al fiero intoppo
75.2ha 'l vigore smarrito, il passo arresta:
75.3e perch'al suo poter fu l'altro troppo,
75.4nell'arenoso suol batte la testa.
75.5Ma 'l suo signor, com'era avvinto e zoppo,
75.6col freno e con gli spron tanto il molesta,
75.7tanto il batte, l'affligge, punge e serra
75.8che, mal grado di lui, l'alza da terra,
76.1e gli grida: “O famoso mio Podargo
76.2che di sì altere palme ho spesso cinto
76.3quando del sangue tuo prodigo e largo
76.4senza mai soggiacere eri dipinto,
76.5quale or t'assal mortifero letargo
76.6che fuor d'ogni uso tuo t'ha in basso spinto,
76.7se allor reggesti a più feroci mani
76.8che non porriano aver mille Tristani?”
77.1E con tal rampognare il torna in piede,
77.2più che mai pien d'ardir, veloce e forte;
77.3rivolgel poscia ove il nemico vede
77.4già pronto a ritentar novella sorte:
77.5che poi che d'aquilon famose prede
77.6rotte in mille tronconi in giro attorte
77.7le due lance saliro al ciel volando,
77.8fan l'aria lampeggiar col terso brando;
78.1e spingendo i destrier, l'un l'altro dona
78.2nel punto istesso e nel medesmo loco
78.3sopra il forte elmo, ch'aggravato suona
78.4di faville ripien di vivo foco:
78.5e per modo a ciascun la testa intuona
78.6di stordimento egual, che furo un poco
78.7senza noiarse in pace, e tosto poi
78.8ritornaro i suoi spirti ad ambeduoi,
79.1e vergognosa in sé la coppia sente
79.2più d'ogni creder suo forte il nemico.
79.3Ma il fero Seguran troppo è dolente
79.4che 'l giovine valor regga all'antico,
79.5e diceva in suo cor: “Veracemente,
79.6che questi il quinto cielo ebbe più amico
79.7al primo nascer suo che 'l chiaro padre,
79.8che pur solo abbattea le molte squadre”.
80.1E con questo pensier più mosso ad ira
80.2e di vittoria aver con più desio,
80.3sopra il loco medesmo in alto tira
80.4colpo che ben venìa spietato e rio;
80.5ma 'l pio Tristan, ch'al suo cader rimira,
80.6col dorato lion si ricoprìo,
80.7sopra cui vien la spada di tal forza
80.8ch'offese dell'acciar la quarta scorza.
81.1Né rimase al suo scudo il resto sano,
81.2ch'anco l'ultime tre tutte piegaro,
81.3e sentì dentro al braccio e nella mano
81.4l'armorico guerrier dolore amaro;
81.5e dubita in fra sé ch'al sovrumano
81.6poder di Seguran non fia riparo
81.7s'altra percossa ancor simile attenda
81.8pria che lui gravemente non offenda:
82.1e con forza maggior che mai battesse
82.2la siciliana incude aspro ciclopo
82.3l'elmo di nuovo al fero Iberno presse
82.4sì ch'averlo sì buon gli venne ad uopo;
82.5però ch'allor senza suo danno resse
82.6al più grave furor che prima o dopo
82.7potesse sostenere, e mostrò in parte
82.8quanto sia da pregiar l'incantat'arte,
83.1che per ordin sacrato di Merlino,
83.2col favor delle stelle, fabbricato
83.3fu da i più dotti spiriti, e 'l ferro fino
83.4nelle stigie riviere era temprato:
83.5ché mentre Seguran caro vicino
83.6della Fata del Lago in dolce stato
83.7seco si ritrovò, quest'elmo tale
83.8fu di lei don che mai non ebbe eguale.
84.1Fu lo scampo di lui dunque in quell'ora,
84.2che 'n fin sopra la sella in due diviso
84.3il fero busto dell'Iberno fora,
84.4ch'esser per altra man deveva anciso.
84.5Riman tutto smarrito, e cade fuora
84.6dell'alta sede il naturale avviso:
84.7ma non lunga stagion, ché l'alma chiara
84.8sforzò se stessa, di vendetta avara;
85.1e qual nodoso ramo, uscendo fuore
85.2dal tronco estremo e che 'l cammino ingombra,
85.3che con ambe le mani il viatore
85.4torce in traverso, e 'l suo passaggio sgombra,
85.5che poi ch'è rilassato in tal furore
85.6al seggio torna ove solea far ombra
85.7che chi a dietro riman sì ben percuote
85.8che mal reggersi in piè sovente puote:
86.1tal lo spirto di lui sì basso spinto
86.2dal possente ferir sopra il cimiero
86.3più che fosse ancor mai d'orgoglio cinto
86.4disdegnando risurge ardito e fero;
86.5e ritruova Tristan che s'era accinto,
86.6per ritrar della palma il frutto intero,
86.7ad un colpo novel, che se 'l giungea
86.8nel disegnato fin posto l'avea.
87.1Ma il forte Seguran nel destro braccio,
87.2mentre ch'alza la spada, il colpo stese,
87.3e 'l finissimo acciar qual vetro o ghiaccio
87.4dal taglio micidial poco il difese,
87.5che 'ntorno si schiantò: pur tanto impaccio
87.6diede al furor che molto non l'offese,
87.7quantunque pur del sangue ch'indi uscìo
87.8sopra l'arme apparisse un picciol rìo;
88.1e la spada e la man si china a forza,
88.2che non può contrastar, sopra la coscia:
88.3e se non che 'l buon cor troppo si sforza
88.4la natura cedea forse all'angoscia.
88.5Ma il vivo spirto ogni dolore ammorza
88.6che 'l corpo offenda, e si può creder, poscia
88.7che rilevato il brando si riserra
88.8verso il crudo nemico a maggior guerra;
89.1il qual rivolto a lui: “Chiaro Tristano,
89.2ben devreste apparar”, dicea, “per pruova
89.3ch'al maturo valor s'oppone in vano
89.4l'ancor giovine forza e l'età nuova;
89.5e quanto e come alla possente mano
89.6la lunga esperienza in arme giova,
89.7e non basta l'ardir, s'e' non si mesce
89.8col senno poi, che 'l suo migliore accresce”.
90.1Non risponde Tristan, ma d'una punta,
90.2quanto più salda può, truova lo scudo
90.3ove il nero dragon la lingua spunta,
90.4tinta di verde tosco e 'n vista crudo:
90.5passal tutt'oltra, e sopra 'l braccio giunta
90.6trapassa il ferro come fosse nudo,
90.7e di sangue irrigò tutto il sinestro
90.8non men ch'ei prima a lui facesse il destro;
91.1poi disse altero: “E Seguran comprenda
91.2quanto al giovin poter sia il senno frale,
91.3per saldo contrastar, ch'ei non l'offenda
91.4ove più del saper la forza vale”.
91.5Qual vipera mortal che 'l sole accenda
91.6quando del suo cammin più in alto sale
91.7si fece il cavalier mentr'ode e sente
91.8non più il braccio impiagarse che la mente;
92.1e con sì gran furor muove il destriero
92.2e 'n così angusto giro l'ha rivolto,
92.3che 'ntricandosi i piè sopra il sentiero
92.4si truova steso, e 'n fra l'arene avvolto:
92.5e quantunque il cadere al gran guerriero
92.6tutto il suo destro lato offese molto,
92.7pur l'industria e 'l valor sì ben raccoglie
92.8che del peso ch'avea tosto si scioglie.
93.1Ritorna in alto, e più che mai s'accinge,
93.2richiamando il nemico, a nuova guerra:
93.3né il cor tema gli agghiaccia o 'l volto pinge,
93.4di gir contra un corsier soletto in terra.
93.5Alza il percosso scudo e 'l ferro stringe,
93.6e per la sua vendetta il passo serra;
93.7ma il pio Tristan, come levato il vede,
93.8con un salto leggier si mise a piede,
94.1dicendo: “Io non so ben se 'l senno antico
94.2mi devesse insegnar tòrre il vantaggio,
94.3e se chi sia cortese al suo nemico
94.4è da i vostri dottor chiamato saggio;
94.5ma sia che vuol, che per fidato amico
94.6più l'onor sempre che 'l profitto avraggio”.
94.7A cui l'altro risponde: “E ben si deve,
94.8che quel vive immortale, e questo è breve;
95.1non intend'io, Tristan, che 'l senno mostre
95.2altra via che di lui, ch'è 'l sommo bene:
95.3ma che regga col fren le voglie nostre,
95.4che non passino il fin ch'altrui conviene;
95.5e più al giovine cor, che indarno giostre
95.6sovente contra il cielo, e che si tiene
95.7di sormontar cotal sotto al cui regno
95.8non pur l'arme portar sarebbe degno;
96.1qual v'avverrìa se 'l vostro cor credesse
96.2potere or contr'a me gran tempo stare”.
96.3Così dicendo, sì vicin gli presse
96.4l'orme, che 'l può col brando ritrovare,
96.5e con forza cotal poi l'elmo oppresse,
96.6in cui tutto il furor volea sfogare,
96.7che tardando lo scudo a ricoprirlo,
96.8come il disegno fu, venne a ferirlo;
97.1tal che, se la sua tempra era men fina,
97.2fòra la guerra lor condotta a riva.
97.3Squarciollo al mezzo, ma non tanto inchina
97.4ch'offesa entro ne sia la parte viva.
97.5Come al robusto pin la neve alpina
97.6fa la cima avvallar di forza priva
97.7piegò la fronte il cavaliero allora,
97.8ma le rileva poi senza dimora;
98.1e col proprio furor ch'orso impiagato
98.2che addosso al cacciator rabbioso vada,
98.3in fronte a Seguran l'istesso lato
98.4ov'ei percosse lui drizza la spada:
98.5ma l'altro, che 'l sentia d'ira infiammato,
98.6ratto al greve calar chiude la strada,
98.7l'aurato scudo suo levando in alto
98.8contr'a chi romperia marmoreo smalto.
99.1Ma lo spietato colpo tal discese
99.2che per mezzo il dragon proprio ha partito,
99.3che 'n diverse maniere, ad ali stese,
99.4ingombrò il seno all'arenoso lito:
99.5e 'l braccio, che di punta prima offese,
99.6novellamente ancor restò ferito,
99.7ma non tanto però, che le sue forze
99.8la percossa ch'avea di nulla ammorze.
100.1No 'l curò Seguran, ma lieto grida:
100.2“Or sarò più leggier senz'esso incarco,
100.3e mi basta la spada amica e fida
100.4al securo passar per ogni varco”.
100.5Così dicendo, il gran valor ch'annida
100.6men che mai d'adoprar si mostra parco;
100.7ma quanto fosse ancor più ardito e fero
100.8verso il suo percussor calca il sentiero.
101.1E 'l buon Tristan nell'arme si riserra,
101.2e col cor alto alla sua gloria intende:
101.3onde ardea più che mai cruda la guerra,
101.4cotal l'ira e l'onor ciascuno incende.
101.5Questi il possente scudo avea per terra,
101.6il rotto elmo di quel poco il difende:
101.7così tanto agguagliata era la sorte
101.8ch'ogni uom forse di lor correva a morte.
102.1Ma gli araldi reali, il saggio Amaso
102.2ch'è di sangue britanno, e 'l pronto Attoro
102.3che per Clodasso er'ivi, al duro caso
102.4gli scettri ch'hanno in man gettan fra loro,
102.5dicendo: “Cavalier, già nell'occaso
102.6ha rattuffate il sol le chiome d'oro,
102.7né conviensi a guerrier por l'arme in opra
102.8come il notturno vel l'aria ricuopra.
103.1Ciascuno è cavalier d'alta virtude,
103.2l'uno e l'altro è dal ciel di pari amato:
103.3e non vuol che 'l valor che 'n voi si chiude
103.4sia di sì nibili alme oggi privato.
103.5Noi comandiam ch'alle percosse crude
103.6sia posto ultimo fin per ogni lato
103.7con quel poter ch'avem, cui chi disdice
103.8chiamarse disleale in guerra lice”.
104.1A quel grave parlare il piè ritiene
104.2e raffrena ciascun l'ira e la mano,
104.3che san quale ha disnor chi contraviene
104.4al pubblico vietar del re sovrano.
104.5Or tosto d'ambedue quete e serene
104.6si fér le menti, e 'n parlar dolce umano
104.7l'un l'altro loda, e con amica gloria
104.8sopra il nemico suo pon la vittoria.
105.1Ma il chiaro Seguran seguendo poi
105.2dicea: “Tropp'oggi ho il cor lieto e contento,
105.3onorato Tristan, vedendo in voi
105.4che pur non sia scemato non che spento
105.5l'onor paterno, che tutti altri eroi
105.6si lasciò indietro, e ch'io col piede intento
105.7segui' qual duce e padre, e poi col core
105.8gli fui sempre vicin col sommo amore:
106.1il qual vogl'io per sempre che si stenda
106.2in voi mentre vivrò, se non vi spiace,
106.3quantunque questa mano oggi difenda
106.4colui che contro a i vostri guerra face.
106.5Ma il ciel sa ben con quanta doglia offenda
106.6il grande Arturo, e detto sia con pace
106.7d'ogni altro re, che tutti solo eccede
106.8di quanto al sol la pia sorella cede.
107.1Ma seguir mi conviene ove il destino
107.2m'ha mostrato 'l cammino e 'l troppo amore,
107.3a cui per contrastar più che divino
107.4valor convienne, e d'adamante il core.
107.5Or sia che può, che nella mano inchino
107.6lui sempre e tutti voi con sommo onore,
107.7pregando il ciel ch'altra cagion mi vegna
107.8di far guerra per lui di lui più degna.
108.1E perché 'l mondo sappia ch'a battaglia
108.2non ho per odio alcun fatto l'invito,
108.3ma bramando provar di quanto vaglia
108.4il guerrier ch'è tra' vostri il più gradito,
108.5questo aguto pugnal che rompe e smaglia
108.6qual sia ferro più duro in alcun lito
108.7vi prego in nome mio prendiate in dono,
108.8con memoria immortal che vostro sono”.
109.1Così detto gliel porge, ch'avea intorno
109.2il ricchissimo albergo di fin oro,
109.3di rubin tutto e di smeraldi adorno
109.4e d'altre gemme con sottil lavoro.
109.5Quel sembra attorto della Copia il corno,
109.6queste i frutti ch'avea mostran fra loro;
109.7in cui di lettre aurate scritto appare:
109.8“Tal abbonde il guerrier di virtù rare”.
110.1Il cortese Tristano allegro il prende,
110.2il bel dono e 'l suo cor lodando molto;
110.3poi la larga cintura onde gli pende
110.4la fortissima spada s'ha disciolto,
110.5la qual non men di quel tutta risplende
110.6di lucente tesoro in essa avvolto,
110.7e quanto in atto può soave e piano
110.8all'avversario suo la pose in mano,
111.1dicendo: “E 'n nome mio portando questa
111.2vi potrà sovvenir che la semenza
111.3del buon Meliadusse avrete presta
111.4in ogni vostra altissima occorrenza
111.5non men ch'aveste lui, se ben non resta
111.6della infinita sua chiara eccellenza
111.7minima dramma in lei; pur, come sia,
111.8di potervi onorar brama ogni via”.
112.1Così detto, si torna ove aspettato
112.2con sommo desiderio era da tutti,
112.3ma più dal grande Arturo, ch'abbracciato
112.4l'ha dolcemente, e non con gli occhi asciutti,
112.5e dice in alta voce: “O dì beato
112.6che dell'arbor gentil sì chiari frutti
112.7e di sì gran virtù sì raro mostro
112.8producesti in onor del secol nostro”.
113.1I duci, i cavalier, la plebe ignota
113.2come a cosa immortal gli stanno intorno:
113.3ivi s'accoglie ogni uom, lassando vòta
113.4la piazza star tra l'uno e l'altro corno;
113.5ogni atto, ogni suo detto ascolta e nota
113.6e come da Pluton faccia ritorno
113.7il miran tutti poi che dalla mano
113.8scampato il pòn veder da Segurano.
114.1Nella tenda real cortese il mena
114.2Arturo, ove il dì chiaro si vedea.
114.3Chiama Serbin, che gli saldò la vena
114.4dal sangue che nel braccio discendea;
114.5indi alla mensa di vivande piena
114.6il suo caro Tristan, che non volea,
114.7sopra la stessa sua dorata sede
114.8con dolce forza e 'n belle lodi assiede.
115.1Cercan gli altri poi tutti il proprio albergo,
115.2e 'l sofferto del dì passato affanno
115.3già con soave oblio lassansi a tergo,
115.4poi che l'esca gioconda gustat'hanno;
115.5indi d'arida paglia al lasso tergo
115.6quanto più dolce pon, riposo fanno.
115.7Il medesmo adivien dentro in Avarco
115.8al popol d'arme e di sudore scarco.
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