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CANTO VIII

Avarchide

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1.1Sì tosto come avvien ch'al grande Arturo
1.2le sollecite orecchie ripercuota
1.3del re Lago e de' suoi lo stato oscuro
1.4e l'aspra fuga di speranza vòta;
1.5fa che 'l re Caradosso il bianco e puro
1.6bel vessillo reale al vento scuota,
1.7e le sonore trombe in quella parte
1.8sveglin dal nido suo l'invitto Marte:
2.1e de' suoi cavalier l'ornate squadre
2.2che nell'aperto campo avea distese
2.3vien tutte rivedendo, e qual pio padre
2.4lor rinfresca d'onor le voglie accese,
2.5dicendo: “Or vien dell'opere leggiadre,
2.6alle quei sempre aviam l'anime intese,
2.7la stagion convenevole, da poi
2.8ch'ogni estremo rimedio è posto in noi.
3.1Ben potete veder ch'or sola giace
3.2la salute comune alla man vostra,
3.3che, se fia del valor ch'a lei conface,
3.4la vittoria e la gloria in tutto è nostra.
3.5Ora a quel sommo onore e ben verace
3.6che la grazia di Dio n'alluma e mostra
3.7andiam con lieto cor, seguiam l'insegna
3.8che 'l celeste sentier con l'orme segna”.
4.1Così detto a ciascun, posato e tardo
4.2ben fra lor agguagliato il passo muove,
4.3infin ch'all'avventar di lancia o dardo
4.4viene ove Seguran fa l'alte pruove.
4.5Indi come cervier, leone o pardo
4.6che la preda affamato in selva truove,
4.7la polve infino al sol destando in alto,
4.8sprona il corso veloce al fero assalto.
5.1Il romor de' destrier, dell'arme il suono
5.2nell'oscuro sentier che non appare
5.3sembra all'autunno il tempestoso tuono
5.4che sopra il fosco ciel si sente andare,
5.5spaventando color che carchi sono
5.6di pensier crudi e d'atre colpe amare:
5.7poscia in ardente folgor si converte
5.8che le gelati nubi ha intorno aperte,
6.1e con mortal fragor girando scende
6.2ov'han l'ombra maggior gli eccelsi monti,
6.3ch'or'Ossa o Pelio, or Appennino offende
6.4ove d'Arno e di Tebro escon le fonti:
6.5Or l'alte torri or col furore incende
6.6de' sacri templi le famose fronti,
6.7or degli arbor più antichi abbatte e doma
6.8il piè, le braccia e la cangiata chioma.
7.1Con sembiante furor di notte avvolta
7.2a ferir vien quest'animosa schiera,
7.3rïempiendo d'orror quel che l'ascolta
7.4ma più chi lei schivar, lasso, non spera:
7.5giunge ove Seguran con gente folta
7.6l'attendeva orgoglioso e 'n vista fera,
7.7e s'ha d'aste e di scudi fatto schermo
7.8quanto può contro a lor sicuro e fermo.
8.1Ma non ha il mondo forza che sostegna
8.2di tante lance, e tai l'estrema possa:
8.3tal ch'in un punto sol la regia insegna
8.4fa di mille guerrier la terra rossa,
8.5che nessun resta in piè là dove segna
8.6d'esso colpo primier l'aspra percossa,
8.7né sol quei ch'ivi fur, ma molti poi
8.8dal medesimo urtar cadder fra' suoi.
9.1Passano oltra i destrieri, e mille ancora
9.2premendo van sotto il ferrato corno:
9.3quasi simili a quei che traggon fuora
9.4della spoglia il frumento al caldo giorno,
9.5quando il villan co i fren saldo dimora
9.6del loco in mezzo, e fa girarse intorno
9.7di giumente o di buoi l'elette torme
9.8che l'arido suo vel tritin con l'orme.
10.1Rotta la lancia poi, si reca in mano
10.2ogni buon cavalier la grave spada,
10.3e con quella da presso e da lontano,
10.4ove spinga il caval, s'apre la strada:
10.5tal che più d'un guerrier che sia sovrano
10.6convien per opra lor ch'a morte vada,
10.7oltre alla turba abbietta ed infinita
10.8che tra gli urti e 'l furor lassa la vita.
11.1Uccise il gran re Arturo Cinofonte
11.2congiunto amato di Brunoro il Nero,
11.3nato in Usfalia alla gelata fronte
11.4ove al cimbrico mar volge Visero:
11.5di sangue illustre e di ricchezze conte
11.6sopra molti vicin teneva impero,
11.7saggio nel consigliar, nell'oprar forte,
11.8e l'onore e 'l valor gli erano scorte;
12.1le quali ad aspettar soletto a piede
12.2l'obbligaro un tal re di tanto nome:
12.3che d'alto allor sopra la fronte il fiede
12.4e di sangue gli empie l'elmo e le chiome;
12.5e della sua virtù venne a mercede
12.6lo scarcar l'alma di terrestri some
12.7per la più chiara man che fosse allora
12.8dal mar d'Iberia a' liti dell'aurora.
13.1Il nobile e famoso Childeberto,
13.2l'alto erede primier di Clodoveo,
13.3quantunque giovinetto e poco esperto
13.4diede aspra morte all'infelice Argeo:
13.5che nacque ove più mostra il fianco aperto
13.6ver la Cantabria il salto Pireneo,
13.7che sposò di Verralto la sorella,
13.8nell'età sua ciascun fiorita e bella;
14.1e 'l privaro in quel di le stelle infide
14.2dell'alma e della fiamma ond'egli ardea,
14.3che dalla destra spalla gli divide
14.4il braccio che la spada sostenea.
14.5Cadde il miser chiamando le sue fide
14.6genti in aita, che ben lunge avea;
14.7e lo spirto che breve in lui dimora
14.8dal premer de' cavai fu tratto fuora.
15.1Clotario uscito dal medesmo Franco
15.2a Melanippo il rio la vita toglie,
15.3nato in Pomeria, ove le bagna il fianco
15.4con l'onda Ortelo che le nevi accoglie:
15.5questi del padre suo canuto e bianco
15.6rendeo sanguigne le sacrate soglie,
15.7perché il fratel, che di lontana sede
15.8devea tosto tornar, non fesse erede.
16.1Or per quell'empio cor, ch'a fabbricare
16.2il pensiero infernale era stat'oso,
16.3la giustissima spada oltra passare
16.4fé in fino al dorso il giovine famoso.
16.5Né Clodamiro il frate vuol mostrare
16.6d'esser manco de' duoi d'onor bramoso,
16.7come il quarto con lui Tëodorico
16.8d'esser men di virtù che gli altri amico.
17.1E così questi due congiunti in uno,
17.2non lunge molto all'onorato Arturo
17.3che qual padre provvede che ciascuno
17.4sia di lor ben guidato e ben sicuro,
17.5truovano insieme Ifito e Cromio il Bruno,
17.6fratei borgondi, e non di sangue oscuro,
17.7ma cugin di Clotilda, che già feo
17.8questi quattro figliuoi di Clodoveo:
18.1ma le parti seguian di Gunebaldo,
18.2che di lei il padre Chilperico uccise;
18.3né il legame fraterno intero e saldo
18.4al desio di regnar termine mise.
18.5Or questo unico par sicuro e baldo
18.6gli incontrati nemici si divise:
18.7Clodamiro percosse in fronte Ifito,
18.8e 'n fin fuora la gola è il colpo gito;
19.1ferito è Cromio nel sinistro lato
19.2dal buon Tëodorico, e posto a terra.
19.3Indi truova Agraveno il forte Acato,
19.4che tra' suoi pochi pari aveva in guerra,
19.5nel natio regno intorno circondato,
19.6come invitta città muraglia serra,
19.7dalla frondosa Ercinia, e poco meno
19.8era in Praga onorato che Drumeno.
20.1Gli trapassò la gola nel traverso,
20.2e di lei l'aspra fistula divide.
20.3L'ardito Gargantin, Dolone il Perso
20.4della patria medesma seco uccide:
20.5che di sangue infinito il petto asperso,
20.6biasmando il ciel ch'a quella sorte il guide,
20.7rotando gìo come in sospesa piaggia
20.8suole il secco troncon che spinto caggia.
21.1Il cavalier famoso di Norgalle
21.2che tra' miglior guerrieri il mondo stima,
21.3che quelli avea della Lomunda valle
21.4che 'l Grampio adombra con l'altera cima,
21.5nel petto fere, e 'l passa oltra le spalle,
21.6Ofeleste, che tien la gloria prima
21.7nel possente luttare, e fu il più chiaro
21.8del terren, che contien Rodano e Varo;
22.1ma non gli valse allor contra la spada
22.2del nobile e fortissimo Britanno,
22.3ch'abbattuto convien ch'a basso vada
22.4avendo de' mortai l'ultimo danno.
22.5Segue costui per la medesma strada
22.6l'Iberno Cebrïon con meno affanno:
22.7perché nel cor da Ganesmoro aggiunto
22.8senza doglia sentir muore in un punto.
23.1Malchino il grosso, ch'a i Giganti sembra,
23.2incontrò di Sassonia Polemone,
23.3che smisurata forza anch'egli assembra
23.4più d'altro assai di quella regïone:
23.5per tutto ciò con le possenti membra
23.6d'un colpo nel cimiero a terra il pone,
23.7e sonò nel cader l'armata spoglia
23.8come d'eccelso pin rovina soglia.
24.1Fece il medesmo il nobile Gerfletto
24.2a Reso il Provenzal, ferito al fianco;
24.3Polibo poi con larga piaga al petto
24.4resta battuto da Finasso il bianco.
24.5Landone il destro, tra i miglior perfetto,
24.6il cui sommo valor non fu mai stanco,
24.7con la punta mortal del fero brando
24.8pose il miser Cisseo di vita in bando.
25.1Non resta indietro il saggio Talamoro
25.2con la doppia virtù ch'ha in guerra, e 'n pace,
25.3ch'uccise Ileo, come il cugin Mandoro
25.4spento il miser Coon di spirto face;
25.5e per man del ricchissimo Arganoro
25.6della testa privato Emonio giace,
25.7quel che nato tra' Gotti Orïentali,
25.8pochi al fero suo cor trovava eguali.
26.1Doppo costor Bralleno ed Amillano,
26.2Taurino, i frati e Melïasso il bello,
26.3il Brun, quel senza gioia, ed Urïano
26.4con l'altro invitto e nobile drappello
26.5ne i suoi nemici insanguinò la mano,
26.6e fece sopra lor largo flagello:
26.7né l'un mai più dell'altro apparia lasso
26.8e d'una riga egual moveano il passo;
27.1come doppo l'april si pòn vedere
27.2gli accorti mietitor per gli ampi prati
27.3dipartirse fra loro in lunghe schiere
27.4e 'n drittissimo fil gire agguagliati,
27.5poi nell'ordin medesmo far cadere
27.6gli arditi fien per terra riversati
27.7con l'adonche sue falci: e 'n cotal forma
27.8d'Arturo ivi apparia l'egregia torma.
28.1Ma il fero Seguran però non manca
28.2di mostrar la virtude ond'è ripieno:
28.3sostien la gente spaventosa e stanca
28.4e raccende il valor ch'ha spento in seno;
28.5or nella destra parte, or nella manca
28.6s'avventa, come il folgore o 'l baleno,
28.7or tra i nemici in mezzo si vedea
28.8or dietro a tutti i suoi, che gli spingea.
29.1Quale invitto nocchier, che da tempesta
29.2perigliosa sorpreso esser si vede,
29.3ch'or col fischio or col grido mai non resta
29.4e nel suo cominciar tosto provvede,
29.5ch'allenta e tira or quella corda or questa
29.6com'or dritto o traverso il vento fiede,
29.7e secondo il furor che il legno assale
29.8cresce o tarpa di lui le candide ale:
30.1ma poi che 'l suo sentier sente che sforza
30.2d'una sol parte l'Austro o l'Aquilone
30.3con bassissime vele alla sua forza,
30.4tutto romito in sé, la prora oppone,
30.5volge il timon contrario e stringe l'orza
30.6e di non travïar la cura pone,
30.7che se 'l cammin che intende gli sia tolto
30.8d'avanzar per allor, no 'l perda molto;
31.1tale il gran Seguran, poi ch'al furore
31.2che improviso sorvenne è in piè rimaso,
31.3rinforza il tutto poi dentro e di fuore,
31.4che possan contrastare ad ogni caso.
31.5Con l'aste i suoi guerrier di più valore,
31.6che di Connacia avea verso l'occaso,
31.7pon nella fronte, e di lor duce feo
31.8il suo più chiaro amico, il forte Alceo;
32.1quei dell'Ultonia pose alla man destra
32.2sotto il signor di Persa Banduino;
32.3gli altri, ch'ha di Laginia, alla sinestra,
32.4ove il fiume dell'Euro avea vicino:
32.5questi alla guerra intrepido ammaestra
32.6Mogarto il biondo col fratel Sabrino;
32.7quei di Momonia stende alle sue spalle,
32.8e duci han Terrigano e Morrialle.
33.1Come ha ben provveduto Segurano,
33.2e le forze addoppiate in ogni lato,
33.3già di tutto a Clodin la cura in mano
33.4ed a Brunoro il Nero avea lassato;
33.5e col Nero perduto e con Rossano
33.6sopra un alto corsiero era montato,
33.7per gir con arme egual verso quel loco
33.8ove Arturo accendea l'ardente foco.
34.1In questa ecco arrivar di sudor carco
34.2il più onorato araldo di Clodasso,
34.3il saggio Ideo, che lì venìa d'Avarco
34.4mandato a Seguran con ratto passo;
34.5e gli dice: “Signor, se in alto varco
34.6vi sollevi oggi il cielo, e spinga in basso
34.7Arturo, il nostro re prega che vui
34.8lassando ogn'altro affar vegniate a lui,
35.1per cosa appalesar che molto importa
35.2allo stato comune, e molto preme;
35.3e d'altro tanto il supplica e conforta
35.4la consorte real, la figlia insieme:
35.5e meniate con voi la cara scorta
35.6del famoso Clodin, lor somma speme;
35.7e 'l vostro dimorar sì breve fia
35.8che danno indi nessuno uscir potria”.
36.1Mentre ascolta il gerriero, il dubbio core
36.2sente in mille maniere entro cangiarse:
36.3muovelo il suo gran re, muovel l'amore
36.4della sposa gentile ond'arde ed arse;
36.5d'altra parte il ritien l'ira e 'l furore
36.6e l'ardente desio di vendicarse.
36.7Pur dispon d'ubbidir, vedendo pure
36.8di lassar le sue schiere assai secure;
37.1e chiamato Clodin gli dice: “Frate,
37.2ov'è 'l nostro gran re, gir ne conviene,
37.3come Ideo vi dirà: però lassate
37.4a Brunor, che di voi vece sostiene,
37.5che con riguardo pio, fin che torniate,
37.6provveggia intorno, ove il bisogno viene”.
37.7Così fece egli, e mossero indi il piede
37.8inverso la real d'Avarco sede:
38.1ove schiera infinita innanzi accorre
38.2di donne, vecchierei, di turba inerme,
38.3pregando il cielo e quei di fine imporre
38.4a i gran perigli di lor vite inferme.
38.5Vanno oltra poscia, e sovra una alta torre
38.6di gran mura ricinta antiche e ferme,
38.7onde aperto veder si puote in basso
38.8ciò che 'l campo facea, trovan Clodasso:
39.1che con Albina sua, l'antica sposa,
39.2e con l'amata figlia Claudïana
39.3stava a mirar con l'anima dogliosa
39.4de' suoi 'l valor contra la gente strana;
39.5e perché avean già scorta la famosa
39.6coppia che per venir movea lontana,
39.7insperata non giunse, ma sì cara
39.8che lor fece addolcir la cura amara.
40.1Stringe il tenero padre il giovin figlio,
40.2e 'l valoroso genero indi abbraccia;
40.3la madre pia con lagrimoso ciglio
40.4appellando ambedue stende le braccia;
40.5la vaga sposa avea d'un bel vermiglio
40.6d'intorno ornata l'amorosa faccia,
40.7né sa che farse e 'n lei combatte insieme
40.8la vergogna e 'l desir, che punge e preme:
41.1ma con tremante cor tacita attende,
41.2e del paterno amor si lagna omai
41.3che sì lunga ora in ritenere spende
41.4chi più degli occhi suoi tien caro assai.
41.5Ma il suo buon Seguran, che solo intende
41.6di rivolger la vista a i dolci rai,
41.7sì tosto come puote indi si scioglie
41.8e l'onesta consorte lieto accoglie:
42.1da cui di dolci lagrime bagnato,
42.2senza parola udir, tutto si sente,
42.3infin che di Clodin, ch'era da lato,
42.4la sveglia il ragionar s”avemente,
42.5e le dice: “Sorella, in questo stato
42.6dimorar suol colei che sia dolente,
42.7non chi vede il consorte in somma gloria
42.8de' suoi feri nemici aver vittoria”.
43.1A cui risponde allor: “Fratel diletto,
43.2del presente esser suo già non mi doglio,
43.3anzi ringrazio il ciel che l'abbia eletto
43.4per domar a i nemici il crudo orgoglio.
43.5Ma chi può navigar senza sospetto
43.6di tempo avverso o di nascoso scoglio,
43.7e sia pur queto il mar, sereno il cielo,
43.8e la stagion miglior che ancide il gielo?
44.1Chi può securo star sotto la luna,
44.2ove si cangia il tutto in un momento?
44.3Sono i doni e gli onor della fortuna
44.4sì come arida fronda o paglia al vento:
44.5a cui staman fu chiara, oggi s'imbruna
44.6e 'l passato dolzor volge in tormento;
44.7tal ch'ogni uomo a ragion vive in timore,
44.8e per un mille un amoroso core”.
45.1Qui finio 'l suo parlar, che 'l regio veglio
45.2il gran genero appella e 'l pio figliuolo,
45.3e dice ad ambedue: “Però che il meglio
45.4fu di ricorrer sempre a colui solo
45.5ch'è d'arme e di valor l'altero speglio
45.6e che del quinto ciel corregge il volo,
45.7dico il possente ed onorato Marte
45.8che n'ha graditi ogn'ora e in ogni parte
46.1perché venner di lui l'antiche genti
46.2onde 'l sangue vandalico discese;
46.3mi par ch'a lui deviam drizzar le menti
46.4in tai perigli e 'n sì mortali imprese,
46.5e supplicarlo umil che uccisi e spenti
46.6renda i nemici, e libero il paese
46.7che col favor di lui, di ferro cinto,
46.8ho in sommo mio sudor conquiso e vinto.
47.1E di ciò ragionando a Clitomede
47.2che del suo sommo tempio e sacerdote
47.3e le cose future aperte vede
47.4come noi le passate e le più note:
47.5doppo alquanto mirar d'un'alta sede
47.6in quai voci presaghe l'ali scuote
47.7ogni rapace uccel, guardò nel foco,
47.8ch'è l'elemento suo, pur in quel loco;
48.1indi a me ritornando in lieto volto
48.2mi disse: “Alto mio re, securo spero
48.3che 'n sangue e morte l'avversario avvolto
48.4tosto vedrete, e vincitore intero
48.5Seguran fia, se di quantunque tolto
48.6avrà di preda al suo nemico fero
48.7la quinta parte almen promette in voto
48.8al nostro altero Dio piano e devoto;
49.1e non lasse passar l'ora fugace
49.2mentre che Lancilotto sta lontano:
49.3il qual se con Arturo avrà mai pace,
49.4ogni nostro sperar sarebbe vano,
49.5ché morte acerba o gran periglio giace
49.6in quella cruda man per Segurano;
49.7ma se vorrà di lui schivar la spada,
49.8sicurissima avrà tutt'altra strada.
50.1Soggiunse poi che vi consiglia ancora
50.2ch'a singular battaglia oggi chiamiate
50.3fra ciascun cavalier ch'ivi dimora
50.4il miglior di valore e di bontate:
50.5certo che sovra ogn'uom quaggiù v'onora
50.6il fero Marte, che voi solo amate;
50.7per cui sarete a somma gloria indotto
50.8se schivate il furor di Lancilotto.
51.1Né ciò sembri viltà, ch'avvenir puote
51.2che sovente in alcun minor virtude
51.3sia dal girar delle superne rote,
51.4ond'ogni bene e mal quaggiù si chiude,
51.5guardata sì ch'ogni sua forza scuote
51.6a qual truovi maggiore, e 'ndarno sude
51.7ogni altra al contrastar, ch'al fin conviene
51.8vincitrice esser lei che 'l ciel sostiene.
52.1Non si deve onorar per saggio o forte
52.2chi spera il suo valor tòrre alle stelle,
52.3e chi fuor di ragion disprezza morte
52.4via più ch'ardito e buon crudo s'appelle:
52.5ceda il mortale alla mortal sua sorte,
52.6né stenda le sue voglie empie e rubelle
52.7oltra l'ordin lassù, ma per la strada
52.8che glie mostra miglior contento vada.
53.1S'egli è dato dal ciel che Segurano,
53.2il cui chiaro valor l'umano ecceda,
53.3aggia intrepido core, invitta mano
53.4sì che d'ogni guerrier riporti preda,
53.5ma la sua sorte al figlio del re Bano,
53.6ben che di men virtù la palma ceda,
53.7soffrir conviensi, e ringraziarlo appresso
53.8che 'l poterla schivar ne sia concesso”.
54.1Qui tacque il re antico; e 'l fero Iberno
54.2che stima il suo poter sovr'ogni fato
54.3gli amorosi ricordi prende a scherno,
54.4e risponde in sermon d'ira infiammato:
54.5“Or non sapete voi che 'l proprio inferno,
54.6con quanti ha mostri e furie in ogni lato,
54.7non desteriano in me tanta paura
54.8che di forza qual sia tenessi cura?
55.1Né sète voi 'l primier, né Cliotomede,
55.2che di lui m'ha narrate aspre novelle:
55.3perché la fata che nel lago assiede
55.4mentre il nutria per le stagion novelle
55.5sovente mi narrò ch'aperto vede,
55.6per quanto al nascer suo mostrin le stelle
55.7e per quel che Merlin gli solea dire,
55.8ch'io per la spada sua devea morire.
56.1E mentre m'accogliea con quello affetto
56.2che far si possa un più leale amico,
56.3quante fiate m'ha piangendo detto
56.4che si dolea del fato empio nemico,
56.5cagion che per suo figlio avesse eletto
56.6chi sormontando il vero onore antico
56.7farebbe il nome eterno esser di lei,
56.8ma la fin recherebbe a i giorni miei?
57.1E così spesso al mio cospetto poi
57.2chiamando lui, che fanciullo era ancora,
57.3giurare il fé sovra i parenti suoi
57.4e per la deïtà che più s'adora
57.5di non cinger mai spada contro a noi
57.6per qualunque cagïon portasse l'ora:
57.7quel ch'ei sempre servò, ché in ogni parte,
57.8ond'io non sia co' suoi, da me si parte;
58.1ché mille volte e più, quant'aggio udito
58.2delle prove ch'ei fa l'altero grido,
58.3bramoso di veder se sia mentito
58.4ho cangiato cercandolo arme e lido:
58.5ma doppo a i primi colpi, ov'ha sentito
58.6dell'occulto mio gir l'abito infido,
58.7ripon la spada allor, volge il destriero
58.8e sdegnoso da me torce il sentiero;
59.1ond'ho sempre portata e porto doglia,
59.2che da lui vilipeso esser mi sembra:
59.3e certo son di riportarne spoglia,
59.4se d'adamante ancora avesse membra.
59.5Minaccie pure il ciel, dica che voglia
59.6tutto il concilio ch'a predir s'assembra,
59.7che Lancilotto solo in guerra chiamo
59.8e con sommo desio sol esso bramo.
60.1Ed a voi, caro suocero e signore,
60.2dolce padre onorato e re sovrano,
60.3avrò per obbedir con sommo amore
60.4in ogni stato il cor presto e la mano:
60.5ma che mai di costui tema il furore
60.6il vostro affaticar del tutto è vano,
60.7ché più caro il morir per lui mi fia
60.8ch'allungar gli anni miei per questa via.
61.1Sia del terrestre quanto al fato aggrada,
61.2che gli può poco tòr, send'ei mortale:
61.3pur che lo spirto mio per dritta strada
61.4addrizze sempre al ciel candide l'ale,
61.5né si possa mai dir che questa spada,
61.6a cui di sommo onor, non d'altro cale,
61.7se ben fusse conversa in ghiaccio e 'n vetro,
61.8per temenza d'altrui tornasse indietro.
62.1Di fare al quinto ciel solenne voto
62.2d'ogni spoglia donar la miglior parte,
62.3consent'io col pensier piano e devoto,
62.4né fien le mie promesse al vento sparte:
62.5ché d'orgoglio è ripien, di senno vòto
62.6l'armato cavalier che sprezzi Marte,
62.7e che d'esse adempir contento fui
62.8voi quinci testimon ne appello e lui.
63.1D'esser io poscia a singular battaglia
63.2con quel duce miglior che segua Arturo,
63.3se 'l provocargli e l'invitar mi vaglia,
63.4d'obbedir Clitomede andrò sicuro:
63.5benché pochi vi sien di cui mi caglia,
63.6se i medesmi son qui ch'altrove furo;
63.7se non forse Tristan, che pure è certo
63.8ardito cavalier, prode ed esperto.
64.1Or questa sia la fin del parlar nostro,
64.2riponendo nel ciel ciò ch'esser deve,
64.3ch'io men vada volando al campo vostro
64.4a cui di ritornar promisi in breve.
64.5Vivete lieto or voi, né augurio o mostro
64.6o falso antiveder di spirto leve
64.7vi faccia non sperar vita e vittoria,
64.8lunga pace tranquilla e somma gloria”.
65.1Il buon vecchio real, ch'intento ascolta
65.2del gran genero suo l'alte parole,
65.3ha di doppio timor l'anima avvolta
65.4e del suo troppo ardir seco si duole:
65.5non risponde altro a lui, ma gli occhi volta
65.6piangendo al cielo e dice: “O vivo sole,
65.7se l'umana virtù ti fu mai cara
65.8difendi questa in lui più d'altra chiara;
66.1e le mostra il cammin dritto e verace
66.2che la conduca al fin de' bei desiri:
66.3opra col tuo poter che nulla face
66.4di sguardo micidial lassù la miri,
66.5e 'l disegnar quaggiù torni fallace
66.6di chi più a i danni suoi spietato aspiri;
66.7e tal dell'ali sue sostieni il volo
66.8ch'al sacrato arbor tuo pervegna solo”.
67.1Poi ch'ebbe così detto, a lui si volse,
67.2e con tal ragionar lieto l'abbraccia:
67.3“Chi crederrà che l'uomo in cui raccolse
67.4tanta bontade il ciel già mai gli spiaccia?
67.5E cui di tanto onor la vita avvolse
67.6consenta in morte che negletto giaccia,
67.7che 'l passato valor pietà non muova?
67.8E di così sperar mi piace e giova.
68.1Gite or con buono agurio, e vi sovvegna
68.2che non sempre è lodato il troppo ardire:
68.3ma solamente in loco ove convegna
68.4gli aspri nemici abbattere o morire.
68.5Poi sopr'ogni altro chi comanda e regna
68.6non si lasse portar dal van desire
68.7d'acquistar poca gloria in gran periglio,
68.8ma via più che la mano use il consiglio”.
69.1Qui alfin si tacque, e dal suo sen disciolto
69.2il gran genero poi da sé diparte;
69.3indi a Clodin con lagrimoso volto
69.4dice: “Figliuol, però che il senno e l'arte,
69.5che distinguon l'uom saggio dallo stolto
69.6e ch'han del bene oprar la miglior parte,
69.7son dell'uso e del tempo il parto chiaro,
69.8truovano in giovin cor l'albergo raro.
70.1Vi ricordo e vi prego per questi anni
70.2così debili omai, canuti e bianchi
70.3che 'n dolor lunghi e 'n travagliosi affanni
70.4son di piangere i suoi pur troppo stanchi,
70.5che dall'odio mortal de' re Britanni
70.6e dall'aspro furor de' guerrier Franchi
70.7con accorto riguardo e con misura,
70.8quanto importa l'onor v'aggiate cura;
71.1e di quei cavalier seguiate l'orme
71.2i quai sien più di voi nell'arme esperti:
71.3né l'ardor giovinil l'animo informe
71.4d'impossibili a lui ricercar merti,
71.5né vi muovan di quei le vulgar torme
71.6che del vero valor vivono incerti,
71.7e non san che l'ardir di senno scarco
71.8di vergogna e di morte è il proprio varco”.
72.1Già cerca Seguran dall'alma sposa
72.2in breve ragionar congedo avere,
72.3quando lei sente afflitta e lagrimosa
72.4tra le sue braccia misera cadere,
72.5e 'n sembiante apparir qual bianca rosa,
72.6poi che 'l raggio del sol la scalda e fere,
72.7che 'l leggiadro splendore ond'era adorna
72.8in pallido color languendo torna.
73.1Doppo alquanto vagar, poi ch'al suo loco
73.2il travïato spirto era tornato,
73.3le due languide luci alzate un poco
73.4nel volto affisa del cosorte amato:
73.5poscia in greve sospir ripien di foco
73.6dicea tutta tremante: “In quale stato
73.7sol mi rechi il timor de i danni nostri
73.8ben potete or veder con gli occhi vostri.
74.1Però prego piangendo, o signor mio,
74.2di mirar col pensier qual esso fora
74.3se mi ferisse il cor qualch'aspro e rio
74.4caso di voi, come n'avvien talora.
74.5Ma pria quel gran Motor, quel sommo Dio
74.6che per pedre comun ciascuno adora,
74.7del suo terrestre vel quest'alma spoglie
74.8che rivestirla, oimé, di simil doglie.
75.1Ma se m'amaste mai, come sovente
75.2ch'io mel credessi pur desio mostraste,
75.3e s'è di merto alcun l'amore ardente
75.4che 'nfiammi di Giunon le voglie caste:
75.5allor che 'n mezzo alla nemica gente
75.6in tra spade pungenti e rigide aste
75.7spronerete il corsier, vi risovvegna
75.8del mio pregare umìl, s'io ne son degna;
76.1e dite in voi medesmo: - Claudïana
76.2che 'n sì angosciose pene oggi lasciai,
76.3se per temenza immaginata e vana
76.4se le oscurar così del sole i rai,
76.5che faria, miserella, se lontana
76.6d'ogni conforto e tra infiniti guai
76.7si trovasse al più rio del corso umano
76.8senza la scorta aver di Segurano,
77.1che non è sposo sol, ma padre e frate
77.2e mille dolci nomi aggiunti insieme?
77.3L'orme omai calca all'ultime giornate
77.4l'onorato Clodasso, e morte il preme:
77.5de' suoi tanti german di salda etate
77.6solamente in Clodin chiude ogni speme;
77.7giovine incauto, e ben che d'alto core
77.8non forte a sostener sì gran furore.
78.1E chi sarà il suo scampo, poi che 'n seno
78.2fia de' Franchi e Britanni il nudo Avarco,
78.3che non la prenda allor l'empio Gaveno,
78.4da lei per mia cagion d'ingiurie carco,
78.5e sfoghi tutto in lei l'aspro veleno
78.6del qual mentre vivrà non fia mai scarco,
78.7e tra le serve sue mattino e sera
78.8oprando l'ago e 'l fil la tenga a schiera? -
79.1E 'l misero figliuol, ch'al terzo mese
79.2port'io, del nostro amor gradito pegno,
79.3cerchi a nascer lontan l'altrui paese
79.4per restar servo fra i nemici indegno,
79.5e dell'alte rovine in noi discese
79.6e delle lor vittorie eterno segno?
79.7E dir possa il più vil con fero ciglio:
79.8- Quei son di Seguran la sposa e 'l figlio? -
80.1Non sempre troverrà cortese affetto
80.2come già in Lancilotto in altri tempi,
80.3che al padre la rendeo, contro al disdetto
80.4di quei che la voleano avari ed empi:
80.5ma trovandola ancor, se 'l patrio tetto,
80.6se le pubbliche mura e i sacri tempi
80.7saran destrutti, e tutti ancisi i sui,
80.8ove la tornerebbe, e 'n man di cui?
81.1Deh, consorte onorato, aprite alquanto
81.2alla preghiera umìl l'orecchie e 'l core,
81.3e tempre in voi l'umor del nostro pianto
81.4qualche favilla al marzïale ardore:
81.5né vogliate spregiar del sacro e santo
81.6vate le voci pie scarche d'errore;
81.7perché veduto avem per prove antiche
81.8che le stelle al predir sempr'ebbe amiche.
82.1Riducete qui presso i guerrier vostri,
82.2ch'a quest'alma città guardin le mura
82.3ove d'Euro e d'Oron gli ondosi chiostri
82.4men la parte di lor rendon sicura,
82.5infin che 'l ciel con miglior segni mostri
82.6della vostra virtù tener più cura:
82.7ché non sempre ha lassù le voglie eguali,
82.8ch'or minaccioso or pio volge a i mortali.
83.1E 'n questo tempo tutte a i santi altari
83.2sacrifici porgendo, doni e preghi,
83.3con meste voci e con sospiri amari
83.4supplicherem che 'n voi la vista pieghi
83.5e le notti felici e i giorni chiari
83.6per le nostre vittorie amico spieghi;
83.7e doni a voi ghirlanda in questa riva
83.8di trïonfante lauro, a noi d'uliva.
84.1E se avrem le battaglie a noi vicine
84.2potrò il vostro valor vedere almeno,
84.3e contar meco l'anime meschine
84.4che del fero Pluton porrete in seno:
84.5pregando allor che le virtù divine
84.6al vostro troppo ardir reggano il freno,
84.7né l'ostinato cor vi porte in loco
84.8ch'ogni sforzo al tornar poi fusse poco;
85.1e non sempre udirò fra doglia e tema
85.2di messaggier fallace le parole
85.3che 'l ver come gli aggrada accresce e scema
85.4e sempre oltra il dever s'allegra e duole:
85.5e 'l mio misero cor ch'or arde or trema
85.6più sovente il peggior creder ne vuole.
85.7In questo loco almen gli occhi vedranno
85.8il lor proprio contento e 'l proprio danno.
86.1Poi tutti i nostri duci e cavalieri,
86.2che si vedran de' suoi le luci sopra,
86.3si mostreranno in arme assai più feri
86.4ch'ove l'altrui viltà s'asconda e copra:
86.5però che in uom che bassi aggia i pensieri
86.6la vergogna e 'l punir più d'altro adopra,
86.7e tal qui con Tristan si farà ardito
86.8che là del suo scudier saria fuggito”.
87.1Qui si tacque piangendo, e Segurano,
87.2nel cui feroce cor dolce pietade
87.3pur desto avea l'umil sembiante umano
87.4e le lagrime pie di tal beltade,
87.5risponde: “Il contrastare in tutto è vano
87.6ai voler di lassù, né truova strade
87.7secure il piè mortal che 'l meni dove
87.8non si stenda il poter del sommo Giove;
88.1sì che 'ndarno oprerem, se fia pur vero
88.2quanto n'ha ragionato Clitomede.
88.3Ma non vola tant'alto uman pensiero,
88.4né la vista dell'uom sì adentro vede:
88.5però ch'aggia mentito affermo, e spero
88.6di lui veder di tutto il danno erede
88.7che per voi lusingare a me predice,
88.8e me più ch'ancor mai con voi felice.
89.1Or, dolcissima sposa, a me più cara
89.2che le medesme luci e questa vita
89.3o s'altra cosa mai più amica e rara
89.4mi può in sorte venire, o più gradita,
89.5spogliate il cor di questa doglia amara
89.6ch'a temer troppo e lagrimar v'invita,
89.7e 'l rivestite omai di quella spene
89.8ch'allo spirto real di voi conviene:
90.1ché chi nata è di sangue così altero
90.2il pensier femminil da sé divida
90.3di quanto possa mai sotto al suo impero
90.4recar fortuna instabile ed infida,
90.5sì che l'animo resti invitto e 'ntero,
90.6difeso dal valor che 'n lui s'annida;
90.7e morte o servitù che da lei vegna
90.8non oscure il candor che in esso regna.
91.1E chi tutto al pensier si pone avanti
91.2ciò che puote avvenir nell'alte imprese,
91.3di sé il morir, de' suoi più cari i pianti
91.4e de' nemici poi le crude offese,
91.5degno non è tra' cavalieri erranti
91.6vestir di Marte l'onorato arnese,
91.7ma di riposo inerme e d'ozio vago
91.8tra le femmine usar la rocca e l'ago.
92.1Conviensi all'alto cor, da poi che scorga
92.2che non senza ragion segue una strada,
92.3per quantunque ella scenda o in alto sorga
92.4col cominciato passo innanzi vada;
92.5solo alfin destinato gli occhi porga,
92.6ché mal si può avanzar chi altrove bada:
92.7sia lontan d'ogni tema, e 'l meglio attenda;
92.8poi quanto ha 'l ciel disposto in grado prenda.
93.1Ben vi giur'io, carissima consorte,
93.2per le fiamme d'amor ch'io porto in core,
93.3che men grave mi fia l'istessa morte
93.4che il lassarvi lontana in tal dolore;
93.5e che per non recarvi a peggior sorte,
93.6pur ch'io non squarci il marzïale onore,
93.7guarderò dalle insidie questa vita
93.8ch'io prezzo sol perch'è da voi gradita.
94.1Ma di qui rimenar le genti indietro
94.2impossibil saria, senz'onta avere:
94.3ché più frali assai son che ghiaccio o vetro
94.4per chi cerchi cangiar le assise schiere,
94.5che ingombrate talor da incerto e tetro
94.6timor, non le può a fren poi ritenere
94.7duce né cavaliero, e meno ancora
94.8se 'l passo ritirar convegna allora.
95.1Ma bastivi che 'l loco ove noi semo
95.2non men che 'ntorno a qui ne dia vantaggio:
95.3e se 'l ciel non ne sia nemico estremo,
95.4dello avversario uman tema non aggio.
95.5Vivete lieta pur, che poi ch'avremo
95.6vendicato di noi l'antico oltraggio,
95.7fia dolce il rimembrar del tempo rio;
95.8e se 'l contrario avvien, sia posto in Dio”.
96.1Rivolto appresso alla famosa Albina,
96.2l'alma suocera sua, così dicea:
96.3“Ovunque intenda la virtù divina
96.4di condurmi a fortuna o dolce o rea,
96.5madre onorata, con la mente inchina
96.6vi prego umìl che la mia sposa e dea
96.7che di voi nacque, in tanta cura aggiate
96.8che non sia cruda in sé la sua pietate”.
97.1Qui si tace e l'abbraccia, e l'asta presa,
97.2che 'n terra al suo venire avea confitta,
97.3rivolge il passo alla lassata impresa
97.4ove ancor l'attendea la schiera invitta.
97.5Della vecchia infelice, che compresa
97.6dal primiero languir rimane afflitta,
97.7al soverchio ch'avea, s'aggiugne il duolo
97.8quando vede il partir del suo figliuolo,
98.1Il partir di Clodin, che già seguia
98.2del caro Seguran gli alteri passi:
98.3il qual rappella sconsolata e pia,
98.4dicendo: “Or fate almen che gli occhi lassi
98.5possan di voi saziarsi alquanto, pria
98.6che ritorniate ove crudele stassi,
98.7di voi, di tutti noi bramando morte,
98.8il fero inessorabile Boorte.
99.1Né poss'io ben saper, che 'n Dio sol giace,
99.2lassa, s'io debba mai rivederv'anco,
99.3o s'ancor aggia meco tregua o pace
99.4il ciel, ch'a i danni miei non veggio stanco:
99.5che 'n dodici figliuoi breve e fallace
99.6piacer mi diè, poi che venuta è manco
99.7già la parte maggior di tutti, ed io
99.8in vita resto ancor per danno mio.
100.1Fu nel passare il mar da Lancilotto,
100.2che in tormento di me nel mondo è nato,
100.3in un punto medesmo a fin condotto
100.4Ercole il forte e 'l caro mio Dentato.
100.5Poscia, allor che Grifon fugato e rotto
100.6fu presso all'Era al suo sinistro lato,
100.7lassò il verde terren di rosso tinto
100.8per l'istessa sua man Decimo e Quinto;
101.1ch'or volge il Sesto sole allor ch'avea
101.2di nuovo aurato pel fiorito il volto
101.3l'uno e l'altro di lor, sì che parea
101.4nel più cortese april germe ben colto.
101.5L'altr'anno appresso per fortuna rea
101.6il mio dolce Settimio mi fu tolto
101.7dall'arme di Baven crudele e fera
101.8sopra il lito fatal dell'empia Cera.
102.1Nonio non molto poi da Lïonello,
102.2del maladetto seme anch'ei di Gave,
102.3pur qui vicino al suo paterno ostello
102.4restò impiagato da percossa grave
102.5nell'osso della fronte ch'al cervello
102.6fa di sopra e di fuor coperchio e chiave:
102.7e senza il gran valor di Palamede
102.8gli dimorava in man tra l'altre prede.
103.1Ma difeso da lui, di polve e sangue
103.2le giovinette chiome e 'l volto pieno,
103.3mi fu portato, oimè, pallido essangue,
103.4ch'omai poco di spirto aveva in seno.
103.5Poi, qual vermiglio fior che colto langue,
103.6fra queste braccia misere vien meno,
103.7e mi tenn'io crudel, che 'n quella vista
103.8non andai innanzi a lui dogliosa e trista.
104.1Ma son rimasa ancor, per quel ch'io temo
104.2e già vidi per prova, a peggior sorte,
104.3però che acerbo allor di vita scemo
104.4il poverello Albin fece Boorte:
104.5ché, perch'ei fu di tutti il parto estremo,
104.6troppo il cielo accusai della sua morte,
104.7e perch'oltre al voler del pio marito
104.8del medesmo mio latte era nutrito.
105.1Così l'unica figlia Claudïana
105.2e cinque altri di voi mi restan soli,
105.3che mi parea d'ogn'altra esser sovrana
105.4in numero e beltà di tai figliuoli.
105.5E ch'io sia di timor venuta insana
105.6che 'l mio fero destin voi non m'involi,
105.7mi riprenda colei che se ne truova
105.8sette volte, com'io, già stata in pruova.
106.1Io non veggio arrivar mai messaggiero
106.2inviato dal campo in questa parte
106.3ch'io non senta agghiacciar l'alma e 'l pensiero
106.4e 'l core sbigottirse, e batter parte:
106.5ché mi par sempre udir che 'l destin fero,
106.6congiurato al mio mal con l'empio Marte,
106.7per aggiungermi ogn'or tormenti a doglie
106.8voi, che primier portai, del mondo spoglie.
107.1Però, dolce figliuol, per gli ultim'anni
107.2ch'a squarciare il mio vel son presti omai,
107.3per quelli antichi già sofferti affanni
107.4che del peso di voi gravosa andai:
107.5il simulato oprar, gli ascosi inganni
107.6che i Britannici e i Franchi a i nostri guai
107.7tesson la notte e 'l dì saggio schivate,
107.8né vi dia troppo ardir la verde etate”.
108.1Con tai parole alfin gli occhi e la fronte
108.2d'amarissime lagrime gli inonda,
108.3come suol sotto speco ombrosa fonte
108.4che larga stille dall'erbosa sponda.
108.5L'affannato Clodin con le più pronte
108.6parole ch'al dolor la lingua infonda
108.7dice: “Omai son finite, o dolce madre,
108.8l'ore de i vostri ben rapaci e ladre.
109.1Sperate pur, che doppo oscura pioggia
109.2si suol vago e seren vedere il cielo,
109.3che non serva ad ognor l'usata foggia
109.4come non sempre è caldo o sempre è gielo.
109.5Ora il nome d'Avarco illustre poggia
109.6cui gran tempo oscurò gravoso velo,
109.7e chi vive de i vostri in gloria, e 'n pace
109.8vedrete e 'n sommo onor chi morto giace.
110.1E vi prometto poi, per quello amore
110.2che 'n verso madre tal conviene a figlio,
110.3che i veraci ricordi in mezzo il core
110.4mi staran sempre, e 'l vostro pio consiglio”.
110.5Qui baciando la man con dritto onore
110.6e mostrando ver lei pietoso il ciglio,
110.7altresì poscia alla sorella pia,
110.8dietro al suo Seguran ratto s'invia.
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