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CANTO II

Avarchide

PoeTree.it

1.1Mentr'ogni altro mortal di cure sciolto
1.2dava riposo all'affannate membra,
1.3di gravosi pensieri Arturo avvolto
1.4il sonno ha in bando, e d'avampar gli sembra:
1.5nell'alma ha fisse le parole e 'l volto
1.6di Lancilotto irato e si rimembra
1.7di quanto è stato; e 'l punge ancor l'immago
1.8del fido Galealto e del re Lago.
2.1L'ira lo spinge e sprona, tema il frena
2.2di non portare a' suoi danno e disnore,
2.3che non vorria però sentir la pena
2.4in altrui gir del suo commesso errore.
2.5Ha la mente real di dubbio piena:
2.6qui combatte il profitto e qui l'onore;
2.7vince al fin la virtude, e vuol ch'ei vada
2.8per più lodata e più dannosa strada.
3.1Dicegli ch'un tal re mostrar si deve
3.2più sempre ardito nell'avversa sorte,
3.3che nulla impresa è perigliosa o greve
3.4all'alto valoroso animo forte;
3.5e se 'l prendere Avarco fia men leve
3.6non avend'ei di Lancilotto scorte,
3.7che molto ancor maggior fia la vittoria
3.8senza quel che ricopre ogni sua gloria.
4.1Così fermo nel cor, pria che l'Aurora
4.2spiegati i biondi crini annunzie il giorno,
4.3sopra del letto suo sedendo ancora
4.4le sete e gli ostri si ravvolge intorno;
4.5poi l'uno e l'altro piè traendo fuora
4.6di panno porporino il face adorno,
4.7e 'n basso armato di ben culta pelle,
4.8gli spron s'adatta dell'aurate stelle.
5.1La real chioma sua ricuopre poi,
5.2onde possa sprezzar la pioggia e 'l sole;
5.3cinge indi la spada, che de' suoi
5.4fu lunga possession di prole in prole;
5.5veste il bel manto ch'a quegli altri eroi
5.6mostra che sovra lor s'onora e cole;
5.7prende lo scettro al fin, che in alto pende,
5.8e quale ardente sol di gemme splende.
6.1Monta sopra il caval, non un di quelli
6.2ch'usava in guerra e 'n perigliose pruove
6.3ma picciolo, e che insieme i piedi snelli
6.4d'un lato istesso dolcemente muove;
6.5vieta ch'alcuno il segua o gli altri appelli,
6.6ma tutto sol, mostrando gire altrove,
6.7al padiglion che poco lunge avia
6.8il vecchio re dell'Orcadi s'invia.
7.1Truoval che del suo letto uscito a pena
7.2tutte le vesti intorno anco non ave;
7.3tal che, di meraviglia l'alma piena,
7.4gli dice: “O sommo re, qual caso grave
7.5davanti al giorno e così sol vi mena
7.6verso colui cui nulla è più soave
7.7che l'obbedirvi? E perché non più tosto
7.8fu di farmi chiamar da voi disposto?”
8.1Risponde Arturo: “Io vi volea soletto,
8.2innanzi a l'apparir de' duci nostri,
8.3aprir nuovo pensier ch'io porto in petto,
8.4in cui publico ben par si dimostri:
8.5ché non trovando mai d'amor difetto
8.6né d'alta fede ne' ricordi vostri,
8.7ragione è ben che ciascun mio consiglio
8.8scuopra a voi prima, come a padre il figlio:
9.1sappiate adunque che l'andata notte,
9.2che sola in gravi cure consumai
9.3conoscendo le cose a tal condotte
9.4che se ne può temer vergogna e guai,
9.5poi che l'aperte strade n'ha interrotte
9.6chi 'l devea meno, e di cui men pensai,
9.7disposi in me, col pio voler di Dio,
9.8di non ceder, temendo, al tempo rio;
10.1ma qual fiero nocchier con vela e remo
10.2al contrario soffiar volger la prora:
10.3e s'avvegna che può, ch'io nulla temo
10.4che 'l porto amato non si trove ancora;
10.5che se in vera concordia oggi vorremmo
10.6spiegar l'alta virtù che in noi dimora,
10.7so ben ch'Avarco non terrà sicuro
10.8ferro o fuoco ch'egli abbia o fosso o muro.
11.1Ma perché in dubbio son ch'una gran parte
11.2dell'esercito nostro no 'l consenta,
11.3ché chi invidiando si starà in disparte
11.4chi perch'a Lancilotto ha la'lma intenta:
11.5questi è suo amico, e quegli il tiene un Marte
11.6e senza lui veder tutto paventa:
11.7ma spero in voi ché se 'l vorrete usare,
11.8il vostro dolce dir può il tutto oprare;
12.1s'ha voi dunque paresse, io loderei
12.2di chiamar tosto il publico consiglio,
12.3al quale apertamente conterei
12.4l'onor di tutti in quanto sia periglio,
12.5e come oggi sarem di viltà rei
12.6e del primo valor posti in esiglio
12.7s'alcuna pruova non mostriam di noi;
12.8voi seguirete ragionando poi”.
13.1Dolce e ridente il valoroso vecchio
13.2risponde: “Or vegg'io ben l'alta virtude
13.3di Pandragon come in un chiaro specchio,
13.4che col senno reale in voi si chiude.
13.5All'obbedir più pronto m'apparecchio
13.6ch'a ricercare omai martello o incude
13.7per fabbricar consigli entro al mio seno,
13.8de' quali ottimi e certi sète pieno”.
14.1Così fermo in tra lor, fu comandato
14.2che la tromba reale immantenente
14.3al publico consiglio in ogni lato
14.4chiamasse i maggior duci e l'altra gente.
14.5Tosto che tutto il popol fu adunato
14.6sovr'alto trono aurato degnamente
14.7posto il re prima, a gli altri illustri foro
14.8dati dovuti seggi a i merti loro.
15.1Allora in chiaro e placido sembiante
15.2riguardandogli intorno, il sacro Arturo
15.3così dicea: “Colui ch'ha sempre avante
15.4il presente, il preterito e 'l futuro,
15.5che 'ntende il tutto, e con le luci sante
15.6aperto scerne quel ch'a gli altri è scuro,
15.7spesso conduce l'uom per via di pene
15.8al proprio desïato e sommo bene;
16.1ed opra che i mortali spesso fanno
16.2cose che colme a noi sembran d'errore
16.3che al fin veggiamo, onde s'attende il danno,
16.4il nostro util venire e 'l nostro onore.
16.5Alle prime virtù che in alto stanno
16.6non arriva pensier d'uman valore,
16.7e perché il lor voler più ascoso vada
16.8non tengon sempre la madesma strada.
17.1Io non posso negar ch'io devea forse
17.2a più gran sofferenza ieri armarme:
17.3ma l'altrui fero orgoglio tanto scorse
17.4ch'io più non volli e non potei frenarme,
17.5ch'assai giusta cagione a dir mi porse
17.6ch'io non temea restar senza quell'arme
17.7ch'ei troppo apprezza tra voi tali e tanti
17.8re, duci, conti e cavalieri erranti.
18.1Certo che d'un sì ardito cavaliero,
18.2con gli altri poi ch'a lui d'intorno sono,
18.3in sì stretto bisogno, a dirne il vero,
18.4troppo saria il soccorso utile e buono:
18.5ma senza quello ancor sicuro spero,
18.6prima per somma grazia e proprio dono
18.7di chi fa il tutto, e poi per l'opre vostre,
18.8che la vittoria fia ne le man nostre.
19.1E ben dir si porria che quella speme
19.2ch'avea ciascun di noi nel suo valore
19.3ne facea incauti e men concordi insieme,
19.4che 'l soverchio sperar padre è d'errore;
19.5ma s'alquanto timor gli animi preme,
19.6vien più sano il consiglio e saldo il core
19.7tal che noi non avem, chi dritto stima,
19.8più dubbioso il trionfo oggi che prima;
20.1e tanto più che forse ora i nemici,
20.2che gli sdegni de' nostri avranno uditi,
20.3pensando i cieli a' lor disegni amici
20.4molto più del dever saranno arditi:
20.5e 'n brevissimo tempo sé infelici
20.6e noi vedranno di lassù graditi,
20.7pur che noi disponiam con gran ragione
20.8di bene usar la dritta occasïone.
21.1Loderei dunque molto che 'n quest'ora,
21.2quando si crede meno, ordin si desse
21.3di trarre il nostro esercito di fuora,
21.4che con diversi assalti ricingesse
21.5la città intorno, e dimostrar ch'ancora
21.6avem quei cori e quelle mani istesse,
21.7quel medesmo valore e quella gente
21.8ch'han provato oltra il mare e qui sovente.
22.1E quando anco, signor, paresse a voi
22.2che ciò fosse a tentar troppo periglio,
22.3ma senza quello irato e gli altri suoi
22.4in pace dimorar, miglior consiglio;
22.5col proprio amor, come se fusse a noi
22.6padre ciascun di voi, fratello o figlio,
22.7prenderò tutto in grado, e 'n questo giorno
22.8presto son nel mio regno a far ritorno:
23.1che comune è di voi, non di me solo,
23.2quel che ne dee seguir, disnore o gloria.
23.3Bastami non sentir ne l'alma duolo
23.4d'avervi ascosa o tolta la vittoria,
23.5o che la colpa mia chiudesse il volo
23.6all'eterna di voi chiara memoria;
23.7né d'altro calme: il resto pongo in Dio
23.8e 'n voi moderator del voler mio”.
24.1Qui si tacque, e 'l re Lago il dir riprese:
24.2“Famoso re, poi ch'all'antica etate
24.3ogni legge, ogni gente, ogni paese
24.4concedon la suprema degnitate,
24.5rispondo il primo, e dico che l'imprese
24.6con sì chiaro valor gipiù cominciate
24.7e lungo tempo andate e al fin ristrette
24.8non si devon lasciar se non perfette;
25.1e 'l vostro alto e magnanimo disegno
25.2affermo, e che la terra omai s'assaglia:
25.3che pur troppo per noi sarebbe indegno
25.4dar vilissimo indugio alla battaglia;
25.5e non veggia Clodasso ch'un tal regno
25.6che noi pensiam che sovr'ogni altro saglia
25.7sia, per avere un solo o due perduto,
25.8all'estrema ruina oggi venuto.
26.1Gran danno veramente è stato, e grave,
26.2di Galealto, e più di Lancilotto,
26.3ch'al gran bisogno abbandonati n'ave
26.4e 'l più saldo pensier nel mezzo rotto:
26.5ma per questo so ben ch'alcun non pave
26.6che per servire a voi sia qui condotto,
26.7di far fé d'ora e sempre a quelle mura
26.8come contr'a virtù nïente dura.
27.1Noi non venimmo in questo lito strano,
27.2di così nobil re seguendo i passi,
27.3per far chiaro con l'opre che sia vano
27.4di noi l'alto romòr ch'al mondo fassi,
27.5mai più tosto a mostrar presso e lontano
27.6che 'l valor nostro il grido superassi;
27.7e ne vedrete ancor la pruova intera
27.8pria che questo mattin si volga in sera.
28.1So che ciascun, com'io, si lagna e duole
28.2della tema che in noi pensate sia,
28.3come importar quell'ultime parole
28.4che del tornare indietro apron la via;
28.5ma prima fermo, oscuro e freddo il sole,
28.6la terra in alto e 'l foco in basso fia
28.7che veggiate mancar la voglia in noi,
28.8mentre in vita sarem, d'obbedir voi.
29.1E s'io giunto al confin che cangia e fura
29.2il volere e 'l poter così prometto:
29.3che faran quei che nell'età più dura
29.4han le membra robuste e fermo il petto?
29.5Vi pregheran che sol prendiate cura
29.6di pur tosto inviargli ove s'è detto;
29.7e vi prometteranno in qual sia sorte,
29.8che voi gli loderete o in vita o in morte”.
30.1Così detto s'assise. Allor Gaveno
30.2comincia: “Indarno fia tutti altri udire
30.3dopo un tal re che largamente è pieno
30.4di senno, di valor, d'arte e d'ardire;
30.5e certo son che tutti aviamo in seno
30.6il medesmo ch'ei dice alto desire,
30.7chiaro mio re, di far quanto a voi piace
30.8né senza darvi Avarco, essere in pace.
31.1Né crediate ch'alcuno aggia temenza
31.2perch'un sol cavaliero stia da parte:
31.3anzi più speme è in noi di poter senza
31.4lui veder quelle mura a terra sparte,
31.5ch'ancor ch'ei mostre fuore alta eccellenza
31.6non è però nel fine Ercole o Marte;
31.7ma sì orgoglioso è ben, che spesso tale
31.8disprezza e biasma che più d'esso vale.
32.1Riguardate ogni duce e capitano,
32.2ogni famoso re ch'avete intorno,
32.3che più d'un troverrete a lui sovrano,
32.4ma d'altra cortesia l'animo adorno;
32.5poscia ove si ritruovi il buon Tristano
32.6ch'all'antico valore ha fatto scorno,
32.7con sì fiorito stuol ch'egli ha condotto,
32.8si dee cura tener di Lancilotto?
33.1Muovansi pur le vostre altere insegne,
33.2e conosca il nemico ch'ancor vive
33.3quella virtù che tutte l'altre spegne
33.4come ogni lume il sole, ove egli arrive;
33.5e vedransi illustrissime opre e degne
33.6più che di quante mai si narra o scrive,
33.7che fien donate al vostro nome solo,
33.8non al superbo del re Ban figliuolo”.
34.1Come tacque Gaven, subito sorge
34.2il buon Tristano e dice: “Invitto Arturo,
34.3il parlar di costui cagion mi porge
34.4di ragionarvi anch'io piano e sicuro
34.5di quanto il mio veder sì frale scorge
34.6nello stato presente e nel futuro,
34.7con quella fé, con quello integro core
34.8che debbe un cavalier che cerchi onore.
35.1Quant'ha del buon voler di tutti noi
35.2raccontato Gaveno è fermo e vero,
35.3che mille vite e mille oggi per voi
35.4spender siam pronti sotto il vostro impero;
35.5quel che ne seguirà, si resta poi
35.6palese ad altri ch'all'uman pensiero,
35.7che non può veder egli, e non poss'io,
35.8ciò che n'abbia disposto in cielo Dio.
36.1Deve il saggio di sé prometter l'opra,
36.2ma non l'effetto mai, che 'n lui non giace;
36.3duolmi poi che Gaveno oscuri e cuopra
36.4delle somme virtù la chiara face,
36.5quello oppressando ch'ad ogni altro è sopra,
36.6e sia detto con nostra e con sua pace:
36.7che Lancilotto è tal, ch'io posso dire
36.8non aver di valor pare o d'ardire.
37.1S'ei fosse stato in pruova alla battaglia
37.2d'ogni sorte con lui, com'io più volte
37.3con più dritta ragion, di quanto vaglia
37.4potria credenza aver da chi l'ascolte;
37.5quanto ferro schiantare e snodar maglia
37.6gli ho poi veduto intra le schiere folte?
37.7Come pronto a scovrir dov'è 'l vantaggio
37.8e come al comandare accorto e saggio?
38.1Questo dich'io perché non sia celato
38.2il ver, come a i signor sovente avviene:
38.3e perché si può dir grave il peccato
38.4d'un cavalier quando silenzio tiene
38.5ove con sì gran torto sia biasmato
38.6quegli a cui lode eterna si conviene;
38.7non per dire al mio re novella cosa
38.8né ch'a sì gran bontà venisse odiosa.
39.1Ma se pur piace al Ciel di tale aita,
39.2al più grave bisogno, oggi privarve,
39.3non sia per questo in noi manca e fallita
39.4quella virtù che 'n tanti luoghi apparve.
39.5Forse che l'ampia strada v'ha impedita,
39.6com'altri ha detto per più gloria darve:
39.7e pur fia realissimo consiglio
39.8lo sprezzar per onore ogni periglio.
40.1E quanto a me, non venni a tale impresa
40.2con speranza d'altrui che di me stesso,
40.3avvegna sì ch'assai mi duole e pesa
40.4di non vedermi Lancilotto presso.
40.5Movete omai, che nostra voglia intesa
40.6è tutta al fare il voler vostro istesso:
40.7già scolorata ha il sol la bianca aurora,
40.8e mentre noi parliam si fugge l'ora”.
41.1Lieto più che mai fosse, il re Britanno
41.2diceva: “E questi sono i cavalieri
41.3che con l'opere illustri onor si fanno,
41.4non col mostrar orgoglio e gire alteri.
41.5Qual faremmo a' nemici scorno e danno
41.6se due soli oltr'a voi cotai guerrieri
41.7nell'oste avessi! E con voi tutto solo
41.8spero loro anco dar perpetuo dòlo”.
42.1Poi chiamato in disparte Maligante
42.2di Bandegan figliuolo, il re di Gorre,
42.3comandò ch'alla plebe intorno stante
42.4devesse il tutto in alta voce esporre;
42.5ed ei, passando molto spazio avante,
42.6giunto al mezzo di lei silenzio imporre
42.7fé da' reali araldi, acciò ch'udisse
42.8ciascuno il suo parlare, e così disse:
43.1“Poi che noi trapassammo il nostro mare,
43.2onorati fratelli e dolci amici,
43.3seguendo il sovran re, per vendicare
43.4i ricevuti oltraggi da i nemici,
43.5già sei volte vedemmo il sol lustrare
43.6del suo ciel le medesime pendici,
43.7e sette volte poi la sua sorella
43.8tornar congiunta alla medesma stella:
44.1tal che poco a ciascun fia meraviglia
44.2quando saprà di noi l'alto desio
44.3di riveder la dolce pia famiglia
44.4e far ritorno al suo terren natìo;
44.5che se la pace della guerra è figlia
44.6e 'l dì chiaro ha 'l natal dal tempo rio,
44.7ben par che 'l giorno omai soverchio attenda
44.8a far che l'una e l'altro il parto renda.
45.1Ma se noi guarderemo a quanto è stato
45.2fatto infin qui da noi con somma lode,
45.3le cittadi e 'l paese guadagnato
45.4e l'altrui vendicate ingiurie e frode;
45.5non ci devria parer che indarno andato
45.6sia 'l dì veloce che le vite rode:
45.7anzi a Dio ringraziar tenuti semo
45.8de i molti affanni e del sudore estremo,
46.1che n'ha fatti illustrissimi e immortali
46.2sopra quanti son oggi e che mai furo;
46.3pur che noi stessi a sì gran volo l'ali
46.4non cerchiamo impedir di visco impuro,
46.5perché il fin de le imprese a noi mortali
46.6rende tutto il passato o chiaro o scuro,
46.7e la gloria acquistata in danno e scorno,
46.8senza ben seguitar, faria ritorno;
47.1e s'al mezzo cammin dell'opre altere
47.2non cercassimo a lui termine degno,
47.3il penar di molti anni in poche sere
47.4s'avria posto l'oblio sotto il suo regno.
47.5Convien ch'or più che mai cresca il volere
47.6di pervenire al destinato segno
47.7d'espugnar la città di tanto nome,
47.8e carchi andar di prezïose some.
48.1Né malagevol fia, se 'l core istesso,
48.2quale avemmo infin qui, ne resta in petto:
48.3ché questo è 'l chiaro dì che n'ha concesso
48.4il nostro re per sì onorato effetto,
48.5ed oggi adempierem quel c'ha promesso
48.6più d'un profeta e più d'un vate ha detto,
48.7allor che del futuro volse il Cielo
48.8alla vittoria e 'l tempo aprirne il velo.
49.1Non vi sovvien ch'alla isola di Vette,
49.2là 've più sguarda la famosa Antona,
49.3ch'eran le nostre navi in un ristrette
49.4l'aura attendendo che dall'Orse suona,
49.5ch'Arturo il grande e le sue genti elette
49.6e poi di grado in grado ogni persona
49.7al sacrificio avean le luci intente
49.8che 'n su 'l lito si fea divotamente?
50.1Che in un momento d'alto ivi apparire
50.2veggiam volando il fero uccel di Giove,
50.3e di colombe timide assalire
50.4schiera che fugge e non sa, lassa, dove?
50.5E mentre ha di predar maggior desire
50.6in questa e 'n quella il crudo artiglio muove;
50.7sei ne percuote indarno ad una ad una,
50.8né per pasto di lui ne resta alcuna;
51.1che tutte sopra noi caddero a terra,
51.2altre nel collo altre nell'ali offese.
51.3Doppo la sesta, irato il vol riserra
51.4dietr'una al fin, che la raggiunse e prese:
51.5e sì tenacemente in piè l'afferra
51.6che non più come l'altre in basso scese,
51.7poi con la preda sua tant'alto sale
51.8che no 'l poteo seguir vista mortale.
52.1Taurino allor, che di Merlino è figlio
52.2e de' celesti auguri ha l'arte vera,
52.3tutto informato dal divin consiglio
52.4disse: - Il Motore eterno d'ogni spera,
52.5Colui che quanto vuole opra col ciglio
52.6e fa pioggia e seren, mattino e sera,
52.7ne promette all'impresa alta vittoria,
52.8e che sovra 'l mortal n'andrà la gloria.
53.1Ma qual percosse qui l'aquila invano
53.2le sei colombe, né tenute l'ave;
53.3nella settima poi l'adonca mano
53.4vincitrice sen gìo di preda grave;
53.5tale il sest'anno in quel paese strano
53.6vedrem, che indarno di dolor n'aggrave:
53.7ma nel settimo poi dorata salma
53.8avrem di Lauro e di famosa Palma -.
54.1Or non volete adunque, anime chiare,
54.2dell'annunzio del Ciel vedere il fine,
54.3che cinque volte ancor veggiam tornare
54.4Cintia, ch'or fugga il sole or s'avvicine?
54.5Grande error certo fora il dispregiare
54.6per breve spazio le virtù divine,
54.7e tanto più che in sé congiunto tiene
54.8il devere e l'onore e 'l nostro bene.
55.1E perch'io so come a gran torto adopra
55.2chi di sprone il destrier corrente stringa,
55.3non vi voglio altro dir, se non ch'all'opra
55.4con magnanimo core ogn'uom s'accinga:
55.5ciascun dell'arme lucide si cuopra
55.6e col ferro il valore intorno cinga,
55.7con sicuro sperar di dentro Avarco
55.8dormir, di preda e di vittoria carco.
56.1Ma innanzi fconvenevole ristoro
56.2all'affanato corpo dia ciascuno,
56.3perché frale è la forza di coloro
56.4che soverchia soffrir sete o digiuno;
56.5poi per discerner meglio il valor loro
56.6ogni gente, ogni duce ad uno ad uno
56.7comanda il re ch'a lui davanti vegna,
56.8con l'ordine richiesto e con la insegna”.
57.1Così diss'egli, e 'l popol lieto intorno
57.2fece il ciel risonar con chiaro grido,
57.3quale il vento che vien dal mezzo giorno
57.4spingendo il mare al più sassoso lido,
57.5ove il monte più rotto innalzi il corno
57.6preparando a gli uccei sicuro il nido;
57.7poi l'un l'altro invitando in alta voce
57.8muovon verso l'albergo il piè veloce.
58.1Chi porge ivi nuov'esca al suo corsiero,
58.2chi la sella gli pon, chi addrizza il freno,
58.3chi riguarda il suo scudo, chi al cimiero
58.4le piume adatta che venian già meno.
58.5Quel si ricuopre d'arme ardente e fero,
58.6quell'altro chiude i suoi pensieri in seno:
58.7questi ha vergogna di voltarsi al Cielo,
58.8questi altri il prega con divoto zelo.
59.1Tra i privati guerrier, già intorno al foco
59.2chi legne apporta e chi vivande appresta,
59.3chi sgombra sassi s fa spazioso il loco
59.4ove la mensa poi si truovi presta:
59.5ché ciascun la fatica prende in gioco
59.6mentre la fame vincitrice resta;
59.7la qual poi superata, ogn'uom riprende
59.8o l'asta o l'arco che vicin gli pende.
60.1Ma il magnanimo Arturo d'altra parte,
60.2sott'ampio padiglion che intorno ornato
60.3di seta e d'ostro con mirabil arte
60.4ha riccamente ogni sostegno aurato,
60.5dal suo divo German, quel che le carte
60.6celesti ha tutte intere rivoltato,
60.7e di Gallia passato a Pandragone
60.8difese ivi di Dio la pia ragione;
61.1né sol l'alta dottrina e 'l santo essempio
61.2mostrò contra i nemici allor del vero,
61.3ma con l'arme compagno al duro scempio
61.4degli angli fu con l'onorato Utero:
61.5il qual mancato poi, del sommo tempio
61.6sotto d'Arturo ancor tenea l'impero;
61.7da costui dunque allor divoto e pio
61.8fu il suo richiesto onor renduto a Dio;
62.1doppo il qual, con le luci al Ciel rivolte,
62.2in atto e 'n voce umil così dicea:
62.3“Alto Signor che le nostr'alme hai tolte
62.4col morir del tuo Figlio a morte rea,
62.5fa ch'avanti che in notte il dì si volte
62.6l'orgoglio abbassi che soverchio avea
62.7contr'a te, contr'a noi l'empio Clodasso,
62.8che di crudele oprar non fu mai lasso”.
63.1Così detto partisse, e gli altri ancora
63.2vanno a prender ristoro, e l'arme appresso;
63.3ma per voler del re con lui dimora
63.4il re Lago, ch'amò qual padre istesso,
63.5il buon Tristan, che sovr'ogni altro onore,
63.6il saggio Maligante e i giunti ad esso
63.7Boorte e Lïonel, poi non chiamato
63.8restò Gaven, che sempre gli era a lato.
64.1Fatti assedere all'onorata mensa,
64.2di prezïosi cibi intorno piena,
64.3or a questo or a quel dona e dispensa
64.4il re con fronte placida e serena,
64.5in quel modo migliore in cui si pensa
64.6che scorger possa alcun di loro a pena
64.7che sia più in grado alla reale altezza,
64.8ma che di sorte egual ciascuno apprezza.
65.1Quando al fin fu di vino e di vivande
65.2il desio convenevole adempito,
65.3disse il re Lago: “Poi che 'l sole spande
65.4già caldi i raggi, in alta parte gito,
65.5e dell'estivo dì, ch'oggi è 'l più grande,
65.6il quarto del cammin quasi ha fornito,
65.7non tardiam più di dar principio all'opra
65.8e seguire il voler di Chi sta sopra”.
66.1No 'l disse in van, ch'Arturo immantenente
66.2comandar fa che le sonore trombe
66.3empiano il ciel di grido alteramente,
66.4onde il fiume e la valle ne rimbombe;
66.5al cui roco romor l'armata gente
66.6lascia gli alberghi, a guisa di colombe
66.7ch'escan fuor nell'aurora ad ali stese
66.8de' seminati campi a i danni intese:
67.1e qual poi di lontan la fiamma appare
67.2ch'a' boschi depredar le chiome suole,
67.3tal delle lucid'armi il lampeggiare
67.4si vede tremolar che muove il sole;
67.5né tante le stagion più belle e care
67.6han frondi, erbette, fior, rose e vïole
67.7né tante ha stelle in ciel, quanta si vede
67.8gente sopra i destrieri e gente a piede.
68.1E come il buon pastor che le sue gregge
68.2sopra gli erbosi colli a pascer mena,
68.3che con la verga in man muove e corregge
68.4mentre che quella spinge e quella affrena;
68.5così la schiera sua governa e regge,
68.6talor loda porgendo e talor pena,
68.7ogni onorato duce, e guarda intorno
68.8come l'ordin miglior più venga adorno.
69.1Poi più di tutti Arturo, il re sovrano,
69.2pien di divino onore andar si vede,
69.3il cui sembiante alteramente umano
69.4di Giove al sacro aspetto ivi non cede:
69.5nell'altre membra a Marte prossimano
69.6e nel petto a Nettuno esser si crede,
69.7e qual l'invitto tauro a i bassi armenti,
69.8tal quel dì si mostrava all'altre genti.
70.1Or voi figlie chiarissime di Giove,
70.2sacrate Muse cui nïente è scuro,
70.3cantate a me, perch'io gli canti altrove,
70.4i duci e i re che seguitaro Arturo:
70.5ch'a narrar l'altro stuol che seco muove
70.6voce aver converria di ferro duro,
70.7con mille lingue e mille bocche poi;
70.8ond'io dirò quei soli, e gli altri voi.
71.1Del paese Nortumbrio, ove a Boote
71.2spande il Tueda le sue frigid'onde
71.3e 'l tien diviso dalle terre Scote,
71.4là dove il Chevïota il dì gli asconde,
71.5non lontan dalla Tina, che percuote
71.6dall'Austro il fianco con l'erbose sponde,
71.7voller le genti aver per duce loro
71.8solo il re valoroso Pelinoro.
72.1Sei chiare insegne avea spiegate al vento,
72.2ove sotto ogni due mille contaro
72.3guerrier pedestri, e ciascun mille cento
72.4cavalier d'esso e d'altri seguitaro;
72.5poi Gargantin, ch'avea tanto ardimento
72.6che 'l teneva al suo re pregiato e caro,
72.7quei di Dunelmia e Ricciamondia mena,
72.8ove la Tesa e 'l Vere empie l'arena.
73.1Seco eran di Darlingia e d'Alertone
73.2e dell'altre cittadi e ville intorno
73.3per sangue e per virtù quelle persone
73.4ch'avean più il nome di chiarezza adorno:
73.5sopra cui sole quattro insegne pone,
73.6ch'a molte più di lor fariano scorno.
73.7Appresso era Abondano il fortunato,
73.8che i guerrier d'Eborace avea da lato,
74.1ove l'Usa e 'l Sual mischiano insieme
74.2le placid'acque, ove si gode in seno
74.3la ricca e bella Udona, che non teme
74.4che 'l nutrimento suo le venga meno;
74.5ov'Ulla e Beverlai l'un l'altro preme
74.6per vicinanza in quel medesmo seno,
74.7e dove Patrinton quel loco ingombra
74.8ove l'acque insalar si vede all'Ombra.
75.1Quattro anch'ei sopra lor portava insegne,
75.2non men che l'altre di valore ornate.
75.3Altrettante ne innalza, né più indegne,
75.4agraven seco, di Gaveno il frate,
75.5sotto cui va la gente ch'oggi spegne
75.6la sete di Dona alle sue gregge amate,
75.7dico Assolme e Lincolnia, e dove il Trenta
75.8d'irrigar pure Ancastro s'argomenta.
76.1Lucano, il brutto ardito, aveva quelli,
76.2sotto il numero eguale alle primiere,
76.3più vicini all'Avon, ch'ampi ruscelli,
76.4nel principio assetato, veggion bere,
76.5e tra i colli d'intorno erbosi e belli
76.6Noringania e Lecestria risedere
76.7e Nortantona, nel cui lito aprico
76.8son Butrone e Coventria e Varrivico.
77.1Ma in compagnia del primo duce diero,
77.2per meglio esser condotti all'opre rare,
77.3il possente Avirago e 'l buon Gundero,
77.4ch'han non men di Lucan le spade chiare.
77.5Gli altri popoli poi, presso al sentiero
77.6ove più irato di Germania il mare
77.7combattendo gli scogli alto risuona,
77.8verso la Cantabrigia e l'Umtinctona,
78.1ove da molti rivi cinta intorno
78.2la vaga Eli qual'isoletta giace,
78.3ove lieta Valpole il destro corno
78.4ingombra, e ricche le sue valli face;
78.5dello scettro ducal fecero adorno
78.6il possente Agreval, che in guerra e 'n pace
78.7tal conobbero in lui senno e valore
78.8che 'l voller tutto solo a tanto onore.
79.1Ma Ganesmoro il nero quelli avea,
79.2che son sopra l'oceano orïentale,
79.3di Nortfolcia e Soffolcia, che solea
79.4mostrar fra l'altre che più in arme vale,
79.5con quei di Nordovico, e gli reggea
79.6con la quinta bandiera, all'altro eguale.
79.7Poi veniva il superbo re Gaveno,
79.8ch'alla pietrosa Orcania regge il freno.
80.1Era figliuol costui del gran re Lotto
80.2e della bella Elìa, suora d'Arturo,
80.3e però venti insegne avea condotto,
80.4di stuol più ricco assai che in arme duro:
80.5ond'avea troppa invidia a Lancilotto,
80.6non sendo al par di lui forte e securo,
80.7che con ogni altro avuto ardire avrebbe
80.8di contrastar, come poi seco anch'ebbe;
81.1quei di Cantio e di Roffa con lui mena,
81.2d'Essesia e Midelsesia, dove è assisa
81.3la ricchissima Londra e bella, piena
81.4de' ben della fortuna in ogni guisa,
81.5della Tamigia in su la riva amena
81.6che dal cor di Ciprigna mai divisa
81.7non fu, poi che le lassa in dolci tempre
81.8i suoi candidi cigni a pascer sempre:
82.1e gli mantien securi da gli assalti
82.2del britannico mar, che la rispinge
82.3verso il suo fonte a perigliosi salti
82.4quanto in due dì va l'uom che non s'infinge;
82.5e quei della Sussesia, che men alti
82.6da' liti son che l'ocean dipinge,
82.7con gli altri di Surrea pur seguon l'orme
82.8del re ch'io dissi, ch'a vertù gli informe.
83.1Il saggio Maligante, che fu figlio
83.2del vecchio Bandigamo, il re di Gorre,
83.3famosissimo in arme, ma in consiglio
83.4tal ch'a quanti vi fur si dee preporre,
83.5con parlar dolce e con allegro ciglio
83.6reggeva quei del lito che discorre
83.7Vintonia e Vetta, l'isola che siede
83.8su 'l mar che Neustria a mezzo giorno fiede;
84.1altresì di Cicestra e Bercherìa,
84.2là verso il monte onde Tamigia parte,
84.3ogni prode guerriero esso seguìa,
84.4con sette sue bandiere all'aria sparte.
84.5Poi di Dorcestria e Sarisburia,
84.6su 'l lito pur della medesma parte,
84.7menar Gerfietto, Ostorio e Prasutago,
84.8con quattro sole insegne, il popol vago.
85.1Indi vien Gossemante, il core ardito,
85.2con quei di Sommerseto e di Devona,
85.3che poste son tra l'uno e l'altro lito
85.4ove il mar di Boote e d'Austro suona;
85.5e d'altrettanta gente era fornito
85.6che tutti tre quei primi, e non men buona;
85.7Creuso il Senescial veniva poi,
85.8che 'l terzo più di lui menò de' suoi:
86.1ch'eran della Cornubia, ove più sporge
86.2al sito occidental verso la Spagna,
86.3e dove più vicina e dritta scorge
86.4di qua dal mar l'armorica Brettagna.
86.5Ma quei della Sutvallia, che più sorge
86.6dritto al settentrïon che 'l mar non bagna,
86.7ove il Pembruco popolo a Milforte
86.8non pensò mai trovar di sé più forte:
87.1ebbero in duce loro il forte Ivano,
87.2che 'n fra quattro stendardi gli divide.
87.3Poi Meliasso, che in beltà sovrano
87.4a ciascun altro fu che mai si vide,
87.5fuor ch'al figlio onorato del re Bano
87.6ch'ebbe in tutto le stelle amiche e fide:
87.7nacque costui d'Aglaie e di Caropo,
87.8né mai simile a lui fu innanzi o dopo;
88.1ma perché la beltà fu in basso stato
88.2e l'età giovinetta anco il premea,
88.3fu d'una sola insegna accompagnato,
88.4che di Stromorra e di Norvallia avea.
88.5Mandrino il saggio, che 'l seguia da lato,
88.6menava quei dell'isola Anglisea
88.7con gli altri di Bangaria, ed ha la terza
88.8bandiera sopra lor ch'al vento scherza.
89.1Taurin, che di Merlino era figliuolo
89.2e dell'arte paterna dotto a pieno
89.3de gli uccei osservando il gusto e 'l volo
89.4prediceva le piogge e 'l ciel sereno;
89.5quante stelle sostien questo e quel polo
89.6e qual propria virtù chiuggano in seno
89.7conoscea in tutto, e 'l corso de' pianeti,
89.8e quai fossero a noi dogliosi o lieti:
90.1egli in somma vedea così 'l futuro
90.2com'ogni altro il passato o quel c'ha innante;
90.3due frati ha seco, a cui non giace oscuro
90.4d'erbe valor, di fiori o d'altre piante,
90.5né di morte poteo l'artiglio impuro
90.6sopra alcun mai ch'a lor venisse avante,
90.7con l'onde chiare o con radici sole
90.8risaldando ogni piaga, o con parole:
91.1l'uno era Pellican, l'altro Serbino,
91.2e tutti tre sei insegne aveano insieme,
91.3di Landaffa e d'Erfordia, che 'l confino
91.4tra l'Uvallia e Cornubia adentro preme,
91.5con quei che 'l fiume Logo han per vicino
91.6e l'ondosa Sabrina, ov'ella geme
91.7scendendo al mar che in occidente guarda
91.8e col torbo reflusso la ritarda.
92.1Gli altri intra quella e 'l corso dell'Avone,
92.2di Glicestra, Stafordia e di Vigorna,
92.3sotto il quarto onorato gonfalone
92.4Mandoro han primo che la schiera adorna,
92.5perch'ha di ben condurla ogni ragione
92.6quando innanzi s'addrizza o indietro torna;
92.7pure elesser Costante e Vertigero
92.8che gli fosser compagni a tale impero.
93.1Mena in guerra Urïan quei di Licestra
93.2e quei di Derbia, ove bagnando il Trenta
93.3questa lassa a sinistra e quella a destra,
93.4non lunge al monte onde ruscel diventa
93.5e per la pioggia sterile e silvestra
93.6per sassoso cammin ratto s'avventa;
93.7cinque insegne ha spiegate, e 'n compagnia
93.8Condevallo e Conon seco venia.
94.1Quanto ha Lancastro e quanto intorno gira
94.2doppo il fiume Ribel, vicino al mare
94.3che 'n ver l'occaso e nell'Ibernia mira,
94.4col buon Landone il destro volle andare;
94.5Cumbria a Carlela, che più dell'Orse tira,
94.6là dove il Chevïata in alto appare
94.7e dove all'ocean passa Solveo,
94.8Brun senza gioia per suo duce aveo.
95.1Portan sei insegne i due, ma Telamoro
95.2conduce quei che son lungo il Tueda
95.3tra Landonia e la Marcia, che 'n fra loro
95.4veggion Fortea del mar famosa preda,
95.5con quei di Fiffa, ove in sì bel lavoro
95.6ha tempio il divo Andrea, ch'a nullo ceda,
95.7con gli altri d'Edimborgo e di Bombaro;
95.8e tre insegne fra tutti alte spiegaro.
96.1Quei d'Atolia Alibello han per suo duce,
96.2co i compagni che son tra 'l Tavo, e l'Erna
96.3e di Marnia e d'Angusta, che conduce
96.4la fronte innanzi che più l'onde scerna;
96.5due insegne porta sole: e quel che luce
96.6di ricchezza ch'avanzi ogni moderna,
96.7dico Arganoro, mena quei ch'avea
96.8tra le sue foci in mezzo Dona e Dea.
97.1Sei mena insegne; e 'l buon Malchino il grosso
97.2quei di Moravia e di Canoria ha seco,
97.3là dove è il Porto di Salute, scosso
97.4d'ogni scoglio che sia sopr'acqua o cieco,
97.5ove non fu mai d'ancora rimosso
97.6legno per vento nubiloso e bieco:
97.7lì di Nessa e di Nardo l'acqua beve,
97.8e di Lindorna poi tranquilla e leve.
98.1Quattro insegne ha di lor; Finasso il bianco
98.2ha quei di Catanesia e di Storlanda
98.3e di Travernia, che si scorge al fianco
98.4l'Orcadi, ove più l'ali Borea spanda:
98.5ivi l'esca domestica vien manco,
98.6ma sol fere selvagge in luce manda,
98.7onde a fornir la mensa fa mestiero
98.8che sia 'l popol più d'altro ardito e fero,
99.1com'ei son senza par, che quasi ignudi
99.2al più gelato ciel menan la vita:
99.3prendono i cibi sanguinosi e crudi,
99.4la terra è il letto ch'a posar gli invita;
99.5nullo è ch'a Bacco s'affatichi o sudi,
99.6che la più semplice acqua è più gradita.
99.7Di questi adunque son quattro bandiere,
99.8e di dardo ciascuno e d'arco fere.
100.1Bandegamo, il fratel di Maligante
100.2che del padre onorato il nome porta,
100.3famoso duce e cavaliero errante,
100.4al popol di Rossia fu fida scorta
100.5ed a quel della Lotia, c'ha davante
100.6l'Ebridi, verso il sito che conforta
100.7i fiori e l'erbe a trar la fronte fuora
100.8là ver l'april con la sua tepid'ora:
101.1ivi tra boschi stan, paludi e laghi
101.2che Nessa e Nardo con Lindorna fanno,
101.3ma di pesci e di caccie assai più vaghi
101.4che di dare al terren d'aratro affanno,
101.5cui nullo è che sementi o che l'impiaghi;
101.6ch'al culto natural contenti stanno;
101.7quattro insegne ha spiegate di costoro,
101.8c'han pelli intorno di selvaggio toro.
102.1Quei di Loquabria, che 'l medesmo Nessa
102.2van seguitando pur nel Grampio Monte,
102.3ove la selva surge assai più spessa
102.4e son le fere più mordaci e pronte,
102.5han la cura di lor larga rimessa
102.6in Bralleno, il guerrier d'altere e conte
102.7virtù ripieno, e quattro insegne spiega
102.8all'aura in alto, ch'or le drizza or piega.
103.1Amillan quei d'Argadia appresso mena,
103.2ove più verso Ibernia esce il Novanto,
103.3l'antico promontorio a cui l'arena
103.4bagna il padre Ocean dal terzo canto:
103.5tre insegne ha sole; e quel ch'al mondo ha piena
103.6gloria sovra tutti altri e porta il vanto
103.7d'essere in correr lancia ardito e dotto,
103.8fuor solamente il chiaro Lancilotto,
104.1io dico di Norgalle il Cavaliero,
104.2che mena quei di Glasco e di Dumblano
104.3pur lungo il Grampio, ov'ei circonda altero
104.4Lomundo, il lago che gli assiede al piano
104.5e di molte isolette tien l'impero
104.6colme di genti che non stanno in vano,
104.7ma con quattro bandiere il forte duce
104.8seguono ove a gran gloria gli conduce.
105.1Taulasso vien dapoi della Montagna
105.2con quei di Gallovidia, c'han la sede
105.3sopra il mar detto Rin ch'a torno bagna
105.4il promontorio Mule che si vede
105.5Solveo vicin che nell'oceano stagna:
105.6poi cacciato da quello indietro riede
105.7presso all'isola Mona; e questa gente
105.8han sopra lor tre insegne solamente.
106.1Il buon re Lago poi, che d'anni grave
106.2l'unico suo figliuolo ha seco Eretto,
106.3conduce quei dell'Orcadi, d'ond'ave
106.4lo scettro in man d'imperadore eletto:
106.5dell'Orcadi, ove il sol, se 'l verno aggrave,
106.6in tai brevissim'ore ha il dì ristretto
106.7ch'a pena visto si ripon tra l'onde,
106.8poscia all'estivo ciel poco s'asconde.
107.1Stanno a guisa di cerchio aggiunte insieme,
107.2pur d'assai poco mar fra lor distinte,
107.3ove più l'Aquilone intorno geme
107.4al sen Deucalïon, che l'ha ricinte;
107.5Pomonia è la maggior, che 'l mezzo preme
107.6delle trent'una che di gloria ha vinte,
107.7benché famosa è pur Bure e Renolse,
107.8che 'n ver la Catanesia più s'accolse.
108.1Era il medesmo poi signor di Tile,
108.2ove più varia il dì, perché non pare
108.3giamai tal volta, e poi cangiando stile
108.4molti corsi di luna aperto appare;
108.5regge anco l'Irta, cui nulla è simile
108.6di grandezza fra lor, ch'è senza pare,
108.7ma più ver l'occidente s'allontana,
108.8ove ancora è dell'Ebridi sovrana.
109.1Son del medesmo poi Lenissa e Schia,
109.2molto a quelle vicine, e son disgiunte
109.3da sì breve confin, che si diria
109.4una, e se forse due, troppo congiunte;
109.5or il suo vecchio re lo stuol seguia,
109.6di fido e vero amor l'anime punte:
109.7e ben sedici insegne hanno spiegate,
109.8le più vaghe di tutte e meglio armate.
110.1Poscia di qua dal mare, ove si stende
110.2della Gallia il famoso e bel paese,
110.3quanto la terra Armorica comprende
110.4e dal Britanno sen riceve offese,
110.5dal loco ove superba Era gli rende
110.6dell'onde il dritto che 'n Gebenna prese
110.7fin nella foce ove discende Olina
110.8ch'al Monte di Michel dritta s'inchina;
111.1ubbidisce all'impero di Tristano,
111.2del re Meliadusse il germe eletto:
111.3a cui del popol suo ripose in mano
111.4lo scettro il re, che si chiamava Ovetto,
111.5di cui 'l padre onorato era germano
111.6e di tempo minor, ma più perfetto;
111.7e con dodici insegne era venuto
111.8per dare al campo al maggior uopo aiuto:
112.1però che 'l dì medesmo arrivat'era
112.2che 'ntra' due primi fu l'amara lite.
112.3Blomberiffe e Blanor menano schiera
112.4di genti a quei per vicinanza unite,
112.5della famosa Neustria, dove altera
112.6s'accompagna la Sena ad Anfitrite
112.7con sommo onor, ma in tutto ciò si sdegna
112.8di lassar il terreno ov'ella regna.
113.1Di tante alme città fiorite e chiare
113.2sei sole insegne han seco de' migliori,
113.3che 'l possente Roan non vuol restare,
113.4senza i suoi, preda a' barbari furori;
113.5Gostanza e l'altre poi più presso al mare
113.6ha il consiglio affermato de' maggiori
113.7di mandar pochi e bene usi in battaglia,
113.8e non popol maggior che poco vaglia.
114.1Con l'Amoral di Gallia e Persevalle
114.2un numero altrettanto s'accompagna
114.3d'abitator della spigosa valle
114.4che la tranquilla Somma irriga e bagna,
114.5con quei che dalla fronte e dalle spalle
114.6ornano i colli e veston la campagna
114.7verso i Calesi e gli ultimi Morini,
114.8che le brittannich'onde han per confini.
115.1Baveno, a Lancilotto assai congiunto
115.2sì come Blomberiffe anco e Blanoro,
115.3non volle, né quei due, mostrarsi aggiunto
115.4all'ira sua, perché stringea costoro
115.5la fé ch'a Arturo diedero in quel punto
115.6ch'ebbero sproni e spada e cinto d'oro,
115.7come molti altri ancor, con quei legati,
115.8che per cavalleria furo sforzati.
116.1Menò adunque Baven quei che si stanno
116.2tra la Schelda e la Mosa, in su la foce,
116.3ov'han sempre temenza e spesso danno
116.4del furor di Nettunno ch'assai nuoce;
116.5né il batavo valore, ond'essi vanno
116.6superbi tra i vicini, aspro e feroce
116.7gli può scampar, che ben sovente vede
116.8di pesci albergo la nativa sede;
117.1sei insegne ha di costor: Nestor di Gave
117.2ha quei più lunge poi di tal periglio,
117.3ove carca è di merci e d'oro grave
117.4la ricca Anversa in popolar cosiglio,
117.5con le vaghe città che vicine ave,
117.6Guanto nel sangue suo talor vermiglio,
117.7Bruggia e 'l dotto Lovan, ch'a' buoni insegna,
117.8de' quai tutti portò la sesta insegna.
118.1Né men n'ha Lionel dell'altra parte
118.2ch'alquanto all'Austro e l'occidente inchina,
118.3ove son le famose in molte carte
118.4tra gli Ambiani, e la Samarobrina
118.5Atrebati cittadi intorno sparte,
118.6ma lontane all'odor della marina;
118.7doppo costui seguiano i quattro figli
118.8di quel ch'ebbe dal Ciel gli aurati gigli;
119.1dico del re de' Franchi Clodaveo,
119.2il primier che fra i suoi conobbe il vero
119.3del mondo Salvator che scarco feo
119.4l'uman legnaggio del mortale impero:
119.5questi per vendicare il torto reo
119.6ch'a Lancilotto fea Clodasso altero
119.7gli mandò volentier, con quelle schiere
119.8che più armate e miglior potesse avere.
120.1Childeberto il maggior di quelli è duce
120.2che 'n mezzo pasce all'onorata Sena
120.3Lutezia la real, d'ogni altra luce,
120.4Lutezia d'oro e di vertù ripiena:
120.5Lutezia, ov'ogni ben piove e conduce
120.6l'alta celeste possa e la terrena,
120.7con tutto 'l popol poi ch'ella ha d'intorno
120.8a farle il sen d'ogni bellezza adorno.
121.1Le genti di Suesson mena Clotaro,
121.2pur del gran Clodoveo figliuol secondo,
121.3de' Remi ancora, ov'è 'l terreno avaro
121.4d'alberi, ma di spighe assai fecondo;
121.5i Bellovaci poi con gli altri a paro
121.6porgon le spalle all'onorato pondo:
121.7Clodamiro di quelli arma la schiera
121.8che bevon l'acqua onde superba è l'Era.
122.1Seco mandò la nobile Orliense
122.2la chiara gioventù che 'n lei fioriva,
122.3con tutti poi delle sue selve immense
122.4abitator tra l'una e l'altra riva;
122.5la regia Bles, la vaga Ambuosa, accense
122.6d'amor di verde lauro e non d'oliva,
122.7seguono il duce lor, con tanta fede
122.8come alla giusta impresa si richiede.
123.1Teodorico il quarto ha quei più lunge
123.2tra la Mosella ascosi e tra la Mosa,
123.3i Lotteringhi e gli altri che disgiunge
123.4con la fronte Vosego in alto ombrosa,
123.5Vorme, Argentina e Spira, dove aggiunge
123.6l'altero Ren con la sua barba ondosa.
123.7Ciascun sedici insegne sole accolse,
123.8che di pari onorargli il padre volse.
124.1Venne con lor Sicambro, il duce antico,
124.2che i quattro giovinetti in guardia prende:
124.3Ostorio ha seco, il suo perfetto amico
124.4che del sangue medesimo discende.
124.5Questi passar per mezzo l'inimico
124.6lito German, che quanto può difende
124.7quei di Coldasso; e senza tema o danno
124.8il Ren, mal grado suo, superat'hanno;
125.1però che di Franconia, che si giace
125.2lungo l'Ircinia all'onde del Mogono,
125.3sola al suo Clodoveo figlia verace,
125.4come si convenia, partiti sono,
125.5che de' suoi più nemici ivi di pace
125.6di venti chiare insegne ha fatto dono;
125.7poi con lor Meroneo venne e Lotaro,
125.8ch'a gli Alemanni in guerra comandaro:
126.1de' quai solo otto insegne spiega al vento,
126.2sendo la gente lor ridotta a poco;
126.3che 'l numero miglior allor fu spento
126.4che 'l franco Clodoveo con ferro e foco
126.5d'essi oppresse il furore e l'ardimento,
126.6di libertà spogliandoli e di loco;
126.7ma quei cui perdonò, fede e valore
126.8gli mostrar poscia sempre e puro amore.
127.1Presso a i quattro fratei, dal manco lato
127.2ne veniva il chiarissimo Boorte,
127.3d'un fratel del re Bano in Gave nato
127.4né molto men di Lancilotto forte:
127.5del paludoso Angiò d'arbori ornato
127.6e di Torsi fruttifero ave scorte
127.7con quanto abbraccia d'ognintorno l'Era,
127.8e d'otto piene insegne adduce schiera.
128.1Doppo costui seguìa Florio il Toscano,
128.2che nobilmente sopra l'Arno nacque
128.3vicino al chiaro Monte Fiesolano
128.4ove perde Mugnone il nome e l'acque:
128.5che giovinetto già s'oppose in vano
128.6al Gottico furor, ma vinto giacque;
128.7né potendo soffrir quel fero giogo
128.8si dispose a cangiar fortuna e luogo;
129.1e con tutti i miglior di sangue e d'opra
129.2nel paese onorato a lui vicino,
129.3intra 'l Tebro e la Magra, ove 'l mar copra,
129.4e la nevosa fronte d'Appennino,
129.5con pregar tanto e con promesse, adopra
129.6che gli conduce a mettersi in cammino
129.7di dare al grande Arturo alto soccorso,
129.8il cui nome real per tutto è corso.
130.1E tanto più s'accendon poi che sanno
130.2che 'l Goto imperador molti in aita
130.3ha mandati a Clodasso, e passat'hanno
130.4per l'Alpi aperte e per la via più trita,
130.5ond'essi allor senza timore o danno
130.6gir non potean, ché loro era impedita.
130.7Resta solo il cammin sicuro in mare,
130.8che nuovo, lungo e periglioso appare:
131.1ma la chiara virtù, ch'è scorta e chiave
131.2d'ogni serrato varco, gli provide,
131.3ch'ove l'Arno va in mar non mancò nave,
131.4ma molte ne trovar sicure e fide.
131.5Venti ne appresta, e fa ciascuna grave
131.6d'una sua insegna, oltra i nocchieri e guide;
131.7e 'l chiaro ciel, ch'a' bei disegni aspira,
131.8o l'Euro o l'Aquilon dì e notte spira.
132.1Così il Liguro, il Gallo e 'l Mare Ispano
132.2trapassando veloci e 'l Freto ancora,
132.3volgonsi presso a Gade a destra mano
132.4con l'Austro addietro che lor presta l'Ora:
132.5il promontorio sacro di lontano
132.6lassando e 'l Nerio e 'l Cantabro di fuora,
132.7l'Aquitania e l'Armorica riviera,
132.8scesero al fine a Nante sopra l'Era;
133.1e già 'l terz'anno avea rivolto il sole
133.2che sotto Arturo fea mirabil pruove.
133.3Lancilotto non v'era, onde si duole
133.4ogni nobil guerrier ch'ivi si truove:
133.5stassi irato da parte, e veder vuole
133.6il fin de la battaglia che si muove;
133.7e i suoi, che 'n diece insegne avea compresi,
133.8tutti son di diversi e stran paesi:
134.1di Germania, di Gallia e di Brettagna
134.2i miglior cavalieri e pien d'onore,
134.3chi della bella Italia e chi di Spagna,
134.4dell'alte sue virtù corsi al romore;
134.5non ha invidia fra lor chi più guadagna,
134.6ma chi mostra più ardire e più valore;
134.7molti ha di Gorre, e molti suoi cugini
134.8di Berri e d'altri luoghi a lui vicini.
135.1Ma sopra tutti i suoi, più illustri foro
135.2quei cavalier che liberati avea
135.3della Dogliosa Guardia, ove in oscuro
135.4sito l'empio castel chiusi tenea;
135.5poi quel fresco di forze e d'anni duro
135.6chiaro Lambego il tutto correggea,
135.7e 'l seguì sempre in ogni sua fortuna,
135.8che nudrito l'avea fin dalla cuna.
136.1Non v'era anco il possente Galealto,
136.2che Lancilotto suo non può lassare
136.3e fatto ha contr'Arturo il cor di smalto
136.4per l'ingrato voler che in esso appare;
136.5e vieta che non vadano all'assalto
136.6ch'ei sente contro Avarco apparecchiare
136.7le sue genti, che seco avea menate
136.8dall'Isole Lontane fortunate,
137.1di Cerne, d'Autolaa; dell'altre molte
137.2Esperidi cui 'l sol la fronte preme
137.3e dell'ultime terre più rivolte
137.4dell'occidente su le piagge estreme,
137.5c'ha tante altre isolette in seno accolte
137.6che l'Icaro e l'Egeo n'han meno insieme,
137.7tra 'l Bretton Cavo e 'l Freto Magagliano
137.8là dove appare il gran Temistitano.
138.1Ma il popoloso numero e 'nfinito
138.2che dal terren natio primiero venne,
138.3poi che fu con Arturo in pace unito,
138.4rimandò nel suo regno, e sol ritenne
138.5venti insegne di tutte, ed ha seguito
138.6mai sempre poscia, ovunque il cammin tenne,
138.7Lancilotto, di cor sì amico e fido
138.8che di Pilade antico avanza il grido.
139.1Così di questi due le genti sole
139.2mancavan tra color ch'a guerra vanno,
139.3che in pace or sotto l'ombra or sotto il sole
139.4or correndo or lottando a cerchio stanno.
139.5Ma il magnanimo Arturo un nuovo sole
139.6nel giorno più seren del più bell'anno
139.7sopra un fero corsier d'altere membra
139.8con l'arme lucentissime risembra.
140.1Una candida insegna solamente
140.2ha innanzi, ovunqu'e' sia, che in alto porta
140.3Caradosso Brebasso, il re possente:
140.4alla qual va d'intorno e face scorta
140.5numero senza fin di nobil gente,
140.6in arme ardita e nel consiglio accorta,
140.7e tutti cavalieri. Or questi furo
140.8i regi e capitan ch'aveva Arturo.
141.1Ma dimmi, o Musa, tu: chi 'l più perfetto
141.2cavaliero e destrier fu in tutta l'oste?
141.3De i destrier fu quel da Sicambro eletto
141.4nell'aspre regioni all'Euro poste
141.5su l'onde d'Ebro, allor ch'al giovinetto
141.6Iustino imperador fur l'armi opposte
141.7da i Tartari vicin, ch'egli il soccorse
141.8e co' Franchi ch'avea palma gli porse:
142.1ch'oltre a molt'altri don gli fu cortese
142.2di questo nobilissimo destriero,
142.3ch'al par de' venti al corso si distese,
142.4grande oltra modo e bel, forte e leggiero,
142.5securo e fido in perigliose imprese
142.6perch'al freno era umile, all'arme fero.
142.7Tra i cavalier, di tutti era sovrano
142.8il possente e chiarissimo Tristano,
143.1però che Lancilotto ivi non era,
143.2ch'avanzava ciascun d'alto valore,
143.3né 'l suo caval, di cui del sol la spera
143.4non vide o vedrà mai forse il migliore;
143.5ma quello in ozio con l'amica schiera
143.6di crucciosi pensier nodrisce il core,
143.7e 'l buon corsier sotto l'albergo ombroso
143.8tra la paglia e tra 'l fien prendea riposo.
144.1Ma il campo tutto in arme insieme accolto
144.2mostra col suo splendor ch'arda il terreno,
144.3e 'l romore e l'andar del popol folto
144.4tremar fa il loco che 'l riceve in seno:
144.5come là ne gli Arimi, ov'è sepolto
144.6vivo Tifeo, tra 'l Sipilo e 'l Celeno,
144.7ch'ad ogni acceso folgor che 'l percuote
144.8di spaventoso suon la terra scuote.
145.1Corsa è in Avarco la veloce fama
145.2ch'Arturo in arme a lei rivolge il passo.
145.3Tosto il consiglio paventoso chiama
145.4de i miglior duci e cavalier Clodasso:
145.5chi le mura guardar securo brama
145.6fin che veggia il nemico afflitto e lasso,
145.7chi vuole, uscendo pur, presso alle porte
145.8porsi in loco che sia vallato e forte.
146.1Ma il chiaro Seguran, ch'a nullo cede
146.2di valor, di prodezza, o d'ardimento,
146.3con orgoglioso dir già muove il piede
146.4verso le porte, e l'apre in un momento:
146.5spinge chi tardo va, muove chi siede,
146.6a chi non mostra ardir mette spavento;
146.7fa sonar d'ognintorno altere trombe
146.8sì che l'aria e la terra ne rimbombe.
147.1Veggionsi quinci e quindi arme e destrieri
147.2con fretta ritrovare, e muover d'aste,
147.3quei che vili eran pria divenir feri;
147.4sì che d'uno il valor per molti baste;
147.5ma i vecchi infermi e gli altri male interi,
147.6le madri pie, le verginelle caste
147.7s'atterran supplicando a i sacri altari,
147.8che gli difenda il dì da i danni amari.
148.1Nella parte d'Avarco all'occidente
148.2che d'alquanto nell'Austro si rivolte,
148.3lontan come potrebbe arco possente
148.4la saetta avventar sole in due volte,
148.5giace un piano arenoso, ove sovente
148.6inonda l'Euro alle gran piogge e folte
148.7che gli viene a man destra, e si distende
148.8dove un colle alla fronte assiso pende,
149.1il qual detto dal vulgo è Sabbioniera,
149.2perché tal la natura l'ha mostrato;
149.3ivi adunque adunar ciascuna schiera
149.4fa il forte Seguran dal manco lato.
149.5Venne egli il primo, ed ha la gente fera
149.6che dalla fosca Ibernia avea menato,
149.7d'Ultonia, di Momonia e di Lagina
149.8e di Connacia ch'all'occaso inchina.
150.1Ha seco Banduin, di Persia detto,
150.2con Ideo 'l forte, antichi cavalieri;
150.3vien Palamede poi, l'altero petto,
150.4ch'avea di tutte l'Ebridi i guerrieri,
150.5ed a lui degnamente dier soletto
150.6di quaranta e tre isole gli imperi:
150.7e non disdisse a lui l'Ila e la Iona,
150.8che pur raro o non mai cede a persona.
151.1Vien Gallinante poi, di Giron figlio,
151.2di Girone il cortese, il maggior duce
151.3che giamai fosse o d'arme o di consiglio,
151.4e di vera bontà divina luce:
151.5ch'or piangeria, se con l'aurato giglio
151.6non vedesse il figliuol, ch'oggi conduce
151.7Seguran suo cugin contro alle squadre
151.8le quai più che se stesso amava il padre.
152.1Fu il nobil giovinetto capitano
152.2di quei di Mona, l'isola cui bagna
152.3d'Ibernia il mar, ch'al lito prossimano
152.4quasi congiunta appar con la Brettagna;
152.5poi di paese e popolo lontano
152.6ch'altro cerchio ricuopre, altr'onda bagna,
152.7venne Brunoro il Nero, con la schiera
152.8di quei che son tra 'l Reno e la Visera,
153.1dell'Usfalia e di Frisia, ove in mar cade
153.2la torba Amasia, e quei due primi insieme.
153.3di quei che lungo l'Albi han le contrade
153.4che la Selva Semana adombra e preme,
153.5Turingii e Misnii, e per più basse strade
153.6di Bransuic le fredde parti estreme,
153.7mena le schiere il fero Dinadano,
153.8che di Brunoro il Nero era germano.
154.1I Sassoni, che pur tra l'Albi e l'acque
154.2del gelato Svevo han fredda sede,
154.3volser duce Faran, che tra lor nacque
154.4e di barbaro orgoglio a nessun cede:
154.5e cui la cortesia così dispiacque
154.6che virtude estimava il romper fede.
154.7Gli altri di Sclesia sopra il fiume Odero
154.8ebber per capitan l'ardito Estero.
155.1I feroci Boemi, ch'entr'al seno
155.2della frondosa Ercinia ascosi stanno,
155.3della Fontana il nobile Drumeno
155.4per conducergli a guerra eletto s'hanno;
155.5quei di Pomeria, a cui bagna il terreno
155.6l'oceàn dove a lui correndo vanno
155.7la Vistula e l'Ortel, per capo e duce
155.8hanno Arduino il Fellon, che gli conduce.
156.1L'Assia, ch'al monte Anobe in mezzo giace
156.2e quasi sopra il Ren dritta si stende,
156.3tutto il popol vicin ch'a lei soggiace
156.4fa che 'l Nero Perduto in guardia prende.
156.5La Svevia, avversaria d'ogni pace,
156.6più verso l'Alpi, ond'il Danubio scende
156.7tra i Vindelici, Retii e l'Eno e Lico,
156.8presero in duce Bronadasso antico.
157.1Il Norico terren, ch'all'occidente
157.2ha l'onde d'Eno e dal settentrïone
157.3riga il Danubio, e 'l cinge all'oriente
157.4il Cetio, c'ha nevosa ogni stagione,
157.5a Bustarino il grande la sua gente,
157.6nel qual molto si fida, in guardia pone.
157.7L'Austria, che stende il suo valloso piano
157.8dall'Istro e 'l Narabone al giogo Albano,
158.1dié Rossano il Selvaggio duce a' suoi,
158.2che fu sempre fra lor di sommo onore,
158.3l'altra, che col Danubio scende poi
158.4tra 'l Savo e 'l Sao, Pannonia inferïore,
158.5Fortunato e Grifon, fér duci voi,
158.6perch'odiaste Tristan d'acceso core:
158.7poi di quei tra l'occaso e 'l mezzo giorno
158.8gente infinita avea Clodasso intorno.
159.1Quei d'Aquitania, in cui l'oceano inonda
159.2Pirene e 'l promontorio curïano,
159.3ove Aturia e Sigmen riversa l'onda,
159.4non molto l'un dall'altro di lontano,
159.5mena Nabon, che nacque alla sua sponda
159.6del Visigoto sangue e dell'Alano,
159.7ché Rosmunda la bella era sua madre,
159.8ch'Alarico di lui fece esser padre.
160.1Menò la gente Terrigano il grande
160.2del fertile Santonge e del Pottiero,
160.3e dove a Burdigallia l'acque spande
160.4l'ampia Garona con sembiante altero;
160.5gli altri che son tra le pietrose lande
160.6del terren limosino alpestre e fero,
160.7di Caòrs, Perigorto e i vicin loro,
160.8han per duce il valente Palamoro.
161.1Poi seguendo a levante i Pirenei
161.2dov'è la famosissima Tolosa,
161.3l'onorata Nerbona, che con lei
161.4contese un tempo e ne divenne odiosa:
161.5ma piangea seco allora i tempi rei
161.6che l'avean posta in servitù noiosa
161.7de' Visigoti sotto il duro impero,
161.8che dié lor capitan l'empio Agrogero.
162.1Gli altri che son su l'onde di Ruscena,
162.2dell'Orbio e di Latago più presso
162.3ov'al Gallico mar la torba arena
162.4Rodan col doppio corno avvolge in esso:
162.5e 'n cui stagnando l'acqua intorno piena
162.6di trista impressïon fa l'aria spesso,
162.7tal che Nemauso e Monpelier ne piange,
162.8che 'l frenato Nettunno ivi non frange,
163.1ebber duce Galindo, e quella gente
163.2ch'oltr'a l'Ostie del Rodano ha Provenza,
163.3d'Arli real, ch'allora ebbe, e sovente,
163.4sovr'ogni altro vicin somma eccellenza,
163.5d'Acqua Sestia e Marsilia, ch'altamente
163.6già mantenea la greca riverenza,
163.7tutta per capitano avea Margondo,
163.8ch'a nessun altro in arme era secondo.
164.1Menava Gracedon della Vallea
164.2quei ch'a levante son tra 'l monte e 'l mare,
164.3ov'ha il porto Tolon, che s'e' potea
164.4meglio i venti schivar non avea pare:
164.5ov'il Foro di Iulio ancor piangea
164.6che pure allor tante memorie chiare
164.7furo in lui tutte spente, e poco meno
164.8d'Antipoli faceva il lito ameno.
165.1Quando ritorna poi verso Boote,
165.2che più lunge a Nettunno ebbe la sede,
165.3ove nel sen del Rodano si puote
165.4veder Sorga e Durenza che s'assiede,
165.5e dove al fianco rapida percuote
165.6Lisera, e di se stessa il face erede,
165.7qui Valenza gentil lassando a tergo
165.8e là il sacro Avignon, di venti albergo;
166.1con quel ch'ad essi d'ognintorno giace,
166.2diede a' suoi capo e duce Matanasso.
166.3Ciò che più all'Alpi gelide soggiace
166.4dell'Allobroge valli al chiuso passo,
166.5ove al saggio Granopoli non tace
166.6la Lisera che vien di sasso in sasso
166.7fino alla nobil Vienna, ha la sua schiera
166.8donata a Marabon della Riviera.
167.1Con Sismondo da poi, suo primo figlio,
167.2vien Gunebaldo, il fero Borgognone,
167.3che del sangue fraterno era vermiglio
167.4tre volte stato: e funne empia cagione
167.5perfidia, crudeltade e rio consiglio
167.6di tòrre a quei le debite corone:
167.7e menar tutti quei che 'ntorno stanno
167.8di Sona all'onde, che sì dolce vanno.
168.1D'altri popoli appresso e d'altra parte,
168.2della Rocca signor venia Verralto,
168.3menando quei ch'al mezzogiorno parte
168.4da i Galli il Pireneo dov'è più alto
168.5e del Cantabro ocean l'onde sparte
168.6a i colli Biscain dan fero assalto,
168.7con quei d'Asturia, a cui tra' sassi e l'acque
168.8l'opera pastoral più d'altra piacque.
169.1Quei dell'aspra Galizia han Ferrandone
169.2il Pover, ch'ebbe in man tutto il paese
169.3che da' Ravanei monti s'interpone
169.4fin dove il fiume Linia il corso stese,
169.5ove il gran promontorio al mar s'oppone
169.6che dal fin della terra il nome prese;
169.7gli altri che d'indi van sopra il Düero
169.8mena Calarto il Picciolo, ma fero,
170.1con quei che bevon di Pisarga l'onde,
170.2Astorga e Borgo e di Palenza appresso
170.3e di Nazera ancor, che si nasconde
170.4de' monti all'ombra ond'è 'l Navarro oppresso.
170.5Quei lungo il mare infin là dove abbonde
170.6il Tago d'oro nell'arene impresso
170.7con tutto l'altro ove Mondaga corre
170.8diede Lisbona in guardia ad Esclaborre.
171.1Quei ch'abbraccia il Duero e Guadïana
171.2più contr'all'Orse alquanto e l'Orïente,
171.3ove ha Tolleto la città sovrana
171.4che di molte giornate il mar non sente,
171.5Safaro conducea, persona estrana,
171.6d'altronde uscito che d'Ibera gente:
171.7ma perch'era fratel di Palamede
171.8avevan somma in lui speranza e fede.
172.1Quei che son poscia in su 'l famoso Beti,
172.2onde il nome ebbe la provincia prima,
172.3infin là dove loro il passo vieti
172.4Serra Morena con l'altera cima,
172.5ov'è tra i colli erbosi e i campi lieti
172.6Cordova, che più d'altra ivi si stima
172.7e l'Ispali, ch'adorna l'oceàno,
172.8Merangiò della Porta han capitano.
173.1Poi quei più verso il Freto e 'l mezzogiorno,
173.2che si veggion vicin l'antica Gade,
173.3ove cinte da' monti d'ogn'intorno
173.4può Granata veder le sue contrade;
173.5così l'altro paese, assai più adorno
173.6di fior che ricco di felici biade,
173.7di Maliga, di Murzia e Cartagena
173.8il forte Morassalto in guerra mena.
174.1Valenza, che nel sen della Montagna
174.2giace Idubeda, ed ha dall'occidente
174.3il Godamoro che 'l terren le bagna,
174.4come fa il Sema quel dell'orïente,
174.5e con le rive al lito s'accompagna
174.6ch'all'onda Balearida consente,
174.7de gli abitator suoi dié in mano il freno
174.8per questa guerra al perfido Druscheno.
175.1Quei che dell'acque del reale Ibero
175.2bevon nel primo fonte d'ond'egli esce,
175.3con quei ch'al mezzo corso, ove più altero
175.4con la Singa e col Sicori s'accresce,
175.5infin ch'al mar, privato del suo impero,
175.6presso a Tortosa il doppio corno mesce,
175.7han per duce il re Loto; e gli altri poi
175.8c'han più verso Pirene i campi suoi:
176.1dico l'antica e chiara Taragona
176.2con quanto abbraccia il periglioso lido
176.3ov'è l'ornata e vaga Barzalona
176.4ha il suo ripien d'odor leggiadro nido,
176.5infin là dove ancor la fama suona
176.6del tempio di Ciprigna, allor più fido
176.7forse ch'oggi a i nocchieri, capitano
176.8han chiamato Roderco, il crudo Alano.
177.1Ilba vien poi, del gran Teodorico,
177.2degli Ostrogoti il re, che in Roma allora
177.3teneva il seggio, sommo duce antico,
177.4e di Geppidi stuol menava ancora:
177.5né 'l mandava quel re con core amico
177.6per trar Clodasso di miseria fuora,
177.7quanto perch'al re Franco Clodoveo,
177.8benché cognato suo, grand'odio aveo.
178.1Appresso il re degli Eruli Odoacro,
178.2ch'a Ravenna infelice il giogo pose,
178.3menava il popol suo superbo ed acro
178.4contr'all'umane e le celesti cose,
178.5che più d'un nome e più d'un tempio sacro
178.6distrusse e spense già, non pure ascose.
178.7L'ultimo fu Clodino, il Marte detto,
178.8de' figliuoi di Clodasso il più perfetto;
179.1i suggetti e vassalli seco avea
179.2che più cari e fedeli erano al padre,
179.3poi che 'l vecchio Clodasso non potea
179.4seguir, come già feo, l'armate squadre:
179.5e perché molta in lui speme tenea
179.6e vedute n'aveva opre leggiadre,
179.7doppo il buon Seguran fé lui primiero
179.8sovra 'l sommo de' suoi famoso impero.
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