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1.1Canta, o Musa, lo sdegno e l'ira ardente
1.2di Lancilotto del re Ban figliuolo
1.3contra 'l re Arturo, onde sì amaramente
1.4il britannico pianse e 'l franco stuolo;
1.5e tante anime chiare afflitte e spente
1.6lasciar le membra in sanguinoso duolo
1.7d'empi uccelli e di can rapina indegna,
1.8come piacque a Colui che muove e regna.
2.1Or chi fu la cagion di tanta lite?
2.2Gaven, che dell'Orcania era signore:
2.3che portò invidia a le virtù gradite
2.4di Lancilotto, e gli pungeva il core
2.5che per opra di lui fosser fallite
2.6le nozze ch'ei bramò con troppo ardore
2.7di Claudïana di Clodasso figlia,
2.8che fu bella e leggiadra a maraviglia.
3.1Ma, temendo di lui, gran tempo tenne
3.2l'uno e l'altro dolor nel petto ascoso,
3.3fin che Tristan con le sue genti venne:
3.4all'arrivar del quale il re famoso
3.5fé 'l consiglio adunare, ove convenne
3.6ogni duce maggiore, onde fu oso
3.7di dar principio alle dannose risse;
3.8e drizzatose in piedi così disse:
4.1“Invittissimo Arturo, poi ch'io veggio
4.2che tutto il Cielo a' vostri onori aspira
4.3e che nulla temenza avem di peggio
4.4che ne possa d'altrui fare ingiust'ira;
4.5d'aperto palesar divoto chieggio,
4.6come colui ch'al suo dever rimira,
4.7quel ch'a voi fia vergogna, e strazio e morte
4.8a chi segua di voi l'istessa sorte.
5.1Qui con voi tanti duci avete, e tali,
5.2tanti gran cavalieri e tanti regi,
5.3che di quanti mai furo e fien mortali
5.4riportar ne porrian le palme e i pregi;
5.5se non fosse tra lor chi gli immortali,
5.6non pur' simili a noi, par che dispregi,
5.7e non sol voi, ma chi nel Cielo ha regno
5.8cred'io che tien di comandargli indegno.
6.1Questi per sempre aver l'impero in mano
6.2e voi signoreggiar con gli altri insieme
6.3fa d'ora in ora ogni disegno vano
6.4del lungo assedio che i nemici preme;
6.5tal che 'l fin è più che già mai lontano,
6.6e men ch'al cominciar si mostra speme
6.7d'espugnar più lo sventurato Avarco,
6.8che prender si devea nel primo varco.
7.1E certo si prendea, con tutto quello
7.2che 'l nemico Clodasso oggi possiede,
7.3s'allor che 'l crudo esercito rubello
7.4pose in Brettagna l'infelice piede
7.5e che Vittorio e Massimo il fratello
7.6fur dell'oste di voi famose prede
7.7alcun de' vostri che presenti sono
7.8non ne faceano al padre ingiusto dono.
8.1Seguì 'l medesmo poi non di qui lunge,
8.2ch'egli ebber Claudïana prigioniera;
8.3così 'l secondo a quel primiero aggiunge
8.4danno pipiù grave e di peggior maniera,
8.5perché tenero amor di costei punge
8.6tale il paterno cor, che in una sera
8.7v'aria dato quant'ha lontano e presso,
8.8i figliuoi, la corona e poi se stesso.
9.1E l'uno e l'altro apertamente fero
9.2senza vostro congedo e senza voi,
9.3per ben mostrar ch'ogni potere intero
9.4era in lor soli sopra gli altri eroi.
9.5Or chi ciò stimerà fallo leggiero
9.6qual può grave chiamar peccato poi?
9.7e chi ardisce cotanto non suggetto,
9.8ma imperadore e re puot'esser detto.
10.1Or quel ch'esser deveva utile a voi
10.2senza fine a voi nuoce, ad altrui giova:
10.3però che 'n sicurtà di tutti i suoi,
10.4non molto ha Claudïana si ritruova
10.5sposa di Seguran, c'or verso noi
10.6farà più che giamai di vincer pruova,
10.7con virtù rischiarando ove fortuna
10.8d'oscura povertà forse l'imbruna.
11.1E troppo è da temer, ch'egli è pur certo
11.2del buon sangue illustrissimo del Bruno;
11.3e s'ei non passa, aggiunge quasi al merto
11.4del cortese Girone invitto ed uno:
11.5molto è in consiglio e più nell'opre esperto,
11.6onorato e gradito da ciascuno;
11.7ha molti cavalier, molti altri a piede,
11.8poi sopra tutti il forte Palamede.
12.1Ma perché 'l ragionar del tempo andato
12.2par più di sconsolato che di saggio,
12.3più lungo non farò, poi che sfogato
12.4quel che nascosi lungo tempo v'aggio:
12.5vi dirò sol che poi che 'l Cielo ha dato
12.6al buon Tristan per noi lieto vïaggio
12.7si ricorreggan quei che torti andranno,
12.8richiudendo ogni varco al nuovo danno”.
13.1Qui si tacque e rassise e 'n mantenente
13.2surge all'incontro il fero Lancilotto
13.3con gli occhi accesi e con la faccia ardente;
13.4e con turbato suon tremante e rotto
13.5disse: “Chi fugge tra l'armata gente
13.6sempre in biasmar i buon fu ardito e dotto,
13.7e la chiara virtù che non è in lui
13.8oscura quanto può sempre in altrui.
14.1Ma se non fosse l'alta riverenza
14.2ch'al nostro re, qual'è dovuta, porto
14.3v'avrei di tutti i vostri alla presenza,
14.4per non mi far disnòr, non dirò morto
14.5ma la testa lassata e 'l mento senza
14.6gli effemminati velli, e 'l collo attorto
14.7d'uccello in guisa, e fatto eterno esempio
14.8a i falsi accusatori il vostro scempio.
15.1Che se ben non diceste il nome mio,
15.2né di farl'anco sète degno assai,
15.3bene intendo, Gaven, che son quell'io
15.4ch'Arturo e tutti i suoi sempre spregiai:
15.5che quanto sia menzogna sallo Dio,
15.6che sa ben ch'altra cosa non bramai,
15.7dapoi ch'io porto lancia e cingo spada,
15.8che di far notte e dì ciò che gli aggrada.
16.1E senza ragionar de merti vostri
16.2confermo ch'io rendei certo a Clodasso
16.3i due suo' figli, ch'eran prigion nostri,
16.4presi da me nel periglioso passo
16.5quand'io, salvando di Britannia i chiostri;
16.6fui nel sangue de' lor vermiglio e lasso,
16.7e feci sì ch'ei non si vantan oggi
16.8d'aver troppo calcati i vostri poggi.
17.1E s'io volsi del mio fare altrui dono
17.2(ch'eran miei di ragion, poi ch'io gli presi)
17.3perché accusato a sì gran torto sono
17.4che del mio re la maëstate offesi?
17.5Non avrebbe Clodasso in abbandono
17.6per questi due lassato i suoi paesi;
17.7poscia io non son, come voi sete, avvezzo
17.8di guerra i pregionier vendere a prezzo.
18.1E se nell'espugnar di qua dal mare
18.2Benicco, il luogo dov'io nacqui prima,
18.3mi venne in sorte d'ivi ritrovare
18.4del re la figlia, e non ne fei la stima
18.5ch'io veggio al vulgo ed a voi stesso fare
18.6come di spoglia veramente opima,
18.7ma, qual si convenia con donna tale,
18.8la rimandai nell'abito reale;
19.1devreste voi però tanto biasmarme
19.2e metter tra i superbi e tra i rubelli?
19.3Non volsi come avaro conservarme
19.4a miglior tempo lei co' suoi fratelli,
19.5ch'io cerco usar contr'a gli armeti l'arme,
19.6e non contra i legati e poverelli,
19.7né cangerò voler per altrui voglia,
19.8e seguane a chi può piacere o doglia.
20.1Debbon esser nemici i cavalieri
20.2mentr'hanno spada in mano o lancia in resta,
20.3ma cortesi, pietosi, amici veri
20.4come scarca dell'elmo aggian la testa:
20.5i fatti come voi stan crudi e feri
20.6più che leoni o torbini o tempesta
20.7verso i prigion, verso le donne umili,
20.8quanto verso i guerrier timidi e vili.
21.1Pur non di voi, che tutto invidia sète
21.2e sposar bramavate Claudïana,
21.3mi vo' doler, che fatta l'opra avete
21.4che far deve alma doppiamente insana;
21.5ben di voi sacro re, che ritenete
21.6di noi qui scettro e podestà sovrana,
21.7che, bench'a voi nipote, aggiate un tale
21.8in onor quasi a voi medesmo eguale;
22.1e vogliate soffir che inanzi a voi
22.2possa a torto a i migliori oltraggio dire:.
22.3Il peccare e 'l fallir de i servi suoi
22.4colpa è del re, s'ei non gli sa punire.
22.5Non avria di parlar sì altero in noi,
22.6senza il vostro volere, avuto ardire;
22.7però ricorro a voi, non perch'io attenda
22.8la vostra man ch'a vendicarne intenda:
23.1perché, mentre ho la spada, anzi ho la vita
23.2(ché senza quella ancor non manca il core),
23.3non cercherò d'alcun mortale aita
23.4per sollevare il mio battuto onore;
23.5ma sì vi prego io ben per l'infinita
23.6obbedïenza e per l'integro amore
23.7ch'io vi porto e portai che dir v'aggrade
23.8s'io seguo al mio dever contrarie strade”.
24.1Così detto s'assise, e stato alquanto
24.2il re tacito in sé rispose appresso:
24.3“Io non potrei negar che 'l primo vanto,
24.4tra molti cavalier che mi son presso,
24.5della vera prodezza, ed altrettanto
24.6d'amore, in voi non ritruovasi spesso;
24.7ma così altero in questo bello oprare
24.8che non potete aver signore o pare.
25.1Non niego io già che quel valor ch'è raro
25.2drittamente grandezza a i cori apporte;
25.3ma se 'l gran senno non vi fa riparo
25.4in superba fierezza si trasporte,
25.5che d'ogni consiglier più amico e caro
25.6a i prudenti sermon chiuggia le porte:
25.7tal ch'è virtù fra troppi vizi ascosa,
25.8come intra spine assai selvaggia rosa.
26.1E come quella mostra che spavente
26.2chi coglier la vorria d'aspra puntura,
26.3così fa quella alla matura gente,
26.4che quel che giova e nuoce in sen misura.
26.5Io debbo molto a voi, che veramente
26.6con sollecito cor prendeste cura
26.7quant'altro cavalier d'ogni mia guerra,
26.8non di qua men che nella nostra terra;
27.1ma s'anco io vi dicessi, mentirei,
27.2che non mi aveste in molte parti offeso
27.3in render prima i due, poi render lei
27.4senza aver pure il mio volere inteso;
27.5il medesmo che voi fatto n'avrei,
27.6ma miglior modo e miglior tempo atteso,
27.7ché fra noi si potea di cosa tale
27.8e sperare e temer gran bene o male.
28.1Non il poco veder, ch'assai vedete
28.2quando vi piace ben le luci aprire,
28.3ma 'l dispregio di me, la troppa sete
28.4di troppo in alto e sovra me salire
28.5fur la cagion per cui voluto avete
28.6più 'l desio vostro che ragion seguire:
28.7e far certo e palese a tutto il mondo
28.8che voi sete primiero, io son secondo.
29.1Ma per questo alto scettro che mi diede
29.2il re mio padre, Pandragone Utero,
29.3del quale egli era drittamente erede,
29.4succedendo al parente Vortimero
29.5che l'ebbe anch'ei nella medesma sede
29.6dal vechhio genitor suo Vertigero:
29.7per questo adunque a Lancilotto giuro
29.8ch'io farò sì ch'ei non sormonte Arturo;
30.1ma ch'ei sommetta il collo al giogo istesso
30.2come fan quei, che sono eguali a lui,
30.3né in oprar, né in parlar gli sia concesso
30.4in alcun modo d'oltraggiare altrui;
30.5intenda a governar piano, e rimesso
30.6i guerrieri, i compagni, i cugin sui:
30.7e s'ei si cangerà, cangerò anch'io
30.8secondo il suo volere, il voler mio.
31.1Perché s'ei fosse quel, ch'esser devrìa,
31.2non vorria dimostrar' d'essere ingrato
31.3ch'oltra gli onor, ch'io gli avea fatti pria,
31.4che quasi al par di me l'aveva alzato;
31.5può ben saper, che questa guerra sia
31.6per rendergli il paese, onde spogliato
31.7dal perfido Clodasso fu il re Bano,
31.8che in esilio morì tristo, e lontano.
32.1Il medesmo adivenne al re Boorte,
32.2che fratello onorato era del padre;
32.3e lui picciol fanciul nell'aspra sorte
32.4nudrì Vivïana, tolto alla sua madre:
32.5poi il menò giovinetto alla mia corte,
32.6dopo tante tempeste oscure, ed adre:
32.7io 'l trattai come figlio; ed or di tutto,
32.8può giudicare ogni uom qual'esca frutto”.
33.1Diceva ancor; ma riguardandol torto,
33.2qui l'interruppe irato Lancilotto:
33.3“Deh fuss'io già co' miei parenti morto,
33.4pria che qui ritrovarmi a tal condotto;
33.5ché del mio bene oprar biasmo riporto,
33.6e chi mi debbe alzar mi spinge sotto;
33.7e son chiamato ingrato da colui,
33.8ch'a me dee molto, ed io niente a lui.
34.1E che sia ver, qui presso è Galealto,
34.2il forte re dell'isole lontane.
34.3che vi diede in Brettagna tale assalto,
34.4che le forze di voi rendea già vane:
34.5volse Dio, che 'l suo core egregio, ed alto,
34.6pregiò me sol fra l'altre genti strane;
34.7e mi divenne amico sì verace,
34.8che volse a i preghi miei la vostra pace.
35.1E bene ad uopo fu, che d'altra parte
35.2eran là giunti di Clodasso i figli,
35.3ch'avean già molte mura a terra sparte,
35.4e molti vostri campi eran vermigli;
35.5quel ch'io facessi allor con forza, ed arte,
35.6altri a narrarlo la fatica pigli;
35.7so ben, che l'un con pace, e i due con guerra,
35.8fei, che non danneggiar la vostra terra.
36.1Or se, scacciati quei, venuto sete
36.2qui per punirgli, e far sicuro voi,
36.3con qual cor, con che voce affermerete,
36.4che guerreggiate per onor di noi?
36.5Desio di gloria, e di vendetta sete,
36.6non amor del re Bano, o d'altri suoi,
36.7del quale or vi conosco troppo parco,
36.8v'han qui menato ad espugnare Avarco.
37.1E quando e fosse pur, divotamente
37.2vi prego, che lassiate omai l'impresa;
37.3ch'io non intendo voi, né vostra gente
37.4adoprar per aita, o per difesa:
37.5ben' ho fatto, e farò più che dolente
37.6con questa man chi m'aggia fatto offesa;
37.7sì che potreste indietro ritornare,
37.8se voi per questo sol passaste il mare.
38.1Da voi rifiuto ogni paese, e loco
38.2già da' miei per addietro posseduto;
38.3perch'io prezzo niente, non che poco,
38.4ricchezze, possession, regno o tributo:
38.5ogni altra cosa insomma mi par gioco,
38.6se non quel vero onor, che n'è dovuto,
38.7dell'istessa virtù, che da noi nasce,
38.8e di cibo immortal gli animi pasce.
39.1Lasciatemi pur voi povero,
39.2co l'arme, e co i pensier, ch'io porto in seno,
39.3che s'io non potrò far tropp'alto volo,
39.4nella mia libertà starommi almeno:
39.5e poi che quanto più v'adoro, e colo,
39.6tanto son più scernito da Gaveno,
39.7e meno il mio servir sempre v'aggrada;
39.8non intendo per voi cinger più spada.
40.1Cosa che senza colpa io posso fare,
40.2non essendo tenuto a giuramento,
40.3né di cavalleria, né d'altro affare,
40.4ché d'ogni nodo libero mi sento;
40.5l'omaggio in vostra man lassai pigliare
40.6da Boorte, e da gli altri, a cui consento
40.7quanto mai troveran di tutto il bene
40.8de' nostri antichi, che Clodasso tiene.
41.1E' ver che nel mio cor disposto avea,
41.2di voi sempre seguire in ogni guerra,
41.3ma dispose altro la fortuna rea,
41.4che 'l cammin disegnato spesso serra,
41.5né desio men di quel che già solea,
41.6di vedervi felice, e grande in terra:
41.7Dio vi dia pur vittoria, e metta in core
41.8di pregiare, e inalzar chi merta onore”.
42.1Così detto s'assise: e 'l re sdegnoso
42.2risponde: “Senza fin grazie vi rendo
42.3de i buon ricordi, e del desio bramoso
42.4di tutto quello, ove la voglia intendo:
42.5che cerchiate per voi pace, e riposo;
42.6lasciando me, nessuno affanno prendo
42.7ché molti altri ho speranza all'onor mio
42.8d'aver più amici; e sovra tutti Dio.
43.1E non ci sendo voi, penserò avere
43.2d'ogni lite o questïon purgato il campo;
43.3io qua più in pace non potea tenere,
43.4né contro al vostro orgoglio avere scampo;
43.5se 'l Ciel vi dié d'ogni altro cavaliere
43.6di forza, e di valor suppremo lampo,
43.7devreste in guerra usarlo, e tra i nemici,
43.8non, com'or, ne i consigli, e tra gli amici;
44.1né contr'a me; cui la bontà divina
44.2ha più degno, ch'a voi, donato loco:
44.3gitene or dunque, dove più v'inchina
44.4l'alta vostra superbia, e 'l vostro foco,
44.5ché quel che 'l Cielo in alto mi destina,
44.6non mi potrà fallir, sia molto, o poco,
44.7altresì a voi, che 'l Re de la natura
44.8egualmente di tutti ha dritta cura”.
45.1Poi che 'l re si tacea, più non potendo
45.2il fido Galealto omai soffrire,
45.3incominciò: “Per quel ch'io veggio, e 'ntendo,
45.4troppo infiammati son gli sdegni, e l'ire,
45.5invittissimo re; né ben comprendo,
45.6come vi possa l'alma consentire,
45.7per sì breve cagion di perder tale,
45.8ch'assai più sol, che tutto il mondo vale.
46.1Lassiamo andar che 'l suo patir vi toglia
46.2di mano ogni vittoria ed ogni spene,
46.3e che ne dee venir disnore e doglia
46.4alla vostra corona, a gli altri pene,
46.5perché l'uom puote aver talvolta voglia
46.6di convertire in mal l'avuto bene:
46.7ma qual potrete dir giusta ragione
46.8che da voi nasca un simil guiderdone?
47.1Chi non sa di costui l'alto valore
47.2e 'n servigio di voi le divin'opre,
47.3o ch'egli è senza orecchie o ch'egli è fuore
47.4di questa vita, e molta terra il cuopre:
47.5ma quando ei fosse ascoso, al vostro core,
47.6ch'è il sommo testimonio, ognor si scuopre,
47.7ognor si mostra l'alta sua virtute,
47.8che partorì più volte a lui salute.
48.1Non è presente ognora a gli occhi vostri
48.2quel ch'ei fé contr'a me nel gran bisogno?
48.3Ei sol s'oppose a i gravi assalti nostri,
48.4gli affrenò sol (né a dirlo mi vergogno):
48.5ché chi 'l scrivesse, i più famosi inchiostri
48.6tutti presso di lui parrebber sogno.
48.7Col suo valore il mio furore estinse
48.8e con la sua bontade al fine il vinse.
49.1Vinsemi veramente la bontade
49.2ch'or non ha certo, e mai non ebbe pare;
49.3per lui vi feci io don delle contrade
49.4vinte prima da' miei nel vostro mare.
49.5Quando dall'altra parte e in altre strade
49.6nuovo soggiunse e periglioso affare
49.7de' figliuoi di Clodasso già discesi,
49.8e ch'avean molti fuochi intorno accesi,
50.1con qual cor, con che amor, con quanto ardire
50.2si mosse allora il chiaro Lancilotto?
50.3Ritenne i molti che volean fuggire,
50.4rimise insieme il vostro popol rotto;
50.5poi come tigre irata che rapire
50.6si veggia i figli corse a Camelotto,
50.7ch'era in man de i nemici e ben guardato,
50.8e in men d'un mezzo dì l'ebbe espugnato.
51.1Non perdé tempo, che 'l medesmo giorno
51.2con sollecito passo ancor raggiunse
51.3gli eserciti nemici, che ritorno
51.4al mar facean per tema che gli punse:
51.5fé lor danno infinito e sommo scorno,
51.6quando non aspettato sopraggiunse;
51.7férsi l'onde vermiglie in un momento
51.8e 'l ciel, la terra e 'l mar n'ebbe spavento.
52.1Non cessò, ch'ei trovò l'alta regina,
52.2la vostra nobilissima consorte,
52.3fatta per tema come neve o brina,
52.4che piangea lassa e disïava morte:
52.5così il buon duce e la virtù divina
52.6la trasser quindi da sì amara sorte,
52.7ma un punto sol ch'e' s'indugiava ancora
52.8era d'ogni speranza in tutto fuora:
53.1che già in braccio l'avean molti nocchieri
53.2per portarla dal lito al palischermo.
53.3Ma più ch'e' fosse mai pronto e leggieri
53.4fu Lancilotto, e lor non valse schermo;
53.5molti ne pose morti su' sentieri,
53.6gli altri tutti non tennero il piè fermo:
53.7chi fugge in quella parte, chi s'asconde,
53.8chi s'attuffò come delfin nell'onde.
54.1Co i legni de i nemici in questa parte,
54.2volando quasi, discendemmo allora;
54.3e mentre a fabbricar governi e sarte
54.4stavate inteso nel passaggio ancora,
54.5vinse otto volte tra congiunte e sparte
54.6le genti avverse ch'ei trovò di fuora:
54.7acquistò più paesi, passi e terre
54.8che 'l miglior non faria con mille guerre.
55.1Egli i monti spianò, largò le porte
55.2e vi fece il cammin dritto e sicuro
55.3che poteste venir con poche scorte
55.4senza impaccio trovar di fosso o muro;
55.5non vi fu alcuno a contrastarvi forte
55.6se non Avarco, cui fa saldo e duro
55.7non gente né vertù ch'ei chiugga in lui,
55.8ma il diviso voler che trova in vui.
56.1Fé che 'l gran re d'i Franchi v'ha mandato
56.2quattro suoi figli e 'l re Sicambro insieme,
56.3con sì fiorito stuolo e bene ornato
56.4e d'armi e di destrier, ch'ogni uom ne teme:
56.5ché Lancilotto nel materno lato
56.6uscendo dal real francesco seme,
56.7han voluto mostrar che ciò gli invita
56.8di dare a voi contro a Clodasso aita.
57.1Or son questi però fatti e servigi
57.2che si possan così porre in oblio?
57.3Che ne devreste doppo i fiumi stigi
57.4esser mai sempre conoscente e pio.
57.5Che ne diran di voi gli uomini ligi?
57.6Che i cavalieri strani, qual son io?
57.7Che speranza avran quelli e questi come
57.8potran render onore al vostro nome?
58.1E se pur qui di noi nulla vi cale,
58.2non vi cal di Colui che tutto vede,
58.3che ristora e punisce il bene e 'l male
58.4e da cui quanto abbiam nasce e procede?
58.5Ogni impresa ritorna vana e frale
58.6quando l'ingratitudine è mercede;
58.7ciò ch'ei fa, ciò ch'ei pensa, a scorno e danno
58.8al fin gli torna, ed a perpetuo affanno.
59.1Spogliate dunque omai l'ira novella
59.2e rivestite in voi l'antico amore,
59.3mirate ben ch'a ciò seguir n'appella
59.4il profitto comune e 'l proprio onore:
59.5che se l'occasïon, ch'or bionda e bella
59.6vi presenta la chioma a tal favore,
59.7tornasse il volto disdegnosa altrove
59.8in van poscia sarian l'umane prove”.
60.1Così diss'egli, e 'l buon re Lago il veglio,
60.2dell'Orcadi signor nel freddo cielo,
60.3di forza in prima e di prodezza speglio,
60.4or chiarissimo onor del bianco pelo,
60.5che da lunge scernendo il ben dal meglio
60.6del futuro scovrìa mai sempre il velo,
60.7non per divinità, ma per la vista
60.8che vecchia pruova ne' molti anni acquista;
61.1egli adunque levato disse: “Or come
61.2non vedete voi lassi apertamente
61.3che spingete sotterra il vostro nome
61.4e date il pregio alla nemica gente?
61.5Questa barba nevosa e queste chiome
61.6che devean già molti anni essere spente
61.7e questa vita stanca ancor si serba
61.8per veder tal di noi rovina acerba?
62.1Non vi sdegnate, Arturo, a dar credenza
62.2alle parole mie, che Pandragone
62.3e Vortimero ancor non fur mai senza
62.4bene approvar la nostra opinïone:
62.5come che poca avessi esperïenza,
62.6né sapessi però render ragione
62.7di molto più che di cavalli e d'arme,
62.8ebber sempre diletto d'ascoltarme.
63.1Voi, chiaro Lancilotto, che ripieno
63.2di valor e d'ardir più d'altro estimo,
63.3sappiate pur ch'anch'io mi tenni almeno
63.4secondo sempre, e ben sovente il primo,
63.5né giamai di timor mi strinse freno,
63.6e ponessemi il Cielo in alto o in imo:
63.7con Ettor, con Giron, con Febo il Bruno
63.8combattei spesso, e non cedeva a alcuno;
64.1e col vostro re Ban, col re Boorte
64.2mi ritrovai più d'una volta in pruova:
64.3vinsi e perdei, come volea la sorte,
64.4che non sempre l'istessa si ritruova;
64.5e se lor non venia subita morte
64.6io passava di qua con gente nuova
64.7per dar soccorso a quei, ma in mezzo il mare
64.8ebbi d'ambedue lor le nuove amare.
65.1Questo dich'io perché sappiate il vero,
65.2ch'io v'amo e v'amerò qual proprio figlio,
65.3e che vogliate credere al sincero
65.4mio, prego, ed amorevole consiglio:
65.5rendete obbedïenza al sommo impero
65.6del vostro Arturo, e pongasi in essiglio
65.7ogni altra cosa andata, che sovente
65.8l'uom di tosto crucciar tardi si pente;
66.1e ritornivi a mente come voi
66.2non sète in molte parti a lui simile:
66.3Dio gli ha dato poder sovra di noi
66.4come al degno pastor sovra l'ovile,
66.5e l'aver riverenza a i signor suoi
66.6nasce da nobil animo e gentile:
66.7e quanto in voi risplende più il valore,
66.8tanto più onor vi fia rendergli onore.
67.1E voi, famoso re, devreste porre
67.2ogni perturbazione omai da parte,
67.3legare i sensi e la ragione sciorre
67.4e rivestire il cor di real arte:
67.5la quale è dolcemente di riporre
67.6nel cammin dritto chi da lui si parte
67.7e serbare il corruccio all'ultim'ora
67.8che veggia altrui d'ogni speranza fuora:
68.1ché troppo spaventevole è quell'ira
68.2ch'accenda chi può far ciò che gli aggrada.
68.3Chi non guarda al principio, indarno tira
68.4il fren da poi che mal ritruova strada;
68.5rare volte cadrà chi fiso mira
68.6il cammin che dee far, né ad altro bada,
68.7e chi più tien nelle sue forze speme
68.8più truova intoppo che l'abbatte e preme.
69.1Non ha tanto fallito che non merte
69.2Lancilotto da voi largo perdono:
69.3ché spesso prende l'uom per vere e certe
69.4le cose che incertissime poi sono;
69.5pensò che voi gradiste quelle offerte
69.6ch'ei fé de' prigionieri, e ch'esso dono
69.7non vi devesse offendere: or che sente
69.8avvenirne il contrario, si ripente.
70.1Ricordatevi poi ch'un tal guerriero
70.2non si truova talor dopo molti anni,
70.3e chi l'ha, no 'l dee perder di leggiero,
70.4ma ben servarlo a simiglianti affanni.
70.5Egli ha molto giovato al vostro impero,
70.6e molti a tutti noi schivati danni:
70.7egli, è pur sempre (e tutto il mondo sallo)
70.8stato del vostro campo argine e vallo”.
71.1Al buon vecchio reale il grande Arturo
71.2tal feo risposta, e molto meno irato:
71.3“Ben vegg'io quanto sia saggio e maturo
71.4l'alto consiglio che da voi n'è dato,
71.5ottimo re dell'Orcadi, e vi giuro
71.6che la forza e l'onor m'han qui menato,
71.7ch'io l'ho mai sempre col medesmo amore
71.8che si deve un figliuol portato in core.
72.1Ma con qual degnità soffrir poss'io
72.2e gli oltraggi e gli scherni ch'e' mi face?
72.3Chi l'adorasse pur qual proprio Dio
72.4a pena seco aver potrebbe pace;
72.5sempre sprezza e contrasta al parer mio,
72.6e di maggior tenermi gli dispiace:
72.7di nessun più gli cale, ogni uomo sdegna
72.8quest'anima d'orgoglio e d'ira pregna”.
73.1Qui Lancilotto, lui mirando torto,
73.2sdegnato più che mai così dicea:
73.3“Voi mi vedrete pria sotterra morto
73.4che seguirvi mai più com'io solea.
73.5Per altro nuovo mare, in altro porto
73.6mi condurrà la mia fortuna rea,
73.7e la ragion mi fa sperar ch'un giorno
73.8bramerete anco indarno il mio ritorno”.
74.1Finite le parole, volse il piede
74.2verso il suo padiglion, poco lontano;
74.3e Galealto pio ripien di fede
74.4il seguitava sol, tacito e piano.
74.5Vòta lasciò di sé la real sede
74.6Arturo, e seco ogni altro capitano;
74.7poi ripien di pensier, turbato e bruno
74.8al proprio albergo ritornò ciascuno.
75.1Posesi Lancilotto lungo il rio,
75.2lontan da tutti i suoi, doglioso e solo;
75.3e d'uccider Gaveno ora ha disio
75.4e di dare al suo re perpetuo duolo,
75.5or dove il porterà suo destin rio
75.6di prender brama un disperato volo:
75.7e mentre questo e quel danna ed appruova
75.8Viviana innanzi a gli occhi si ritruova.
76.1Alla qual cominciò: “Cara e gioconda
76.2più ch'essa madre ch'io non vidi mai,
76.3chi v'ha menato qui sopra quest'onda
76.4a contemplar le mie vergogne e i guai
76.5ond'oggi sì gran numero m'abbonda
76.6che per mille oltra me sariano assai?
76.7Or son gli onori, or son le palme queste
76.8che tante volte già mi prediceste:
77.1ch'io devea sovr'ogni altro tanti pregi
77.2aver vivendo, e dopo morte poi
77.3uscirebber di me tanti alti regi
77.4adorati da i Galli e ' vicin suoi
77.5ch'eterni serveriano i manti e i fregi
77.6d'ogni real virtù sopra gli eroi,
77.7il famoso Francesco, il grande Enrico
77.8ch'avanzerebbe ogni valore antico?
78.1Ben contrario è il principio, se Gaveno
78.2ha pure avuto ardir d'oltraggio dirme:
78.3né voll'io rintuzzar l'empio veleno,
78.4pensando contr'a tal troppo avvilirme.
78.5Parlai col re, che mi pensava almeno
78.6che per ragion devesse favorirme;
78.7e 'l trovai sì contrario e tanto ingrato
78.8che 'n meraviglia estrema son restato”.
79.1Così diceva, allor che sospirando
79.2fece la donna a lui risposta tale:
79.3“caro figliuol, così vi chiam'io quando
79.4sempre amor vi portai di madre eguale,
79.5io vi trovai d'ogni ventura in bando
79.6vicino al lago, il nido mio natale,
79.7con la misera madre, a cui vi tolsi
79.8nato d'un anno, e meco vi raccolsi;
80.1ove con somma e vera caritade
80.2vi nutrii fra gli studi e ' buon costumi
80.3quai d'anno in anno richiedea l'etade,
80.4ma in dura vita e ne i selvaggi Dumi,
80.5inviandovi al Ciel per l'erte strade
80.6e di gloria mostrando i veri lumi
80.7or con saggi ricordi, or con essempi
80.8di quei miglior de i più lodati tempi:
81.1né gran fatica fu; perché le stelle,
81.2com'io ben conosceva, v'inchinaro
81.3alle imprese lodate, altere e belle,
81.4a mostrarvi fra gli altri unico e chiaro;
81.5benché alcune di lor contrarie e felle
81.6spesso qualche sventura minacciaro:
81.7che 'l corso di virtù non dura troppo
81.8che non trove in cammin più d'uno intoppo.
82.1Ma questo è quel ch'al gran valore aggrada,
82.2che senza affaticar non prezza onore.
82.3Ora adunque, figliuol, per tale strada
82.4del terzo lustro vi condussi fuore:
82.5dièvi la lancia allor, cinsi la spada
82.6- ben servate del Ciel le felici ore -,
82.7posi sopra il destrier, menàvi in corte
82.8d'Arturo a seguitar la vostra sorte:
83.1di cui doler non vi devreste certo,
83.2cominciando a guardar con occhio sano
83.3pria Melianso, da ciascun deserto,
83.4quando voi sol con giovinetta mano
83.5ardiste di sferrarlo, e dire aperto
83.6a qualunque uom che fosse ivi o lontano,
83.7ch'amar dicesse gli inimici suoi,
83.8che voi l'uccidereste, od esso voi:
84.1per cui ve ne seguir battaglie tante,
84.2e di tutte la palma riportaste.
84.3Indi soletto e cavaliero errante
84.4la dolorosa guardia conquistaste:
84.5per la qual mille volte e mille avante
84.6furo in van da i miglior rotte mille aste;
84.7ciò fu vostra virtù, ma la fortuna
84.8pur guidata da Dio con lei s'aduna.
85.1L'uno e l'altro gigante a Camelotto,
85.2che facea la Brettagna mal sicura,
85.3fu nell'estremo fin per voi condotto,
85.4e disciolto il terren d'aspra paura;
85.5poi liberaste Arturo, ch'era sotto
85.6chiavi serrato e fra incantate mura
85.7di Camilla spietata ed impudica,
85.8con gran vostro periglio e più fatica.
86.1Molte poi gravi imprese in sì pochi anni
86.2al fin traeste, ch'io devrei contare:
86.3però che 'l rimembrar' gli andati affanni
86.4suole il presente duol men duro fare,
86.5tanto più quanto son d'onte e di danni
86.6nudi, e vestiti di vittorie chiare;
86.7ma questo basti assai per farvi accorto
86.8che 'l troppo lamentar sarebbe torto.
87.1Prendete dolcemente adunque in grado
87.2il presente dispregio che vi viene,
87.3ché mal si può d'onor trovare il guado
87.4senza spesso trovar chi il piè ritiene.
87.5l'assenzio in terra è molto, il mèle è rado,
87.6corto sempre il gioir, lunghe le pene;
87.7ma i buon contro a fortuna innalzin l'alma
87.8come contro all'incarco invitta palma”.
88.1Così disse Viviana, ed ei risponde:
88.2“Non m'affligge il pensier, madre pietosa,
88.3percossa o forza delle mortali onde
88.4né tempesta che surga atra e noiosa:
88.5ma il veder sol che quella parte, d'onde
88.6sperava ogni mio ben, mi venga odïosa,
88.7e quel ch'io servi' già con tanto zelo
88.8mi spinga al centro, com'io l'alzo al cielo.
89.1Ma tal prenderò volo, e sì lontano,
89.2che 'l nome ingrato non m'offenda il core,
89.3ove in Dio porto speme, e 'n questa mano,
89.4di poterne ritrar più largo onore,
89.5come trasposta in un terreno strano
89.6suol la pianta portar frutto migliore:
89.7e perché non si può destare in noi
89.8l'indomita virtù de i primi eroi?
90.1Il cangiar di paese mi porria,
90.2come di molti s'è parlato e scritto,
90.3cangiar in buona la fortuna ria
90.4e 'n lieto ritornar lo stato afflitto:
90.5non è oggi per me chiusa la via
90.6de' neri Garamanti e dell'Egitto
90.7o de' luoghi più là verso l'aurora
90.8più ch'a Bacco ed Alcide fosse allora”.
91.1Mentre così parlava, gli risponde
91.2sorridendo la donna in tai parole:
91.3“Non della Luna i Monti o del Nil l'onde
91.4o qual di Giove la tebana prole,
91.5là 've più ch'a noi qui tardo s'asconde
91.6o più tosto e più bel si mostra il sole
91.7o dove scalda più, convien cercare,
91.8volendovi co i merti eterno fare:
92.1perché in questo paese e 'n questo loco,
92.2in queste nostre parti ime e palustri
92.3v'è dato ad esser tal, che parran gioco
92.4quante altre antiche furo opere illustri;
92.5stancheransi le penne, e verrà fioco
92.6per voi più d'un poeta, e gli anni e i lustri
92.7e i secoli infiniti non potranno
92.8fare al gran nome vostro ingiuria o danno;
93.1e crediatemi certo, ch'io non dico
93.2cosa che non mi sia ben manifesta:
93.3però che intera di Merlino antico
93.4la divina scïenza oggi mi resta;
93.5che nel tempo ch'ei fu mio caro amico
93.6udì cortese la preghiera onesta
93.7ch'io gli fei di chiarirmi l'arti oscure
93.8di preveder le cose a noi future.
94.1E pria che ciò avenisse, gli avea detto
94.2ch'io d'aver un figliuol bramava molto,
94.3ma che sopra il mortal fosse perfetto,
94.4di virtù colmo e d'ogni vizio sciolto,
94.5che si chiamasse il cavaliero eletto
94.6ove il Cielo ogni bene avesse accolto.
94.7Femmi risposta: - Donna, a non mentire,
94.8di voi non debbe prole rïuscire.
95.1ma vi apprenderò il modo onde potrete
95.2averne un che fia tal, ch'appunto nacque
95.3il passato anno: a cui le stelle liete
95.4prometton quanto onore in uom mai giacque;
95.5in tal modo, in tal tempo il troverete -;
95.6e mi fé ben vedere il luogo e l'acque
95.7là 'v'io v'accolsi, e l'incantato lago
95.8in cui soletta d'abitar m'appago.
96.1Né mancò tutto quel di farmi poi,
96.2che v'è avvenuto e vi avverrebbe, chiaro,
96.3affermando: - Ei sarà mai sempre a voi
96.4come del ventre stesso amato e caro,
96.5e de' pregi divin, de i merti suoi
96.6fia 'l vostro cor più che di vita avaro -.
96.7Così dicea sovente, e non trovai
96.8che d'un momento sol fallisse mai.
97.1Desïando esso poi di sposa averme,
97.2non mi piacque accordarmi alle sue voglie,
97.3che poi ch'uscir di me non devea germe
97.4volli sola restar fra le mie soglie;
97.5ma perché di me semplice ed inerme
97.6non riportasse al fin vittoria e spoglie
97.7uom ch'era armato d'immortal sapere,
97.8mi convenne al mio stato provvedere;
98.1e 'n questo convenente gli promessi
98.2ch'ei mi facesse un loco fabbricare
98.3il qual serrato eternemente stessi,
98.4né forza o ingegno vi potesse oprare:
98.5ma che 'l modo d'aprirlo io sola avessi,
98.6lontana o presso ch'io 'l bramassi fare,
98.7perch'aveva un nemico ch'io temea
98.8che non mi conducesse a morte rea;
99.1e ch'ancor mi mostrasse il modo e l'arte
99.2d'antiveder, qual ei, ciò ch'esser deve:
99.3che s'io mi ritrovassi in qualche parte
99.4senza l'aita sua, mi fosse leve
99.5per la virtù di sue celesti carte
99.6esaminar mia sorte o lieta o greve,
99.7schivando accorta ogni mortale inganno
99.8che mi potesse far vergogna o danno.
100.1Amore oprando in lui sì come suole
100.2mai sempre usare in ogni suo seguace,
100.3fé che Merlino, il qual sapea del sole
100.4tutti i segreti e d'ogni errante face,
100.5non conobbe esser false le parole:
100.6ma stimando il mio dir certo e verace
100.7fabbricò il loco, e diemmi la dottrina
100.8per cui si scorge la virtù divina;
101.1onde agevol mi fu quasi in quell'ora,
101.2mostrando far di quello albergo pruova,
101.3di serrarl' ivi, dove ancor dimora,
101.4e 'n cui l'alto saver nulla gli giova:
101.5e di trarl' indi mi ritiene ancora
101.6l'antica ingiuria e la temenza nuova,
101.7ché 'l Ciel mi mostra che s'ei fosse sciolto
101.8mi saria con la vita ogni ben tolto.
102.1Vedeva ancor che 'l gran valor di voi
102.2devea nel tempo mortalmente odïare,
102.3non sperand'ei giamai ch'alcun de' suoi
102.4potesse a pari altezza sormontare:
102.5né pensava io possenti ambedue noi
102.6d'alla sua gran dottrina contrastare,
102.7ché la spada non val contr'a quell'arte,
102.8ed io so molto men che le sue carte.
103.1Così merta perdon la rotta fede
103.2e 'l mio duro voler che sembra ingrato:
103.3ché l'altrui mal, che per suo ben procede,
103.4sovente ha tra' miglior perdon trovato.
103.5Or per tornare a voi, d'onore erede
103.6v'ha fatto il Ciel, che sempre sia lodato:
103.7e ciò fia in questo loco, in questa terra,
103.8in questo tempo istesso, in questa guerra.
104.1Pregovi or dunque, o mio famoso figlio,
104.2che senza altro pensar qui vi restiate,
104.3e che nel mio materno util consiglio
104.4(qual conviensi a ragion) speranza aggiate:
104.5che vedrete in tal pena e 'n tal periglio
104.6le genti altere che vi furo ingrate,
104.7e 'n così sanguinoso e largo strazio,
104.8che vi farà pietoso, non che sazio”.
105.1Nel fin delle parole, il gran guerriero
105.2tutto cangiato in cor rispose tale:
105.3“Perch'ogni vostro detto amico e vero
105.4sempre ho trovato, e con gli effetti eguale,
105.5vi credo interamente: e s'all'impero
105.6d'Arturo annunzia il Ciel futuro male,
105.7voglio obbedirvi, e qui restar da parte
105.8senza ferro vestir, né seguir Marte;
106.1s'io no 'l vedessi al fine in tale stato
106.2che l'onore e 'l dever forza mi fesse,
106.3ch'al non fallire in ciò pur m'han legato
106.4di chiara nobiltà le leggi istesse.
106.5Ma da necessitade in più d'un lato
106.6lui vedrò prima e le sue genti oppresse:
106.7non per conforto mio, ché nobil petto
106.8non può dell'altrui mal prender diletto;
107.1ma perché tutto il mondo ed egli impari
107.2a non esser ingrato a chi ben serve,
107.3a non mai dispregiar gli amici rari,
107.4l'empie lingue onorando e le proterve;
107.5né sotto un giogo fare andar di pari
107.6leoni arditi e timidette cerve,
107.7ma saggiamente e con ragion disporre,
107.8poi secondo il dever levare e porre.
108.1E perché suol la gregge e 'l vile armento
108.2dormir con guardia di fossato o muro,
108.3e 'l feroce leon senza spavento
108.4aperto in mezzo i boschi star sicuro,
108.5non vo' che cinga il nostro alloggiamento
108.6cosa che renda il passo angusto o duro:
108.7meco la guerra avrà, non con la soglia,
108.8che di quindi scacciarmi avesse voglia”.
109.1Così detto, spianar gli argini e i valli
109.2e riempier i fossi feo d'intorno,
109.3quanto lo spazio tiene ove i cavalli
109.4e gli altri suoi guerrier facean soggiorno:
109.5comandando a i compagni ed a i vassalli
109.6che non vestisser arme notte o giorno,
109.7se contro a lor non si vedea l'assalto;
109.8ed a suoi fé 'l medesmo Galealto.
110.1Così tutto ordinato, già Viviana,
110.2d'averlo ritenuto assai contenta
110.3da lui disparve, e gìo poco lontana,
110.4sotto il suo lago, a' primi studi intenta;
110.5ed ei con Galealto, dell'umana
110.6miseria ragionando, si lamenta,
110.7poi conchiudon fra lor che l'uom lodato
110.8dee queto stare a quanto il Ciel gli ha dato.
111.1Ma perché già inchinava all'occidente
111.2Febo, menendo il giorno in altra parte,
111.3prendé ristoro omai tutta la gente
111.4tra le semplici mense a terra sparte;
111.5sotto l'albergo poi, che rozzamente
111.6di frondi è fatto con salvatic'arte,
111.7si ripon lassa sopra giunchi e paglia,
111.8in fin che 'l nuovo dì nell'alba saglia.
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