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1.1– Se tanto fia il mio duol gravoso e forte
1.2quant' empia è la cagion ch' a ciò mi mena,
1.3avrà vittoria ancor di me la morte,
1.4e fia del danno mio minor la pena;
1.5ahi reo destino, ahi dispietata sorte,
1.6dammi almen una inessicabil vena,
1.7acciò che sfogar possa il martir mio
1.8sin che di lagrimare avrò desio.
1.9O più ricco d' onor che di tesauro
1.10famoso fiume, e voi dive cultrici
1.11de le beate rive del Metauro,
1.12ch' andaste un tempo al mar ricche e felici
1.13col vostro corno pien di perle e d' auro,
1.14se mai sempre vi siano i cieli amici,
1.15le sponde ognor gemmate e l' onde chiare,
1.16non date più tributo al crudo mare:
1.17ahi fiero mar, perch' hai spento e sommerso
1.18ogni diletto de la miser' alma,
1.19e 'l mio gioir in lagrime converso,
1.20dando ad un greve duol di me la palma?
1.21perch' hai ogni mio ben rotto e disperso,
1.22e tolta agli occhi la gradita et alma
1.23luce che mi facea la vita cara,
1.24or sì noiosa, e più che morte amara?
1.25Togliesti a lui la vita, a me quel bene
1.26ond' io vissi sin qui lieta e felice,
1.27acciò ch' io pianga in queste incolte arene
1.28più ch' altra che qua giù viva infelice;
1.29svellesti sul fiorir l' alta mia spene
1.30(ahi sventurata!) insin da la radice,
1.31perché d' ogni gioir scevra e lontana
1.32essempio io sia d' ogni miseria umana.
1.33Lassa, perché come sommerso avete
1.34con seco ogni mia gioia, ogni diletto,
1.35tutte le cose che gioconde e liete
1.36erano de' tristi occhi unico oggetto,
1.37l' afflitta vita ancor non sommergete
1.38or fatta di martir solo ricetto,
1.39ahi onde infami e rie, perché non sia
1.40sì lunga e sì crudel la pena mia?
1.41Misera me, ché mentre splende il sole,
1.42e stende in lieto giro i suoi be' rai,
1.43mentre Cinzia lassù dolci carole
1.44fa con le stelle, io non ho pace mai;
1.45sempre il cor lasso si lamenta e duole,
1.46e versa il petto fuor sospiri e lai;
1.47testimonio n' è il Ciel, che m' ode e vede,
1.48e le ricchezze mie lieto possiede.
1.49Perché non piangi meco, ahi mondo ingrato,
1.50ahi secolo infelice, i nostri danni,
1.51di cotanto valor privo et orbato
1.52quanto non vide il ciel molti e molt' anni?
1.53Perché sì tosto hai colto, ahi crudo fato,
1.54solo cagion di tanti nostri affanni,
1.55quel vago fiore, onde attendeva il mondo
1.56frutto tanto soave, e sì giocondo?
1.57Ma, lassa, a che più piango? Anima bella,
1.58tu sei salita in Cielo, ivi risplende
1.59la tua virtù, quasi fulgente stella
1.60che rive e poggi di vaghezza accende;
1.61e sì come di Dio diletta ancella
1.62che tutte l' ore in miglior usi spende,
1.63lasciata in terra ogni tua parte oscura,
1.64contempli l' alto Dio de la natura.
1.65Se spento è quell' amor che mi portasti,
1.66ché non ti lice amar cosa terrena,
1.67e que' pensieri maritali e casti
1.68che mi posero al cor dolce catena,
1.69vincati almen pietà tanta che basti
1.70di quella grave et incredibil pena
1.71che per l' acerba tua da me partita
1.72odiar mi fa i piaceri, odiar la vita:
1.73rivolgi gli occhi a questi bassi chiostri,
1.74e vedra' i colli d' Ombria e la campagna,
1.75che del tuo dipartir, de' danni nostri,
1.76ad alta voce si lamenta e lagna;
1.77e deposto le perle e l' oro e gli ostri,
1.78da l' Appennin sin a Pisauro bagna
1.79di pianto l' erbe, e chiama il mar crudele,
1.80di doglia empiendo il mondo, e di querele.
1.81Vedrai me, che rivolti i lumi u' sei
1.82per forza di destin salita al Cielo,
1.83misera sfogo i dolorosi omèi,
1.84avolta in panni oscuri, in negro velo,
1.85e stillo gli occhi lacrimosi e rei
1.86in pianto amaro, mentre il Dio di Delo
1.87fa lieto il mondo, e mentre l' umid' ombra
1.88di tenebre e d' orror la terra ingombra.
1.89Vedrai il mio Signor pensoso e solo
1.90de la tua morte star mesto e dolente,
1.91con di cure moleste un lungo stuolo
1.92intorno al cor sì saggio e sì prudente,
1.93e più che d' altro vago del suo duolo
1.94fuggir le schiere de la lieta gente,
1.95e di tua compagnia spogliato e privo
1.96star come senza umor fontana o rivo.
1.97Accogli i miei pensier, che d' ora in ora
1.98per poggiar dove sei spiegano l' ale,
1.99e rimandali a me grata talora
1.100a darmi alcun conforto in tanto male;
1.101e 'n sogno almen, quand' a noi vien l' aurora
1.102col giorno in sen dal lido orientale,
1.103mostrati a consolar questa meschina
1.104ch' a sì lunghi martiri il Ciel destina.
1.105Spogliate, accioch' io sparga, o verginelle,
1.106l' urna ove rio destin chiude il mio core,
1.107l' urna ch' asconde tante cose belle,
1.108tante rare virtù, tanto valore,
1.109de' lor bei doni e queste piaggie e quelle,
1.110se i miei sospir non hanno arso ogni fiore;
1.111e poi che sparsa l' ho già del mio pianto,
1.112sparghiamola di croco e d' amaranto;
1.113e di ghirlande e di pregiato alloro
1.114coronate l' insegne ond' ell' è adorna,
1.115ove l' onor col volto almo e decoro
1.116come in suo proprio ostel lieto soggiorna,
1.117ove le nove suore al pletro d' oro,
1.118sempre che 'l dì ridente a noi ritorna,
1.119inghirlandate l' onorate chiome,
1.120cantano le sue lodi e 'l suo bel nome. –
1.121Così dove l' Isauro si deriva
1.122dal famoso Appennino, e 'n mar s' asconde,
1.123CAMILLA afflitta, e d' ogni gioia priva,
1.124velata di dolor le chiome bionde,
1.125dicea piangendo, e di tutt' altro schiva,
1.126al cui suon rispondean le rive e l' onde,
1.127e con soavi e dolorosi accenti
1.128suonava “Antonio, Antonio” il lido e i venti.
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