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1.1Cantate meco omai, Sesto et Abido,
1.2ah misere città, meco cantate;
1.3anzi piangete il grave danno vostro,
1.4piangete meco il vostro alto dolore,
1.5acciò che 'l mondo da la nostra voce,
1.6e da l' amaro et angoscioso pianto,
1.7de' vostri cari e sfortunati figli
1.8sappia le nozze tenebrose et adre,
1.9le quai non scorse quel sovran pianeta
1.10ch' ogni nostro operar contempla e mira;
1.11le nozze che sol vide una lucerna
1.12co' suoi be' lumi tremuli e vivaci.
1.13O lucerna, d' Amor ministra e serva,
1.14tu sola i basci di Leandro e d' Ero
1.15vedesti, e sola udisti i lor sospiri;
1.16ben era degno che nel terzo Cielo,
1.17come stella d' Amore ardente e bella,
1.18t' alzasse chi lassù regge e governa,
1.19se da l' orgoglio degli irati venti
1.20guardavi il foco tuo lucente e vivo:
1.21ma chi dona favore al canto mio,
1.22e chi forma a la voce le parole?
1.23Santa madre d' Amor, primo e maggiore
1.24diletto degli Dei, che col tuo lume
1.25rendi l' aere seren, lieta la terra;
1.26che col caldo gentil del tuo bel foco
1.27ardendo dolce il cor d' ogni mortale,
1.28in eterna union conservi il mondo:
1.29se la cara Ero tua più volte hai scorta
1.30e d' acanti e di gigli e di narcissi
1.31ornar i tuoi devoti e sacri altari,
1.32il tuo santo favor larga mi presta,
1.33e solleva i pensieri e l' intelletto.
1.34Sesto et Abido il mar famoso et empio,
1.35là dove Xerse con armati legni
1.36pose a l' orgoglio suo sì duro giogo,
1.37divide con brevissimo intervallo:
1.38Leandro in questa, in quella Ero le luci
1.39sotto un influsso di maligne stelle
1.40a le miserie de la vita aperse.
1.41Tu, che cercando pellegrino e vago
1.42vai de la terra ogni riposta parte,
1.43e varchi fiumi, e solchi stagni e mari,
1.44se in quelle arene mai l' aura ti porta,
1.45mira, ch' un' alta torre anco vedrai,
1.46che nel salso licore i piè si lava:
1.47ivi la verginella umile e queta,
1.48da tutte l' altre vergini lontana,
1.49e dai diletti giovenili, sola
1.50con la nudrice sua casta vivea;
1.51ma guàrdati da l' ira e da lo sdegno
1.52di quel mar senza fé, sempre turbato,
1.53sempre assetato de le nostre vite.
1.54Non lungi a la gran torre un ricco tempio
1.55gli abitanti devoti di quel loco
1.56di vago e bel lavoro aveano alzato,
1.57dove ad ogn' anno il dì sacro e solenne
1.58de l' alma Citarea, del biondo Adone,
1.59si celebrava con festoso grido:
1.60de la qual santa Dea l' alta fanciulla
1.61bella ministra e semplicetta ancella,
1.62or dolci prieghi umili a lei porgea,
1.63or voti e doni al pargoletto figlio,
1.64per non provar l' ardor del suo bel foco.
1.65Perché, infelice, t' affatichi indarno?
1.66Misera, a l' aure le parole spargi,
1.67invan le tue preghiere, i tuoi lamenti
1.68ai sordi orecchi del tuo fato andranno;
1.69né perciò scamperai dal duro colpo
1.70degli strali d' Amor pungenti e caldi.
1.71Poi che l' Aurora il dì festo et altero
1.72coronato di rose e di viole
1.73da le porte del Ciel gelata aperse,
1.74tutti gli abitator che de' vicini
1.75campi l' acque bevean lucenti e chiare
1.76vennero presti ad onorar la diva;
1.77né giovenetto alcun che roso avesse
1.78il cor da dolci et amorosi vermi
1.79restò quel dì ne le paterne case,
1.80sol per gli occhi cibar di quella luce
1.81di cui lo suo desir si pasce e nutre;
1.82la fanciulletta con le chiome d' oro,
1.83ove ricchi legami Amor tessea,
1.84sovra gli omeri sparse, or di frondose
1.85ghirlande fatte con sottil lavoro
1.86il crine ornava de la santa Dea,
1.87or dal bel grembo suo pioggia di rose
1.88sovra l' ornato altar lieta spargea.
1.89Vagliami il vero, Apollo: il verde alloro,
1.90mentre d' umana forma si vestiva,
1.91le avrebbe dato di bellezza il pregio,
1.92ché ninfa fonte alcun, né cielo diva,
1.93bella come costei vide giamai.
1.94Non così incauto e semplicetto vola
1.95al chiaro lume ove sua morte alberga
1.96il picciolo animal con l' ali tese,
1.97come la turba de le genti accolte
1.98correa di stupor piena e di desire
1.99al vago raggio de la sua beltate;
1.100e dal volto seren formato in cielo
1.101con le luci pendendo, e coi pensieri,
1.102con le parole tacite de l' alma
1.103dicea fra sé ciascun: Son stato a Sparta,
1.104ché con gli Lacedemoni contende
1.105del pregio di beltate e di vaghezza,
1.106togliendo a Grecia ogni sua gloria e vanto;
1.107ma quanto d' erbe avanza e di viole
1.108giovene primavera il vecchio verno,
1.109tanto costei ogni bellezza loro:
1.110o tre volte felice e fortunato
1.111cui con aperta man largo destino
1.112farà sì ricco e sì pregiato dono!
1.113Mentre che intenti a l' alta maraviglia,
1.114a sì strano miracol di Natura,
1.115così dicendo avean ferme le ciglia,
1.116la donzelletta vaga oltra misura
1.117con lenti passi per lo tempio andava,
1.118cui con le penne tese a paro a paro,
1.119che lor dava il desio, seguian le menti
1.120de' miseri, ch' ardean nel suo bel foco:
1.121ma in parte ove mortal vista non giunge
1.122celava ogn' altro le sue chiare fiamme,
1.123sol tu, Leandro, ne' be' lumi avendo
1.124il bevuto velen mandato al core,
1.125mostrasti ne la fronte i tuoi pensieri;
1.126e rimirando lei, col viso adorno
1.127d' amorosa pietate e di desio,
1.128pace chiedesti umile a' suoi begli occhi;
1.129ond' ella, che de' tuoi dolci desiri
1.130leggea di man d' Amor le note impresse
1.131nel volto ardente, ove scritti eran tutti,
1.132senza coprir di nebbia di disdegno
1.133il tranquillo seren del vago viso,
1.134co' suoi sguardi rispose ai prieghi tuoi:
1.135così la speme, ch' ancor in disparte
1.136da te si stava timida e dubbiosa,
1.137col viso e col cor lieto a te chiamasti.
1.138In questa il cerchio de la fredda terra
1.139a coprir cominciò l' oscura notte
1.140con l' ali fosche, e col suo bruno manto;
1.141da le tenebre cui fatto securo
1.142il desioso amante, sospirando
1.143la bianca man de la fanciulla strinse:
1.144a sé la ritirò la giovenetta,
1.145d' un simulato sdegno adorna il volto,
1.146e ver l' estreme parti di quel tempio
1.147mosse con lenti passi il gentil piede;
1.148indi, vedendo che d' ardir ripieno,
1.149che gli donava Amore, ei la seguia,
1.150nel sembiante turbata et orgogliosa:
1.151Chi ti dà questo ardir? basso dicea,
1.152Dove me verginella incauto segui?
1.153me di superbo e ricco padre nata?
1.154Prendi novo sentier, fuggi da l' ira
1.155de' miei parenti, o giovene infelice!
1.156Al furor dolce de l' irate voci,
1.157con cui fanciulla suol prometter pace
1.158a la dubbiosa guerra degli amanti,
1.159conobbe tosto il giovin pellegrino
1.160ch' ella a disporre cominciava l' alma
1.161d' esser al suo voler grata e cortese;
1.162perciò dal collo suo bianco e gentile
1.163involandone un bascio dolce e caro,
1.164in tai parole la sua lingua sciolse:
1.165O più degna del Ciel che de la terra,
1.166ché mortale non sei, se dritto miro
1.167al viso, agli atti, al passo, a le parole,
1.168deh, per pietate i miei desiri alloggia
1.169nel puro seggio del tuo core, e degna
1.170l' alma de la prigion del tuo bel petto;
1.171me, che stretto e legato Amore adduce
1.172col laccio d' or che del tuo crine ordio,
1.173o per tuo sposo o per tuo servo accogli:
1.174non ama questa Dea ch' onori e coli
1.175le caste verginelle, e i duri petti
1.176armati d' onestà fredda e gelata,
1.177ma le tenere menti, e i caldi letti
1.178de la fiamma d' amor soave e grata,
1.179ne' quai gioco e piacer si scherzi e voli.
1.180Felice Endimione, anzi beato,
1.181tu senza sparger le parole al vento,
1.182la sorella del Sol candida e vaga
1.183accendesti d' amor dolce e gentile;
1.184e quei freddi pensier di castitate
1.185di cui l' alma copria scaldasti in guisa,
1.186che sovente dal ciel nel tuo bel monte
1.187scendendo, teco si diporta, e teco
1.188pasce gli armenti tuoi cornuti e bianchi:
1.189credi, bella fanciulla, al parlar mio,
1.190credi a la Dea, che da quel sacro altare
1.191par che coi cenni suoi t' exorti e prieghi.
1.192Tant' ebbero vigor queste parole,
1.193che 'l duro ghiaccio de la fredda mente
1.194stillâr, sì come bianca neve il sole:
1.195Amor che ad ogni cosa era presente,
1.196senza più ritrovar contesa o schermo,
1.197per la strada degli occhi andando al core,
1.198con ombre oscure, e color chiari e vivi,
1.199pinse la bella Idea del giovenetto;
1.200u' come in specchio trasparente e bello
1.201l' anima pargoletta si mirava,
1.202coi lumi intenti, e con la lingua muta.
1.203Come cervetta solitaria e vaga,
1.204che pronto pastorello abbia ferita,
1.205fugge or ne' campi, or ne le selve ombrose,
1.206né loco trova ove la doglia acqueti,
1.207così questa donzella alta e gradita
1.208sentendo al cor la velenosa piaga,
1.209ora il tenero piè movendo, trita
1.210l' arida terra, or china gli occhi e 'l viso,
1.211or con la gonna i belli omeri vela,
1.212e col muto silenzio apre e dimostra
1.213chiaro i secreti suoi caldi desiri.
1.214Santo silenzio de' pensier celati,
1.215de le fanciulle messaggiero accorto,
1.216tu con parole tacite e con cenni
1.217dimostri il vero a le dubbiose menti:
1.218luce importuna o pur garrulo augello
1.219giamai non turbi il tuo tranquillo stato.
1.220Ma poi che 'l fier desio che la molesta
1.221più volte la gentil saggia guerrera
1.222fernò col duro morso di ragione,
1.223alfin vinta da lui, che a sé raccolse
1.224per forza il fren, fu trasportata in parte
1.225che dal dritto camino era lontana,
1.226onde col volto di vergogna adorno
1.227la bella bocca in queste voci aperse:
1.228Qual nume amico il tuo intelletto inspira,
1.229o ti detta nel cor queste parole,
1.230che movrebbon le pietre, e gli animali
1.231empi e spietati porian far pietosi?
1.232Qual fatto ti fu scorta a queste arene,
1.233lassa? ma indarno ai sordi e lievi venti
1.234spargerai tu i sospiri e le preghiere:
1.235come, sendo straniero di paese
1.236forse lungi da questo almo e natio,
1.237pensi ch' a la tua fede, incauta, creda?
1.238Come vòi tu che i miei casti pensieri
1.239semplice doni a fuggitivo amante?
1.240Con nodo marital saldo e tenace
1.241ch' al giogo d' or casto Imeneo ci leghi,
1.242non sosterrà che del mio stato ha cura;
1.243e se vorrai fra questi colti lidi
1.244lungi dal tuo terren menar la vita,
1.245il foco, che tenir chiuso e celato
1.246si devrebbe nel core e ne la mente,
1.247manderà fuori il fumo e le faville,
1.248perché le lingue vaghe de' mortali
1.249de l' altrui biasmo, ne le strade aperte,
1.250quel ch' a gran pena sa la Notte e l' ombre,
1.251cantan con alta e con maligna voce.
1.252Ma dimmi omai, né mi celar il vero
1.253(se pur brami il mio amor), la patria e 'l nome:
1.254Ero è il mio, la mia patria Sesto,
1.255la stanza una gran torre, che non teme
1.256ira o forza di mar, benché più volte
1.257con l' onde la minacci e la percuota;
1.258ivi lungi dal volgo e da le genti
1.259con la nudrice mia sola mi vivo.
1.260E qui tacendo, col bel lembo adorno,
1.261come pentita del suo ardir, nascose
1.262le guancie cinte di purpurea rosa.
1.263Leandro, pieno d' amoroso ardore
1.264varii pensier volgendo ne la mente,
1.265e devoto et umil pregava Amore,
1.266che concetti donasse a l' intelletto
1.267atti ad intenerir ogni durezza
1.268di castitate ond' ella armasse il core.
1.269L' udio il fanciul, che da' begli occhi suoi
1.270la verginella mente percotea,
1.271e l' ali dimenò tre volte o quattro,
1.272indi nel poggio di sua mente alzato,
1.273accorto gli dettò queste parole:
1.274Vergine, per tuo amor lieve mi fia
1.275solcar quest' onda, ancor che fosse ardente,
1.276ancor ch' a' legni contendesse il passo;
1.277credi, non temerò per esser teco
1.278de l' acque tempestose il duro orgoglio,
1.279né mi sgomenterà la morte d' Elle:
1.280ma or col lume de la fredda Luna,
1.281or cogli orrori de la cieca notte,
1.282per l' umido sentier di questo mare
1.283me ne verrò ne le tue amate braccia,
1.284perché non lungi a la tua patria, Abido
1.285a l' aure mi mandò di questa vita;
1.286mostrami sol dal tuo felice albergo
1.287una lucerna, che pietosa e fida
1.288serbi immortale il suo lucente foco,
1.289la qual mirando io allor, qual navicella
1.290d' Amor ne l' onde perigliose et alte,
1.291non temerò lo sdegno d' Orione:
1.292ma guarda che nemico irato vento
1.293non spenga lei, e la mia vita insieme.
1.294Se pur il nome mio saper desiri,
1.295Leandro son, de la bell' Ero sposo.
1.296Con tai parole, o simili, mandando
1.297la Notte al suo bel corso, ordine danno
1.298ai lor diletti, a le notturne nozze,
1.299col testimonio sol de la lucerna:
1.300ma poi che lor malgrado a dipartirsi
1.301da la necessità costretti furo,
1.302mirato prima il sito de la torre,
1.303ei con la speme sua pari al desio
1.304fece ritorno a le paterne case;
1.305ella tornava al solito soggiorno,
1.306tutta la nova luce sospirando,
1.307il suo amante lontan vede et ascolta,
1.308desiderosa che la cieca notte,
1.309che recar devea seco i suoi diletti,
1.310di tenebre vestisse il chiaro cielo.
1.311Notturno augel non ha sì in odio il sole
1.312come la bella copia, onde sovente,
1.313parendo lor che fosse ozioso e lento,
1.314sparsero a l' aura il suon di queste voci:
1.315Lume eterno del ciel, la cui virtute
1.316in mille luoghi, in mille raggi sparsa,
1.317dà luce e vita a le create cose,
1.318s' amorosa pietà ti punge ancora
1.319l' alma, che in gentil foco arse molt' anni,
1.320sprona i destrier più de l' usato lenti,
1.321sì che con lieve e con veloce corso
1.322nel grembo a l' Occeano il dì s' asconda,
1.323e tornin l' ombre degli amanti amiche
1.324a velar il seren di questo Cielo.
1.325Tosto che vide la gentil fanciulla,
1.326che col volto rotondo, in ogni parte
1.327e lucido e seren, la bella Luna
1.328per le strade del Ciel giva a diporto,
1.329col fido segno de la viva luce
1.330l' inamorato giovene d' Abido
1.331a sé chiamò, che vigilante e solo
1.332lungo il lito del mar sempre rimira
1.333verso la torre, ove 'l suo core annida:
1.334ond' ei, spogliato, et in riposta parte
1.335agli occhi di ciascun le vesti ascose,
1.336dal desio spinto si gettò ne l' acque
1.337verso il bel raggio de l' amata luce,
1.338con la speranza del futuro bene
1.339accresciuto il valor, solcando il mare;
1.340e rivolti i pensieri a la lucerna
1.341snodò la stanca lingua in questi accenti:
1.342O de' nostri desii fido messaggio,
1.343o lucerna, ch' amor col suo bel foco
1.344accese per far me lieto e beato,
1.345a te rivolgo gli occhi, a te che sei
1.346un de' lumi per me del nostro polo,
1.347come stanco nocchiero a tramontana;
1.348tu adunque, stella mia, col tuo splendore
1.349l' incerte vie del periglioso mare
1.350a me discopri timido e dubbioso,
1.351indi tacendo, come augel veloce
1.352a l' amata bellezza se n' andava.
1.353Gli amorosi delfini a paro a paro,
1.354de la sua compagnia lieti e contenti,
1.355givan solcando il mar lieto e tranquillo;
1.356le figlie di Nereo per l' onde salse,
1.357scherzando coi Tritoni in lieta schiera,
1.358sovra i lascivi pesci ivano intorno:
1.359e qual del bel fanciul fatta pietosa,
1.360che 'n sì grave periglio Amor scorgea,
1.361or con l' umida man gli dava aita,
1.362or rispingeva l' importuno umore;
1.363qual per ornar la sua rara bellezza,
1.364togliendo al suo bel crin le rose e i fiori,
1.365gli coronava l' anellate chiome;
1.366così l' accompagnar, di sua salute
1.367bramose e vaghe, al desiato lido.
1.368Con cura tal, con tanto studio mai
1.369non cercar di serbar chiaro e vivace
1.370le vergini vestali il sacro foco,
1.371con quanto questa nobil giovenetta
1.372la secretaria de' suoi dolci amori,
1.373or col candido lembo de la gonna,
1.374or con l' aperta man sendole schermo
1.375contr' ogni fiato di spirante vento,
1.376fin che lui stanco a la riva vicino
1.377coronato di fior vide apparire.
1.378Veltro giamai sì destro e sì veloce
1.379non seguì dama fuggitiva e snella,
1.380come coi passi del gentil desio
1.381corse al caro marito la donzella:
1.382a pena il piede ne l' asciutte arene
1.383pose ei già stanco, che con braccia strette
1.384gli annodò il collo, e da le salse labbia
1.385cento basci pigliò dolci e soavi;
1.386indi d' un manto, onde la bianca vesta
1.387si celava talor, lo ricoperse;
1.388e ne la stanza, secretaria fida
1.389degli amorosi suoi novi desiri,
1.390pien di gioia infinita lo condusse,
1.391ove i biondi capelli, ancor stillanti
1.392il salso umor de le marine schiume,
1.393asciutti con licor pregiato e caro,
1.394fece l' odor de l' alghe andar lontano;
1.395e dentro un molle e delicato letto,
1.396simile al qual la sua sposa ad Amore
1.397mai non apparecchiò, con lui si pose,
1.398cui, ancor stanco da la lunga strada,
1.399co' basci interrompendo le parole,
1.400disse: Sposo fedel, diletto sposo,
1.401sofferto hai quel che per amica alcuna
1.402non sofferse giamai sincero amante;
1.403or i sudori de le tue fatiche
1.404lieto deponi nel mio fresco seno,
1.405e piglia de' tuoi merti la mercede.
1.406Così diss' ella, et ei pien di desio
1.407ne la fonte d' Amor, sin a quel tempo
1.408da la santa onestà guardata e chiusa,
1.409le labbra immerse, né la sete spense,
1.410anzi del dolce umor la voglia accrebbe.
1.411Chi vorrà raccontar quanti diletti
1.412quelle piume sentir tenere e molli,
1.413potrà ridir ancor quant' alghe ha 'l mare,
1.414o quante verdi foglie ombrosa selva:
1.415suon di varii stromenti alto e canoro,
1.416danza di vaga e lieta giovenetta
1.417non onorò le tenebrose nozze;
1.418poeta alcun con voci alte e leggiadre
1.419non le lodò; né faci ardenti e belle
1.420spiegar le chiome d' or dinanzi al letto;
1.421il padre allegro, o la gioiosa madre
1.422non chiamar Imeneo con liete voci;
1.423né le vergini caste, d' amaranti
1.424e di tenera calta ornate il crine,
1.425devote gli portar fiori e ghirlande:
1.426solo gli orrori de la notte, e l' ombre,
1.427fur l' ornamento de le nozze oscure,
1.428e i silenzii danzaro al letto intorno;
1.429nel qual la chiara e ruggiadosa Aurora
1.430lo sventurato e bel servo d' Amore
1.431portando il novo dì non vide mai,
1.432perché sì tosto che l' ardente lume
1.433di Venere lassù vide apparire,
1.434e con la ricca sua verga d' argento
1.435cacciar dal cielo la stellata greggia,
1.436e dati e ricevuti i dolci basci,
1.437de le lagrime lor bagnati e molli,
1.438da la sua Donna, che compagna gli era
1.439sin ne l' ultime arene di quel lido,
1.440per l' algoso camin de l' acque salse
1.441facea ritorno a l' odioso albergo:
1.442né però sol, ma con la vaga mente
1.443de la sua cara amica in compagnia,
1.444che d' amor piena a nuoto il seguitava.
1.445O degli altrui piaceri invida Aurora,
1.446o spietata nemica degli amanti,
1.447perché sì tosto di tua luce vesti
1.448la Terra, e spogli lor d' ogni diletto?
1.449s' hai forse a schivo le canute chiome
1.450del tuo vecchio Titon, lascialo solo
1.451nel freddo letto, e per le verdi rive
1.452del ricco Gange tessi al novo giorno
1.453vaghe ghirlande di rose e di fiori;
1.454non aprir il balcon de l' Oriente
1.455così per tempo, e ti sovenga come
1.456Cefalo amasti, e sospirasti amando.
1.457In questi tanto perigliosi, quanto
1.458dolci e cari diletti, i miserelli
1.459e sfortunati amanti dimoraro
1.460fin che dal freddo centro de la Terra
1.461il pigro verno a noi fece ritorno,
1.462e con nevi, con pioggie, e con tempeste,
1.463tolse al mar il tranquillo, a l' aere il chiaro,
1.464il vago a' campi de la lieta Terra:
1.465allor da mezzo l' acque Esaco mesto,
1.466chiamando la sua ninfa anco per nome,
1.467verso i lidi arenosi andando a volo,
1.468con roca voce certo segno dava
1.469di futura procella a' navicanti,
1.470tal che l' umide vele raccogliendo
1.471nocchiero accorto, sospingeva il legno
1.472con presti remi a la secura riva.
1.473Così più volte col gelato carro,
1.474pieno di stelle di color d' argento,
1.475girò la notte il bel nostro emispero,
1.476pria che i Tritoni con l' oliva in mano,
1.477e con l' arguto suon del roco corno
1.478portasser pace a l' onde alte e schiumose:
1.479i miserelli amanti, ignudi e privi
1.480di quel piacer che lor rendea beati,
1.481chiamavan con parlar mesto e doglioso
1.482sordo il mar, fero il ciel, fallaci i venti.
1.483Quante fiate il giovenetto adorno,
1.484or rimirando ch' al turbato sole
1.485Alcione le penne non spiegava,
1.486or vedendo il Pianeta alto e sovrano,
1.487e di ceruleo e di color di fiamma
1.488tinto, tuffarsi a l' onde d' Occidente,
1.489ora la Luna con le gote sparse
1.490di porpora cacciar i sogni e l' ombre,
1.491la futura tempesta conoscendo,
1.492stillava il cor in lagrimosa pioggia!
1.493Quante fiate la sua cara Donna,
1.494udendo fremer l' acqua alta e profonda,
1.495da' duri scogli e da l' aure percossa,
1.496il commune dolor seco piangeva!
1.497Quante fiate risguardando Abido,
1.498e dove col mortale ir non potea
1.499andando col pensier, così dicea:
1.500Ah, vento veramente empio e crudele,
1.501ah fero vento, a che cotanto orgoglio
1.502usar contr' una tenera fanciulla?
1.503A me, Borea, spietato, a me sei fero,
1.504non a quest' onde tempestose e rie;
1.505devresti pur destar pietà nel core,
1.506che già per Oritia s' accese et arse,
1.507e lasciar nel suo letto il mar senz' onda.
1.508Qui le tolse l' affanno le parole.
1.509Ma chi può contrastar al suo destino?
1.510Allor che i saggi e culti navicanti
1.511temean lo sdegno di Nettuno irato,
1.512e ben che 'l volto suo tranquillo e queto
1.513mostrasse fuor da le profonde arene,
1.514col ferro grave, e col canape attorto
1.515tenean nel porto la spalmata nave,
1.516tu folle amante, con le fiamme accese
1.517vedendo del tuo amor l' alto messaggio
1.518che ti chiamava, diventasti ardito.
1.519Ah lucerna crudele, empia lucerna,
1.520ben potevi celar i raggi tuoi
1.521fin che la Terra, di ghiacci, di nevi,
1.522e di pruine ignuda, si vestisse
1.523di lieti fiori, e che 'l soave fiato
1.524di Zefiro rendesse umile il mare.
1.525Ero sforzata dal perverso fato,
1.526che de la vita sua l' ore prescrisse,
1.527sendo senza il suo sposo un tempo stata,
1.528qual senza fresco rivo arido prato,
1.529con un vel desio gli occhi e la mente
1.530sì velar si lasciò, che non pensando
1.531che ben che l' acqua fosse piana e queta
1.532non avean fede alcuna i venti e 'l mare,
1.533come la Notte con le negre penne
1.534carche di sogni e di notturne larve
1.535vide apparir nel bel nostro emispero,
1.536incauta accese la lucerna usata;
1.537la qual veduta, il suo fedele amico,
1.538che in quella parte ognor girava i lumi,
1.539come si gira Clizia al vago sole,
1.540la negra pecorella al freddo verno
1.541sacrificata pria, la bianca a l' aure,
1.542perché a' desiri suoi fossero amiche,
1.543senza 'l colpo temer del suo destino,
1.544entrò ne l' acque allor placide e quete,
1.545a Nettuno porgendo, agli altri Dei
1.546ch' albergan seco l' arenoso fondo,
1.547con devoti pensier preghiere e voti:
1.548sol Eolo da te post' è in oblio,
1.549misero, proverai quanto sia grave
1.550l' ira talor d' uno sprezzato Iddio!
1.551Ma mentre ch' ei sen giva a suo diletto
1.552più tosto col desio che con le membra,
1.553Ero, ch' udito avea dagli alti tetti
1.554l' augel di tristo augurio alzar la voce,
1.555presaga de' suoi danni, a queste note
1.556diede principio lagrimosa e mesta:
1.557O Dea che l' ampio e dilettoso regno
1.558reggi del terzo ciel con pace eterna,
1.559madre di quel diletto e di quel bene
1.560che fa la vita qui dolce e soave,
1.561s' egli è ver (come credo) ch' a quest' onde
1.562un solo cenno tuo toglia l' orgoglio,
1.563se i maschi incensi che sovente sparsi
1.564su le fiamme ch' ardean nel tuo bel tempio
1.565mertan appo di te qualche mercede,
1.566conserva piano il mar, sereno il cielo:
1.567tu sai ben che ne l' acque è 'l tuo Leandro,
1.568e nel bel grembo suo la vita mia,
1.569e ne morrò, se morte asconde e cela
1.570la luce onde il mio cor cibo e nutrico:
1.571odi le mie preghiere, o santa Diva,
1.572et io, tosto che 'l Sol con l' anno novo
1.573uscirà fuor del bel monton di Frixo,
1.574quattro colombe, che 'l latte e la neve
1.575caduta allor dal cielo in verde colle
1.576vincon di puritate e di colore,
1.577ti donerò con un sincero affetto.
1.578Ai santi orecchi de la bella Dea
1.579salir le sue preghiere umili e calde,
1.580e già velata d' una bianca nube
1.581scendeva per servar l' onde tranquille,
1.582quand' Eolo turbato oltra misura,
1.583ch' alcun di lor non gli avea porti preghi
1.584sì come agli altri, o sacrifizii, o voti,
1.585altero in vista, e di vendetta vago,
1.586de la spelonca sua la porta aperse:
1.587onde, quai veltri di catene scarchi
1.588volando i venti su per l' acque salse,
1.589a percuoter il mare incominciaro,
1.590il quale or agli irati e duri colpi
1.591del gelato Aquilone, or a le gravi
1.592percosse che gli dava Africo, e gli altri
1.593senza legge o pietà sfrenati et empi,
1.594facendo schermo, il manto oscuro e bruno
1.595de le nubi del ciel con l' onde rotte
1.596bagnava ad or ad or colmo di sdegno.
1.597Ahi Eolo, perché sete sì ardente
1.598di vendetta ti scalda il freddo petto?
1.599Serba le forze a più onorata impresa,
1.600che poca gloria de la morte avrai
1.601di due amanti miseri e infelici,
1.602e di vittoria tal corona vile
1.603ti cingerà le vergognose chiome.
1.604La sfortunata et angosciosa Donna,
1.605cui 'l subito pentir nulla giovava,
1.606da pensier tempestosi combattuta,
1.607versava da' begli occhi amara pioggia,
1.608e rimirando l' onde, i Dei marini
1.609e le Ninfe pregava ad una ad una:
1.610ma che ti giovan le preghiere e 'l pianto,
1.611Ero infelice, se 'l furor de' venti
1.612e l' orgoglio del mar punto non scema?
1.613e pur convien, che travagliato e stanco,
1.614la tua bellezza altamente piangendo,
1.615de l' acque salse ne l' orrido grembo
1.616la dolce anima lasci il tuo marito.
1.617Venere coi Tritoni e con le Ninfe
1.618per la salute sua tenta ogni via,
1.619ma spende invano le parole e l' opre,
1.620ché non può il Re del mar, benché più volte
1.621percuote col tridente i salsi umori,
1.622indi sgombrar le nubi e le procelle
1.623che portano nel seno i venti irati;
1.624ei gli minaccia, perché a l' antro oscuro
1.625tornino, al loro Iddio sdegnoso e fero,
1.626e lascin queto il suo turbato regno,
1.627ma nulla giova, perché Eolo non teme
1.628le sue minaccie, e non ascolta i prieghi:
1.629non puote, ah sfortunata et infelice!,
1.630co' suoi fanciulli il pargoletto Iddio
1.631vivo il lume servar de la lucerna,
1.632benché con l' ali tese intorno intorno
1.633la guardino dai venti empi e rapaci:
1.634ecco che 'l lume è spento! è spento il lume,
1.635ah sconsolata! morta è la lucerna;
1.636e su gli omeri negri il mar t' adduce
1.637l' amante morto, il tuo Leandro morto.
1.638L' Aurora il viso pallida e turbata,
1.639senza purpurea stola, senza rose,
1.640senza ornamento alcun, fra i ciechi nembi
1.641del tenebroso cielo in questa apparve,
1.642onde la Donna, timida, angosciosa,
1.643che vedea col pensier morto il suo bene,
1.644or questa parte, or quell' altra mirando
1.645del vasto, orribil grembo di Nettuno,
1.646tosto che dagli scogli lacerato
1.647e morto il vide ne le salse arene,
1.648sì come fosse forsennata e folle,
1.649si fece al petto, al crine, al viso oltraggio;
1.650e dove senza spirito giacea
1.651il caro sposo con veloci passi
1.652andata, si gettò sul morto corpo,
1.653a cui gli ultimi basci, e 'l pianto estremo,
1.654e sconsolata diè gli ultimi accenti.
1.655Poi che la pompa del funereo rogo,
1.656e di doglia, e di pianto, e di lamenti
1.657vie più che d' altro onor ricca e superba,
1.658finita fu, la disperata moglie
1.659col marito abbracciata si sommerse,
1.660dicendo ancor con la gelata lingua:
1.661Ah, misero Leandro! a la cui voce
1.662risuonò l' onda: Ah, misero Leandro!
1.663Ninfe pietose, ch' al fanciullo amiche,
1.664e voi lascivi e pargoletti amori,
1.665che rotti gli archi aurati e le faretre
1.666sospirate altamente il vostro danno,
1.667a voi pur si convien, piangete voi
1.668con queste due città la morte loro,
1.669sì ch' oda il dolor vostro il mondo tutto;
1.670e coronati di funerea fronde
1.671donate i corpi morti a sepoltura,
1.672acciò possin varcar insieme aggiunti
1.673le nere e torbid' acque di Cocito,
1.674e gir ai lieti e fortunati campi,
1.675o pur nel bosco degli ombrosi mirti;
1.676e tu gran Dio del mar, che in molte forme
1.677ti cangi for de l' uso di natura,
1.678in queste perigliose, orride rive,
1.679con la cetera tua canta il lor fato.
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