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1.1Uscite, pecorelle, or che dal corno
1.2del Tauro il Sol v' invita a la pastura,
1.3né perdonate pigra ai pieni prati:
1.4che quanto lor scemate al lungo giorno,
1.5v' accresce la rugiada frsca e pura;
1.6secure uscite omai, né de' celati
1.7lupi temete, o di nemica fera,
1.8che Melampo vi guarda e vi difende,
1.9Melampo, de' più arditi e più pregiati
1.10cani il più forte e bel, che pur iersera
1.11dove Silari in mar il corno extende
1.12tolse a l' orsa di mano i cari figli.
1.13Pascete liete; in questo mezzo assiso,
1.14ove coi verdi rami al sol contende
1.15questo arbuscel, fra fior bianchi e vermigli,
1.16rasciugandomi alquanto il molle viso
1.17farò minor (se vorrà il cielo) in parte
1.18col suon di questa canna il mio dolore,
1.19o bella Galatea, da te diviso,
1.20da te, ch' hai del mio cor la miglior parte,
1.21stillo quest' occhi in lagrimoso umore:
1.22fosco il seren m' assembra, il dolce amaro;
1.23ora gli oscuri giorni e nubilosi
1.24fuggono inanzi a la stagion migliore,
1.25e i garruli augelletti a paro a paro,
1.26fra 'l verde manto de le piante ascosi,
1.27cantano dolcemente i loro amori;
1.28i fiumi già dal duro ghiaccio sciolti
1.29del pigro verno, puri e dilettosi
1.30van tra le sponde di purpurei fiori,
1.31e son dal mar tranquillamente accolti;
1.32le vaghe pastorelle in compagnia,
1.33inghirlandate di vermiglie rose,
1.34mostran di grana e puro latte i volti,
1.35et empion l' aere di dolce armonia,
1.36rime liete cantando et amorose;
1.37ma, lasso, senza te più non mi pare
1.38di quant' io veggio allegra cosa e bella,
1.39che quando Austro superbo con l' acquose
1.40irsute chiome agli alti monti appare,
1.41e versa il cielo orribile procella:
1.42soavi i fiori a l' api, a le caprette
1.43paion le fronde dolci, ai campi i rivi,
1.44a me la mia vezzosa pastorella.
1.45O bella Galatea, qui son l' erbette
1.46di color di smeraldo, e d' ambra i vivi
1.47fonti; ma questo che mi giova, ahi lasso,
1.48s' io vivo senza te mesto e doglioso,
1.49e d' ogn' altra mirar son gli occhi schivi?
1.50Io ho sotto questo alto e duro sasso
1.51de l' antico Salerno un antro ombroso,
1.52d' edera cinto, la cui porta adombra
1.53da l' un de' lati un lauro alto e gentile,
1.54da l' altro un arbuscel verde e frondoso,
1.55ch' ognun col crine invita a la dolc' ombra,
1.56carco di pomi d' or, cui lieto aprile
1.57eterno dona ognor fior, frutto, e fronda:
1.58quindi non lunge scende un picciol fonte
1.59da l' altissimo sasso, a cui simile
1.60altro non bagna erbetta, o prato inonda;
1.61quindi si vede la spaziosa fronte
1.62del gran Tirreno, e da lontan venire
1.63crespando l' onde l' aure pellegrine;
1.64quindi si vede uscir de l' orizzonte
1.65il Sol cinto di raggi, e lieto gire
1.66dietro l' Aurora con l' aurato crine:
1.67qui meco viveresti, e meco insieme,
1.68a l' apparir del dì, le pecorelle
1.69da l' alta mandra a le piaggie vicine
1.70cacciaresti cantando, e ne le estreme
1.71parti del giorno con le prime stelle
1.72meco le chiameresti a l' antro oscuro;
1.73e spesso ne le liete e fresche rive,
1.74fra l' erbe rugiadose e tenerelle,
1.75lungo qualche ruscel lucido e puro
1.76a udir il suon de le dolci aure estive
1.77meco verresti; e cantaresti ancora
1.78meco spesso, lodando Pan e Pale,
1.79Apollo, Bacco, e le silvestri dive;
1.80e con soavi basci d' ora in ora
1.81mischiando il canto, viveremmo quale
1.82i più lieti pastor viveno in cielo;
1.83né curerei che cento agnelli il die
1.84mi togliesse rapace empio animale.
1.85Ma, lasso, mentre che per doglia il pelo
1.86si va cangiando, de' desir miei folli
1.87ridendo, dove bagna il Re de' fiumi
1.88poi ch' ha raccolto il puro Mincio in seno,
1.89ti soggiorni con Niso, e i verdi colli
1.90che vider lagrimar questi duo lumi
1.91veggiono i vostri basci: almo terreno,
1.92belle contrade amiche al mio diletto,
1.93ché non gridate, mentre ciò vedete?
1.94Ah ingrata Galatea, là dove pieno
1.95vedesti di dolor la fronte e 'l petto
1.96Batto infelice queste piaggie liete
1.97turbar col duro suon de' suoi sospiri
1.98chiamando il tuo bel nome, or ti diporti,
1.99e ti godi con Niso! ecco un abete
1.100testimonio de' lunghi suoi martiri:
1.101a che cotanti oltraggi, e tanti torti?
1.102egli ti chiama, e ti piange e sospira,
1.103e gir lascia la greggia sola errante,
1.104bramando un giorno ch' a la fine il porti.
1.105Così, o gentil paese, il ciel da l' ira
1.106del verno guardi le tue ricche piante,
1.107i tuoi verdi fioriti e vaghi colli.
1.108Già si mostra dal ciel la bella Luna:
1.109andate pecorelle, andate avante,
1.110acciò che forse gli affamati e folli
1.111lupi di voi non m' involasse alcuna,
1.112chiusi nel fosco de la notte bruna.
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